Ripubblichiamo oggi una intervista pubblicata originalmente dal Giornale il 19 Gennaio e ripresa poi da Keynesblog. Sen è solo l'ennesimo economista democratico (ma basterebbe dire, non dogmatico) che si scaglia contro le assurde politiche di austerity che stanno semplicemente fallendo, criticando al contempo anche le radici liberiste e monetariste dell'Europa. L'intervista finisce con una dura critica alla sinistra italiana, incapace di proporre un programma veramente alternativo alla sudditanza verso i mercati. Una sinistra non sinistra. Non possiamo che sottoscrivere.
Professor Sen, cominciamo con un’ottima domanda. Che cos’è la felicità?
Una condizione complessa, sicuramente più ampia di quella descritta dagli utilitaristi à laJeremy
Bentham, per i quali sarebbe una massimizzazione del piacere.
Dimensione imprescindibile per una vita piena è invece la libertà,
pertanto ogni dispiegamento di mezzi ha senso se produce un’espansione
delle nostre libertà sostanziali. Per capire è utile la distinzione
medievale tra “agente” e “paziente”: la felicità è piena quando l’uomo è
“agente”. Questo si vede bene nell’amore: quello vero allarga le nostre
potenzialità e di certo non le avvilisce.
Pensa che la situazione che stiamo vivendo in Europa sia felice?
Credo che il sentimento prevalente in Europa sia l’infelicità. Nel
sostenerlo non misuro una sensazione soggettiva, ma registro uno status quo che
nega le maggiori libertà umane. Se non trovo lavoro, o se sono malato e
non posso curarmi, la mia libertà è impedita. L’infelicità è il
corollario, a prescindere da come possano poi sentirsi effettivamente le
persone.
Perché siamo arrivati a questo punto?
Il tracollo europeo nasce una politica d’austerità fallimentare che
ha prodotto l’attuale scenario di povertà e disoccupazione. Lo dico in
qualità d’economista, perché la nostra è una scienza empirica. E una
legge fondamentale dell’esperienza è imparare dagli errori. Il regime
d’austerity, in vigore da anni, sta conducendo al baratro l’Europa.
E l’Italia? Il termometro dello spread s’è raffreddato,
eppure il tasso di disoccupazione non accenna a calare, le attività
chiudono…
Anche l’Italia ha dovuto adottare politiche sciocche. Ma nessun paese
europeo è al riparo dai danni di questa politica deflazionistica. La
Germania stessa ne sente gli effetti, poiché sono venuti meno i mercati
per le sue esportazioni. Sostenendo ciò, mi ricollego a un assioma base
dell’economia novecentesca: senza domanda l’economia piange. Dovremmo
riattualizzare Keynes.
Nessun paese europeo è un’isola, potremmo dire. Cosa si può
fare per invertire la rotta, dovremmo inaugurare un “New Deal” europeo?
Il problema è endemico. Nell’Unione europea manca una visione
politica ragionata abbastanza forte da ergersi a contrasto di quanto è
pattuito in sede intergovernativa. Per questo servirebbe una
dichiarazione all’unisono di Italia, Grecia, Spagna, Portogallo e in
generale di tutti i paesi vessati da vincoli di bilancio. L’Unione
europea deve lasciarsi alle spalle la controproducente austerità. E va
adottato un grande programma di politica economica europea pro sviluppo.
In passato ha espresso la sua contrarietà all’unione monetaria europea. Se non avessimo adottato l’euro adesso staremmo meglio?
Sono stato contrario all’euro per motivi di tempistica. L’unione monetaria avrebbe dovuto essere adottata dopo l’unione fiscale e politica e non prima di
questa. Saltando lo scalino, invece, gli stati ancora “nazionali” hanno
perso il controllo sulla propria politica monetaria. Creando situazioni
ad alta tensione: i tedeschi che accusano i greci d’essere pigri, i
greci che accusano i tedeschi d’essere dei Kapò. Non è di certo questa
l’unità europea immaginata da Altiero Spinelli e Ernesto Rossi negli
anni quaranta sull’isola di Ventotene.
Serve la politica quindi. Al riguardo, Anthony Giddens ha
difeso la tradizionale dicotomia destra-sinistra (a differenza del
premier Monti). Per lei l’opposizione è ancora utile?
A mio avviso la distinzione c’è e affonda nei valori fondamentali
delle due parti. Idealmente, la sinistra è garante della felicità,
diritto da assicurare universalmente con l’interventismo statale. La
destra originariamente è stata il bastione dei diritti proprietari; ora,
più genericamente, difende le libertà individuali e il libero mercato.
Personalmente sono di sinistra. Penso, però, che la sinistra debba
prestare attenzione ai capisaldi liberali della destra. Il bipolarismo
destra-sinistra è rintracciabile, seppure con cospicue diversità, sia
negli Stati Uniti sia in Europa. Non si può dire lo stesso dell’Italia.
Ed è deprimente che nel paese di Antonio Gramsci non si scorga un’agenda
politica che possa definirsi veramente “di sinistra”.
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