giovedì 29 settembre 2011

La drag queen con la kippah
Di Simone Rossi

Quando si affronta la questione della politica dei governi di Israele e dell'occupazione di quello stato dimezzato conosciuto come Palestina si finisce con la polarizzazione tra "pro" e "contro", perdendone di vista gli aspetti concreti. Sopratutto i più intransigenti sostenitori "senza se e senza ma" delle politiche israeliane tendono ad evidenziare i progressi in campo dei diritti civili effettuati in Israele nel corso dei decenni, ponendoli a confronto con la situazione dei Paesi confinanti. Si innesca così una trappola, tendenzialmente settaria, in cui di volta in volta ogni categoria "a rischio", ogni minoranza viene intruppata nelle file dei filo-israeliani, mentre chi ha dubbi o incertezze deve ricredersi al più presto, pena il marchio di traditore della propria causa.

In anni recenti l'irreggimentazione è toccata ad omosessuali e transessuali, cittadini che per alcuni secoli hanno patito discriminazioni e vessazioni per il proprio orientamento sessuale e la propria identità di genere. Profondi cambiamenti, verso una cultura e legislazioni non discriminatorie, sono stati introdotti in vari Paesi del mondo, principalmente europei ed americani e poche eccezioni negli altri continenti, tra cui Israele. Nel Paese mediorientale, che ha ereditato dal Regno Unito un codice penalizzante l'omosessualità, fin dagli anni '70 le istituzioni hanno introdotto progressive aperture per quanto concerne la lotta alla discriminazione ed il riconoscimento di diritti civili agli individui omosessuali e transessuali. Soprattutto nelle città più laiche del Paese le locali organizzazioni LGBT, acronimo per LeasbianGayBisexualTransgender, hanno promosso le annuali marce del GayPride e si sono sviluppate attività commerciali rivolte a consumatori omosessuali e transessuali o comunque offrono un ambiente in cui potersi esprimere liberamente, come accade nelle maggiori città del cosiddetto Occidente. In virtù di questa situazione frequentemente individui ed associazioni LGBT italiane ed occidentali in genere hanno sentito il dovere di sostenere le politiche israeliane in toto, a prescindere da altre considerazioni di merito; non solo i liberali, collocati a destra, ma anche organizzazioni che si rifanno alla Sinistra autoproclamatasi moderna e responsabile.

In una “guerra tra poveri” i diritti degli omosessuali sono stati presi in ostaggio nel tentativo di sminuire i popoli arabi e, per contrasto, di porre Israele ed i suoi governi sotto un'aura di indiscutibilità. Un gioco pericoloso, che non tiene conto del fatto che i diritti o sono universali o divengono un privilegio, una concessione che crea dipendenza e sudditanza verso il signore di turno. Non giova alla lotta verso il rispetto universale degli/delle omosessuali e dei/delle transessuali forzare la mano e sanare le colpe dei governi di un Paese che da oltre quarant'anni occupa del terre di un altro popolo nonostante condanne e risoluzioni di quell'ONU cui si ricorre solo più per giustificare le guerre. Serve empatia verso quelle centinaia di migliaia di famiglie espulse dalle loro terre, cui è negato l'accesso al lavoro e l'esercizio di diritti basilari come quello all'istruzione ed alla salute. Le associazioni del movimento LGBT devono rifiutare queste strumentalizzazioni e collocare la propria azione in un contesto universale, come dovrebbero esser i diritti: di tutti.

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3 commenti:

  1. Se i diritti son di tutti si potrebbe fare il discorso contrario e dire ai palestinesi e agli arabi tutti che non ci sono solo i loro sacrosanti diritti ma anche quelli degli omosessuali, e che e' ipocrita rivendicare la propria liberta' mentre si opprime quella altrui.
    La verita' e' che non capisco la relazione tra omosessualita' e palestina, se non che per alcuni aspetti riesce a farmi trovare simpatico israele che si dimostra molto meno teocratico rispettando dei diritti che la bibbia nega in nuce.

    NM

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  2. A me invece la metafora sembra chiara: Israele si serve del solito sbandieramento calcolato con cui si rivendica unico Stato democratico in medio oriente ANCHE attraverso la strumentalizzazione dei diritti di LGBT.Lanciano il solito falso messaggio, "noi siamo più tolleranti dei palestinesi e degli arabi in generale perché rispettiamo anche i diritti di certe minoranze che loro perseguitano". Mi pare che qui non c'entrino né l'Antico Testamento né il Corano, ma l'atteggiamento politico da anni e anni vittimista di uno stato di Israele che è rimasto ormai totalmente isolato nella propria difesa e che sfrutta in modo calcolato ogni causa che possa garantirgli una parvenza di democraticità.
    L'articolo di Simone mi è sembrato uno spunto originale ed interessante.

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  3. Ciao NM. Mi spiace che il messo tra i due temi non sia emerso chiaramente dal mio articolo. Tenterò di esser più chiaro. Nella lobby filo-israeliana si è cercato di tirare anche le organizzazioni omosessuali, irretendole con il fatto che lo stato di Israele riconosce alcuni diritti alle persone omosessuali, a dispetto dei vicini arabi. Ne discende che Israele sia un faro di democrazia, da difendere a priori. È una strumentalizzazione ipocrita delle rivendicazioni di una minoranza che anche in Europa vede alcuni diritti specifici negati (Italia, Grecia, paesi dell'Est). Oltretutto non comprendo quale faro della democrazia possa esser un Paese che non si fa scrupolo di rinviare in Palestina gli omosessuali ed i transessuali che fuggono da discriminazioni e vessazioni. Non si tratta più di diritti ma di privilegi, garantiti sulla base del colore della pelle o della nazionalità. Hai ragione tu ad affermare che il discorso inverso valga, per cui tanto di cappello ai governi israeliani per aver introdotto talune norme. Ma a dispetto di Israele, l'autorità della Palestina non usa donne ed omosessuali per assurgere a paladino di qualcosa. I palestinesi non hanno la presunzione di esser i civilizzatori del Medio Oriente. Sbagliano a non riconoscere diritti e libertà a donne ed a coloro con un orientamento omosessuale o con identità di genere differente da quello che è il proprio genere fisico. Ma ciò non giustifica né l'occupazione delle terre palestinesi, né l'apartheid. Seguendo la tua logica, infine, dovremmo chiedere ad Israele di occupare il resto dell'Asia, l'Africa, mezza Europa e certi fari della democrazia nel Mid-West. È irritante vedere come sopratutto i conservatori occidentali tirino in ballo la questione dell'omosessualità bel mondo arabo quando sono loro a promuovere discriminazioni nei loro paesi. E quando sono loro a fare lobby per garantire supporto repressivo alle peggiori dittature mediorientali (chiamale monarchie se ti pare più corretto).

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