venerdì 30 dicembre 2011

Eurocentrismo delle lacrime
Di Nicola Melloni

I giornali occidentali e tra questi in prima fila quelli italiani hanno dato l’ennesima prova di qualunquismo
in occasione della morte di Kim Jong Il, il dittatore Nord coreano. Della Corea del Nord si sa poco, ma non
così poco da giustificare la crassa ignoranza dei nostri media – ignoranza che spesso viene usata come
giustificazione per fare propaganda da bassa macelleria.

Bruce Cummings, uno dei massimi esperti viventi di Corea, aveva già criticato veementemente sulla London
Review of Books di qualche tempo fa (http://www.lrb.co.uk/v27/n24/bruce-cumings/we-look-at-it-and-
see-ourselves) il pressapochismo e la mancanza di analisi serie sul regime di Pyongyang. La situazione non
sembra esser cambiata negli ultimi anni.

Quasi tutte le testate giornalistiche hanno usato la morte di Kim per farsi beffe di un paese intero e del suo
popolo. I pianti isterici dei nordocoreani son stati invariabilmente descritti attraverso due parallele linee
esplicative:

-Il regime costringe la popolazione a manifestazioni pubbliche di contrizione e lutto;
e/o il regime ha creato una cappa culturale insostenibile ed i cittadini son talmente instupiditi da
piangere un dittatore.

- Il sottinteso è che scene di questo genere, nei paesi occidentali, non succedono. I giornalisti ridono beffardi
delle lacrime della gente per quello che viene definito “l’imperatore rosso” (copyright la Repubblica, 29-12-
2011). Ci sarebbe molto da dire sulla reale ideologia nord-coreana, ma Cummings lo fa già brillantemente
nel suo pezzo. Né ho intenzione di difendere o giustificare un regime dittatoriale e che ha clamorosamente
fallito portando una nazione moderatamente sviluppata – fino a 40 anni fa più ricca della Corea del Sud –
nella miseria nera.

Quel che qui importa è la supponenza di certa stampa. Nulla si sa della cultura confuciana e delle tradizioni
dell’Asia, ma le lacrime bastano per dare giudizi impietosi sul sottosviluppo culturale e sull’atmosfera da
grande fratello (orwelliano!!!) che si respira a Pyongyang.

Peccato che le stesse considerazioni si possano tranquillamente estendere ad altri esempi che poco hanno
a che fare con la dittatura comunista. Ai funerali di Giovanni Paolo II hanno partecipato decine di migliaia
di persone e centinaia di migliaia hanno pregato in tutto il mondo per la sua anima. Si dirà, normale per un
leader spirituale – anche se naturalmente nel confucianesimo la differenza tra leader politici e spirituali è
assai sottile.

Nel 2003 diecimila persone hanno partecipato ai funerali di Giovanni Agnelli, ed altre svariate migliaia sono
sfilate nella camera ardente, ed un numero simile ha reso omaggio a Mike Buongiorno. Pure peggio andò
con la morte di Lady Diana, che scatenò una isteria di massa durata per giorni e giorni nel Regno Unito. Sia
chiaro, non c’è nessuna intenzione di mettere sullo stesso piano il papa polacco, Agnelli e Kim Jong Il. Ma
vale la pena di capire come mai, agli occhi di certa stampa, esistono lutti di serie A e di serie B. E soprattutto
di capire perché decine di migliaia di persone si sentano coinvolte in un fatto estremamente privato – ed è
sicuramente più privata la morte di un industriale in pensione che non di un presidente in carica!

Nel caso coreano si dà per scontato il lavaggio del cervello. Siamo sicuri che non sia lo stesso anche dalle
nostre parti?

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2 commenti:

  1. bellissimo stores pezzo
    da qui la rabbia a volte, non generalizzata, contro una stampa cacca
    che ci tocca pure pagare...
    e già sappiamo che è quella che resterà in circa
    anche dopo i tagli
    per fortuna si può leggere anche in francese e in inglese...

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  2. preziosa riflessione, condivido appieno.
    e l'inquietudine di fronte alla totale spensieratezza e mancanza di consapevolezza di quel che il big brother orwelliano occidentale rappresenta e determina per le nostre conscienze e le nostre intelligenze.

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