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sabato 11 maggio 2013

La cosa giusta. A sinistra


https://mail-attachment.googleusercontent.com/attachment/u/0/?ui=2&ik=84c9dd670f&view=att&th=13e939dd70e88188&attid=0.1&disp=inline&realattid=1434741550995259437-1&safe=1&zw&saduie=AG9B_P_aiiPgHERn0qkp2R0wn8Pu&sadet=1368277510678&sads=hbDbLUEKJ9fTlcl_Rx81urOyNlM&sadssc=1
di @MonicaRBedana
 A sinistra,sinistra senza più "centro", c'è bisogno, ora, di un partito a due cifre. Sono le cifre che imporrà quella nuova legge elettorale che stiamo aspettando da troppo tempo.
Quelle due cifre saranno la misura su cui modellare ogni aspirazione di governo al prossimo appuntamento col voto.
A chi guardare per unire le forze ed evitare un nuovo fallimento sdraiato sulla frammentazione che ancora abbaia e morde perfino ora che les jeux sont fait?
Guardiamo all'errore del PD di essere sordo alle richieste delle basi, una sorta di peccato originale, incapace di trovare redenzione.
Guardiamo a quanto di buono va assolutamente salvato dalla frantumazione di Rivoluzione Civile:la spinta intellettuale di "Cambiare si può" ed il suo fertile intersecarsi coi movimenti della società civile.
Guardiamo appena più in là nel tempo, ai principi che animarono #lacosaseria, un appello i cui fondamenti sono ancora vivi, lo ricordava Giulio qui (link al blog di Giulio, grazie) e lo riportammo su questo blog (link al post del blog).
Ce n'è abbastanza da riuscire a definire senza complessi cosa chiediamo a questo embrione di progetto di sinistra che va in piazza oggi con SEL a Roma con la convinzione di fare #lacosagiusta.
Ce n'è abbastanza anche per dire cosa non vogliamo, magari.
No ai personalismi, sia finalmente un programma chiaro e condiviso senza tentennamenti né concessioni al mero calcolo politico l'unico leader indiscusso.
Un no anche a confonderci con l'idea patinata di cosiddetta sinistra europea che ha sostanzialmente contribuito alla nascita ed applicazione delle politiche di austerità da cui siamo paralizzati.
Con questo spirito sto andando verso piazza SS Apostoli. Sperando, finalmente, di fare #lacosagiusta.

lunedì 6 maggio 2013

SEL e la sinistra dopo il PD

Tra pochi giorni ci sarà il primo appuntamento pubblico di parte della sinistra post-governissimo, organizzato da SEL ed intitolato la Cosa Giusta. Un primo passo, ancora carico di dubbi ma anche di speranze per ricominciare, per l'ennesima volta ad organizzare la sinistra. Sperando di essere usciti dall'equivoco PD-sinistra.
Qui di seguito riportiamo parte dell'intervento di Giulio Cavalli (attore, regista, e politico di SEL), dal suo blog:

Il PD non ha mantenuto le promesse in campagna elettorale e questo è un fatto. SEL si era presa la responsabilità di garantire un PD che non scivolasse nelle sue antiche e perverse pulsioni centriste e inciuciste e non c’è riuscita: questo è un altro fatto (che in pochi stanno analizzando). Senza remore, inibizioni o balbettamenti dovremmo raccontare che comunque il voto dato a SEL era un voto di “condizionamento” di sinistra di governo che non è accadutoI voti per una sinistra radicale di opposizione non sono qui, per dire[......]

Poi c’è la Cosa Giusta dell’11 maggio (che fa un po’ sorridere nel titolo pensando alla Cosa Seria che in tanti non abbiamo mica abbandonato) e la domanda (è sempre quella, sempre) è capire quali sono i passaggi, le discussioni e le opinioni che ci porteranno lì. Perché  non c’è bisogno di piazza ma di politica.
C’è la sinistra nella Cosa Giusta o c’è l’attesa (ormai diventata beckettiana) che si rompa il PD (che non si romperà a breve)? Chi sono i soggetti del cantiere (a parte lo sventolio di Rodotà)? I soggetti che componevano Rivoluzione Civile ci fanno tutti schifo? Peggio sempre Ferrero di Fioroni, come mi disse una volta qualcuno?
Scrivevamo qualche mese fa:
Nella Cosa Seria sappiamo che la parola “sinistra” nel Paese ha ancora un senso diffuso che non appartiene a ceti politici né a gruppi dirigenti. È un sentimento, un modo di stare al mondo, un’appartenenza ideale e concreta che richiede coerenza e che non può ridursi in piccoli e particolari interessi di bottega, antiche inimicizie e gelosie d’appartenenza.
Per questo chiediamo che Sinistra Ecologia e Libertà e una parte consistente del Partito Democratico siano il motore di una coalizione che sia una Cosa Seria. Che guardi a Italia dei Valori, Federazione della Sinistra, ALBA, Verdi e tutti coloro che si riconoscono in un manifesto di posizioni chiare e realmente governabili, oltre che di governo. Perché non ci piace la strategia dell’inerzia per capitalizzare il consenso trascinandosi alle prossime elezioni, ma preferiamo la semplicità e la chiarezza delle idee da valorizzare insieme. Soluzioni collettive per risolvere i problemi, insieme: politica presa come una Cosa Seria.
Basta mediazioni. Per chi mi chiede: io sono qui.

domenica 21 aprile 2013

PD addio, ora che si fa?

Dopo anni in cui PDS, DS e PD hanno illegittimamente occupato lo spazio a sinistra è finalmente saltato il tappo che conteneva il cambiamento. Grazie all'apparato, ai soldi, alla tradizione, gli eredi di PCI (e DC) sono riusciti a imporre un controllo quasi militare su quella parte politica che dovrebbe rappresentare i lavoratori e gli sfruttati, i poveri e i deboli, quelli che credono nell'eguaglianza e nella solidarietà, quelli che contestano il mercato come risolutore di tutti i problemi.
Lo hanno fatto anche - e forse, soprattutto - perchè l'offerta alternativa era pessima. Rifondazione Comunista era un ottimo progetto nel 92, ma viziata dal peccato originale di non aver visto l'adesione della sinistra del PCI, da Ingrao in giù, che tardò anni a rendersi conto di dove andava il PDS. Per non parlare della sinistra interna ai DS che aspettarono fino al 2008 prima di staccarsi. Sempre fuori tempo massimo. Intanto la segreteria di Bertinotti isolava la sinistra e si marginalizzava, puntava sui movimenti perdendo i voti in fabbrica. E pure il sindacato ha delle sue responsabilità storiche, alleato del governo amico o geloso della sua autonomia, senza capire che senza rappresentanza politiche anche i lavoratori sono più deboli.
Ora l'occasione è storica. La sinistra va rifondata. Il PD si è squagliato. Non si è squagliato per la fusione a freddo, che nessuno ha mai capito quale sia la diversa visione di società tra D'Alema e Veltroni, tra Letta e Bersani e giù scendendo: tutti insieme appassionatamente quando si trattava di tagliare le tasse dei ricchi, di dare i soldi alla scuola cattolica, di precarizzare il mercato del lavoro, di votare il fiscal compact. Si è liquefatto perchè le diverse anime non si sono mai messi d'accordo su come spartirsi il potere e i posti. Ognuno con le sue correnti, ognuno con i suoi amici. Un partito chiuso nel Palazzo che ha dimostrato in maniera quasi oscena quanto sia distaccato dai bisogni della gente.
Davanti a questo non possiamo davvero più aspettare. Si parli subito, si cominci subito a costruire la nuova sinistra. Sinistra del lavoro, sinistra dei diritti, sinistra dell'eguaglianza. Una sinistra che sia vera alternativa al liberismo, all'Europa dei mercati e dei burocrati, alla Germania dell'austerity e all'Italia del fiscal compact. Una sinistra unita dalle battaglie vere, che non decida le alleanze in base alla convenienze, ai calcoli elettorali e politicisti. E le battaglie sono lì, davanti a tutti. Da quella sull'acqua pubblica, vinta ma che non ha partorito nulla, con i promotori poi divisi tra loro. A quella sul referendum bolognese contro i finanziamenti alle scuole private - non a caso osteggiato dal PD. A quella prossima ventura sul referendum sul lavoro. Su questi temi concreti va costruita la prossima sinistra. Con quelli che ci stanno, e magari con un pò di facce nuove.

giovedì 4 aprile 2013

Congelarsi fa bene

Di MonicaRBedana

Forse in questi giorni dovremmo volgere lo sguardo con più attenzione verso il sudamerica.

Lí, lontano, dove l’avanzata della sinistra sembra essere ormai una tendenza chiara, in grado di produrre governi più stabili, più duraturi e dai quali emerge sempre un leader la cui figura esce rafforzata alla fine del mandato. Dove la politica la fanno in buona parte anche le donne, non sotto forma di caritatevole concessione, come siamo abituati a vedere dalle nostre parti, ma per larghissimo consenso popolare.

Quindi a fianco della sinistra bolivariana di Chávez (che Maduro erediterà quasi certamente) e di Correa (recentemente riconfermato) o di Morales (che con ogni probabilità si ripresenterà alle prossime elezioni), si dispiega la sinistra al femminile declinata, nelle loro diversità e peculiarità, dalla Fernández de Kirchner, la Rousseff e nell’atteso ritorno di Michelle Bachelet in Cile.

Il caso della Bachelet è paradigmatico per l’Italia, col suo centrosinistra incarnato da un PD che ha perso vertiginosamente consensi sia all’esterno che all’interno dopo le primarie, che si è alleato con SEL ma non ha saputo fare scelte più coraggiose ed agglutinare anche le proposte di Rivoluzione Civile. E con un Matteo Renzi che dal silenzio e la fedeltà è passato in 24 ore alla logorrea e la scissione quasi aperta.

Michelle Bachelet ha guidato con serietà ed efficacia per 30 mesi l’area dell’ONU dedicata alle donne. Lontano dal Cile, osservando in assoluto silenzio l’evolversi della situazione nel proprio Paese; la punta dell’iceberg che conosciamo, quelle proteste studentesche a favore dell’istruzione gratuita per tutti, duramente represse; quel sistema sanitario pubblico messo in discussione; il futuro incertissimo della classe media che porta tutto il peso delle misure fiscali. 
Il programmma Bachelet per un nuovo corso politico, economico e sociale parte da un unico punto: combattere le disuguaglianze in modo profondo, con decisione e a tutti i livelli. Perché “se è vero che la crescita produce lavoro, migliora le entrate ed il dinamismo dell’economia, tale crescita non è reale se non è inclusiva, se la ricchezza che produce non arriva a tutti gli abitanti di un Paese”. Sono le parole di chi per 30 mesi ha saputo interpretare correttamente gli effetti di “una globalizzazione che non è stata beneficiosa per tutti ed ha reso più profondo il divario della disuguaglianza”.

La candidata lavorerà con un gruppo ristretto di assessori, cercando il confronto diretto coi cittadini, prendendo le distanze dall’apparato del calderone di partiti di centrosinistra che la sostiene -chiamato La Concertación - e che, secondo i sondaggi, allo stato attuale gode soltanto del 22% dei consensi . Bachelet aprirà al Partito Comunista, ammettendo senza tabù che nel suo mandato precedente alcune cose non furono fatte bene, altre non si fecero affatto e non è più tempo di riforme all’acqua di rose. Secondo l’ultimo sondaggio il 54% dei cileni è disposto a votare per lei nelle elezioni di novembre. E i candidati de La Concertación faranno delle primarie senza paletti.

Vien da pensare che se Bersani si fosse fatto un giro per il polo sud ora magari non sarebbe congelato.

giovedì 28 febbraio 2013

D'Alema, l'Europa e la necessità di far seguire i fatti alle parole

Dice D'Alema in una intervista al Corriere della Sera:
"Non dimentichiamoci, infatti, che una chiave di lettura di questo voto è la disperazione sociale. La gente non ce la fa e comprensibilmente è esasperata verso tutti. Il voto dovrebbe mettere in allarme pure le tecnocrazie di Bruxelles, perché parla anche di loro: ci vuole un governo che abbia un mandato forte per fare valere queste ragioni anche in Europa. Il punto non è "Europa sì", "Europa no", ma "Europa come".

Un concetto simile esprime Andrea Orlando sul Manifesto, quando dice che il PD ha parlato più all'establishment che alla pancia del paese, che ai cittadini interessa come si esce dalla crisi e non il rispetto dei parametri del fiscal compact.

A ma pare una analisi condivisibile al 100%, che ricalca quanto scritto sul "non se ne può più del ' ce lo chiede l'Europa' ". Però D'Alema arriva sempre un po' fuori tempo massimo. E non solo lui. Questa analisi non la si poteva fare prima del voto. Non si poteva parlare alla disperazione sociale invece di lasciarla a Grillo? Ma soprattuto ora, se questa analisi è corretta, cosa propone D'Alema ed il PD per invertire la rotta? Di buone intenzioni sono lastricate le strade dell'inferno - e mai proverbio è stato più vero quando si parla di Italia e sinistra.....




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sabato 16 febbraio 2013

Conversazione elettorali

Presentiamo qui alcune conversazioni sulla sinistra e le elezioni tra due membri del blog. Monica sostiene SEL, Nicola Rivoluzione Civile. La discussione è aperta, a volte aspra, e si intreccia in tante tematiche, da quelle più meramente elettorali ad altre più socio politiche. Ne diamo spazio qui come discorso sulla sinistra e dibattito sul voto.


N. Sembra essere un fuggi fuggi generale da SEL ultimamente

M. Beh pare che vendola sia al 4% e rc al 4,5...questo dicono in questo momento le stime di voto
alla camera... .

Era al 6 2 settimane fa...

Però nemmeno RC cresce più.

No, infatti sono deluso ma è fisiologico che dopo l'effetto novità si sgonfasse un attimo anche
perchè bersagliata continuativamente da tutti gli angoli, da Repubblica alla Boccassini, dalla
CGIL a tutti quelli intellettuali con la puzza sotto il naso che guardano sempre poco alla
sostanza.
Sarebbe meglio se il pd la smettesse con l'attacco a rc e si concentrasse su monti invece di
continuare con questa storia del voto utile, na schifezza italiana. dovrebbero andare all'attacco
di monti che ora sta sfuriando contro il pd. In questa maniera Ingroia si potrebbe mettere in
competizione con Grillo invece che col centrosinistra, e sarebbe ottimo per tutti. ma finchè il pd
non capisce che il nemico è al centro e a non a sinistra non si va da nessuna parte...

Direi che nel fine settimana bersani e vendola si siano impegnati abbastanza ad attaccare
Monti e questi toni, in generale, non li gradisco affatto.
E mentre Claudio Tito su Repubblica qualche giorno fa faceva dei voli pindarici di alleanza tra
Pd e berlusconi via d'Alema, io credo invece che saranno Monti e il Pdl via Alfano ad avvicinarsi
alla coalizione di centrosinistra. Mi pare sia ormai chiaro chi è nemico di chi; e Vendola ha
anche detto che che senza maggioranza piena sul programma elettorale si torna al voto, in
caso le cose al Senato vadano male per il centrosinistra. Non mi pare l'atteggiamento di chi si
preoccupa solo del potere e non del futuro del Paese.
Di RC dici che non c'è stato tempo per le primarie, ma almeno le liste -visto che è la prima volta
che si presentano-, avrebbero dovuto essere veramente ineccepibili... .

Non mi pare per nulla chiaro chi sia il nemico. O almeno, lo è, a parole per Vendola. Ma
l'agenda bersani e monti sono sovrapponibili. E mi pare che Monti e i suoi attacchino b. tutti i
giorni. Vendola in crollo dice quel che puo, poveretto.
su rc, ma dai.... quante chiacchere sull'inutile. Dei problema ci sono stati, nessuno lo nega. Ma
per quanto le forme siano importante, il programa político è ciò che conta di più.

Se Vendola dice quel che può, non è che RC abbia voce per dire granché di più e la sua
agenda rimarrebbe comunque inapplicabile.

Certo, perchè la gente come te vota l'agenda del pd sottoscritta da Vendola. Almeno io non
voto contro la patrimoniale e per il fiscal compact, tu si. libera, Ma non ti lamentare dopo, nella
vittoria del pareggio di bilancio in costituzione c'è anche la tua mano.

Vendola non ha sottoscritto l'agenda del Pd, ha un suo programma. E, stando ai sondaggi,
ha la stessa probabilità di influire sulle scelte del Pd che avrebbe RC. Solo che io non voto
un non partito raffazzonato sotto la guida di un magistrato che sembra fare ogni cosa part-
time. Almeno Vendola ci prova con continuità, a portare avanti un progetto. E con dialogo. Sai
benissimo che il pareggio in bilancio non si elimina da un giorno per l'altro e non è una cosa
solo italiana.

No, Vendola ha rotto l'unita' a sinsitra quando si poteva invece andare insieme e poter influire. e
quindi ha accettato di rimanere ininfluente, rendendo ininfluente anche rifondazione etc. son 5
anni che porta avanti sta linea. E comunque ha sottoscritto la carta d'intenti del pd.
E ha fatto non un cartello elettorale, ma un movimento personalizzato. E ha fatto le primarie e
poi ha paracadutato tutti dall’alto.

Se Rifondazione aveva bisogno di SEL per essere influente ed essere sinistra unita...allora mi
dai stai dando ragione quando sospetto che ci si unisca solo con chi ci garantisce un posto al
sole del Parlamento, o perlomeno ci si tenta...E mi dispiace molto dover constatare questo di
Rifondazione!

Io non ho detto questo. Rifondazione non ha bisogno di Sel, non piu di quanto Sel ha bisogno
di rifondazione. la serieta' direbbe semplicemente che chi ha programmi praticamente uguali
vada insieme. Questo e' l'abc della politica, almeno di quella che piace a me. Poi se Vendola
dice le stesse cose di rifondazione e di ingroia ma vuole andare con chi ha appoggiato e
tuttora appoggia la riforma fornero, buon per lui. Scelte legittime, come le tue. Ma entrambe
in contraddizione con quel che predicavate poco tempo fa. E nessuno dei 2 è in grado
di giustifcare la scelta se non in contrapposizione agli avversari su cose ininfluenti, tipo
l’egocentrismo di Demagistris, manco vendola fosse un campione di altruismo. Le scelte
politche e soprattutto le scelte di campo dovrebbero andare oltre gli asti personali.

Ingroia dovrebbe tacere almeno sui magistrati, che spettacolo penoso in tutto e per tutto, che
modo di fare ingrassare Berlusconi 15 chili dandogli ragione sui magistrati politicizzati, non sa
aprire la bocca senza aggredire, perfino se presenta un punto del programma elettorale di RC
programma è "come aggredire i patrimoni della mafia”. Alla fine ho la sensazione che RC non
sia altro che un movimento personale risentito e non riesco a non pensare che questo signore
cosí bilioso sia candidato premier...è anche questione di forma, perché è attraverso la forma
che si esprime la sostanza.

A parte il fatto che è stata la Boccassini ad attaccare per prima (a proposito di magistrati
politicizzati) ma per me rimane centrale il programma e non le polemiche.

SEL si è coalizzata col Pd mantenendo intatto il suo programma e il lavoro sta al primo punto
del suo programma elettorale.

Parole, parole, parole. il programma l’ha mantenuto, certo, ma ha firmato un accordo che dice
che le decisioni si prendono a maggioranza. Quindi Sel ha il suo programma e tu lo voti, ma
quelli che tu voti in parlamento voteranno il programma del pd. Anche il PD ha il lavoro al primo
punto del programma. Ma deve essere il lavoro della riforma fornero che han votato. Questa la
realta', poi se vuoi pouoi farci la narrazione che vuoi sopra...

L’accordo firmato è leggenda urbana, Vendola ha ribadito in varie occasioni che ci sarà
confronto indipendente col resto del Parlamento, se le proposte di PD si discostano da quelle
del Pd, nel caso in cui governino insieme.

Leggenda urbana scritta da Bersani e Fassina su tutti i giornali...

Sarà che non credo a tutto che scrivono i giornali e mi fido di ciò che dice chi sta dentro SEL e
lo racconta?

No, non l'han scritto i giornali, ma Bersani e Fassina. Secondo me son piu autorevoli dei tuoi
amici no?
La politica non si fa sulle amicizie e sui racconti degli amici, se no rimaniamo sempre nel limbo
dei buoni sentimenti e delle grandi delusioni.
A proposito, quelli che conosci di Sel son quelli che mesi fa ti parlavano della fronda a vendola
contro la chiusura a sinistra no? E mi dicevi che io leggevo i giornali e tu sapevi le cose da
dentro. Si e' visto chi aveva ragione.....

Secondo me Bersani e Fassina sono autorevoli, ma per ciò che riguarda il loro partito.
Sai benissimo che non è stata una via facile quella di scegliere l'allenza col Pd, però alla fine
non c'è stata nessuna defezione nel cuore del partito, nemmeno tra coloro che hanno criticato
la scelta più duramente.
D'altra parte per entrare in RC ben 4 partiti hanno fatto un passo indietro e Ferrero ha dichiarato
che Rifondazione ha dovuto rinunciare a parte del suo programma per questo.
Allora se lo fa Rifondazione va bene e nel caso di SEL no?

C’è una differenza abissale e le cose non sono comparabili. Rifondazione ha fatto un passo
indietro ma e' rimasta fedele ad un programma anti-liberista, di opposizione al governo
berlusconi e a quello monti (che era poi anche il programma di SEL).
In Sel invece non hanno fatto beo, hanno accettato un'alleanza con un partito che di base non
condivide nulla di quello che dicono (millantano, a sto punto?) in sel. Per altro appare del tutto
evidente che Sel non e' nelle condizioni di fare una crisi di governo sui mille provvedimenti che
non potra' votare. Ci sono problemi di opportunita' politica.

L’alternativa era fare una coalizione di sinistra che poteva poi concordare punto per punto
col Pd. Andare alle elzioni insieme comporta degli obblighi, e giustamente. Se ti allei col Pd
della riforma fornero non puoi scoprirlo a marzo che il programma non va bene. Non stiamo a
raccontarci barzellette.

Comunque quello che dicono a me amici di Sel, anche in posizioni piuttosto autorevoli, e'
che Sel entrera' nel pd in 2/3 anni, che e' quello che pdf altro io ho detto da 1 anno e mezzo.
Poi, se riusciranno a spostare il pd su posizioni di sinistra, che al momento mancano, saro'
contentissimo. Ma le parole, seppur buone, di fronte ai fatti del pd, impallidiscono. Niente di
questo genere accade in rc.

Se SEL tra due tre anni si fonde col Pd, sarà però altrettanto vero che RC sarà già sparita da un
pezzo; quelli secondo me si scannano molto prima, altro che fusioni e connubi.

Ma rc è un partito secondo te? o una formazione politica? è semplicemente una coalizione, che
però parte almeno da un punto comune, il rifiuto del liberismo. Non è poco. E’ soprattutto quello
che dicevi te, che attaccavi vendola con parole ben piu forti di quelle che uso io oggi. Solo che,
di fronte non ad un cambiamento di vendola, ma addirittura ad un suo accellerato moderatismo,
tu ha pensato bene di sostenerlo. Come ti ho detto mille volte, è legittimo, ma questi tuoi
attacchi a rc sono fuori luogo, venendo da qualcuno che per 2 anni ha sostenuto esattamente
tutto quello che oggi sostiene rc. E che attaccava tutto quello che oggi invece supporta, a
partire dal collateralismo col pd che supportava Monti. E ora, come tutti gli ex, sembri aver un
dente particolarmente avvelenato con quelli con cui sedevi una volta, manco ti dovessi mondare
di chissà che peccato....

Sto osservando da mesi questo nordest per me sconosciuto della cassa integrazione, della
disoccupazione, dei capannoni che si svuotano, delle medie industrie che delocalizzano, delle
piccole e medie che trasferiscono la sede sociale all'estero, delle agenzie di collocamento
temporaneo che fioriscono. Ne ho già parlato sul blog, mi sono chiesta perché la sinistra non
sia mai riuscita a parlare al cuore di questi impresari che sono stati il motore dell'economia più
sana dell’Italia e dell'Europa, un tempo.
Adesso anche loro hanno stanno capendo che per allentare la morsa del credito che non
c'è bisogna rimettere mano a tutta una filosofia di pensiero, a tutto il sistema che essa ha
generato. Che l'operaio, il dipendente è parte del loro capitale, non un costo da ridurre all'osso.
Stanno capendo che è stato stupido diventare leghisti e credersi un feudo inespugnabile, la
crisi è arrivata anche qua. Ed è questo il momento buono in cui la sinistra dovrebbe seminare
un discorso di riduzione di pressione fiscale sulle aziende, prima che una patrimoniale. Non
possiamo più batterci solo per il lavoro dipendente ed ignorare le enormi difficoltà di chi
quel lavoro vorrebbe darlo (e non sto parlando di Marchionne, evidentemente). Questo è un
serbatoio inestimabile per l'economia e lo è per la politica, storicamente è una terra anche
fedele in politica... . Che il Pd abbia improntato una buona parte della campagna elettorale a
tentare la conquista del Veneto avvicinandosi agli impresari mi è parso un atto intelligente di
traghettamento verso sinistra; bisogna crearla questa cultura dove non esiste, non la si può
iniettare di botto. E come dico Veneto dico nordest in generale e Lombardia, è stupido in questo
momento sottrarre forza da parte di RC in queste regioni (dove RC non ha nessuna possibilità)
dove un'idea di sinistra potrebbe iniziare a circolare e grazie alla presenza di SEL, che può
contribuire a rendere più forte insistendo sui temi che sappiamo (che poi sono anche quelli
diRC), lavoro, pensioni, assoggettamento all'Europa, fiscal compact... .Mi sembra già un
segnale forte che Bersani abbia detto in Lombardia che vincendo alle regionali e a Milano si
abolisce il patto di stabilità che stritola i comuni e l'economia che vi gira attorno.
Fondamentalmente per questo mi fa rabbia RC e credo non fosse necessaria in queste elezioni
e sottragga non solo voti ma tutta una possibilità di aprire strada a sinistra. E lo fa attraverso
una guerra senza quartiere a SEL.
Mi chiedi se io sappia cosa sia RC; no, non lo so, non si capisce, come movimento di
intellettuali che volevano riportare all'attenzione della politica molte questioni sociali facendo
un'analisi culturale mi sembrava un’idea perfetta, ce n'era bisogno, perché alla base di tutto
questo Paese alla sfascio c'è l'assenza di un grande progetto culturale. E questo progetto
può evidentemente venire solo da sinistra. Ma, sinceramente, non sono solo io a non capire
che movimento sia: movimento (e qui torno sulle similitudini col M5S) , accozzaglia di partiti,
progetto di partito...non si sa ancora.
Bisognava pressare e al tempo stesso sostenere il Pd in questo percorso elettoral; adesso
rischiamo di nuovo tecnici e destra come minimo. L'ingovernabilità poi sarebbe anche peggio.

Siamo lontanissimi nell’analisi sociale ed economica
Non siamo sulla stessa barca coi padroni. il Pd e i suoi predecessori sono 20 anni che fa questo
discorso, fallimentare. Che l'impresa abbia dei bisogni nessuno lo nega, rimane il fatto che
quella impresa è diventata grassa sulle spalle dei lavoratori e che esiste un conflitto naturale
tra lavoro e capitale, e lo dimostra la storia, i numeri, il presente. E non solo il capitale di
marchionne, ma quello dei piccoli e medi imprenditori.
Che sono quelli che per mancanza di visione strategica non sono cresciuti perchè in borsa
non ci vanno, perchè vogliono il controllo sulle proprie aziende, perchè non vogliono assumere
manager. Le pmi erano un fattore di crescita negli anni 70, sono ormai 20 anni che sono una
palla al piede dell'economia italiana.
E poi, allentare la pressione fiscale sull'impresa invece della patrimoniale? E come la allenti
scusa, questa pressione? Se non trovando altri soldi, proprio con la patrimoniale. Se ti rileggi
quello che ho scritto sulle tasse la settimana scorsa, vedrai che dico proprio questo.
I tuoi cari imprenditori per decenni hanno patrimonializzato invece di investire (leggi i dati su
capitale investito in italia, germania o francia), in soldoni e volgarizzando, preferendo il suv
a un nuovo posto di lavoro. E poi hanno evaso a man bassa, distruggendo i conti pubblici e
di conseguenza l’economia. Ora devono pagare, coi soldi che hanno in tasca e non vogliono
farlo. Se la difesa di questi imprenditori poco imprenditori è la tua idea di sinistra, capisco bene
che tu sia lontana da Rc. Ma, come il pd, avete capito poco o nulla della crisi italiana che non
c'entra nulla con il credit crunch, perchè per anni i rubinetti erano aperti, ed anche fossero aperti
adesso saremmo in recessione lo stesso perchè il problema nuovo è chi non consuma, non chi
non produce. E per favore, adesso non mi parlare degli imprenditori che conosci te perchè non
mi interessa. Mi interessa il trend generale.
La mia idea di sinistra quindi non parte da imprese e lavoro insieme sulla stessa barca. Non
ci siamo. Facile stare sulla stessa barca con villa e, appunto, barca, contro quelli in cassa
integrazione. Non sono tutti cosi? certo, e allora? In generale quella è la situazione.
La storia del mondo moderno è quella della dialettica (quindi, scontro) tra capitale e lavoro,
l’ha riscoperto anche un economista neoclassico come Krugman. Aver abbandonato quello ha
decretato il declino della sinistra e del lavoro stesso. Io riparto da li, tu sei ferma a un discorso
che va avanti da 20 anni e che ha dimostrato di non funzionare.
E cmq Rc sta con quella sinistra europea che ha la schiena dritta, denuncia il fiscal compact e
la riforma del lavoro, cioè fa la sinistra. Da syriza, a melanchon, fino appunto a Rc. Molto di piu
di quello che si possa dire per il pd e per sel. Se poi Sel avesse voluto essere seria e coerente
avrebbe guidato Rc, come era nella logica delle cose e con la leadership di vendola si sarebbe
poi fatto l'accordo col pd togliendolo dall’abbraccio mortale di Monti. non ha voluto e quindi è di
fatto succube e ininfluente. Colpa solo sua, che ha spaccato il fronte unitario una volta di piu.

Non si può mettere nello stesso mazzo chi ha ciucciato decenni di contributi statali come la
Fiat e chi fa impresa ed è messo in condizioni tali da suicidarsi o perdere tutto (dipendenti
compresi). Se quello del nordest è un modello che non funziona da 20 anni si cercherà di farlo
funzionare di nuovo con politiche adeguate; oppure si butta via tutto quel tessuto economico
della piccola e media impresa, che comprende artigiani e agricoltura?
Non ho amici imprenditori di cui parlarti, sì osservo la realtà (e quella che si vede per le strade
non è più fatta di potenti macchinoni, di pellicce e gioielli e di ristoranti e locali di lusso pieni
di gente; quella che vedo intorno a me non è gente che ha patrimonializzato, è gente che
tira cinghia) e leggo con interesse i dati della CGIA di Mestre, per esempio. Sto aspettando
che Ingroia venga a far presa da queste parti parlando di patrimoniale. E in quanto a chi ha
spaccato la sinistra è inutile star qui a rinfacciarselo perché i miei argomenti sono esattamente
uguali ai tuoi: SEL ha un programma che senza il colpo di mano di RC tutta la sinistra che ora
sta in RC avrebbe potuto condividere: invece ha preferito spaccare. Ne riparliamo dopo il voto.

Chi ha ciucciato è stata molto di piu l'impresa del nord est, altro che la fiat. Ha prosperato sulle
spalle degli italiani costringendoci fini agli anni 90 alle svalutazione competitive pagate dai
lavoratori con l'inflazione. Mentre loro si arricchivano. Bel modo di fare impresa, non sapendo
innovare, facendo pagare la competitvità al paese e non pagando manco il dovuto con le tasse.
Caso strano, dalla nascita dell'euro è finita la pacchia e i nodi sono venuti al pettine.
E perché mai comunque bisognerebbe farlo funzionare quel modello pre-moderno che ha
ciucciato soldi e ridotto l'industria sul lastrico? Le cose che dici te le ha dette per 20 anni anche
la lega e berlusconi, con analisi parziali e pro domo loro.
Ti ribadisco quanto detto prima, le analisi non possiamo basarle sulle esperienze personali ma
sui dati concreti, e quelli dicono che evasione e patrimonializzazione la fanno da padrone nel
Triveneto, e non solo. Vedi, tu puoi pensarla come vuoi e non è che come la penso io valga
di più perchè tutte le opinioni politiche hanno lo stesso valore, però bisogna fare analisi più
informate. Uno può stare con le imprese perchè da lì nasce il lavoro (quante volte lo ha detto
Berlusconi. ma mica solo lui, tutti i liberali lo dicono...) oppure può anche dire che imprese
e lavoro stanno insieme nella mischia, come appunto la sinistra post-sinistra. Legittimo. ma
che tu voglia far passare sto discorso che fai come sinistra basandoti su numeri e dinamiche
inesistenti, non lo posso far passare
Su rc il tuo discorso è inaccettabile. Non possiamo distorcere la cronaca dell’ultimo anno
e rotto. Chi ha escluso prima prc e poi idv e rifiutato l'alleanza non è certo stata la sinistra.
Bersani lo ha deciso e Vendola ha detto si. Questi sono fatti, non opionini, se hai letto i giornali
e le varie polemiche sulla foto di vasto forse te ne ricorderai anche te. Se seguo la tua logica
noi altri a sinistra non ci si doveva manco presentare, visto che nell’alleanza non ci volevano, e
presentarci autonomamente era fare il gioco del nemico. Per far cosa poi? Per far vincere Sel
che invece di allearsi con chi la pensa come lei va con gente che la pensa diversamente?
Legittimo chiederlo ma da qui a dire che è colpa di rc è francamente incredibile.

Ho sempre più chiaro che la posizione di SEL sarà magari di fare con Monti le riforme
istituzionali (mi pare giusto e doveroso confrontarsi con la maggioranza possibile di forze
politiche sui temi che riguardano i meccanismi che reggono lo Stato), ma che sui grandi temi
sociali non c'è accordo possibile e che Vendola presserà il Pd dall'interno e finirà per spostarlo
più a sinistra.
Infine apprezzo di Vendola che stia facendo una campagna senza isterismi e senza attacchi
personali...è l'unico insieme a Giannino a fare questa cosa. Non ha reagito nemmeno quando
è stato evidente che RC ha voluto strofinargli sotto il naso i candidati che da SEL sono passati
alle liste di RC. Questo secondo me dimostra fiducia nel suo programma e nelle possibilità di
attuarlo in sintonia con una forza politica di maggior peso. E, sempre secondo me, ciò farà bene
alla sinistra in generale oltre che al paese.

Purtroppo gli ultimi eventi di cronaca, come hai riconosciuto nel tuo recente post, sembrano
darti torto.


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Amartya Sen contro l'Europa dell'austerity e la sinistra italiana

Ripubblichiamo oggi una intervista pubblicata originalmente dal Giornale il 19 Gennaio e ripresa poi da Keynesblog. Sen è solo l'ennesimo economista democratico (ma basterebbe dire, non dogmatico) che si scaglia contro le assurde politiche di austerity che stanno semplicemente fallendo, criticando al contempo anche le radici liberiste e monetariste dell'Europa. L'intervista finisce con una dura critica alla sinistra italiana, incapace di proporre un programma veramente alternativo alla sudditanza verso i mercati. Una sinistra non sinistra. Non possiamo che sottoscrivere.

Professor Sen, cominciamo con un’ottima domanda. Che cos’è la felicità?
Una condizione complessa, sicuramente più ampia di quella descritta dagli utilitaristi à laJeremy Bentham, per i quali sarebbe una massimizzazione del piacere. Dimensione imprescindibile per una vita piena è invece la libertà, pertanto ogni dispiegamento di mezzi ha senso se produce un’espansione delle nostre libertà sostanziali. Per capire è utile la distinzione medievale tra “agente” e “paziente”: la felicità è piena quando l’uomo è “agente”. Questo si vede bene nell’amore: quello vero allarga le nostre potenzialità e di certo non le avvilisce.
Pensa che la situazione che stiamo vivendo in Europa sia felice?
Credo che il sentimento prevalente in Europa sia l’infelicità. Nel sostenerlo non misuro una sensazione soggettiva, ma registro uno status quo che nega le maggiori libertà umane. Se non trovo lavoro, o se sono malato e non posso curarmi, la mia libertà è impedita. L’infelicità è il corollario, a prescindere da come possano poi sentirsi effettivamente le persone.
Perché siamo arrivati a questo punto?
Il tracollo europeo nasce una politica  d’austerità fallimentare che ha prodotto l’attuale scenario di povertà e disoccupazione. Lo dico in qualità d’economista, perché la nostra è una scienza empirica. E una legge fondamentale dell’esperienza è imparare dagli errori. Il regime d’austerity, in vigore da anni, sta conducendo al baratro l’Europa.
E l’Italia? Il termometro dello spread s’è raffreddato, eppure il tasso di disoccupazione non accenna a calare, le attività chiudono…
Anche l’Italia ha dovuto adottare politiche sciocche. Ma nessun paese europeo è al riparo dai danni di questa politica deflazionistica. La Germania stessa ne sente gli effetti, poiché sono venuti meno i mercati per le sue esportazioni. Sostenendo ciò, mi ricollego a un assioma base dell’economia novecentesca: senza domanda l’economia piange. Dovremmo riattualizzare Keynes.
Nessun paese europeo è un’isola, potremmo dire. Cosa si può fare per invertire la rotta, dovremmo inaugurare un “New Deal” europeo?
Il problema è endemico. Nell’Unione europea manca una visione politica ragionata abbastanza forte da ergersi a contrasto di quanto è pattuito in sede intergovernativa. Per questo servirebbe una dichiarazione all’unisono di Italia, Grecia, Spagna, Portogallo e in generale di tutti i paesi vessati da vincoli di bilancio. L’Unione europea deve lasciarsi alle spalle la controproducente austerità. E va adottato un grande programma di politica economica europea pro sviluppo.
In passato ha espresso la sua contrarietà all’unione monetaria europea. Se non avessimo adottato l’euro adesso staremmo meglio?
Sono stato contrario all’euro per motivi di tempistica. L’unione monetaria avrebbe dovuto essere adottata dopo l’unione fiscale e politica e non prima di questa. Saltando lo scalino, invece, gli stati ancora “nazionali” hanno perso il controllo sulla propria politica monetaria. Creando situazioni ad alta tensione: i tedeschi che accusano i greci d’essere pigri, i greci che accusano i tedeschi d’essere dei Kapò. Non è di certo questa l’unità europea immaginata da Altiero Spinelli e Ernesto Rossi negli anni quaranta sull’isola di Ventotene.
Serve la politica quindi. Al riguardo, Anthony Giddens ha difeso la tradizionale dicotomia destra-sinistra (a differenza del premier Monti). Per lei l’opposizione è ancora utile?
A mio avviso la distinzione c’è e affonda nei valori fondamentali delle due parti. Idealmente, la sinistra è garante della felicità, diritto da assicurare universalmente con l’interventismo statale. La destra originariamente è stata il bastione dei diritti proprietari; ora, più genericamente, difende le libertà individuali e il libero mercato. Personalmente sono di sinistra. Penso, però, che la sinistra debba prestare attenzione ai capisaldi liberali della destra. Il bipolarismo destra-sinistra è rintracciabile, seppure con cospicue diversità, sia negli Stati Uniti sia in Europa. Non si può dire lo stesso dell’Italia. Ed è deprimente che nel paese di Antonio Gramsci non si scorga un’agenda politica che possa definirsi veramente “di sinistra”.

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martedì 12 febbraio 2013

Al voto, al voto - 8

"Voto, anzi, ho già votato per SEL (la pseudo magia dell’italiana mezza all’estero).

Un voto sentito e voluto e pensato a lungo, che al tempo stesso vivo come una sconfitta, un po’ personale e un po’ della sinistra tutta.

Voto convinta un programma che mette il lavoro al centro delle sue proposte elettorali e che sceglie Giovanni Barozzino tra i suoi rappresentanti in lista, sapendo che ce la metterà tutta per portare forte la voce del mondo reale dove potrà essere ascoltata; queste le sue parole nel nostro ultimo scambio di mails. 
Voto per i diritti, quelli di tutti e di tutte. Voto per la lotta al femminicidio e mentre lo scrivo non mi tremano le mani, sí il cuore per lo strazio che mi provoca questo neologismo che una vera cultura dell’uguaglianza potrebbe averci risparmiato. 
Voto per quel 40% di donne nelle liste del centrosinistra che in un momento cruciale per il rinnovamento della politica porteranno preparazione, volontà, capacità di guardare le cose anche da un altro punto di vista (e io continuerò ad essere contro le quote rosa e tutte loro lavoreranno perché domani le quote rosa  non siano più necessarie a garantire la nostra presenza - a parità di possibilità e condizioni- laddove si costruisce il futuro del Paese). 
Voto con la speranza che l’idea di sinistra di SEL pungoli i punti giusti di un partito grande come il PD, che potrebbe essere di gran lunga migliore sulle questioni sociali e farsi primo portavoce in Europa del cambiamento necessario ad uscire finalmente dal vicolo cieco del liberismo. 

Voto inoltre per un uomo che sta facendo una campagna elettorale responsabile, basata semplicemente su un programma in cui crede, lontana dagli isterismi, dalle provocazioni e dalle promesse magniloquenti. In sostanza, una campagna elettorale educata. E per me la forma conta, soprattutto quando in gioco c’e il rispetto per gli altri. 

La convinzione della scelta non allontana tuttavia la sensazione netta che si potesse fare di meglio; perché la frammentazione pratica, negli schieramenti, di una sinistra che si muove compatta su un piano ideologico  è comunque una sconfitta. E si spera non si traduca in vittoria di Pirro alle urne. 

(E quanto avrei voluto votare in un seggio italiano anziché per posta alla circoscrizione esteri)."

Monica, tra Padova e Salamanca

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giovedì 8 novembre 2012

Cambiare si può!



Per una presenza elettorale alternativa alle elezioni politiche del 2013


Il sistema sta andando in pezzi.

Le differenze economiche e sociali crescono, le disonestà individuali o di gruppi sono diventate corruzione del sistema, la distanza tra stato e società e tra organi rappresentativi e cittadini non è mai stata così elevata. La possibilità di contare e di decidere sulla propria vita e sul proprio futuro è quotidianamente frustrata da decisioni verticistiche e incontrollabili. Così lo stesso desiderio di partecipazione politica si affievolisce, riducendosi a esplosioni di rabbia, alla fuga dal voto o all’adesione a proposte populiste (egualmente presenti dentro e fuori le forze politiche tradizionali). Prevale l’idea che non ci sia più nulla da fare perché ogni scelta è obbligata e «imposta dall'Europa» (cioè dai mercati). Il modello sociale europeo è cancellato dalle compatibilità economico-finanziarie in una concezione dell’economia che non lascia spazio alla politica.
Questa posizione è stata da tempo abbracciata dal Partito democratico e si è tradotta nell’appoggio senza se e senza ma al governo Monti, nel concorso all’approvazione del cosiddetto patto fiscale e della modifica costituzionale sul pareggio di bilancio, nel contributo alla riduzione delle tutele del lavoro, nel sostegno alle grandi opere, nel frequente aggiramento dell’esito referendario in favore dell’acqua pubblica. È una prospettiva nella quale si è inserito, da ultimo, il gruppo dirigente di Sel con la scelta di partecipare alle primarie, in una alleanza che ne sancisce la subalternità al Partito democratico (a prescindere dallo stesso esito delle primarie). Dall’altra parte c’è la posizione del Movimento 5 stelle di Beppe Grillo, che, pur partendo da una condivisibile critica radicale di questa classe politica e di questi partiti, non offre risposte sul piano della democrazia costituzionale e di una diversa uscita dalla crisi in atto.


A fronte di ciò non è più possibile stare a guardare o limitarsi alla critica.

L’attuale pensiero unico e il conseguente orizzonte politico sono modificabili. Esiste un'alternativa forte, sobria e convincente alla politica liberista che, in tutta Europa, sta distruggendo il tessuto sociale senza dare soluzione a una crisi che non accenna a diminuire nonostante le rassicurazioni di facciata.
È un’alternativa che si fonda sulle promesse di civiltà contenute nella nostra Carta fondamentale: la Costituzione stabilisce che tutti i cittadini hanno diritto al lavoro e, in quanto lavoratori, a una retribuzione sufficiente ad assicurare un’esistenza libera e dignitosa: noi vogliamo che questi principi siano attuati e posti a base delle politiche economiche e sociali. È un’alternativa che esprime una cultura politica nuova, che si prende cura degli altri e rifiuta il leaderismo, che parla il linguaggio della vita della persone e non quello degli apparati, che include nelle discussioni e decisioni pubbliche la cittadinanza attiva. Un’alternativa capace di fare emergere, con l’impegno collettivo, una nuova rappresentanza politica preparata, capace, disinteressata al tornaconto personale e realmente al servizio della comunità. Un’alternativa in grado di produrre antidoti a quel sistema clientelare che ha generato corruzione e inquinamento mafioso e di trasformare lo stato rendendolo trasparente, de-centralizzato ed efficiente. Un’alternativa, quindi, che guarda a un mondo diverso, in cui si rispetti l’ambiente, siano valorizzati i beni comuni, si pratichi l’accoglienza, si assicuri a tutte e tutti la possibilità di una vita degna di essere vissuta anche se si è vecchi, malati o senza lavoro o se si è arrivati nel nostro paese per viverci e lavorare. Non è un’illusione, ma il compito di una politica lungimirante: il welfare, lungi dall’essere un lusso dei periodi di prosperità, è la strada che ha portato alla soluzione delle grandi crisi economiche del secolo scorso. E non c’è solo una prospettiva di tempi lunghi. Ci sono azioni positive da realizzare e scelte sbagliate da contrastare. Subito.
L’elenco è semplice e riguarda sia gli interventi indispensabili che le modalità per recuperare le risorse necessarie. Da un lato, la rinegoziazione delle normative europee che impongono politiche economiche recessive; un progetto di riconversione di ampi settori dell’economia in grado di rilanciare rapidamente l’occupazione con migliaia di piccole opere di evidente e immediata utilità collettiva; un piano di riassetto del territorio nazionale e dei suoi usi mirante a garantire la sicurezza dei cittadini e la riduzione del consumo di suoli agricoli; un’imposizione fiscale equa ed efficace (estesa ai patrimoni e alle rendite finanziarie nonché alle proprietà ecclesiastiche); il potenziamento degli interventi a sostegno delle fasce più deboli e dei presidi dello stato sociale; il ripristino delle tutele fondamentali del lavoro e dei lavoratori; la sperimentazione di modalità di creazione diretta di occupazione, anche in ambito locale, affiancata dall’introduzione di un reddito di cittadinanza; l’attuazione di forme di sostegno e promozione delle esperienze di economie di cooperazione e solidarietà; l'investimento a favore della scuola e dell'università pubblica, a sostegno della formazione, della cultura, della ricerca e dell’innovazione; il rispetto pieno e immediato dei referendum 2011 sui beni comuni e contro la vendita ai privati dei servizi pubblici locali; un’effettiva riforma del sistema dell’informazione e del conflitto di interessi; il pieno riconoscimento dei diritti civili degli individui e delle coppie a prescindere dal genere e l’accesso alla cittadinanza per tutti i nati in Italia.
Dall’altro: una reale azione di contrasto dell’evasione fiscale e della corruzione; il ritiro da tutte le operazioni di guerra e l’abbattimento delle spese militari; la definitiva rinuncia alle grandi opere (a cominciare dalla linea Tav Torino-Lione e dal ponte sullo Stretto); l’abrogazione delle leggi ad personam (che sanciscono la disuguaglianza anche formale tra i cittadini); la previsione di un tetto massimo per i compensi pubblici e privati e l’azzeramento delle indennità aggiuntive della retribuzione per ogni titolare di funzioni pubbliche.


I fatti richiedono un’iniziativa politica nuova e intransigente, per non restare muti di fronte a opzioni che non ci corrispondono.

Un’iniziativa politica nuova e non la raccolta dei cocci di esperienze fallite, dei vecchi ceti politici, delle sigle di partito, della protesta populista. Un’iniziativa che porti alla costituzione di un polo alternativo agli attuali schieramenti, con uno sbocco immediato anche a livello elettorale. Un’iniziativa che parta dalle centinaia di migliaia di persone che nell’ultimo decennio si sono mobilitate in mille occasioni, dalla pace ai referendum, e che aggreghi movimenti, associazioni, singoli, amministratori di piccole e grandi città, lavoratrici e lavoratori, precari, disoccupati, studenti, insegnanti, intellettuali, pensionati, migranti in un progetto di rinnovamento delle modalità della rappresentanza che veda, tra l’altro, una effettiva parità dei sessi.
È un’operazione complicata ma necessaria, che deve essere messa in campo subito. Negli ultimi giorni si sono susseguiti numerosi appelli in questo senso. È tempo di unire passione, intelligenze, capacità ed entusiasmo per costruire una proposta elettorale coerente con questa prospettiva, in cui non ci siano ospiti e ospitanti, leader e gregari ma un popolo interessato a praticare e promuovere cambiamento.

È questo il senso della campagna “CAMBIARE SI PUÒ! NOI CI SIAMO”, nella quale abbiamo deciso di impegnarci con l’obiettivo di presentare alle elezioni politiche del 2013 una lista di cittadinanza politica, radicalmente democratica, alternativa al governo Monti, alle politiche liberiste che lo caratterizzano e alle forze che lo sostengono.
Noi ci siamo e pensiamo che molte e molti vogliano costruire con noi questo percorso.
Per questo ti chiediamo di esserci e di mandare la tua adesione.


Ma le firme non bastano.

Serve che tutti noi, che aderiamo a questa campagna, ci incontriamo in una assemblea pubblica, che proponiamo per il 1° dicembre.

Il link alla web di "Cambiare si può", cliccando qui

mercoledì 22 agosto 2012

Facciamo la Cosa Seria


Perché in questo marasma politico, economico, ma soprattutto di idee, valori ed ideali non è più concepibile fare le cose in altro modo.
Resistenza Internazionale aderisce a questo appello e vi invita a diffonderlo se vi piace la serietà. La stessa che troverete qui e qui e qui e che si spera arrivi in alto.

********

Altro che Cosa Bianca.

Facciamo la Cosa Seria.

Un movimento aperto a quel 99 per cento di cittadini che non vive di rendite e di finanza: che siano giovani o anziani, deboli o forti – perché anche i forti possono prendere con onore la responsabilità di essere garanzia degli altri.

Un movimento laico di quella laicità che è la più intelligente garanzia della solidarietà senza esegesi politica.

Nella Cosa Seria le porte sono aperte a tutti coloro che si riconoscono nelle priorità di programma che sono poche e chiare. Nella Cosa Seria ci si impegna ad essere includenti nel senso più pieno: quello che combatte le oligarchie, le iniquità, le rendite di posizione e le corporazioni.

Nella Cosa Seria la memoria è un punto di programma: la memoria della Storia di questo Paese (la migliore come stimolo e la peggiore come vaccino) e la memoria delle scelte politiche delle persone che vogliono starci. I liberisti smodati sono liberisti smodati, perché ne abbiamo memoria. I sostenitori prostituiti ai berlusconismi in tutte le sue salse sono incompatibili con noi, perché ne abbiamo memoria. I fiancheggiatori politici di persone condannate per mafia sono avversari politici senza mediazioni, perché ne abbiamo memoria.

Chi ha votato in Parlamento la sistematica distruzione della scuola, della magistratura, dei diritti dei lavoratori, delle emergenze per sfamare gli appalti, del suolo trasformato in appetitoso margine di monetizzazione, delle infrastrutture utili dimenticate, della sicurezza idrogeologica in nome del profitto, della sanità pubblica e di tutto ciò che è stato confiscato ai diritti, nella Cosa Seria non ha posto perché la memoria è il primo ingrediente della democrazia e i ravveduti dell’ultimo minuto sono alchimisti che ormai sappiamo riconoscere.

Nella Cosa Seria anche la verità è un punto di programma: la verità giudiziaria, la verità storica e la verità politica. Non si parteggia per questo o quel potere: si pretende l’emersione totale dei fatti e si difende chi lavora per questo. Senza calcoli elettorali e posizionamenti da patetico risiko politico.

Nella Cosa Seria si dialoga con il cuore dei partiti: i militanti, gli amministratori, le tante persone serie e per bene che fanno politica con impegno e passione in giro per l’Italia. Perché il sindaco di Pollica, Angelo Vassallo, era un politico, Pio La Torre era un politico, Peppino Impastato era un attivista politico: la politica in Italia per molti è stata ed è una Cosa terribilmente e meravigliosamente Seria.

Nella Cosa Seria l’equità non è un spot europeista di macroeconomia ma passa attraverso un ridistribuzione dei diritti e dei doveri, dei costi e dei benefici e soprattutto delle opportunità. Opportunità garantite a tutti: la meritocrazia passa per forza da qui.

Nella Cosa Seria vincere le elezioni è un mezzo e non un fine. E anche governare dopo averle vinte è un mezzo e non un fine.

Nella Cosa Seria i diritti civili non sono più negoziabili con nessuno, né rinviabili, né assoggettabili a compromessi al ribasso o a diktat provenienti da chi fa della propria fede un elemento di divisione e non di fratellanza. E per questo, anche per questo, non sono alternativi ma al contrario strettamente connessi con i diritti sociali.

Nella Cosa Seria si pensa che i cinque miliardi di euro spesi finora per bombardare l’Afghanistan siano stati rubati al welfare, agli ospedali, agli asili nido, alla scuola pubblica. E che le spese in aerei da guerra o in supercannoni tecnologici siano solo un furto ignobile ai danni dei pensionati come dei precari.

Nella Cosa Seria si sta insieme, perché un’alleanza politica non è un matrimonio e quindi non divorzi se il tuo alleato urla troppo quando parla o è maleducato. Nella cosa seria conta la politica vera, il programma da realizzare, non le simpatie.

Nella Cosa Seria quando dici «ce lo chiede l’Europa» pensi alla legge anticorruzione mai fatta, al salario minimo garantito in Francia, al congedo parentale obbligatorio per i papà della Svezia, al reddito minimo di cittadinanza garantito da tutti gli stati europei tranne che da noi, in Spagna, Portogallo e in Grecia. Pensi a un modello di previdenza sociale che tuteli anche i lavoratori precari e le donne che devono lasciare il posto di lavoro in gravidanza, pensi a una legge sulla procreazione assistita che non ti costringa ad andare all’estero per fare un figlio, pensi al pluralismo dell’informazione e alla diffusione della rete.

Nella Cosa Seria siamo europeisti convinti, per questo pensiamo che l’Europa unita non sia quella delle banche ma quella dei cittadini, e che i mercati finanziari debbano essere controllati e le speculazioni scoraggiate con misure come la Tobin Tax per privilegiare gli investimenti sul lavoro e l’impresa.

Nella Cosa Seria ci si batte per un’Europa matura e solidale con un indirizzo comune, un esercito comune, liste comuni al parlamento europeo e una banca centrale in grado di mettere al riparo i singoli stati dall’attacco della speculazione finanziaria.

Nella Cosa Seria pensiamo che ciascuno sia cittadino del Paese in cui nasce, che l’immigrazione sia una risorsa e non una minaccia.

Nella Cosa Seria vogliamo che il carcere serva a rieducare e non a umiliare e che la detenzione sia l’ultima opzione dopo il ricorso a pene alternative.

Nella Cosa Seria siamo convinti che la lotta all’evasione si combatta abbassando la soglia del pagamento in contanti e tracciando i pagamenti. E che sia ingiusto aumentare il prelievo fiscale ricorrendo all’aumento dell’Iva e non alla patrimoniale.

Nella Cosa Seria immaginiamo città liberate dal traffico e dall’inquinamento grazie alle piste ciclabili, al car sharing, con un trasporto pubblico più efficiente e meno macchine.

Nella Cosa Seria crediamo che l’Italia meriti una politica industriale che punta a un modello di sviluppo sostenibile; nella Cosa Seria pensiamo che si cresca riconvertendo e non cementificando, puntando sulle energie alternative e non sulle grandi opere.

Nella Cosa Seria si fanno le primarie, si scelgono i parlamentari, non si decide mai soli, né in due o in tre.

Nella Cosa Seria sappiamo che la parola “sinistra” nel Paese ha ancora un senso diffuso che non appartiene a ceti politici né a gruppi dirigenti. È un sentimento, un modo di stare al mondo, un’appartenenza ideale e concreta che richiede coerenza e che non può ridursi in piccoli e particolari interessi di bottega, antiche inimicizie e gelosie d’appartenenza.

Per questo chiediamo che Sinistra Ecologia e Libertà e una parte consistente del Partito Democratico siano il motore di una coalizione che sia una Cosa Seria. Che guardi a Italia dei Valori, Federazione della Sinistra, ALBA, Verdi e tutti coloro che si riconoscono in un manifesto di posizioni chiare e realmente governabili, oltre che di governo. Perché non ci piace la strategia dell’inerzia per capitalizzare il consenso trascinandosi alle prossime elezioni, ma preferiamo la semplicità e la chiarezza delle idee da valorizzare insieme. Soluzioni collettive per risolvere i problemi, insieme: politica presa come una Cosa Seria.



Questo documento è stato scritto a molte mani (da Giulio Cavalli, Francesca Fornario, Alessandro Gilioli, Matteo Pucciarelli, Luca Sappino e Pasquale Videtta) ma non ci interessano i padri o i primi firmatari; ci interessa farsene carico e condividerlo. Sul serio.Se ti è piaciuto questo post, clicca sul simbolo della moschina che trovi qui sotto per farlo conoscere alla rete grazie al portale Tze-tze, notizie dalla rete

lunedì 11 giugno 2012

Che succede a sinistra?

Di Nicola Melloni

Tanto, nulla, o forse qualche cosa. L'incontro promosso dalla FIOM ha cercato di portare un pò di chiarezza su cosa sta succedendo a sinistra, ma potrebbe aver portato più confusione. Bersani aveva avuto il coraggio di accettare l'invito, che non è cosa da poco, ma si è presentato fresco di dichiarazioni a favore di una apertura al centro. Ed è stata subito bagarre con Di Pietro, mentre Vendola continua a fare il democristiano, sempre in equilibrio senza mai sbilanciarsi.
L'incontro della FIOM doveva servire a coordinare una base programmatica per definire una coalizione che rimettesse il lavoro al centro della politica nazionale. Ma certo non ci si poteva aspettare più di tanto da chi cerca l'alleanza con Casini e magari Montezemolo. E d'altronde una consistente parte del PD ha dei problemi con la CGIL, figuriamoci se è disposta ad ascoltare la FIOM. 
Il PD è un partito sostanzialmente moderato che pensa ad alcuni correttivi (ma quali? ancora non lo si è capito) al sistema economico neo-liberista che ha provocato la crisi, ma di sicuro non ambisce ad una alternativa di sistema. Certo non il partito del lavoro, per stare al tema promosso dalla FIOM.
Come avevamo già detto ci sarebbero però diverse forze politiche italiane con delle idee (o, almeno, delle parole) diverse, più radicali, più critiche verso il neo-liberismo e l'economia di mercato. La Federazione della Sinistra chiede di unire questa sinistra ma la risposta di Vendola è prospettare addirittura un soggetto politico comune con il PD. Legittimo per l'amor del cielo, ma bisognerebbe anche spiegare per fare cosa: appoggiare un nuovo Monti? Allearsi con Casini?
Il grande assente di questo gioco politico è dunque proprio quello che la FIOM chiedeva, il programma. La futura alleanza di governo si basa sulla partecipazione alle primarie e non su una visione comune di come uscire dalla crisi. Prima c'era almeno il collante dell'anti-berlusconismo, mentre oggi ci si divide tra chi appoggia e chi si oppone al governo.
In questa confusione il fatto che la FIOM abbia lanciato una sua iniziativa è positivo ma insufficiente, ed i risultati di quella giornata lo dimostrano. Se si vuole costruire un vero soggetto politico che rappresenti il lavoro è indispensabile che sia il sindacato, con il suo prestigio e la sua forza organizzativa, a giocare un ruolo da protagonista. Aspettare oltre, mentre nei palazzi del potere già si disegnano i futuri assetti politici ed economici, sarebbe un suicidio.


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giovedì 31 maggio 2012

E se ci fosse una Syriza italiana?

Di Nicola Melloni


Il successo di Syriza in Grecia e del Front de Gauche in Francia dovrebbe invitare ad una riflessione seria le varie componenti della sinistra italiana. Non solo è possibile vincere, ma anche quando non ci sono i numeri si può fortemente influire sul panorama politico, mettendo al centro dell'agenda alcuni punti fondamentali per il cambiamento delle società in cui viviamo.
Una agenda che in Italia esiste già, sia chiaro. Dalla difesa dell'acqua pubblica e dei beni comuni al no al nucleare, dalla lotta per l'Art.18 all'opposizione ai diktat di Marchionne, dalla contrarietà alla riforma delle pensioni al rifiuto del fiscal compact e del pareggio di bilancio in Costituzione. Un programma tosto, popolare, di sinistra.
Esiste il programma, dunque, ed esiste pure la coalizione disposta a sostenerlo, perchè già lo ha fatto in questi anni. Una coalizione che non sa però di esistere, forrmata da SEL, IdV, Federazione della Sinistra, Verdi, FIOM, Alba, Micromega, nonchè migliaia di sigle dell'associazionismo e della società civile. Non comprende però il PD. Su alcuni punti è possibile cercare una convergenza, su altri non sembra è realistico. E comunque è difficile parlare del PD in termini generali, si va da Fassina a Chiamparino, passando per Renzi e Bersani. 
Sia chiaro, non è una critica, ma una constatazione. Il PD ha tutti i diritti del mondo di portare avanti una politica diversa. E dopo le elezioni si potrà anche dialogare, dopo appunto essersi confrontati con il voto dei cittadini e con i programmi. Ma cercare una alleanza a prescindere dal programma è impossibile.
La crisi ha polarizzato l'elettorato che si trova a fronteggiare situazioni di grande disagio. Ha anche messo a nudo tutti i limiti del modello economico neoliberista. Modello economico che tutti i componenti della nostra coalizione vogliono superare ed il PD no. 
Che poi l'opposizione al neo-liberismo si chiami socialdemocrazia o anti-capitalismo è un problema minore, anche se andrebbe fatto notare a Vendola che il Partito Socialista Europeo è anche, e soprattutto, quello del Labour inglese, del Pasok tedesco, del PSOE spagnolo, tutti, chi più chi meno, a favore dell'austerity. E che pure il compagno Hollande ha rifiutato di ricevere i leader di Syriza che non giudica affidabile solo perchè si oppone al memorandum della trojka.
Ma non è un problema importante. Quel che conta è che anche in Italia si possano mettere insieme gruppi diversi, con storie diverse, a volte anche di astio e rancore personale ma che, loro malgrado a volte, condividono idee fondamentali sul vivere insieme, quello che appunto si chiama programma politico. Al di là di nomi, poltrone e personalismi. 
Ora anche la FIOM, finalmente, sembra cominciare a muoversi, forse a superare la divisione politica-sindacato, perchè è ormai chiaro che il sindacato senza rappresentanza politica è destinato a perdere. Era vero nell'Ottocento, è vero ora.  Non è necessario creare un partito, non lo hanno fatto, almeno per ora, nè Syriza nè il Front de Gauche. Ma è indispensabile mettersi insieme, unire le proprie forze. Il programma c'è già, il resto sono dettagli.


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lunedì 28 maggio 2012

Vendola e le alleanze a prescindere

Di Nicola Melloni


Storia curiosa quella di Nichi Vendola che invoca gli stati generali del centro-sinistra e non passa giorno senza puntellare il Partito Democratico con sempre la stessa richiesta: ci alleiamo? 
Come tutti sanno, nel 1998 Vendola era membro importante di Rifondazione Comunista e contribuì in maniera decisiva a fare cadere il governo Prodi. Troppo a destra quel governo. Oggi le cose son cambiate, pare, e dunque andare al governo non con Prodi, ma con Letta e Fioroni va più che bene. De gustibus... D'altronde è innegabile che lo scenario politico ed economico sia cambiato e questo deve per forza portare a qualche riflessione e qualche ripensamento. Ed infatti oggi Vendola non è più comunista, ma socialdemocratico. Deve essere stata la crisi del socialismo reale a Wall Street a fargli scegliere un approccio più moderato.
Tutto legittimo, ma non sarebbe il caso di dare spiegazioni? Certo sarebbe ingiusto immaginare un percorso alla Veltroni, dall'Unità alla post-sinistra passando per Kennedy e saltando l'Africa ma riuscendo pure a raccontarci che era entrato nel PCI perchè non era comunista. No, Nichi no. Non è un coglione. Al massimo con Walter condivide il giudizio su D'Alema.
Però questo percorso politico andrebbe giustificato, spiegato. Uno si potrebbe immaginare che con la crisi della finanza, con i tagli fiscali, con lo strangolamento della Grecia, un personaggio come Vendola possa saltare sù e dirti: avete visto? Avevo ragione io, il capitalismo è marcio, il liberismo è oppressione. E invece no. Certo, continua la critica del modello economico dominante, ma si modera sempre più. Ora è passato a Hollande e alla socialdemocrazia. Forse si è reso conto che il comunismo era datato nel 2010. Forse.
O forse c'è un calcolo politico. Vendola è convinto di poter vincere le primarie, visto che candidati vicini a SEL hanno spesso battutto quelli del PD quando si trattava di scegliere i sindaci. Sarebbe un sogno, alla guida della coalizione che non può non vincere (e qui tutti a toccare ferro)! Ma a che prezzo?
Fino all'anno scorso si poteva anche pensare che il patto col PD fosse indispensabile, visto che l'obiettivo era battere la destra alle elezioni. Ma ora? Il PD sostiene un governo che SEL (e IDV) fortemente osteggia, e certo con ragione. Trattasi di uno dei peggiori governi di sempre, lo abbiamo detto più volte - età pensionabile più alta d'Europa, riforma del lavoro per indebolire i sindacati, spread altissimo, paese in recessioni, suicidi, attacchi contro Equitalia, tasse che strozzano i cittadini. E il pareggio di bilancio in Costituzione. Eppure il PD ha avvallato tutto. Legittimo, ci mancherebbe. Ma su quali basi allora si dovrebbe costruire questa alleanza se non si è d'accordo su nulla?
Vendola sogna la socialdemocrazia di Hollande, ma il PD porta avanti la politica del PASOK, non quella dei socialisti francesi. Come si fa a stare con Landini e con Follini? Questo non vuol dire che il PD non sia un interlocutore, ci mancherebbe. Da soli non si vince, certo. Ma non sarebbe il caso di partire da qualcosa di concreto che vada oltre la personalizzazione della politica e la corsa per le primarie? Magari inziare a costruire una alternativa a Monti con le forze che al governo si oppongono, a partire quindi da SEL, IDV e Federazione della Sinistra, Movimento dei Beni Comuni? 
Invece Vendola la FdS non la vuole vedere neanche in cartolina, e sembrano ripicche personali, mentre è pronto ad allearsi  col PD sempre e comunque. A costo pure di perdere la faccia. Palermo è stato l'ultimo caso, dopo quello altrettanto fallimentare di Napoli. SEL ha sostenuto Ferrandelli perchè aveva vinto le primarie. Formalmente, nulla da eccepire. Peccato che Ferrandelli fosse la faccia peggiore della politica siciliana, sostenuto dagli amici di Lombardo e organizzatori di inciuci e pastette di ogni sorta. Che il popolo palermitano non lo volesse è del tutto evidente. Però Vendola lo ha sostenuto lo stesso, sacrificando la politica, quella vera, sull'altare dei giochi di potere. Robe da D'Alema, ahimè. 
 A forza di pensare solo alle primarie, Vendola si è distratto e non si è accorto di  quello che sta succedendo in Italia, dove la gente non ne può più e preferisce la rottura agli intrighi di palazzo. Ed infatti il ciclone Vendola sembra essersi smorzato, mentre il tornado Grillo, uno che della alleanze se ne infischia, ha preso forza. SEL continua ad essere accreditata del 7-8% alle elezioni, ma ogni volta che si contano le schede si ferma al 3% ed un motivo forse ci sarà. Intanto a forza di cincischiare, il bacino elettorale della sinistra che si oppone  a Monti si va sempre più restringendo. Vendola, sul palco, continua ad aspettare Godot. Ma il pubblico se ne è già andato.

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lunedì 7 maggio 2012

Lezioni di politica dalla Grecia 1: solo uniti si vince

Il dato politico eclatante delle elezioni greche è che il paese, in massa, ha detto no all'austerity. I risultati sono sotto gli occhi di tutti, il PASOK è quasi sparito, la destra vince di un soffio ma è in rotta perdendo quasi metà dei consensi. In breve, i due partiti pro-austerity arrivano a stento al 30%. Ed anche con una legge elettorale taroccata come quella greca non hanno la maggioranza in Parlamento. 
Nel frattempo i partiti alla sinistra del PASOK sarebbero di gran lunga la prima formazione politica ellenica, avrebbero addirittura gli stessi voti della "grande" coalizione, se solo si fossero uniti. Invece, nonostate gli appelli all'unità di Syriza, sia i comunisti greci che i socialisti democratici han deciso di correre da soli. Con risultati modesti, non a caso insieme non fanno i voti di Syriza. Scelte meno settarie, scelte più lungimiranti avrebbero portato alla vittoria della sinistra-sinistra e alla formazione di un governo in grado di ridiscutere veramente il diktat di Bruxells e Berlino. E dunque questa grande vittoria nelle urne non sarà tradotta in vittoria politica.
Come sempre, purtroppo, e non certo solo in Grecia, la sinistra è disunita, è lacerata. Non ci si illuda: la destra, pur anch'essa politicamente divisa, è sempre capace di ritrovare un'unità d'azione. PASOK e ND avevano già sostenuto insieme il governo tecnico di Papademos, lo rifaranno ora. E riusciranno a portare sulla barca qualcun'altro, i Greci indipendenti che erano fuoriusciti da ND, probabilmente. O forse, ma speriamo di no, i Socialisti Democratici. 
Quel che vedremo sarà un ovvio e scontato tradimento del mandato elettorale in nome degli interessi di classe, della salvaguardia della grande borghesia greca e della finanza tedesca. E ciò avverrà in un paese che vuole tutt'altro.
Per la sinistra è venuta l'ora dell'unità, non solo della testimonianza, non solo della protesta. Anche perchè in tutta Europa la protesta sta cominciando a prendere una gran brutta piega, dalla Le Pen ai nazisti greci, in parlamento con la svastica e ai seggi coi bastoni. 
Per il cambiamento bisogna stare uniti. Chissà se in Italia, dove la sinistra unita potrebbe quasi aver la forza di quella greca, qualcuno riuscirà a capire il significato delle elezioni greche. 


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