Pubblichiamo di seguito la lettera di Alfonso Gianni, uno dei fondatori di SEL, a Nichi Vendola. Lettera in cui si annuncia l'abbandono di Gianni. Una lettera tutta politica che bene inquadra i limiti politici della scelta di Vendola e la sostanziale marginalità di SEL sia nella lotta politica che nel futuro assetto governativo.
Ecco perché lascio SEL
di Alfonso Gianni
da controlacrisi.org
Caro Nichi,
con la presente voglio renderti nota la mia decisione di terminare qui la mia militanza in Sinistra Ecologia Libertà.
Immagino che la cosa non ti stupisca. Ho sempre espresso nel corso
dei miei interventi all’Assemblea nazionale e negli scritti nel nostro
sito – fintanto che qualcuno ha assunto la decisione di non farli più
comparire – le ragioni ampiamente articolate e motivate del mio
crescente dissenso rispetto alla linea che la nostra organizzazione
veniva assumendo, per la verità più nella realtà dei comportamenti che
dei documenti ufficiali.
Sai bene che fin dal congresso di Firenze non ho mai creduto che si
potesse mantenere in vita un’organizzazione, che pure incorporava in sé
il principio del superamento di sé stessa, senza darle un profilo
politico-programmatico e una vita autonomi. Visto che a te piace
l’espressione forbita, espressi questa osservazione dicendo con
linguaggio ironico, ma sincero, che non si può essere transeunti se
almeno non si è essenti.
Così non è stato. Progressivamente si è sempre più indebolita la
dimensione autonoma della nostra esistenza, finendo per trovarci nel
cono d’ombra dell’iniziativa del Pd.
Tutto è ruotato attorno alla questione delle primarie. Queste
avrebbero dovuto riaprire la partita in alternativa alla costruzione del
partito. Tuttavia quando esse sono giunte il nostro ruolo non è certo
stato protagonista e l’esito è stato contenuto. Un risultato che era
nell’ordine delle cose e che non considero di per sé sconfortante, ma
che indubbiamente era ed è anni luce molto lontano dalle attese create
da un gruppo dirigente che da tempo aveva perduto il senso della realtà.
Coerentemente con questa impostazione ogni struttura è stata lasciata
nella più totale indeterminazione, dai forum all’evanescente comitato
scientifico.
Le tue ultime dichiarazioni rilasciate alla stampa hanno del resto
chiarito che tu affidi alle primarie stesse il ruolo di fase costituente
per la costruzione del “partito dei progressisti, il partito del
futuro”. Esse non sono quindi un mezzo per democratizzare una contesa
elettorale strozzata da una legge elettorale ingiusta (che peraltro noi
non siamo riusciti a modificare, anche perché scegliemmo il referendum
sbagliato), ma il viatico per la costruzione di una cosiddetta grande
sinistra imperniata sul ruolo preponderante del Partito democratico.
Un desiderio legittimo, ma che non condivido e che a mio parere
contraddice apertamente la scelta congressuale fatta a Firenze. Per
questa ragione ho anche avanzato la richiesta di un congresso
straordinario, cui si è risposto con il silenzio o peggio con la
derisione.
In questo quadro sono venute avanti scelte di collocazione
internazionale che spingono Sel verso il Pse. Alla mia richiesta di un
chiarimento politico su un simile percorso, cosa certamente di non lieve
importanza data la centralità dell’Europa nel nostro agire, non si è
mai data risposta, né si è pensato fosse opportuno aprire un dibattito
nelle sedi preposte.
Siamo giunti così alla firma di una carta di intenti che costringe
Sel al rispetto di trattati internazionali che, proprio in nome del
nostro convinto europeismo, avevamo respinto nei nostri documenti
ufficiali e alle decisioni prese a maggioranza nei gruppi parlamentari
che si costituiranno su tutte le questioni controverse. Sapendo in
anticipo che tale maggioranza sarà saldamente in mano al Pd è già chiaro
quale sarà il nostro futuro. Questo è il motivo che mi ha convinto a
non partecipare alle primarie, che comportavano la firma di un appello
che includeva l’accettazione di quella carta di intenti, e che mi
porterà a non votare per la coalizione dei progressisti e dei
democratici nelle prossime elezioni politiche.
Già alla fine di agosto del 2010, in un articolo su il Manifesto,
avvertivo che il confronto programmatico con il Pd, se si voleva salvare
il centrosinistra, andava cominciato da subito, chiamando a questo
impegno l’intera sinistra alternativa, a cominciare da quella diffusa
sul territorio ed espressione diretta dei movimenti sociali. Una simile
scelta avrebbe rafforzato non solo la posizione di Sel nei confronti del
Pd, ma la sua autorevolezza come forza guida nel campo della sinistra
radicale.
Non lo si è voluto fare, se non in forma parziale, ristretta e quasi
clandestina verso la fine del governo Berlusconi. Ma quando Monti venne
nominato da Napolitano abbiamo faticato ad assumere una decisa posizione
di opposizione. Ma soprattutto il nostro gruppo dirigente non ha colto
la novità sostanziale che quel governo rappresentava: quello di dare
corpo a una nuova governance delle classi dominanti, fortemente
integrata con le elites vincenti in Europa, sostituendo alla destra
berlusconiana una più presentabile dignitosa destra tecnocratica. Un
governo costituente, quindi, tutt’altro che una parentesi, che avrebbe
proiettato la sua ombra ben oltre la durata della legislatura, come sta
puntualmente accadendo.
Un simile passaggio imponeva, al di là delle scadenze elettorali, di
dare vita a un vero lavoro di costruzione di una sinistra moderna,
inclusiva, ma autonoma da quella che si era ormai fatta centro,
collegata con le migliori esperienze europee che si muovono in questa
direzione e capace di elaborare un programma e una proposta per fare
uscire il paese dalla crisi senza un massacro sociale. Una crisi che per
quanto riguarda l’Europa ha caratteri di durata, gravità e impatto
sociale ancora peggiori di quella degli anni Trenta. Una crisi che non
si può affrontare con le mani legate dal fiscal compact e dal pareggio
di bilancio in Costituzione, così fortemente voluti e difesi dal Pd.
Credo che purtroppo Sel abbia mancato completamente questo obiettivo,
con l’aggravante di non offrire neppure spazi reali per una effettiva
discussione politica al proprio interno su questi temi cruciali,
concentrando ogni energia sulle vicende elettorali. Per questo cercherò
di perseguire l’obiettivo della costruzione di una forza politica
autonoma della sinistra in altro modo e per altre strade.
Naturalmente quando si lascia una comunità politica, cui peraltro si è
partecipato fin dal primo momento, non si prova solo rimpianto per una
straordinaria occasione perduta, ma un senso profondo di sconfitta
personale, di corresponsabilità in questo insuccesso.
E’ con questo stato d’animo, caro Nichi, che ti invio il mio saluto ed i miei auguri.
fonte: www.controlacrisi.org/notizia/Politica/2012/12/24/29624-gianni-caro-nichi-ecco-perche-lascio-sel/
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