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venerdì 26 aprile 2013

Il matrimonio di convenienza tra PD e PDL

di Nicola Melloni
da Liberazione

Guardando l’Italia di fine aprile 2013 sembra davvero di rivedere gli ultimi giorni di Weimar. Una classe politica ormai imbalsamata, incapace di decidere, rinchiusa nel Palazzo, mentre fuori soffia la bufera della crisi.
Un anno e mezzo fa il crollo della destra berlusconiana apriva praterie davanti ad un centro-sinistra impreparato, economicamente, culturalmente e politicamente a prendere l’iniziativa. In Italia la crisi economica era ormai anche crisi organica, di sistema, con la politica tutta incapace di rappresentare le diverse forze sociali, di governare il cambiamento, di organizzare la società. All’orizzonte allora si stagliava un governo di tecnocrati capitanati dall’ex eurocommissario Mario Monti che metteva sotto tutela il Parlamento e la Repubblica tutta, in nome dell’Europa e dei mercati. Non era Monti però il deus ex machina di questa operazione, ma Giorgio Napolitano che aveva imposto alle forze politiche un tale compromesso. Tant’è che per tutta la durata di quel governo il Presidente della Repubblica si incaricò di fare da tutor ad un Premier impacciato e ad un gruppo di ministri mediocre e assolutamente incapace. Facendosi garante di un equilibrio politico conservatore se non reazionario, di difesa dello status quo, di arroccamento su vecchi modelli consociativi, ignorando in maniera plateale le richieste di cambiamento. Esplicativa in questo senso la famosa battuta sul boom dei 5 stelle, ribadita nuovamente nella scelta dei saggi che escludevano il Movimento di Grillo per puntare tutto sulle forze sconfitte e decrepite della politica tradizionale.
D’altronde Napolitano ha usato tutto il potere a sua disposizione, e forse anche di più, per impedire la nascita di un governo di cambiamento, ribadendo anche quando fu dato l’incarico a Bersani che la strada maestra era quella della Grande Coalizione. Una scelta che, dopo l’illusorio tentativo di formare il governo, è stata poi fatta propria dal PD che prima ha tentato la carta Marini e poi è tornato appunto su Napolitano. Ma non è il “compromesso storico” tra due forze in ascesa, rappresentanti di grandi interessi sociali ed economici, ma un matrimonio di convenienza tra due forze politiche in ritirata, incapaci di interpretare il cambiamento, proprio come la SPD e la destra tedesca a inizio anni Trenta.
La scelta di Letta si adatta perfettamente a tale schema ed è in sostanziale continuità con quella di Monti. Un Primo Ministro che risponde direttamente al Quirinale e non al Parlamento, un uomo gradito a grandi imprese, banche, quella parte del Paese che ha portato l’Italia nella crisi attuale, che ha lucrato nella lunga stagione della Seconda Repubblica e che rifiuta il cambiamento. Di fronte ad una crisi epocale, con il vecchio sistema ormai morto e con il nuovo incapace di nascere, la soluzione Napolitano-Letta è un tentativo reazionario di salvare le vecchie classi dirigenti, di garantire i potentati economici, di reimpostare su basi regressive il contratto sociale – democrazia svuotata, diritti annacquati, indebolimento del lavoro. Per tornare a Gramsci, una rivoluzione passiva di stampo conservatore.
Quello che però non è chiaro è la reale solidità di queste forze, incapaci di proporre un qualsiasi disegno strategico, aggrappate più che altro al proprio interesse personale, emarginate dai grandi processi mondiali di ristrutturazione del potere e dell’economia. L’immagine della scorsa settimana di un palazzo assediato raffigura molto bene lo stato attuale della politica italiana. Il malcontento, la rabbia, la disperazione rischiano di esplodere da un momento all’altro e possono prendere qualsiasi forma. L’implosione del PD apre nuove possibilità di riorganizzazione per la sinistra ma allo stesso tempo la solo rimandata esplosione del blocco sociale berlusconiano potrebbe dare vita a formazioni politiche ancor più reazionarie con Grillo che al momento rischia di catalizzare la protesta. Come a Weimar, una politica legale ma ormai illegittima si rinchiude in se stessa mentre fuori il mondo cambia.

lunedì 1 aprile 2013

La "saggezza" di Re Giorgio

E così Napolitano si sarebbe scelto i saggi per rilanciare l'azione riformatrice del Parlamento - anche se non risulta che l'agenda politica del paese debba essere fissata dal Presidente della Repubblica, certo almeno non in una Repubblica parlamentare.
Una forzatura costituzionale - l'ennesima - che può forse essere giustificata con il grave momento di impasse politica ed istituzionale, di cui per altro Napolitano porta una gran parte di responsabilità. In realtà però, come è ormai chiaro, la mossa dei saggi è un escamotage per rilanciare la grande coalizione, che da quasi due anni è la vera ossessione del Presidente. Basta guardare la composizione per rendersi conto di cosa stiamo parlando. Tra i "riformatori" ci sono parlamentari - italiani ed europei - che siedono tra le fila del PD (Violante, quello del discorso alla Camera sulle garanzie extra legem date a B. sulla difesa delle sue reti televisive), PDL (Quagliariello - quello degli "assassini" di Eluana, ora trasformato in saggio...) e Monti (Mauro) più un finto esterno come Onida - già candidato a sindaco di Milano per il centrosinistra e protagonista negli ultimi giorni di numerosi interviste contro la cosiddetta ineleggibilità di Berlusconi. Insomma, le prove generali di un mega inciucio che esclude il M5S e il resto della società civile. Bel colpo, non c'è che dire.
Pure peggio tra i saggi economici, tutte persone provenienti dall'establishment, nessuna voce fuori dal coro (che so, un Gallino, un Rodotà) o rappresentante di altri tipi di interesse economici, non ci sono uomini del sindacato ma neanche delle imprese (che comunque sono spesso difese....). Ci sono solo uomini di palazzo, quel pezzo di classe dirigente collettivamente colpevole del disastro italiano. Non certo la maniera migliore di ripartire.

domenica 31 marzo 2013

Il governo della non fiducia e la risurrezione di Monti

Tartufesco è il termine più educato che mi viene in mente per descrivere il comportamento del Presidente della Repubblica. Invece di dimettersi per aprire una nuova fase rimane ostinatamente attaccato alla poltrona non tanto per sete di potere, quanto piuttosto per voler decidere personalmente in che direzione deve andare il paese. Costringendo le forze politiche - soprattutto il PD che ha di nuovo, assurdamente, abbassato la testa di fronte alle pretese del Colle - a seguire l'agenda di Napolitano. Le sue dimissioni avrebbero in parte sbloccato lo stallo attuale, a prescindere dal nome che sarebbe potuto venir fuori per la successione. Il nuovo Presidente, senza una maggioranza, avrebbe potuto sciogliere le Camere, Napolitano non può e dunque costringe il Parlamento a funzionare senza una maggioranza politica, cioè senza un vero governo.
Ed allora, il colpo di teatro, ma potremmo tranquillamente chiamarlo colpo di mano e forse pure colpo di stato. Monti rimane operativo perché, nelle parole del Colle, non sfiduciato! Ma di cosa stiamo parlando? Quel governo era figlio di un altro Parlamento e pensare che possa governare - addirittura prendere decisioni economiche importanti - senza un nuovo voto di fiducia equivale, senza giri di parole, ad aver messo in naftalina le elezioni e dunque ad abbandonare la democrazia rappresentativa e parlamentare. Un escamotage osceno per tenere in piedi quella sorta di grande coalizione che Napolitano continua a perseguire nonostante gli elettori gli abbiano detto no. E con in più un gruppetto di "nomi" per le riforme, molti dei quali quasi impronunciabili (Mauro, Quagliariello, Violante, etc..) figli di un sistema marcio e che, su quelle fondamenta erose vorrebbero costruire una nuova architettura politico-istituzionale.
E così continua la triste storia del Paese. Monti, crocifisso dagli elettori, ucciso (leggi, sfiduciato!) politicamente dal Pdl a Dicembre, che non ha avuto la sfiducia del vecchio Parlamento solo perchè si è dimesso prima, torna ora in vita, a Pasqua, senza la fiducia delle nuove Camere, cioè degli elettori, grazie al divino intervento di Napolitano. Cose mistiche, ma che con la democrazia non hanno nulla a che fare.

mercoledì 27 marzo 2013

Tecnicamente, un disastro

Siamo quasi arrivati all'ingloriosa fine del governo tecnico, uno dei peggiori della storia repubblicana. E finiamo pure col botto, le dimissioni di Terzi, gli stracci che volano tra Esteri e Difesa, pure Napolitano descritto come "irritato". Per un anno e mezzo si sono cantate, a reti (quasi) unificate, le gesta di un manipolo di eroi che avevano salvato l'Italia dal baratro. Alla prova dei fatti si sono rivelati invece un gruppo di professori arroganti e pure incompetenti che hanno fallito su tutta la linea.
Quali erano gli obiettivi iniziali? Vediamoli in ordine:

  1. mettere a posto i conti nel mezzo della crisi finanziaria
  2. impostare riforme strutturali per rilanciare la crescita e modernizzare il paese
  3. ridare dignità al paese all'estero dopo anni di gaffe berlusconiane
  4. possibilmente risolvere la crisi politica
Beh, se guardiamo le cose con un pò di oggettività, non possiamo che bocciare su tutta la linea i professori. I conti sono tutt'altro che a posto. Vero, lo spread è disceso - dopo esser salito a dismisura nei primi mesi del governo - ma il merito è quasi tutto delle misure messe in campo dalla BCE. Nel frattempo il PIL è crollato, siamo in recessione, la disoccupazione è aumentata e, sorpresa sorpresa, il debito è aumentato. So much per la competenza di economista di Monti, primo ministro e a lungo con l'interim al Tesoro. 
Le riforme sono state affidate in principal luogo a Madame Fornero, che ci era stata presentata come la massima esperta italiana di pensioni. Ed infatti, dopo aver studiato una vita, ha varato una riforma che ha sconquassato l'Italia, creando milioni di esodati e mettendo a rischio i conti dello Stato. Quando poi si è passati al lavoro, non ci si poteva aspettare tanto di meglio se nella materia di sua competenza era già stata così disastrosa. Ed infatti oggi è la stessa Fornero ad ammettere: abbiamo lavorato tanto, ma zero risultati. Aggiunge, per giustificare l'aumento della disoccupazione ed il fallimento della nuova disciplina dei contratti: la mia riforma del lavoro era fatta per i momenti di crescita. Oh Signora, ma bastava leggere i giornali per sapere che eravamo in recessione! Da un professore ci si aspetta almeno che sappia di cosa parla, e invece...
Quanto al prestigio internazionale, per mesi ci siamo illusi di aver qualche carta da giocare in Europa mentre la Germania ci ignorava completamente, neanche fossimo ancora con Berlusconi. La BCE ci ha scritto una lettera che si è poi rivelata essere il programma del governo Monti mentre l'austerity non veniva allentata neanche di una virgola. Il clamoroso insuccesso è stato certificato dal patetico addio di Monti al vertice europeo di Cipro, dove è andato a lamentarsi dell'insensatezza dell'Europa. Un po' tardi, caro Monti. La vicenda indiana ha poi sfondato ampiamente i limiti del ridicolo. Prima viene violata la parola data e si tengono i marò in Italia, cercando di alzare la voce a livello internazionale pur facendo la solita figura dei voltagabbana. Poi, di fronte all'assordante silenzio della diplomazia UE che si rifiutava di sostenere l'Italia, e con l'India che alzava la voce e di fatto sequestrava il nostro ambasciatore, il governo ha umilmente abbassato la testa e rimandato i marò in India. Da cui la tristissima scenetta al Senato, Terzi che si dimette - un po' in ritardo - e De Paola che gli dice circa di essere un novello Schettino che abbandona la nave che affonda. Una figuraccia internazionale di proporzioni inaudite, altro che le corna di Silvio...
Non è un caso che alle elezioni gli italiani abbiano di atto ignorato Monti e i suoi. Il che, anche se la colpa non è certo tutta del governo, ci lascia in una situazione politica peggiore di quella di un anno e mezzo fa, senza un governo, senza una maggioranza, senza una nuova legge elettorale, con un paese spaccato - per altro, manco a farlo apposta, nel mezzo di un altra crisi europea. E pensare che si poteva votare un anno e mezzo fa....peggio di sicuro non poteva andare!

lunedì 18 marzo 2013

Anche Monti contro l'austerity? Troppo tardi!!


E così, secondo l'articolo del Guardian riportato qui sotto, anche Monti si sarebbe convinto che l'austerity fa più male che bene. Si potrebbe dire, meglio tardi che mai. E invece no. Troppo tardi. Per 18 mesi ha governato in Italia, con una maggioranza schiacciante - che come si è visto non corrispondeva certo ad una maggioranza nel Paese. Da quella posizione avrebbe potuto contribuire ad una svolta nelle politiche economiche. Invece Monti è stato più realista del re, seguendo alla lettera le indicazioni di Bruxelles, salvo accorgersi solo ora che non tutti lo fanno e che forse, in fondo, era meglio non farlo neanche noi. Capaci tutti di capirlo, quando non c'è da fare battaglie politiche. Monti è molto più adatto a fare il Grillo parlante, come quando criticava il podestà straniero, salvo poi farne il paggio. Che torni a scrivere sul Corriere e lasci la politica ad altri, più coraggiosi e intelligenti di lui


Mario Monti: EU faces backlash over austerity measures


dal Guardian


Italy's outgoing prime minister has warned European leaders that the rigid austerity policies of the past three years have generated mass disaffection with the EU and a populist political backlash.
In a bitter valedictory statement to a two-day EU summit that ended in Brussels on Friday, Mario Monti, who was crushed in the recent Italian election – a result that stunned the EU elite – pleaded for greater scope on economic and fiscal policy in the crisis.
He complained that other countries such as France and the Netherlands were being granted more breathing space on their spending targets than he had been given over the past 16 months, and said that he had followed EU orders in his policymaking, an admission he did not emphasise during the election campaign.
In the letter, Monti, a liberal reformer who was the darling of Brussels but roundly rejected by Italian voters, voiced disappointment bordering on a sense of betrayal at the way he was treated by fellow EU leaders, most notably in Berlin and Brussels.
"Since November 2011," when he replaced Silvio Berlusconi as caretaker prime minister, "Italy has been delivering on all the policy objectives set out by the EU. In the meantime, some member states have been given extra time to reach their budgetary objectives," he complained.
"Not only has Italy not requested any extra time to perform its adjustment, but it did not request any financial assistance from the EU or any other international organisation. On the contrary, Italy has contributed to the financial assistance of other EU countries in need."
Attending his final EU summit, Monti warned that the leaders were not acting strongly and fast enough to combat record mass youth unemployment, storing up trouble for themselves at the ballot box.
"Public support for the reforms, and worse, for the European Union, is dramatically declining, following a trend which is also visible in many other countries across the union," he said. "To revive growth and fight long-term and youth unemployment would be the best message to counter the mounting wave of populism and disaffection with the European Union, showing that Europe is listening to people's concerns."
While pursuing an agenda of fiscal and structural reform in office, Monti regularly pleaded with Berlin for more flexibility over the eurozone crisis. Ironically, the summit finally agreed to adopt more room for manoeuvre in the application of the eurozone rule book, although this will do little more than soften the harsh edges of the austerity medicine.
Monti also called for the swift application of a German-inspired stick-and-carrot regime, which would see countries commit to "contracts" with the European commission on structural reform in return for funding rewards pegged to progress.
The details of the scheme are to be devised by EU authorities by June. But already the scheme has run into trouble – no decisions are expected in June and several countries are balking at the surrender of sovereignty entailed.

giovedì 14 febbraio 2013

PD-SEL-Monti: no il triangolo no!!!


Almeno dovrebbero mettersi d'accordo che ci fan miglior figura. Vendola ogni giorno lancia fulmini contro Monti mentre il PD continua a corteggiarlo. E Monti se la prende con Vendola ma apre al PD mentre attacca la CGIL.
Una banda di matti, sembra. O forse un gruppo di opportunisti che prendono in giro gli elettori. Ognuno che tira acqua al suo mulino, alla fine è legittimo. Monti che deve tenere un po' di distanza dalla "sinistra" per drenare voti al centrodestra. Vendola che deve cercare di scappare alla rimonta di RC che si accrediterebbe altrimenti come unica vera sinistra. E PD che non deve perdere troppo a sinistra ma ha bisogno di mostrarsi come forza aggregante e "di governo". Tutto legittimo, come detto. Ma con un pò di decoro. Promesse, scontri, attacchi frontali. Per poi finire tutti assieme...
Il triangolo di certo Monti e Vendola non l'avevano mai considerato, ma è tremendo quando il terzo incomodo diventa il PD! Ed oggi infatti rischiamo di raggiungere questa nuova vetta di ridicolo. 
Vendola infatti dichiara che il nuovo governo introdurrà il reddito minimo garantito che, sopresa, sorpresa, ha promesso anche Monti. Peccato che sia il PD a non starci e ci ha tenuto a chiarirlo fin da subito col il suo responsabile lavoro, Cesare Damiano.
SEL e Monti verso le convergenze parallele con il PD a rompere le uova nel paniere...?
Proprio oggi Bersani twitta che saranno una coalizione solida. Ma chi vuole preder per i fondelli?

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martedì 12 febbraio 2013

La vecchia politica di Bersani

Vecchia politica quella del PD. Si, proprio del PD parlo, quello delle primarie che hanno innovato la politica italiana. Ma dato come vanno le cose, queste primarie sembrano sempre più una foglia di fico. Certo, bel dibattito, una campagna per una volta vera, con un vero sfidante (ed uno falso, Vendola, già rassegnato prima e che chiedeva già prima del primo turno di votare poi Bersani al secondo giro, va beh...). Ma poi? Primarie per scegliere i candidati, bene, anche se poi sono arrivati i barbari calati da - e non su - Roma, nelle vesti del listino di Bersani. Legittimo, ma copre un po' il valore della parlamentarie. Tutto nella norma, comunque. Il peggio è decisamente arrivato dopo. Prima si forma Rivoluzione Civile, e cosa succede? Partono emissari (Franceschini) sotto banco che vanno da Ingroia a proporre la desistenza camuffata al Senato: RC non si schiera, e il PD ospiterà due di RC nella sue liste, ma sotto mentite spoglie. Oh! Proprio un bell'esempio di politica trasparente, nuova, pulita. Giochetti di palazzo, come prima più di prima. Fantapolitica? Non direi. La cosa è stata denunciata da Ingroia e nessuno nel PD ha avuto il coraggio di smentire, un motivo ci sarà.
Ma il peggio deve ancora arrivare. Prima a parlare di alleanza col centro, mentre SEL, alleata di ferro del PD, nega. Poi Monti comincia a dar fastidio, ed allora il clima si surriscalda, attacchi anche abbastanza duri al Professore. E poi, dopo un giro a Berlino a farsi benedire da Merkel e Schauble, ecco tornare di moda lo stesso Monti. Si va alle elezioni da avversario, con programmi diversi, ma poi ci si vuole alleare, a prescindere. Qualcuno lo dica a Vendola che sembra l'unico a non essersene accorto. Ed è questa la politica nuova? Chiedere il voto per un programma sapendo di andare comunque a governare con altri? 
Che il PD possa cercare alleati nel caso non abbia la maggioranza in Senato è giusto e legittimo, nelle democrazie parlamentari si fa così. Ma che gli accordi ci siano da prima - come ha ribadito in una intervista al Foglio recentemente il segretario dei socialisti Nencini - beh è un discorso diverso. Allora si va alle elezioni alleati, con programmi chiari. Il PD non può farlo, anche i suoi elettori più fedeli avrebbero qualche problema a votare Monti, Fini e Casini. Ma se li ritroveranno dopo. 
Altro che primarie! Ancora una volta domina la politica di Palazzo, quella tanto amata da D'Alema&C. Una politica vecchia. E perdente.

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mercoledì 30 gennaio 2013

Lo spread e l'ennesima buffonata di Monti

Va bene la campagna elettorale, ma c'è un limite a tutto. Monti, lo ricordiamo, è andato al governo sulla base di favole costruite ad arte da giornali e commentatori, del tipo che la sua presenza al posto di Berlusconi avrebbe tagliato lo spread di 200 punti. Infatti, poco dopo la sua nomina, lo spread toccò il massimo storico, e scese solo dopo l'intervento di Draghi, cosa che in Europa sanno tutti ma solo in Italia si continua a mistificare come successo del governo.
Ora si ricomincia. Intervistato in Rai, Monti ha sostenuto che la presenza di Vendola al governo avrebbe rischi sullo spread. Vale a dire: Berlusconi non si può votare, il centrosinistra nemmeno, gli italiani devono scegliere la lista Monti per governare, altrimenti i mercati ci puniranno.
Una concezione della democrazia bislacca, in linea con quella del governo tecnico imposto al Parlamento e agli italiani che mai l'avevano votato. Monti mente sapendo di mentire quando dice che esiste un'ipoteca del mercato su queste elezioni. Lo abbiamo visto a più riprese, oramai anche FT e Goldman Sachs hanno ripudiato l'austerity e il vero problema per l'Italia sarebbe un nuovo governo con Monti in qualche posizione importante. Le sue scelte economiche hanno fatto dell'Italia lo zimbello d'Europa, la disoccupazione è alle stelle e l'economia in recessione. Non è certo Vendola che dobbiamo temere, ma Monti.
Detto questo, questa manfrina appare davvero patetica, dato che i due sembrano pure destinati a governare insieme. Dove non potè Dio, potè Bersani. Che vincerà le elezioni, ma ha detto in tutte le salse di voler Monti con sé. E avendo già tirato su Vendola per coprirsi a sinistra, si dovrà far buon viso a cattiva sorte. Bella prospettiva che due che hanno litigato ferocemente durante la campagna elettorale si ritrovino allo stesso tavolo. Alla faccia della coerenza, e della credibilità della politica. 

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lunedì 21 gennaio 2013

Financial Times contro Monti e l'austerity

Proponiamo di seguito un editoriale del FT, il giornale della City londinese, che attacca duramente Mario Monti, il suo governo e la sua pretesa di guidare nuovamente l'Italia. Wolfgang Muchau, l'editorialista del FT, spiega con precisione che il governo Monti si è contraddistinto solo per il suo ricordo indiscriminato all'austerity, senza portare a casa nessun risultato concreto - mentre il calo dello spread è dovuto, come abbiamo ripetuto più volte, a Mario Draghi.
Per Munchau la vera questione è una ridefinizione della politica economica a livello europeo, chiedendo agli stati del Nord, ed in particolare alla Germania, di contribuire al riequilibrio economico. Continuare ad ostinarsi sulla strada dell'austerity rischia di portare presto ad una uscita dell'euro se non ad una vera e propria reazione autoritaria. Un consiglio che forse Bersani dovrebbe ascoltare...

Monti is not the right man to lead Italy

Most Italians know they owe the fall in bond yields to Draghi
The financial crisis has faded in Italy but the economic crisis has been growing. There has hardly been a day without news of the credit crunch worsening, and a fall in employment, consumption, production and business confidence. Once again, a European government has misjudged the predictable impact of austerity. Having shown almost no growth for a decade, the Italian economy is lingering in a long and deep recession.
Like the other countries on the eurozone’s southern rim, Italy faces three options. The first is to stay in the euro and take on alone the burden of full adjustment. By this I mean both economic adjustment, in terms of unit labour costs and inflation; and fiscal adjustment. The second is to stay in the eurozone, contingent on shared adjustment between creditor and debtor nations. The third is to leave the euro. Successive Italian governments have tried a fourth option – stay in the euro, focus on short-term fiscal adjustment only and wait.
Since we know from economic history how such episodes end, option four will ultimately lead us back to options one, two or three. My favourite would have been the second: make euro membership conditional on symmetrical adjustment. But Mario Monti, Italy’s prime minister, did not stand up to Angela Merkel. He did not tell the German chancellor that his country’s continued engagement with the single currency would have to depend on a proper banking union with full resolution and deposit insurance capacity; a eurozone bond; and more expansionist economic policies by Berlin. In his interview with the Financial Times last week, Mariano Rajoy, the Spanish prime minister, demanded symmetrical adjustment – again, rather late, since Germany is already planning an austerity budget for 2014. In view of all political decisions already taken, the option of symmetrical adjustment is slowly receding.
So where does this leave Italy ahead of next month’s elections? As prime minister, Mr Monti promised reform and ended up raising taxes. His government tried to introduce modest structural reforms but they were watered down to macroeconomic insignificance. Having started as a leader of a technical government, he has emerged as a tough, political operator. His narrative has been that he saved Italy from the brink, or rather from Silvio Berlusconi, his predecessor. A fall in bond yields has played into this narrative, but most Italians know they owe this to another Mario – Draghi, president of the European Central Bank.
On the left, Pier Luigi Bersani, general secretary of the Partito Democratico, has supported austerity but has recently been trying to distance himself from those policies. He has also been more hesitant on structural reforms. His main campaign themes are a wealth tax, the fight against tax evasion, money laundering and gay rights. He says he wants Italy to stay in the eurozone. There is a marginal chance he will be more successful in standing up to Ms Merkel because he is in a better position to team up with François Hollande, the French president and a fellow Socialist.
On the right, the alliance of Mr Berlusconi and the Northern League has been behind in the polls but is making advances. So far, the former prime minister has had a good campaign. He has delivered an anti-austerity message that has struck a chord with a disillusioned electorate. He also keeps criticising Germany for its reluctance to accept a eurozone bond and to allow the ECB to buy Italian bonds unconditionally.
You could interpret this as an option-two stance: insist on symmetrical adjustment or get out. We know Mr Berlusconi only too well, however. He was a prime minister for long enough to have shaped such a debate much earlier. To become credible, he must produce a clear strategy that maps out the choices in detail. All we have now are television soundbites.
Judging from the latest opinion polls, the most likely election result is gridlock, perhaps in the form of a Bersani-Monti coalition of the centre-left, possibly with a centre-right majority in the Italian senate, where different voting rules apply. This would leave everyone, more or less, in charge. Nobody would have the power to implement a policy. Everybody would have the right to veto one.
If that were the case, Italy would continue to muddle through, pretending it had opted to remain in the euro but without creating the conditions to make membership sustainable. In the meantime, I would expect an anti-euro political consensus to emerge that would probably either win an outright majority in subsequent elections or trigger a political crisis with ultimately the same effect.
As for Mr Monti, my best guess is that history will accord him a role similar to that played by Heinrich Brüning, Germany’s chancellor from 1930 to 1932. He, too, was part of a prevailing establishment consensus that there was no alternative to austerity.
Italy still has a few choices open. But it has to make them.

fonte: http://www.ft.com/cms/s/0/882bb27a-6166-11e2-957e-00144feab49a.html#axzz2IZ1yfnuN

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venerdì 4 gennaio 2013

Alle elezioni proviamo a cambiare

Tanta è la confusione sotto il sole di Gennaio. I partiti si organizzano per le elezioni mentre gli elettori cercano di capire quali saranno i diversi scenari che si avranno da Marzo in avanti.
Che il PD esca vincitore non pare in dubbio, ma dati gli assurdi meccanismi elettorali potremmo ritrovarci senza una maggioranza stabile al Senato. Per altro il PD di Bersani non ha mai nascosto di voler un accordo coi centristi "a prescindere". Questo era facile e semplice quando Casini&C. erano un piccolo partitino, ma con la discesa in campo di Monti la competizioni si è scatenata e i rapporti tra i futuri teorici partner si sono fatti tesi.
Onestamente a me sfugge il motivo di questa tensione. Il PD è stato il più fedele sostenitore di Monti, votando tutte le leggi e "riforme" proposte dal governo. Il Monti che oggi attacca CGIL e Vendola è lo stesso che ha fatto passare la riforma del lavoro dividendo i sindacati e isolando la CGIL stessa. Di cosa non si era accorto il PD in questo periodo? Per altro la famigerata agenda Monti non è certo tanto diversa, nei veri contenuti, dal programma di governo PD-SEL, molto vago e confuso tanto per non scontentare nessuno. Basta guardare alle cose più importanti: si parla tanto di lavoro, ma non si dice se e come si vorrà cambiare la riforma Fornero (e il PD ha già detto chiaramente che non appoggerà il referendum); di certezze sulla patrimoniale non ci sono; e nulla di concreto si dice sulla redistribuzione del reddito. D'altronde tutto questo rimane in sostanziale continuità con quello fatto e votato dal PD nel corso dell'ultimo periodo, e pure con quello fatto dai predecessori del PD nei vari governi Prodi, D'Alema e Amato. Dunque credere che un cambiamento vero possa venire da quella parte è un po' come dare carta bianca senza uno straccio di prova in tal senso.
Allo stesso tempo pensare che un voto per SEL possa cambiare in maniera decisa questa situazione pare poco realistico. Se SEL prendesse il 20% allora si potrebbe avere qualcosa da dire al governo. Ma data la situazione attuale, cosa mai potrà portare a casa Vendola? Bersani è già stato chiaro, si decide su tutto a maggioranza, e il PD avrà la maggioranza dei parlamentari. E così spazio ad istanze importanti come diritti civili e, si spera, temi ecologisti, ma ci sarà poco o nulla per quanto riguarda la politica economica. In fondo il Vendola che ha rinunciato alla radicalità in nome di un accordo a tutti i costi è stato umiliato alle primarie, raccogliendo a malapena la metà dei voti di Renzi, il volto nuovo del PD, che sostiene Marchionne, si rifà a Blair e Clinton, cioè agli artefici di quel modello di capitalismo che la crisi ha sostanzialmente demolito, che attacca il sindacato e non ha nessun interesse per il mondo del lavoro.
Del resto Vendola vive una contraddizione che lascia volutamente irrisolta. Da una parte si affida ancora ad una propaganda radicale, ma dall'altra cerca accordi coi moderati. E sta cercando di riposizionare SEL all'interno del socialismo europeo che di radicale non ha davvero nulla. Cosa è, infatti, il PSE attuale, se non una combinazione dei socialisti greci che hanno difeso gli interessi di casta e dei ricchi e causato la crisi del Paese, dei labour inglesi che promettono altri tagli per il dopo Cameron, dei socialisti spagnoli che hanno votato il fiscal compact e favorito la finanziarizzazione dell'economia sotto il governo Zapatero, dei socialisti tedeschi, non meno rigidi dei conservatori della Merkel nella loro idea di Europa. E si, certo, anche dei socialisti francesi che una tassa ai ricchi l'hanno messa (anche se in maniera dilettantesca) ma che sostengono il fiscal compact e rinunciano alle politiche keynesiane.
E allora appare ovvio che se si vuole provare a cambiare non si può farlo nell'attuale coalizione di centrosinistra. Che sarà sicuramente meglio di un ritorno di Berlusconi ma che può essere solo marginalmente meglio di un ritorno di Monti. Una coalizione di partiti "responsabili" ma senza coraggio e senza neppure le idee giuste per cambiare, più timidi, addirittura, dei Democratici americani. La risposta alla crisi del capitalismo occidentale, alla crisi dell'Europa non può essere la riproposizione "ingentilita" delle stesse politiche che l'hanno generata, dalla precarietà alla diseguaglianza, dal potere dei mercati finanziari alla riduzione degli spazi democratici. Deve invece essere una risposta "rivoluzionaria", una rivoluzione civile che inizi il cambiamento. Solo un buon risultato elettorale della sinistra-sinistra, della sinistra che sta col lavoro e accetta la realtà del conflitto sociale può sbilanciare le politiche del prossimo governo. Solo un successo del primo embrione di alternativa può mettere in moto un processo virtuoso di costruzione del cambiamento. Ci vorrà del tempo, non sarà facile. Ma cambiare si può, e non si può più aspettare.


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domenica 23 dicembre 2012

Monti ha ragione, non è un conservatore. E' un reazionario.

Monti si è scatenato oggi. Soprattutto contro Berlusconi, e questo va sempre bene. Anche se racconta balle quasi al livello del nostro Silvio. Certo son bugie meno crasse, meno volgari, ma sempre bugie. Quando dice che sarebbe demagogia dire che lo spread si è abbassato grazie alla BCE e non grazie al suo governo, dice semplicemente balle. Altrimenti deve giustificare l'innalzamento dello spread dopo il Salva-Italia e dopo la riforma del lavoro, quelle misure che dovevano riconquistare la fiducia dei mercati. Ma è un Monti demagogico, come d'altronde lo sono quasi tutti i liberali. E il suo governo, fatto di slogan, di ricette pre-confezionate, di formulette da libri, senza nessuna attenzione all'economia reale lo dimostrano. E d'altronde se il metro del successo è lo spread basso mentre siamo in recessione e con la produzione industriale a picco, beh, allora forse questo signore non ha le idee tanto chiare in economia come in politica.
Ma poi, dopo l'attacco a Berlusconi, Monti se l'è presa con la CGIL ("La riforma del lavoro è stata frenata da una componente sindacale, che trova difficile evolvere") e Vendola ("Il presidente Vendola... ha detto di me che sono un liberale conservatore. Liberale sì, conservatore sotto molto profili è Vendola"). Altra demagogia in serie. Ma cosa dovrebbe fare la CGIL? Fare gli interessi di Marchionne? E' questa l'idea di sindacato di Monti? E quanto a Vendola, forse sarà pure conservatore, che vuole difendere dei diritti che Monti giudica vecchi. E Monti ha ragione, non è un conservatore, è un reazionario, vuole riportare indietro le lancette della storia. Un pò come sentire De Maistre e Metternich dare dei conservatori ai repubblicani francesi che volevano conservare la Repubblica, invece di tornare indietro alla Monarchia.
E poi, per finire, la retorica sui giovani, il cui futuro non ha svenduto. Cosa abbia fatto lui, non si capisce. Ha aumentato il debito. Li costringe e lavorare fino a 70 anni. Aumenta la disoccupazione sia con politiche restrittive sia con la riforma delle pensioni. Aumenta il precariato e diminuisce i diritti (il vero tesoro a cui ogni giovane avrebbe diritto) con la riforma del lavoro. E ha il coraggio di parlare in favore dei giovani.
Più serio, più onesto, meno offensivo di Berlusconi. Ma Monti rimane un uomo di potere a difesa della banche, dei poteri forti, dei ricchi. Un reazionario.


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Il ricatto dei mercati e la grande bugia dello spread

Riproponiamo oggi un articolo uscito su Ombre Rosse appena all'indomani della caduta del governo Monti, quando gia' si vagheggiava di un attacco contro l'Italia dei mercati finanziari. Come si e' visto, l'ennesimo falso ideologico costruito a favore del governo.

di Nicola Melloni

da Ombre Rosse

Cade il governo e ricomincia la solita storia: panico e preoccupazione per la reazione dei mercati. Il solito ricatto che sentiamo da almeno 12 mesi. Non si può fare politica, bisogna semplicemente ubbidire a quello che richiede il mercato, pena la bancarotta.

E dunque, lo scorso weekend è stato tutto un piangersi addosso. Ha iniziato Napolitano che invece di tranquillizzare ha deciso di buttare benzina sul fuoco, con parole torve e minacciose: «I mercati? Vedremo cosa fanno lunedì». E poi han continuato Corriere e Repubblica e tutti gli altri grandi sponsor del governo tecnico: «Comunità internazionale che non capisce e da lunedì ci farà pagare un prezzo assai alto» (De Bortoli), «Le dimissioni di Monti sono arrivate come un fulmine. Non certo un fulmine a ciel sereno perché sereno non è affatto ed anzi è rigonfio di nubi nere e cariche di tempesta….una campagna elettorale con l'insegna del "tanto peggio tanto meglio", con i mercati in agguato e la finanza pubblica a rischio di grave pericolo» (Scalfari). Il messaggio era chiaro: non si può mettere in discussione la linea di politica economica finora adottata.

Lunedì  la Borsa ha aperto in ribasso, lo spread è salito, ed ecco che tutti i giornali titolavano sul grande rischio che correva l’Italia. Intanto Monti ribadiva: «I mercati? Li capisco». E di questo, almeno, nessuno ha mai dubitato. Forse allora avevano avuto ragione l’anno scorso quando ci era stato imposto il governo tecnico, una sorta di male necessario per evitare il peggio.

Ed invece… Mercoledì l’asta dei Bot è stata un successo coi rendimenti in ribasso, nonostante la crisi di governo. E giovedì è intervenuto addirittura Moody’s con una dichiarazione che ha tagliato la testa al toro: «Le turbolenze politiche in Italia hanno conseguenze limitate sull'affidabilità creditizia del Paese». Ma che sorpresa! Allora si può andare a votare senza mettere a rischio la stabilità del Paese, come d’altronde, nel mezzo della crisi, avevano fatto in Spagna, Portogallo, Irlanda e perfino, per ben due volte, in Grecia.

Attenzione però, ci dicono ora. Votare va bene, ma bisogna votare in un certo modo. Non a caso la preoccupazione principale del centrosinistra è quella di rassicurare i mercati e i partner europei (così giorni fa l’Unità ed anche Bersani intervistato dal Wall Street Journal). Che tradotto vuole circa dire, votate, vinciamo, ma la famosa agenda rimane sempre la stessa perché lo vogliono i mercati. E chi la discute è demagogico, populista, irresponsabile.

Ma siamo sicuri che sia proprio così? Chi sono questi mercati e cosa vogliono esattamente? Occorre fare chiarezza. I mercati sono entità astratte, composte da migliaia di operatori. I mercati, in fondo, siamo anche noi quando compriamo un Bot o un CCT. Gli investitori, quelli cioè che hanno messo i soldi, vogliono semplicemente una cosa, che i debiti vengano onorati. Che lo si faccia tassando i ricchi o i poveri, per loro ha poca importanza. Altra cosa, invece, è quella che vogliono i grandi capitalisti (anche se non tutti, per fortuna): loro vogliono meno tasse per i ricchi, libertà di licenziamento, salari bassi. C’è una bella differenza.

Per un anno e più ci hanno detto che l’austerity non si poteva discutere se non si voleva fallire. E che austerity non vuol dire, ad esempio, patrimoniale, ma Iva maggiorata e tagli a sanità e scuola. Ma eran tutte balle. In America, dove non c’è stata austerity, ed il debito è salito, i tassi di interesse sono scesi, non saliti. E recentemente, l’ex vice presidente di Moody’s ha attaccato Monti e Draghi, responsabili dei pessimi risultati dell’Italia. Ed anche un editoriale del Financial Times ha festeggiato le dimissioni di Monti, le cui politiche si sono rivelate inadeguate. Tanto per citare alcune autorevoli voci dei mercati finanziari che non credono in questo tipo di politica economica che arricchisce alcuni ma mette a rischio la tenuta proprio di quei famosi mercati di cui tanto parliamo. Gli investitori, infatti, sarebbero ben più contenti se l’Italia crescesse, perché soltanto con la crescita, e non certo con l’austerity, si possono pagare i debiti.

In realtà in questo anno, sotto il cosiddetto ricatto dello spread, si è approfittato della crisi per scassinare la Costituzione e far passare a tamburo battente le contro-riforme del lavoro e delle pensioni. L’agenda Monti è stata l’agenda del grande capitale che si approfitta di crisi, disastri ed emergenze per imporre politiche altrimenti inaccettabili, come spiegato già qualche tempo fa da Naomi Klein nel suo Shock Doctrine. Ora ci vorrebbero far votare sotto lo stesso ricatto, ripetendo le stesse bugie.

fonte: http://www.controlacrisi.org/notizia/Politica/2012/12/15/29354-il-ricatto-dei-mercati-e-la-grande-bugia-dello-spread/


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venerdì 21 dicembre 2012

Il senso degli italiani per il ridicolo: Monti tra gli operai e la farsa di fine regime

Lo diceva già Marx, la storia si ripete sempre, prima come tragedia e poi come farsa. E l'Italia di fine 2012 sembra una patetica, farsesca copia di un paese socialista degli anni 70. 
Le ultime uscite della politica italiana sconfinano nel ridicolo, se non peggio. Aveva iniziato il popolo della libertà con finte convention in cui venivano deportati anziani ignari in giro per funghi, alla moda dei pionieri sovietici. Ma Monti ha fatto, se possibile, anche peggio. Per annunciare il suo ingresso in politica è addirittura sceso a parlare tra gli operai ammaestrati di Pomigliano, scene che ricordano da vicino Honecker e la nomenklatura della vecchia DDR, accolta in fabbriche festanti presidiata da polizie e spie del regime. Andare a Pomigliano è il massimo di cattivo gusto possibile, in una fabbrica dove sono stati negati i diritti sindacali di chi non è d'accordo, dove si impose un referendum ricattatorio per demolire i sindacati recalcitranti, dove Marchionne ha cercato di riassumere solo gli operai a lui fedeli, quelli che ieri, bravi bravi, si son messi come tanti soldatini ad applaudire Monti. La claque organizzata dal capo-fabbrica per applaudire il segretario generale in visita, robe da oltre-cortina (di ferro, anche se Monti è più abituato alle Alpi). 
E d'altronde il trend di regressione prosegue: i leader politici girano circospetti, paurosi del popolo. E per chi protesta ormai ci son solo botte. Qualsiasi forma di contestazione viene vissuta come eversione, come attentato allo Stato. E tutto ciò in fondo ha senso: la nostra Costituzione è stata riscritta per imporre una certa visione del mondo, non diversamente dalle Costituzioni socialiste. Allora il socialismo, qui ed ora il liberismo. E quindi chiunque non sia liberale è contro la Costituzione! Non basta: anche noi ormai siamo diventati un Paese a sovranità limitata, come l'Ungheria di un tempo: una volta le decisioni si prendevano a Mosca, oggi a Bruxelles e Berlino.
Ed infine abbiamo Napolitano che ormai si crede Ceaucescu (per fortuna al netto della Securitate, appunto più farsa che tragedia), una sorta di sovrano intoccabile, al di sopra della legge come lo erano, una volta, i leader comunisti. Lui è immune dalle leggi tradizionali e chi parla con Lui, anche se sotto indagine e con i telefoni controllati, non può essere ascoltato. Trattasi, se capiamo bene, di cittadino al di sopra di ogni sospetto, e quindi di ogni legge. E per di più amante di intrighi e segreti, invece di spingere per la verità sulla trattativa Stato-Mafia, si intrattiene al telefono con un indagato.
Il tutto puzza di vecchio, marcio, decomposto. Come lo erano quei regimi, che fecero una fine ingloriosa. Occhio.


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mercoledì 19 dicembre 2012

Sotto traccia: un'altra eredità del governo Monti

di Francesca Congiu

Il governo fa ricorso contro la sentenza della Corte Europea che il 28 agosto scorso aveva bloccato la legge 40 sulla procreazione assistita.. E lo fa nell'ultimo giorno utile, a fine novembre, in silenzio, senza annunci o proclami. 

“Sarebbe sorprendente che un governo tecnico ed europeista in economia non fosse altrettanto tecnico ed europeista quando ci sono da tutelare i diritti e la salute delle persone e, anzi, agisse in danno dei cittadini più poveri. Questi, in caso di ricorso, si vedranno discriminati nel loro desiderio di maternità e paternità, mentre i più ricchi potranno rivolgersi alle cliniche per l’infertilità degli altri Paesi europei e avere l’assistenza che la legge 40, e adesso anche l’iniziativa del governo, nega loro in Italia”.
Parole di Ignazio Marino che più volte ha messo in luce le contraddizioni e l’ipocrisia della legge 40.

Intanto, “dall’alto dei cieli” di twitter, dove si è recentemente insediato, Benedetto XVI stabilisce le regole della vita, esclude il diritto alla libertà. Ciò, sia attraverso violenti proclami ex cathedra, sempre troppo sottovalutati, come la recente dichiarazione sulle unioni gay, viste come “ferita alla pace” - e sapientemente decostruita da Alessandro Esposito; sia nella pratica del condizionamento delle istituzioni. Si prenda, a caso, proprio uno dei martellanti articoli di Avvenire sulla legge 40:

28 agosto
http://www.avvenire.it/Vita/Pagine/corte-europea-boccia-legge-40.aspx

20 novembre
http://www.avvenire.it/Commenti/Pagine/Difesa%20della%20legge%2040%20%20attendiamo%20fatti.aspx

21 novembre
http://www.avvenire.it/Vita/Pagine/ricorso-legge-40-il-governo-acceleri.aspx

24 novembre
http://www.avvenire.it/Vita/Pagine/contro-la-legge-40-il-coro-dei-candidati-pd.aspx

28 novembre
http://www.avvenire.it/Vita/Pagine/ricorso-legge-40.aspx

29 novembre
http://www.avvenire.it/Vita/Pagine/legge-40-appello-strasburgo.aspx

Ricordando che i cattolici, Udc in prima linea, hanno fortemente voluto il ricorso a Strasburgo, mi torna
alla mente la chiusa di Pierferdinando Casini durante l’insediamento alla Camera nel 2001: si rivolgeva
alla Madonna di San Luca: “confidando nel suo aiuto per svolgere con serena imparzialità e rigore il mio mandato di Presidente della Camera dei deputati”.

In realtà, come ben postilla Esposito se “le norme giuridiche sono stabilite dai parlamenti”, esse
“soggiacciono alla legge ineluttabile di tutto ciò che è umano” e le “invasioni di campo” non fanno bene.

Il vizio di forma che avrebbe determinato il ricorso alla Grand Chambre da parte de Governo “super partes” di Monti, mal cela l’ennesima stoccata contro la laicità dello Stato. Urge ricordare ai tecnici e ai politici cattolici o filo cattolici, che “l’imparzialità” è aconfessionale o “onniconfessionale” e qualsiasi restringimento a questa apertura si traduce pericolosamente in minore democrazia.



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venerdì 14 dicembre 2012

TraMonti 1. Blob elettorale - il peggio della settimana

Iniziamo questa settimana una rubrica che ci portera' fino alle elezioni, raccogliendo il peggio delle dichiarazioni settimanali dei leader politici

1. Grillo: "Io antidemocratico? Allora via dalle palle"....piu' democratico di cosi'.....

2. Monti: "Si e' allontanato da me il Re Sole". E due giorni dopo, con lo spread in salita: "Capisco i mercati".....E come no. Dopo il Re Sole ecco Luigi XV che rimane fedele alla storia - dopo di me il diluvio. Poi per fortuna lo spread e' tornato sotto controllo, ah sti mercati!

3. Bersani e Vendola. Il governatore pugliese: "l'agenda Bersani non è sovrapponibile all'agenda Monti: su questa si fa punto e a capo". Bersani: "La mia agenda? La stessa di Monti, piu' qualcosa".....Ahi ahi Nichi, non l'hai ancora capito che conti come il 2 di spade quando briscola e' bastoni?

4. Berlusconi: "Se Monti cambiasse idea per quanto mi riguarda non avrei nessuna problema a ritirare la candidatura".....Ma come? Prima fa cadere il governo che non aveva fatto abbastanza bene, e poi è pronto a lasciare il campo al ritorno di Monti? Allucinante...

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giovedì 13 dicembre 2012

Lo dice anche Moody's: la crisi di governo non è un problema

E allora? Non doveva essere una settimana di passione? Tutto il weekend abbiamo avuto Monti, Napolitano, Scalfari, De Bortoli, etc etc che ci preannunciavano disastri immani. Dopo la caduta del governo chissà quale sarebbe stata la reazione dei mercati... Si tornava indietro di un anno, i conti erano di nuovo a rischio. Ed invece non è successo nulla. Si, Lunedì la Borsa ha chiuso in rosso, come sempre quando c'è un po' di maretta politica. E lo spread ha avuto un sussulto. Ma è diminuito già il giorno dopo, e l'asta dei Bot ha visto rendimenti decrescenti anche rispetto a quando Monti era in carica. E cosa dobbiamo dedurne allora? Forse che i mercati hanno apprezzato le dimissioni del governo? Ed ora ce lo dice anche Moody's: "Le turbolenze politiche in Italia hanno conseguenze limitate sull'affidabilità creditizia del Paese".
La crisi attuale svela il grande inganno su cui si è basato il ricatto politico di quest'ultimo anno. L'anno scorso ci avevano detto che Monti da solo valeva duecento punti di spread. Infatti, quando è entrato in carica, lo spread, dopo un iniziale flessione, schizzò in alto. Ci avevano detto che non si poteva aprire una crisi politica perché i mercati non avrebbero capito e l'Italia sarebbe affondata. Era patentemente falso allora. La Spagna, il Portogallo, e l'Irlanda hanno votato nel mezzo della crisi, e sono ancora vive - messe male, d'accordo, ma per colpa delle scelte dei governi e non certo per la campagna elettorale. In Grecia hanno addirittura votato 2 volte in pochi mesi, senza che nulla sia cambiato. Ma noi no, non potevamo permettercelo. Ed invece ora si è aperta la crisi e, immediatamente, anche la campagna elettorale. Eppure non succede nulla di che.
La verità è ben altra. Il governo tecnico era in realtà strumentale, serviva per scassare la nostra Costituzione, per imporre le riforme volute da altri, per manomettere il mercato del lavoro e per togliere la voce ai cittadini. Il governo degli ottimati, basato su ottime bugie. 


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mercoledì 12 dicembre 2012

I 2 Mario hanno fallito


Proponiamo oggi un eccellente articolo di Christopher Mahoney su Project Syndicate. Mahoney è stato il vice Chairman di Moody's, dunque non proprio un uomo di sinistra e sicuramente, invece, uno molto ben informato su come funzionano i mercati finanziari.
La sua analisi è sferzante. Accusa entrambi i Mario di essere psicologicamente e politicamente subalterni ai paesi nord-Europei, facendo dunque di tutto per soddisfare le richieste di Berlino invece di preoccuparsi seriamente dei problemi dell'Italia (Monti) e dell'Europa tutta (Draghi). Altro che super Mario...

The Super Marios Have Failed


da Project Syndicate

The underlying pace of monetary expansion continues to be subdued...The December 2012 Eurosystem staff macroeconomic projections for the euro area foresee annual real GDP growth in a range between -0.6% and -0.4% for 2012, between -0.9% and 0.3% for 2013 and between 0.2% and 2.2% for 2014. Compared with the September 2012 ECB staff macroeconomic projections, the ranges for 2012 and 2013 have been revised downwards.”
--ECB president Mario Draghi, Dec. 6th, 2012

Here’s a brain teaser. Look at the two Marios, Monti and Draghi. No one would deny that they are exceptionally intelligent and perceptive people. Any country or central bank would be happy to have either of them at the helm. They are both Ivy League-trained economists (Monti at Yale, and Draghi at MIT). Either of them can think rings around most European or American politicians. I have had the occasion to meet them both a few times, and they are very impressive.
And yet, they are both pursuing policies that can only end in disaster, not only for Italy, but for Europe. I can’t believe that I could possibly know anything about economics or monetary policy that they do not; that is a truism: they know everything. So how do we explain the reckless and suicidal policies that they are pursuing today? I can offer a political explanation for their behavior and a psychological one, but neither are adequate. Politically, neither has sufficient authority to reject deflationism and to embrace reflation. Psychologically, Italian technocrats like the two Marios labor under the northern prejudice about the Latins, that they are lazy and hopelessly corrupt. It is understandable that these incorruptible technocrats would like to prove that the Latins are not constitutionally inferior to the Protestants and can live with a hard currency. Those are reasons but not very persuasive ones.
It is hard to believe that they are fully conscious of the fact that the policies they are pursuing are wrong and that they are both guilty of misfeasance and nonfeasance. Somehow they have convinced themselves that austerity, deflation and depression are, in the long run, good for Italy and for the eurozone. After all, every northern country has gone through austerity at least once since 1980 and they have all emerged stronger and more competitive. Why shouldn’t the south? I have to assume that their thought-process is that starvation is painful in the short-run but beneficial in the long run. If so, then one must ask: how large must the pile of contrary evidence grow before they can admit error, or have they gotten in too deep to ever admit error? I can understand that it is hard to call off a war just as you are starting to lose.
I can appreciate Monti’s logic: he wasn’t installed by Europe into the Italian premiership in order to hijack the ECB or to exit the eurozone. He was installed to act as Europe’s governor-general in order to ensure that Brussels’ orders are carried out to the letter, and that the corrupt politicians are unable to steal Europe’s money. Monti never had a chance to successfully revolt, although he tried (without success) at the June summit.
Now Monti wants to quit, and who can blame him? An honest professor in Italian politics is like Mother Teresa in Vegas. But I must say that one can only conclude that Monti has failed due to timidity or sheer exasperation.
Europe’s only hope is for the struggling countries to unite and to confront Germany, the Bundesbank and the ECB head-on. Monti, Hollande and Rajoy (and the others) simply must demand that (1) the ECB target growth and not depression, and (2) that the ECB buys the bonds of the peripherals without conditions or limits. If they don’t do that, then eurozone growth will remain negative, fiscal revenues will stagnate, deficits will grow, and credit spreads will start to back up. Just because the ECB’s bogus announcement of chimeric bond-buying has temporarily convinced the markets that all will be OK, it can’t last. Another market convulsion is just around the corner.
Which brings us to Monti and his “friend” Jens Weidmann of the Bundesbank. Monti, like all central bankers, has placed a very high premium on “institutional credibility” and consensus-building, and an apparently low premium on successful policies. Yes, the ECB has a single mandate (price stability) that it is fulfilling extremely well, as Draghi keeps emphasizing. But does the ECB really have a mandate to recreate the Great Depression, to bankrupt the peripheral countries and to destroy the eurozone? Was that the intention of the treaty that Italy, Spain, Portugal and Ireland signed?
I can only conclude that both men are brilliant but weak. Monti is afraid of Merkel and Draghi is afraid of Weidmann: “We can’t alienate the Germans, Finns and Dutch!” Why not? What have they done for the eurozone lately besides enforcing starvation?
It is astounding to me that a central bank of the importance of the ECB can casually forecast a shrinking GDP, as if it were an exogenous variable, like bad weather. The ECB advertises its failure by its own forecasts. Apparently Draghi and Weidman are satisfied with a prediction of a real recession and zero to negative nominal growth. If my numbers are correct, Italy’s GDP today is 27 billion euros smaller in nominal terms than it was in 2007, industrial production is down 20%, and youth unemployment now stands at 26%. This is taken to mean that the bank’s policies are “on track”. They must serve a lot of Kool-Aid at the ECB snack bar.





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lunedì 10 dicembre 2012

Governo Monti: è finita, era ora

E Monti si è dimesso - secondo Bersani con un gesto di responsabilità, anche se onestamente mi sfugge quale fosse l'alternativa.
Non può che essere una buona notizia, perchè una cosa è sicura, l'Italia sta peggio ora di 1 anno fa. Siamo in recessione, e la nostra economia va addirittura peggio di quella spagnola. La disoccupazione è in aumento, i giovani senza lavoro sono 1 su 3, la povertà è in aumento, i consumi in ribasso, gli investimenti stagnanti. Nel frattempo abbiamo abolito l'art.18, scassinato le pensioni creando centinaia di migliaia di esodati, firmato un fiscal compact che ci obbliga a sacrifici e crescita zero per 20 anni, e modificato la nostra Costituzione in maniera oltraggiosa - il liberismo imposto nella nostra carta fondamentale, riducendone gravemente la democraticità.
Colpiti i ceti più deboli, legati mani e piedi alle generazioni future. Senza contare insulti e scherni a lavoratori, studenti, disoccupati. 12 mesi da incubo. Mentre i ricchi e potenti non sono stati toccati - nessuna patrimoniale, nessuna revisione degli scaglioni IRPEF, nessun taglio di stipendi e pensioni d'oro dei dirigenti pubblici.
E si, lo spread è sceso. Ma di questo va dato atto a Mario Draghi, non certo a Monti.
Berlusconi ha tolto la fiducia. L'ha fatto perchè spera di lucrare proprio sulle nefandezze fatte da Monti, cercando di prendere le distanze dall'operato del governo. Un comportamento opportunista, ma non certo irresponsabile. Che la reazione di Monti, Napolitano, Repubblica e Corriere siano tutte all'insegna del rischio che corriamo sui mercati la dice lunga sullo stato della nostra democrazia. Non si può fare politica, sembrano dire, ma semplicemente non disturbare il grande capitale. Questa d'altronde è stata la stella polare dell'azione di governo, tutta all'insegna del "i mercati ci guardano..." "l'Europa ci chiede" (tranne ovviamente quando si trattava di tassare il Vaticano). 
Beh, speriamo che le cose comincino a cambiare. Ci sarà Grillo che cercherà di sparigliare. Ma ci sarà soprattutto una nuova sinistra che pensa liberamente e che vuole andare veramente oltre l'agenda Monti. Cosa che Vendola, nonostante tutte le sue grida, non può garantire. Uno che l'agenda Monti la sposa in pieno, come Renzi, alle primarie l'ha doppiato. E Bersani vuole, per sua stessa ammissione, tenere Monti a bordo, o come Ministro dell'Economia (dici poco!) o Presidente della Repubblica, garante alla Napolitano, cioè garante di mercati e UE, non certo del popolo o della Costituzione. E lo stesso Monti pare ora deciso a scendere in campo, immaginiamo per riorganizzare i centristi, e certo per il PD sarebbe davvero d'accordo dire di no poi all'inciucione, non foss'altro in nome della Santa Alleanza contro B. (con cui va bene governare per un anno, ci mancherebbe, ma adesso che si vota è il Caimano di sempre, quindi la richiesta è sempre quella: turiamoci il naso, e votiamo il men peggio).
Ed allora è giunto il momento, finalmente, di tornare a votare. Destra populista, Monti, Bersani e la responsabilità che sta piegando l'Italia, Grillo e il partito privato. Oppure proviamo a trovare una alternativa. Senza voti utili, senza paura. Senza anti-berlusconismo, senza la spada di Damocle dei mercati sulla testa. Per cambiare l'Europa e non per subirla. Per poter decidere del proprio futuro senza che lo decidano prima altri.

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lunedì 26 novembre 2012

Per i malati i soldi non ci sono, non resta che sperare nel regno dei cieli

C'era una volta un governo finalmente liberale, guidato da persone serie che meritavano rispetto. Non faceva sempre tutto bene, ma bisognava in fondo capirli, avevano preso l'Italia in una situazione disperata e ci avevano salvati appena in tempo. Erano stati mesi duri, tagli e tasse, ma ce lo chiedeva l'Europa. Ed era comunque un esecutivo che modernizzava il Paese, bloccava le lobby (soprattutto quelle odiose e potenti dei sindacati), rilanciava la speranza.......O forse no?
Mi era parso di capire che i sacrifici li dovessimo fare tutti, che i soldi non c'erano e che quindi anche anziani, bambini e malati dovessero rinunciare ad un pò di servizi. Tutti tutti però no. Anche nella crisi qualcuno è più uguali degli altri, soprattutto se la raccomandazione arriva da in alto, molto, in alto....insomma, una raccomandazione che proprio non si può rifiutare. Dio ha chiesto uno sconto fiscale per gli immobili commerciali che rendono tanto ricca e bella la sua Chiesa. E chi siamo noi per dirgli di no?
D'altronde Monti si ispira a ragione ad altri paesi dove il verbo celeste (no, non quello di Formigoni) promuove legislazioni notoriamente liberali e all'avanguardia. Infatti qualche mese fa il Presidente del Consiglio (e presto beato)  aveva preso un paio di ore di ripetizione sulla corruzione dall'emiro del Qatar, una teocrazia islamica: questi gli aveva spiegato che la legge è uguale per tutti, ma non proprio tutti. Solo i tutti che decideva lui. Una vera illuminazione divina. Monti è studente attento e si è celermente messo al lavoro per  trasformare l'Italia, Stato scandalosamente laico, in una teocrazia vaticana, dove gli ordini di oltre-Tevere valgono più di quelli di Bruxelles. C'erano infatti dei regolamenti europei che proibivano un trattamento fiscale diverso per i beni del Vaticano. C'erano pure 2 recentissimi pareri del Consiglio di Stato che dicevano al governo che le leggi devono essere uguali per tutti. Ed invece no. Deus vult, e la sua volontà, ovviamente, è superiore alla legge, e pure all'Europa. 
E dunque, ecco il miracolo! Dopo che per 1 anno e mezzo non c'erano più soldi in cassa, ecco comparire - oh che stupore - i fondi per aiutare il Vaticano. Una operazione astutissima, veramente geniale. Non ci sono i soldi per la scuola pubblica? Ed allora possiamo dare un aiuto a quelle private per poter educare, cristianamente e come Dio comanda i nostri figli. Molti poveracci non ce la fanno più   a pagare l'IMU? Diamo i soldi alla Chiesa che aiuterà i nuovi senza tetto. Non si possono curare i malati? Ed allora il governo pensa almeno alla salvezza delle loro anime. Si mormora, infatti, che in cambio dei favori fiscali, a Palazzo Chigi abbiano concordato un colpo di spugna sui peccati degli Italiani. Così anche se i malati muoiono soli e senza cure potranno comunque esser sicuri di andare in paradiso, dove il welfare state pare sia gratis.
A Monti, invece, pare sia stato promesso che, quando verrà il momento, potrà riposare di fianco a De Pedis nella basilica romana di S.Apollinare - in fondo la storia li ricorderà come Robin Hood cristiani che rubavano agli italiani per dare alla Chiesa.

P.S. Ieri c'erano le primarie, ma non mi risulta che i candidati abbiano perso tanto tempo con queste sciocchezzuole fiscali. Un partito minimamente serio oggi ritirerebbe il suo appoggio al governo. E guadagnerebbe un votante in più al secondo turno. Ma in fondo è meglio la benedizione di 4 sottane nere. E ci parlano di nuovo che avanza.


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martedì 27 marzo 2012

La logica del ricatto

Monti-Mosè è tornato con le tavole della legge (sul lavoro) e ha trovato un popolo di somari che non lo segue. Peccatori come gli ebrei di un tempo, sembrano aver spazientito il pastore che li porta fuori dall'Egitto, pardon, dalla crisi finanziaria.
Il giorno prima aveva mandato alla carica il suo panzer, lady Fornero, la versione feroce e destrorsa di Sacconi. Niente riforma a polpette (a parte quelle avvelenate per i lavoratori), se la riforma sarà stravolta, il governo ne trarrà le conseguenze. E ieri invece è stato Monti a mettere il carico, se il Paese non è pronto, allora il governo lascerà. Ma pronto per cosa? Per una "riforma" che non è giustificata da nessuno studio serio? Per una regressione di 40 anni nei diritti dei lavoratori? Per una dialettica politica che vada oltre alle decisioni prese in un palazzo ma che sia la rappresentazione di quello che il popolo vuole?
Monti&Fornero si erano abituati bene, la stangata sulle pensioni, inutile e punitiva, era passata a tamburo battente, lo spread era alto e Mosè doveva aprire le acque del Mar Rosso.  Ora si pretende un anno e mezzo (almeno) di democrazia limitata. E si svela finalmente l'inganno del governo legittimo perchè votato dal Parlamento. No, il governo è stato imposto al Parlamento in nome dell'emergenza. E non può esistere dialettica, o si fa come dice il Messia o tutti a casa - naturalmente paventando ritorsioni finanziarie degne delle dieci piaghe d'Egitto. Un governo senza mandato elettorale, un assurdo politico, si permette di spiegare al paese che se non è pronto, allora addio, una sorta di ricatto bis dopo quello della paccata dei miliardi di Fornero.
Ebbene, in una vera democrazia, quando uno degli architravi di una coalizione dice di voler modificare un provvedimento, e la risposta del governo è un ricatto, se ne devono trarre le conseguenze. No, il paese non è pronto per la dittatura dello spread, non è pronto per gli editti coreani, e il governo Monti se ne deve andare.  


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