Per valutare il caso MPS si possono usare diverse chiavi di lettura. Da una parte è l'ennesimo scandalo che colpisce la finanzia internazionale che non sembra certo esser migliorata particolarmente negli ultimi 5 anni. D'altronde nessuna vera riforma del settore è stata fatta, nè in Italia, né altrove. E l'ultima nomina di Obama per il posto di Segretario al Tesoro non va certo nella giusta direzione - Lew è da sempre un sostenitore della deregulation. E come abbiamo visto da non molto, il rischio sistemico legato alla concentrazione nel sistema finanziario non è diminuito ma bensì aumentato. E MPS né è l'ennesimo esempio, col ricorso ora ai Monti Bond per salvare la banca senese quando qualsiasi altra impresa non finanziaria sarebbe tranquillamente fallita.
In tutto questo però si aggiunge il penoso stato del sistema economico italiano, di cui MPS è solo l'ennesimo esempio. Come noto ormai da anni, dopo le privatizzazioni, le banche italiane sono rimaste saldamente legate al mondo della politica attraverso il ricorso alle fondazioni. Quella del MPS, in particolare, era la fondazione più forte, controllando a tutti gli effetti la banca. I sostenitori del libero mercato avrebbero, ovviamente, molto da ridire su una situazione del genere, con la politicizzazione dell'economia che porta guasti ed inefficienza. Il problema però è più complesso. Una guida politica, soprattutto di questi tempi in cui il mercato ha dimostrato tutti i suoi limiti non può essere vista, a prescindere, come un problema. Ma quello che è successo in Italia non è la guida politica, quanto piuttosto una commistione tra poteri privati e pubblici senza una vero e proprio disegno strategico. Piuttosto un risiko di potere, in cui per altro il PD e la cosiddetta sinistra italiana è entrata a piedi pari. Difficile non ricordare il caso Unipol, con gli allora DS accodati ai vari furbetti del quartierino, Fiorani e Ricucci per il controllo di BNL. Non a caso l'odierna vicenda MPS nasce proprio in quei giorni, quando la banca senese comprò ad un prezzo ampiamente superiore a quello di mercato (il 50% di più di quello che era stata appena valutata) ABN Amro. Ed è con tale operazione, fatta proprio poco prima dello scoppio della bolla, che MPS distrusse la sua posizione patrimoniale, portando con sé la Fondazione (e cioè i soldi della città di Siena), ora in bancarotta. Il tutto accompagnato poi da operazioni finanziarie balorde - CDO, ristrutturazioni del debito a là greca, etc etc - quando non proprio violazioni penali (CdA, Banca d'Italia, revisori dei conti, tutti tenuti all'oscuro).
Ora questo macello in una banca di controllo (e proprietà) politica (senza dimenticare tutte le Coop che siedono in MPS) non può non chiamare in causa proprio il PD. Non necessariamente con la sua attuale dirigenza (anche se Bersani fu uno dei più strenui difensori di Fazio), ma quantomeno nella sua conduzione delle attività economico-finanziarie. Una lotta per il potere che va ben al di là della politica dei partiti, giocata in ambienti oscuri e con obiettivi meno che chiari. E soprattutto combattuta con mezzi non sempre leciti. Davanti a tutto questo un pò di chiarezza sulle politiche che propone il PD sul riassetto del sistema finanziario e sul ruolo, trasparente, che la politica dovrebbe giocare, sono davvero d'obbligo.
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