giovedì 10 gennaio 2013

Una questione di classe

Nel vocabolario del pensiero unico che sottende al modello sociale ed economico in cui viviamo da circa trent'anni la parola 'classe' non è contemplata, o è relegata in un canto, esorcizzata. La narrazione di un mondo in cui non esiste alternativa al capitalismo ed alla finzione del libero mercato, non ammette l'esistenza di classi sociali, men che meno la possibilità di un conflitto di classe, la cui insorgenza comporterebbe una messa in discussione della narrazione stessa e fornirebbe la speranza, se non la prospettiva di un altro mondo, non imperniato sul denaro e sulla sua riproduzione. Ecco, quindi, che nel dibattito politico così come sui mezzi di comunicazione di massa si evita accuratamente di citare la classe, preferendo dar spazio alla finzione che ci vuole tutti classe media, con stili di vita, desideri ed ambizioni simili. Che ciò sia smentito dalla iniqua distribuzione della ricchezza, dalla crescente disparità tra ricchi da una parte e classi medie e basse dall'altra, poco importa, l'importante è non evidenziarlo.


La propaganda, il tentativo di ridurre la rappresentazione delle nostre società alla pallida copia di una pubblicità di merendine, possono poco di fronte alla dura realtà. Anni di precariato e di precarietà, gli effetti della crisi finanziaria, le politiche di riduzione della spesa pubblica vigliaccamente introdotte con la scusa del debito pubblico hanno la meglio e, seppure sussurrando, la coscienza della suddivisione delle nostre società in classi e dell'esistenza del conflitto di classe permane tra i cittadini. Nel Regno Unito, ad esempio, guadagna ampi consensi tra la popolazione l'idea che la coalizione di governo tra Conservatori e Liberaldemocratici rappresenti gli interessi della minoranza che detiene il potere economico e gran parte della ricchezza del Paese, nonostante i proclami del Primo Ministro secondo cui "siamo sulla stessa barca" in questa fase di crisi e di tagli. In Francia, il quotidiano l'Humanité ha pubblicato nell'edizione del 9 gennaio l'esito di un sondaggio commissionato all'istituto Ifop secondo cui il 64% degli intervistati ritiene che nel paese la lotta di classe sia una realtà: http://www.humanite.fr/m/politique/exclusif-lhumanite-la-lutte-des-classes-une-realit-512348

La coscienza del conflitto di classe non trova necessariamente uno sbocco in un movimento organizzato e radicato che promuova rivendicazioni collettive e nella riappropriazione dei diritti e degli spazi di democrazia erosi nel corso di tre decenni, tuttavia. Nell'ultimo quinquennio la maggior parte dei paesi europei occidentali ha visto manifestazioni e scioperi per la difesa del lavoro ed in protesta contro le politiche di riduzione della spesa pubblica e dello stato sociale, senza che però essi assumessero la forma della lotta ad oltranza. Nonostante la forte opposizione nelle piazze, i governi in carica hanno approvato le leggi antipopolari ed i cittadini sono tornati a casa, con le pive nel sacco. L'assenza di una proposta politica alternativa cui dar credito, il malcontento popolare finisce con cercare una sponda in quei sindacati e partiti progressisti che dagli anni '80 hanno preferito di concertazione e l'effimera "terza via" propugnata da statisti del calibro di Tony Blair e Massimo D'Alema, o in movimenti che alla critica, anche forte, della classe dirigente senza uscire dallo schema del modello capitalista liberista.


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