Tutto sembra congiurare contro un libero e sereno esercizio del diritto allo sciopero generale di domani in Spagna. Probabilmente sciopereranno solo i kamikaze disposti a perdere quei 113 euro spietatamente calcolati e sbandierati dalle testate di economia.
Gli impresari da giorni stanno annunciando che boicotteranno i picchetti informativi perché, in linea col Governo e le recentissime direttive dell'UE, “in questi tempi di crisi ciò che meno necessita il Paese è uno sciopero generale”; l'accordo per i servizi minimi non è stato raggiunto in ben 8 regioni; i dati macro pervenuti oggi dagli Stati Uniti hanno seminato il panico nell'Ibex 35; infine, da giorni si vocifera di un piano di salvataggio da parte dell'UE per ristrutturare le banche spagnole, nonostante Monti vada per il mondo a predicare che “la crisi della zona euro è quasi terminata”.
La giornata di sciopero precederà quella in cui il Governo presenterà al Parlamento la riforma del lavoro. Il clima è teso come una corda di violino non solo per le fortissime penalizzazioni previste dalla riforma per i lavoratori - molto simili a quelle su cui si sta discutendo in Italia - , ma anche per la mancanza totale di dialogo previo, di possibilità di trattativa tra Governo e parti sociali. O meglio, tra Governo e sindacati, perché in realtà la riforma gode del plauso unanime del mondo imprenditoriale. Il Governo liberista che sotto la guida di Aznar fomentò a dismisura la bolla nell'edilizia e favorí l'anarchia tossica del settore bancario, tornato al potere sa fornire un' unica ricetta affinché l'economia spagnola torni ad essere competitiva: comprimere all'osso i salari e, con essi, i diritti dei lavoratori. E porgere all'Europa come un trofeo il risultato dello scempio sociale.
Ma non tutto sarà più blu per Rajoy dopo le elezioni in Andalusia di domenica scorsa. Lí continueranno a governare i socialisti pur avendo perso 9 deputati; lo faranno con il contributo essenziale di Izquierda Unida, che ne ha guadagnati 6. L'opposizione al Governo si sposterà quindi in blocco in Andalusia, il futuro vero barometro della tendenza politica del Paese; ed Izquierda Unida ne sarà il motore. Perché l'Andalusia è la regione più popolosa della Spagna, quella che più dipende dagli aiuti dello Stato, quella che ha più disoccupati. Solo da lí potrà ripartire la riconquista dello stato sociale grazie ad un partito che senza esitazioni si è schierato col sindacato, con i lavoratori e la loro lotta per il futuro.
“Nos vemos en las calles”, ci vediamo per le strade, il messaggio di Izquierda Unida per domani e per l'Europa. Per la sinistra di tutta Europa.
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