lunedì 1 aprile 2013

La Plaza de Mayo attende risposta

di MonicaRBedana

C'è da scommettere che il pontificato di Francesco I sarà squisitamente politico e profondamente rivolto all'azione sociale. Lo si intuisce raschiando appena la patina di umana tenerezza del suo discorso pubblico che tanto ci accattiva. Lo si auspica da un Papa che, da gesuita, ha parlato apertamente delle distorsioni sociali ed economiche generate dal dominio del capitalismo finanziario; del ruolo costrittivo svolto dal FMI sulle politiche economiche degli Stati sovrani; dei diritti violati o mai goduti del lavoro dipendente; della necessità di proteggerlo dalle aggressioni di un sistema che lo vede ormai solo come costo da abbattere insieme alla dignità dei lavoratori.
Se il nuovo Papa formerà il proprio Governo in consonanza con il proprio discorso pubblico, il risultato sarà molto lontano da quel governo tecnico che probabilmente toccherà di nuovo all'Italia. Non più gestori ed amministratori estranei ai problemi della società, ma persone che conoscono davvero "la periferia del mondo". E pare tiri vento di trasparenza perfino sullo IOR.

Se l'apertura verso l'esterno segnerà la direzione che vuol prendere questo pontificato,allora probabilmente verrà ascoltato in Vaticano l'invito formulato pubblicamente pochi giorni fa dall'ex-giudice Baltazar Garzón ad aprire gli archivi della Santa Sede riguardanti gli anni della dittatura militare argentina.
Garzón, che negli anni '90 aprì cause in Argentina per conto delle vittime spagnole della dittatura, è convinto che dai dossiers diplomatici tra Roma e Buenos Aires possano emergere dati importanti per chi sta ancora indagando sui crimini e le violazioni dei diritti umani tra il 1976 ed il 1983.
Dimostrare ora volontà di cooperare con le vittime della dittatura contribuirebbe a scacciare quei sospetti di indulgenza verso il regime dei militari che pesano sul passato dell'ex-arcivescovo di Buenos Aires.

Non è mai tardi per lenire il dolore di una ferita.
Le madri e le nonne della Plaza de Mayo scrissero più volte a Giovanni Paolo II; molte risposte non sono ancora giunte ma ora l'interlocutore di Roma, per conoscenza diretta dei fatti, può aprire un canale privilegiato che aiuti  finalmente la giustizia a farsi strada. Se è vero che nessuno può "rubare la speranza".

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