Visualizzazione post con etichetta banche. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta banche. Mostra tutti i post

lunedì 13 maggio 2013

L'austerity uccide le banche (dei paesi in crisi)

Austerity killing European Peripheral banks. JP Morgan chart on Non-Performing Loans.
JP Morgan, via Pawel Morski



















C'è poco da commentare, basta guardare il grafico. Nei famigerati PIIGS l'austerity ha messo in ginocchio l'economia reale, che, per parte sua, sta distruggendo il sistema finanziario - le imprese quasi in bancarotta non pagano i loro debiti - che a sua volta non può reggere senza aiuto pubblico, che metterà in ginocchio le finanze pubbliche, che richiederanno più austerity.
Ben scavato, vecchia talpa.

giovedì 24 gennaio 2013

MPS, tra finanza e politica

Per valutare il caso MPS si possono usare diverse chiavi di lettura. Da una parte è l'ennesimo scandalo che colpisce la finanzia internazionale che non sembra certo esser migliorata particolarmente negli ultimi 5 anni. D'altronde nessuna vera riforma del settore è stata fatta, nè in Italia, né altrove. E l'ultima nomina di Obama per il posto di Segretario al Tesoro non va certo nella giusta direzione - Lew è da sempre un sostenitore della deregulation. E come abbiamo visto da non molto, il rischio sistemico legato alla concentrazione nel sistema finanziario non è diminuito ma bensì aumentato. E MPS né è l'ennesimo esempio, col ricorso ora ai Monti Bond per salvare la banca senese quando qualsiasi altra impresa non finanziaria sarebbe tranquillamente fallita.
In tutto questo però si aggiunge il penoso stato del sistema economico italiano, di cui MPS è solo l'ennesimo esempio. Come noto ormai da anni, dopo le privatizzazioni, le banche italiane sono rimaste saldamente legate al mondo della politica attraverso il ricorso alle fondazioni. Quella del MPS, in particolare, era la fondazione più forte, controllando a tutti gli effetti la banca. I sostenitori del libero mercato avrebbero, ovviamente, molto da ridire su una situazione del genere, con la politicizzazione dell'economia che porta guasti ed inefficienza. Il problema però è più complesso. Una guida politica, soprattutto di questi tempi in cui il mercato ha dimostrato tutti i suoi limiti non può essere vista, a prescindere, come un problema. Ma quello che è successo in Italia non è la guida politica, quanto piuttosto una commistione tra poteri privati e pubblici senza una vero e proprio disegno strategico. Piuttosto un risiko di potere, in cui per altro il PD e la cosiddetta sinistra italiana è entrata a piedi pari. Difficile non ricordare il caso Unipol, con gli allora DS accodati ai vari furbetti del quartierino, Fiorani e Ricucci per il controllo di BNL. Non a caso l'odierna vicenda MPS nasce proprio in quei giorni, quando la banca senese comprò ad un prezzo ampiamente superiore a quello di mercato (il 50% di più di quello che era stata appena valutata) ABN Amro. Ed è con tale operazione, fatta proprio poco prima dello scoppio della bolla, che MPS distrusse la sua posizione patrimoniale, portando con sé la Fondazione (e cioè i soldi della città di Siena), ora in bancarotta. Il tutto accompagnato poi da operazioni finanziarie balorde - CDO, ristrutturazioni del debito a là greca, etc etc - quando non proprio violazioni penali (CdA, Banca d'Italia, revisori dei conti, tutti tenuti all'oscuro).
Ora questo macello in una banca di controllo (e proprietà) politica (senza dimenticare tutte le Coop che siedono in MPS) non può non chiamare in causa proprio il PD. Non necessariamente con la sua attuale dirigenza (anche se Bersani fu uno dei più strenui difensori di Fazio), ma quantomeno nella sua conduzione delle attività economico-finanziarie. Una lotta per il potere che va ben al di là della politica dei partiti, giocata in ambienti oscuri e con obiettivi meno che chiari. E soprattutto combattuta con mezzi non sempre leciti. Davanti a tutto questo un pò di chiarezza sulle politiche che propone il PD sul riassetto del sistema finanziario e sul ruolo, trasparente, che la politica dovrebbe giocare, sono davvero d'obbligo.

Se ti è piaciuto questo post, clicca sul simbolo della moschina che trovi qui sotto per farlo conoscere alla rete grazie al portale Tze-tze, notizie dalla rete

martedì 15 gennaio 2013

Le banche inglesi a scuola

Ma non per imparare, anzi, per insegnare e farsi un pò di pubblicità gratis. Allucinante. Questo l'articolo del Fatto Quotidiano che riporta l'ennesimo favore fatto alle banche....


Regno Unito, ore le banche potranno insegnere la finanza a scuola


di Daniele Gessa


A scuola di finanza grazie alle banche, che potranno entrare negli istituti primari e secondari del Regno Unito grazie a una nuova direttiva che sarà applicata al sistema educativo britannico a partire dal settembre del 2014. E le banche, proprio quelle responsabili, nell’ultimo decennio, della vendita di titoli tossici e di prodotti finanziari non proprio etici, potranno così mandare degli esperti, che saranno equiparati in tutto e per tutto agli insegnanti, nelle scuole di Sua Maestà. La notizia arriva dal Financial Times, il principale quotidiano economico del Regno Unito e uno dei più influenti al mondo, che ha riportato la battaglia per la quale, nel parlamento di Westminster, si è formato il più grande gruppo di deputati, al di là dell’appartenenza politica. Ben 225 parlamentari che si riuniscono nel palazzo sotto il Big Ben, infatti, hanno fondato il gruppo Financial education for young people.
E, grazie alla loro opera di lobby, sono riusciti a far inserire questo cambiamento epocale all’interno del curriculum scolastico dei giovani britannici. Non che le banche, fino ad ora, siano state assenti dalle scuole del regno. Istituti di credito come Lloyds, Royal Bank of Scotland e Barclays hanno, già da anni, tenuto lezioni e portato avanti programmi di gestione del risparmio. Ma è la prima volta che la pratica viene istituzionalizzata e soprattutto è la prima volta che potranno parlare apertamente di finanza. Una nuova materia, quindi, che deputati e altri politici vogliono associata alla matematica. E una nuova materia che spaventa in molti, soprattutto insegnanti e sindacalisti del settore dell’educazione.
Sempre intervistata dal Financial Times, Christine Blower, segretario generale del Nut, il principale sindacato degli insegnanti del Paese, ha detto: “Docenti e genitori devono stare sempre attenti quando si intrecciano rapporti con colossi commerciali. I bambini non dovrebbero essere esposti, a un’età in cui si è facilmente impressionabili, a compagnie private desiderose di lasciare un’impronta negli istituti scolastici”. Perché qui sta il punto: alle banche sarà infatti concesso di usare brand e loghi commerciali, di parlare dei loro prodotti, finanziari e non, e di fare quindi pubblicità in modo aperto e quasi gratuito. The Personal Finance education group, un’associazione per la promozione della finanza, cerca di mettere una pezza: “La nostra indipendenza ci porterà a non promuovere prodotti di singole banche”. Ma questo gruppo è solo uno dei tanti che, assieme agli istituti di credito, sarà autorizzato a entrare nelle scuole, nulla quindi si può ancora dire sull’operato delle grandi banche.
Royal Bank of Scotland e NatWest, negli ultimi 18 anni, hanno spiegato a oltre 1.200 bambini che cosa voglia dire gestire il proprio denaro. Santander è entrata negli istituti per raccontare il ruolo delle banche nella società. Barclays invece si è occupata di studenti più in là con gli anni, dai 16 ai 25. Ma ora, appunto, la svolta “finanziaria”. Che cosa spiegheranno mai dei titoli tossici e del crollo dei mercati mondiali del 2008? O dei titoli di Stato o dei paradisi fiscali? Questi e altri dubbi, ora, stanno iniziando a tormentare insegnanti e genitori, nonostante il Centre for Economic and Business Research, un gruppo di studio, abbia da poco identificato in 3,4 miliardi di sterline all’anno il danno all’economia britannica dovuto alla mancanza di educazione finanziaria. Ma, dall’altro lato, c’è pure Which?, un’associazione per la difesa dei consumatori, che non molti mesi fa ha pubblicato uno studio dalla conclusione semplice e scontata, quanto spiazzante allo stesso tempo: “Chi lavora in banca è ancora guidato dall’ossessione delle vendite, piuttosto che dallo spirito di servizio”, hanno scritto gli esperti del gruppo d’azione.

fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/01/10/regno-unito-ore-banche-potranno-insegnere-finanza-a-scuola/


Se ti è piaciuto questo post, clicca sul simbolo della moschina che trovi qui sotto per farlo conoscere alla rete grazie al portale Tze-tze, notizie dalla rete

mercoledì 26 dicembre 2012

Il grande crash spagnolo

Oggi proponiamo un documentario prodotto da Paul Mason che racconta la crisi finanziaria in Spagna.




Il documentario è stato duramente attaccato dal governo spagnolo e questo è solamente un motivo in più per guardarlo. Mason, che ha seguito per NewsNight tutta l'evolversi della crisi greca e di quella europea in generale, fornisce un dettagliato resoconto di cosa sia la vita in Spagna ai tempi della crisi, dell'economia drogata dalla finanza e di come i salvataggi della UE siano sempre a favore dei soliti noti.
Un'ora di grande giornalismo, da non perdere assolutamente e da diffondere il più possibile.



Se ti è piaciuto questo post, clicca sul simbolo della moschina che trovi qui sotto per farlo conoscere alla rete grazie al portale Tze-tze, notizie dalla rete

sabato 31 marzo 2012

Dobbiamo fare sacrifici!
Di Gaetano Ciaravella

Dobbiamo fare sacrifici !!
In tempi di mistiche catastrofi eccoci tutti , umili cittadini Italiani, a ravanare nelle tasche, a ridurre i metriquadri dei nostri appartamenti (cresciuti sia nella valutazione che nell' imposizione [non imponibile]) e richiedere scontrini a chi non ne ha mai fatti.
A questi tempi siamo giunti smacchiando i giaguari e guardando le tette delle veline tra una sniffata ed un' altra di una vita che non appartiene al senso delle responsabilita' attibuite dal popolo ai popolani, ma fa parte di una fantasia contorta degli stupratori della MIA e TUA Costituzione.

Da questi tempi si cerca di uscirne scarnificando il costante pagatore (certo pagatore) : il dipendente.
Lo si denigra, maltratta, offende e turlupina, attribuendogli il male dei mali: l'incapacita' di rendere produttivo il Paese.
Beh che dire!!!Anzi cosa sentirsi dire???
La politica non esiste!!
Certo e' facile attribuire ad un comune senso del dovere e del curare (la politica) l'incapacita' di poter far fronte alle crisi bancarie create ad hoc (e coperte sempre dai noi poveri "fessi).
E' facile attribuire alla politica l'impossibilita' di comprendere dove far leva ed essere forte e dove essere ligia alla Costituzione.
E' facile attibuire alla politica la capacita di creare un "postificio di clientele " un mostro ingordo che spende percentuali da brivido con ragionamenti da supercazzola!
E' facile fare il quaquaraqua (preso da "Il giorno della civetta" di Sciascia) e poi attibuire le cause al concetto e salvare l'applicatore del concetto!
Si ! perche di questo oggi siamo permeati: da personaggi in cerca di voti che attribuiscono alla POLITICA le loro nefandezze, le loro incapacita' e le loro inadeguatezze nei confronti delle responsabilita' attribuitegli dal popolo.

OGGI LA POLITICA NON ESISTE!!
Se mi consentite (senza prendere spunto dal Cavaliere) due piccole parole le vorrei dire: OGGI VOI POLITICI NON ESISTETE!!
OGGI DIMOSTRATE TUTTA LA VOSTRA PICCOLEZZA!!

Non esistete perché ancora oggi non siete in grado di avere ben chiare le idee su come essere risollevare lo Stato senza premere su una classe che negli anni 70 era classe media ed oggi ha ragiunto la soglia di poverta'!!!
Non esistete perche se una casta (vedi in questi mesi gli scioperi dei cavalli bianchi o dei notificatori di pubblici avvenimenti) si impunta , voi calate non solo la testa ma altro ... tralasciando per un attimo il ruolo che avete (e quell'attimo fugge!!)
Non esistete perche vi dilapidate i MIEI SOLDI E QUELLI DEI MIEI GENITORI in affari finanziari, in operazioni di borsa e in minchiate che portano ad avere milioni di EURO spesi per emerite e grasse rappresentazioni di sbeffeggiamento della poverta'.
Non esistete perché il potere per voi e' fonte di vita e linfa vitale e' come l'aria , l'acqua ed il cibo che tentate sempre di toglierci.
NON ESISTETE quando fate pagare a noi le cazzate ( i vari articoli sul blog evidenziano l'azione delle banche) che le BANCHE hanno fatto!

ESISTE INVECE IL POPOLO e LA SUA VOGLIA DI PARTECIPAZIONE : e questa e' POLITICA!
E allora io faccio sacrifici, pago più tasse, piu rincari e piu di tutto !! E cosa voi, demandati da me, avete fatto per far si che i responsabili pagassero?

Ebbene si: se fossi Cetto la qualunque direi :" UNA BEATA MINCHIA!!!"
Perche purtroppo e' cosi. Dobbiamo fare sacrifici perche' solo cosi un imprenditore puo' dichiarare meno di un dipendente pubblico, perche' solo cosi un gioielliere puo dichiarare meno di 20.000 euro, dobbiamo fare sacrifici perché solo cosi gli altri hanno le barche e noi affondiamo nei debiti e nella miseria!!


Se ti è piaciuto questo post, clicca sul simbolo della moschina che trovi qui sotto per farlo conoscere alla rete grazie al portale Tze-tze, notizie dalla rete

martedì 27 dicembre 2011

Le banche, il credito e la via per uscire dalla crisi
Di Nicola Melloni

Da "Liberazione"

Mercoledì scorso, sotto la minaccia di una recessione che è ormai realtà in Italia e che, grazie anche al patto fiscale voluto dalla Germania, rischia di travolgere tutta l’Europa, la Bce è intervenuta con una immissione di liquidità sul mercato pari a 500 miliardi. Nelle intenzioni di Draghi questa mossa dovrebbe sbloccare il credit crunch, riattivare il credito alle imprese e consentire una maggiore esposizione sul mercato dei titoli pubblici. Immerse di liquidità le banche potranno finalmente fare da volano alla ripresa economica e stabilizzare le economie in crisi.

Purtroppo, queste misure sono insufficienti e partono da una visione distorta del sistema economico. La via scelta per rilanciare l’economia sembra ingegnata soprattutto per favorire la ripresa del settore finanziario che potrà accedere ad una vastissima quantità di risorse ad un prezzo irrisorio. Per capirci, le banche potranno prendere a prestito denaro liquido pagando l’1% di interesse e reinvestirlo in attività senza rischio come i Bund tedeschi, guadagnando il 3-4% senza fare nulla. Ma puntare tutto sull’intermediazione finanziaria rischia di essere controproducente.

Nelle intenzioni della Bce, una parte di questi 500 miliardi dovrebbero essere infatti usati per acquistare titoli di stato, così da rallentare la corsa dello spread, pur mancando la garanzia che le banche comprino bond dei paesi più in difficoltà, come Spagna ed Italia. Soprattutto, rimane inspiegabile perché per sostenere i titoli pubblici si debba passare attraverso il sistema bancario privato, quando la Bce potrebbe intervenire direttamente con la creazione di Eurobond. Ma questa possibilità è esclusa, con la solita scusa che gli Stati devono attuare comportamenti virtuosi per finanziarsi direttamente sul mercato. D’altronde, l’architettura istituzionale europea si basa principalmente sull’indipendenza della Bce, precetto di fede più importante della risoluzione della crisi stessa. Basti pensare alla reazione durissima della Ue contro l’Ungheria che vuole mettere la propria Banca Centrale sotto il controllo del governo. Mentre sulle misure razziste e liberticide del governo di Budapest, le critiche europee sono state assai più contenute, chiarendo una volta di più quali sono le priorità di Bruxells e Francoforte.

Inoltre, nonostante si riconosca che la recessione sia legata alla crisi dell’industria, la UE vieta gli aiuti diretti alle imprese, e dunque nuovamente si passa attraverso il settore finanziario per dare liquidità, senza nessuna garanzia di successo. Il mercato non può essere drogato dall’aiuto diretto dello stato. Ma questo non vale per le banche che possono usufruire di prestiti a tassi agevolati e vengono protette da garanzie pubbliche. Se si intervenisse con aiuti diretti alle imprese, queste si potrebbero finanziare al tasso offerto dalla Bce alle banche, l’1%. Invece, le banche rimetteranno il denaro in circolazione a tassi 4-5 volte superiori sfruttando una rendita di posizione per rimpinguare i propri forzieri a danno dell’industria.

Più in generale, la Bce continua ad usare palliativi, seppur necessari, senza intervenire sui problemi di struttura. L’immissione di liquidità può aiutare a superare un problema provvisorio di fiducia, ma non può essere la soluzione della crisi che ci attanaglia da ormai quattro anni. Sul fronte delle banche, invece di continuare ad inondarle di denaro e protezioni, bisognerebbe mettere mano alla loro struttura istituzionale, che al momento ci costringe a continuare a finanziarle e salvarle, pena il blocco dell’industria ed il fallimento degli Stati.

Sul piano economico, si continua a puntare su soluzioni di puro supply side, riattivare la produzione con il credito bancario, mentre i governi fanno di tutto per deprimere la domanda con tasse e tagli. Il problema è che anche con nuove possibilità di accesso al credito le imprese non avranno interesse ad investire se al contempo non riprende la domanda. Si tratta del la classica critica keynesiana all’incapacità del liberalismo di risolvere le crisi di sovrapproduzione. Se una parte di quei 500 miliardi fossero usati per assumere, aumentare i salari e sostenere il consumo privato, l’industria avrebbe la possibilità di aumentare vendite e profitti, riattivando un ciclo virtuoso di crescita. Purtroppo le soluzione logiche e non ideologiche sembrano non interessare le istituzioni europee.

*******

Questo potrebbe essere l'ultimo editoriale di Nicola per "Liberazione", su cui scrive gratuitamente e che da un anno regala anche a questo blog il suo lavoro. Se "Liberazione" chiude, anche "Resistenza Internazionale" perde in modo diretto qualcosa di importante. Se non hai ancora firmato il nostro appello contro i tagli all'editoria, che condannano a scomparire un centinaio di testate oltre a "Liberazione", sei ancora in tempo per farlo, cliccando QUI.
Monica


Se ti è piaciuto questo post, clicca sul simbolo della moschina che trovi qui sotto per farlo conoscere alla rete grazie al portale Tze-tze, notizie dalla rete

lunedì 12 dicembre 2011

Perché gli Stati non possono essere aiutati mentre le banche sí?

Di Nicola Melloni da "Liberazione"

Sembra davvero incredibile che dopo un anno e mezzo di crisi europea non si sia ancora riusciti a trovare una soluzione sensata. I vertici europei si ripetono stancamente e finiscono sempre nella stessa maniera: tante dichiarazioni, e sempre la stessa ricetta liberista, tagli, tagli ed ancora tagli. L’austerity che l’Europa tedesca impone viene descritta come una amara medicina, ma si tratta in realtà di suicidio assistito.
Il nuovo trattato europeo purtroppo continua a seguire questa via fallimentare. L’unione fiscale è in realtà un coordinamento che istituzionalizza l’austerity. Peccato che, come abbiamo detto ormai troppe volte, la stretta fiscale non può funzionare in tempi di crisi. Anche economisti liberali ma non ideologizzati hanno ormai capito che non può essere questa la via. Paul Krugman, nobel per l’economia ed editorialista del New York Times, va da tempo ripetendo che l’austerity è controproducente. L’economista francese Fitoussi ha posizioni molto simili. E pure sulla Stampa di ieri, Mario Deaglio descrive le nuove regole europee come una camicia di forza che impedisce ogni flessibilità delle politiche pubbliche. Un paragone azzeccato, soprattutto pensando che la camicia di forza sarebbe forse più adatta se indossata dai governanti d’Europa.
Nessuno contesta che politiche economiche equilibrate siano indispensabili. Ed è sicuramente vero che livelli troppo alti di debito sono nocivi. Il debito è indiscutibilmente un dramma per l’economia italiana e lo era anche prima della crisi attuale, perché ci costringeva ogni anno a pagare miliardi di euro di interesse, bloccando ogni investimento che modernizzi il paese, facendoci pagare un livello eccessivo di tasse (sui redditi più bassi) e deprimendo i salari. Dunque, che gli Stati non debbano sperperare le finanze pubbliche è un principio sacrosanto. Ma le politiche di rigore fiscale andrebbero perseguite quando l’economia sta crescendo, accumulando per i periodi di vacche magre. Invece l’Europa tedesca pretende che questo rigore ci sia sempre, a cominciare proprio dai momenti di recessione. Una follia.
Nonostante siano anni che ci sentiamo ripetere che bisogna rilanciare la crescita – e questo obiettivo è ancora più urgente in recessione – la nuova Europa tedesca elimina qualsiasi strumento pubblico che possa sostenere l’economia. La politica monetaria è già nelle mani della Bce che per statuto si occupa solo di inflazione e non di crescita ed occupazione. Ora la politica fiscale ha il solo obiettivo del pareggio di bilancio. Il paradiso del neo-liberismo, con lo stato che si preoccupa solo dei conti pubblici ed il mercato che si occupa dell’economia reale. Già, ma quale mercato?
Quello bloccato degli ultimi anni? Quello irrazionale che ha portato alla crisi del 2008? La Bce continua a irrorare di liquidità le banche sperando che quel denaro faccia da volano alla ripresa economica. Fino ad ora, però, non è successo. Gli istituti di credito continuano, invece, ad accumulare debiti e gli ultimi dati degli stress test non sono rassicuranti. Anche perché, in piena orgia iperliberista, si è cominciato a conteggiare i titoli posseduti dalle banche a livello di mercato, un inno alla speculazione. Cioè un titolo del tesoro italiano che portato a termine rende il 4 per cento viene in realtà contato come una perdita, perché venduto ora andrebbe sottoprezzo. Con l’inevitabile incentivo per le banche a sbarazzarsi dei titoli più a rischio, peggiorando ulteriormente la crisi.
Addirittura il governo Monti ha istituito un fondo di garanzia per le banche per incentivarle ulteriormente a finanziare gli investimenti. Ma che razza di mercato è mai questo? Le banche continuano a ricevere liquidità dalla Bce, vengono ricapitalizzate per evitarne la bancarotta ed ora si elimina anche il rischio d’impresa. Un sistema di incentivi assurdo, in cui il conto viene pagato sempre dai cittadini e i profitti vanno sempre alle banche. Tanto varrebbe nazionalizzare gli istituti di credito.
Quello che soprattutto risulta inspiegabile se non in una ottica di oligarchia finanziaria, è perché gli stati non possano essere aiutati mentre le banche sì. Un liberismo a senso unico, privo di logica, soprattutto tenendo conto che un salvataggio dei Paesi europei più in difficoltà si tramuterebbe indirettamente in un aiuto al settore finanziario, grazie alla rivalutazione dei titoli di debito pubblico oggi a rischio. Una soluzione ragionevole, che ormai solo la cecità tedesca continua a respingere.


Se ti è piaciuto questo post, clicca sul simbolo della moschina che trovi qui sotto per farlo conoscere alla rete grazie al portale Tze-tze, notizie dalla rete