di Nicola Melloni
da Liberazione
La storia di Mps si sta trasformando in cronaca giudiziaria. La banda
del 5%, le tangenti, i manager infedeli. Tutto vero, e tutto da
indagare, ma concentrarsi solamente su questo aspetto ci farebbe perdere
di vista i problemi principali. La magistratura certo accerterà i
comportamenti loschi di dipendenti e dirigenti e questo è sicuramente
importante che venga fatto, ma dobbiamo ben tenere a mente che i veri
problemi al Monte non sono quelli delle tangenti.
Mps è sull’orlo della bancarotta e deve essere salvata dallo Stato per
le azioni, legali, intraprese dal gruppo dirigente al completo. Azioni e
comportamenti tipici della finanza rapace che specula, crea valore
fittizio e distrugge la ricchezza reale. Quella finanza fine a se stessa
che ha perso il suo ruolo storico di intermediazione, di supporto
dell’industria e dello sviluppo economico per divenire un organismo che
succhia soldi e strangola l’economia reale. Quella finanza che è stata
la causa della crisi. Monte Paschi ha intrapreso un modello di finanza
simile a quello delle banche anglosassoni e, indebitandosi oltre ogni
ragionevole limite, si è ritrovata a secco appena la bolla è scoppiata.
D’altronde il modello del debito è quello che ha inflazionato i mercati
per quasi un ventennio, il cosiddetto "leverage", per cui le banche si
esponevano e tuttora si espongono ben oltre il limite del loro capitale.
Raccogliere più denaro possibile, per poi metterlo a frutto. E così,
pure se per una operazione di acquisizione, fece Mps. Una situazione
ormai classica nel mondo della finanza, in cui per massimizzare le
possibilità di guadagno ci si espone il più possibile. Allo stesso tempo
però si moltiplicano i rischi. Mps aveva puntato tutto su un numero
solo, cioè l’aumento di valore degli asset di Antonveneta. Una mossa
pazzesca ma che, appunto, rientra nella logica del gioco. D’altronde era
quella stessa filosofia che giustificava le scommesse dei subprime,
cioè su un mercato della casa che doveva per forza continuare a salire
di valore per rendere sostenibili i conti delle banche.
Il collasso di quei mercati ha messo in ginocchio Lehman e le altre
grandi banche anglosassoni, e lo stesso ha fatto, indirettamente per
Mps, prima deprimendo il valore delle case e dei derivati, poi quello
delle azioni bancarie. Il frutto di una logica perversa, non di azioni
illegali. Quelle, se vogliamo, sono il contorno marcio. In molti casi
usate per coprire l’indicibile, cioè quei buchi che avrebbero fatto
crollare la fiducia degli investitori e portato sul lastrico le banche. E
così il “fresh” di Mps, su cui indagano oggi le autorità, come anche le
attività sospette di Barclays che pare prestasse denaro ai suoi
investitori per comprare azioni di Barclays stessa, così da tenere alto
artificialmente il valore di capitalizzazione.
Allo stesso tempo, però, questi fatti criminosi non vanno
sottovalutati. Gli ultimi anni hanno visto il moltiplicarsi di episodi
dai contorni quantomeno dubbi. Trader rapaci, squali del mercato,
management infedeli, insider trading e manipolazione dei tassi di
interesse hanno affollato le cronache dei giornali. Ora, tenuto conto
che le banche, nonostante tutto, non assumono direttamente tra la
"mala", questa situazione dovrebbe portare a qualche riflessione. In
particolare sulla cultura prevalente dell’istituzione che mette il
profitto sopra tutto, sopra gli interessi degli share holder, sopra il
futuro e la solidità dell’azienda e dunque, indirettamente, sopra la
legge. Se la logica è quella del profitto a tutti i costi, non ci si può
poi sorprendere se tanti, troppi impiegati prendono questo dogma alla
lettera.
In fondo è tutto giustificato della mano invisibile: il guadagno del
privato porterà ad un miglioramento collettivo. Basterebbe ricordare
come ad inizio anni Novanta, davanti alle ruberie di massa in Russia, la
classica risposta dei neoliberal fosse “lasciateli rubare, stanno
costruendo il capitalismo". In realtà stavano invece minando le
fondamenta dell’edificio che dicevano di costruire. Col senno di poi,
non sembra che in Occidente ci siamo poi comportati tanto meglio.
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