Probabilmente è stata la legge simbolo del governo Monti, la famosa riforma strutturale che tutti chiedevano da tempo. E' la legge Fornero, quella che ha tolto diritti e garanzie per i lavoratori, quella che ha reso più facile licenziare. Una legge classista ed insieme balorda, aggirata dalle imprese e che nei suoi pochi mesi di vita ha dato pessima prova di sé, contribuendo forse addirittura ad aumentare la disoccupazione.
E dunque il governo Letta ha deciso di intervenire, il primo vero atto politico del nuovo esecutivo. E lo si farà, come suggerito dal saggio Giovannini, cercando di rendere il mercato del lavoro un po' più flessibile. Non a caso dietro la proposta di riforma c'è lo zampino di Tiziano Treu, l'estensore della peggior riforma del lavoro di sempre. La riforma Fornero cercava di evitare il ricorso continuo al lavoro stagionale - contratto di 6 mesi e poi subito altro contratto di 6 mesi, per tenere sempre sulla griglia il lavoratore. E chiedeva al datore di lavoro di spiegare perché per le esigenze dell'impresa fosse conveniente adoperare lavoro a tempo indeterminato invece che determinato. Due punti invisi a Confindustria, e che il governo cambierà.
La ragione, ovviamente, è la crisi. Le imprese hanno bisogno di più flessibilità nelle assunzioni, devono poter muoversi con più libertà nel mercato. E dunque un bel passo indietro verso la precarietà garantita per tutti. Si dirà: meglio precari che disoccupati. Messa così uno potrebbe dire, forse. Ma è un insulso ricatto. Se la riforma Fornero non funziona, andrebbe cambiata in toto. Invece si mantengono gli elementi regressivi e reazionari della riforma del lavoro e li si combinano con maggiore precarietà con la scusa della crisi, così per raggiungere un massimo grado di sfruttamento del lavoro. L'idea, sempre la stessa, è quella di uscire dalla crisi succhiando il sangue ai lavoratori e concentrandosi solo sulla profittabilità delle imprese, trasformandole in sweatshop asiatici con manovalanza senza diritti e salari bassi. Non capendo (ma in realtà lo sanno benissimo...) che la crisi italiana nasce ben prima del 2007 ed è legata anche e soprattutto allo sfruttamento e alla precarietà del lavoro.
E che per uscire dalla crisi bisogna sì sostenere l'occupazione, ma l'occupazione sana, duratura, che ridia fiato alla domanda, non che la precarizzi.
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