lunedì 16 gennaio 2012

Questione di classe

Come cambiano i tempi. Il nuovo millennio sembra sempre più simile ai tempi bui di secoli orsono, e dalla ricchezza per tutti che ci era stata promessa dagli entusiasti della globalizzazione, si è tornati velocemente alle differenze di classe, ai poveri contro i ricchi e soprattutto ai ricchi contro i poveri.

La scelta di Trenitalia che ha vietato l’accesso alla carrozza ristorante ai passeggeri di classe standard (http://www.corriere.it/cronache/11_dicembre_26/trenitalia-tariffa-standard-carrozze-bloccate_5b47bcbc-2fd1-11e1-9b6d-efefc737f468.shtml) è stata spiegata come una scelta sbagliata di marketing e pertanto ritirata. Ma non può essere una spiegazione convincente. 

Questo errore è in realtà frutto della società in cui viviamo. Una società in cui, nuovamente, la ricchezza disegna una nuova aristocrazia che disprezza il mondo che la circonda. I poveri (relativi, i veri poveri non viaggiano sul FrecciaRossa) devono essere tenuti a distanza di sicurezza e lasciare in pace i ricchi, non disturbarli, non presentarsi al bar e magari costringere qualche facoltoso magnate a fare la fila per il caffè. Ci mancherebbe altro. Meglio quindi confinare i poveri in 3 vagoni sigillati, da cui non si può uscire. A maggior ragione se questi reietti della società che viaggiano in classe economia sono immigrati – i modelli scelti per la campagna pubblicitaria di Trenitalia. Non sia mai! Non ci toccherà mica vedere questi sudici straccioni trascinarsi attraverso le carrozze di prima classe e disturbare il sonno di lor signori.

Appunto, torniamo indietro. Negli anni 60 Pietrangeli cantava Contessa, che raccontava dello stupore di una agiata signora e del suo amico di fronte alle oscene pretese degli operai – vogliono i figli dottori, scherziamo?? E ben spiegava il disprezzo di quei ricconi per chi non fosse un loro pari – protestando gli operai avevano addirittura sporcato di sangue il cortile e le porte. Anni, decenni di lotte avevano cambiato le cose. I ricchi hanno continuato a tenersi ben lontani dai poveri, ma con un qual certo self-containment. Non era elegante mostrarsi sprezzanti coi lavoratori, ed al massimo ci si rifugiava nel tennis club dove questi non potevano entrare. 

Ma il capitalismo rampante degli ultimi decenni ha di nuovo cambiato le carte in tavola. La ricchezza è qualcosa da mostrare con orgoglio ed arroganza, la povertà è diventata di nuovo vergogna. Non sono più i ricchi a dover rintanarsi nei loro club, sono i poveri a dover essere rinchiusi in vagoni sigillati. Solo in quest’ottica si può leggere una scelta di marketing, sbagliata e controproducente ma che nasce in un substrato sociale e culturale ben preciso. Quello che, per restare in ambito ferroviario, ispirava le parole di un’altra canzone che, purtroppo, sembra tornare di grande attualità:
Un treno tutti i giorni passava per la sua stazione,
un treno di lusso, lontana destinazione:
vedeva gente riverita, pensava a quei velluti, agli ori,
pensava al magro giorno della sua gente attorno,
pensava un treno pieno di signori,
pensava un treno pieno di signori,
pensava un treno pieno di signori...

A Trenitalia forse non lo sanno, ma ci sarà sempre una locomotiva lanciata a bomba contro l’ingiustizia.

Nicola Melloni


Se ti è piaciuto questo post, clicca sul simbolo della moschina che trovi qui sotto per farlo conoscere alla rete grazie al portale Tze-tze, notizie dalla rete

Nessun commento:

Posta un commento