mercoledì 17 agosto 2011

Azione e reazione dopo i moti di inizio agosto
Di Simone Rossi

SPECIALE LONDRA AGOSTO 2011


A meno di una settimana dalla rivolta che ha provocato devastazione in varie città dell'Inghilterra e lasciato quattro morti sul campo, finalmente sappiamo a cosa imputare tutto ciò. Non, come verrebbe da pensare, alle politiche economiche e sociali degli ultimi trent'anni, che hanno creato sacche di povertà ed emarginazione all'interno delle città, neanche alla cultura dell' "avido è bello" lanciata dal Primo Ministro Thatcher negli anni Ottanta, che nel lungo termine ha portato ad una pesante crisi finanziaria, allo scandalo dei rimborsi dei deputati ed al bubbone delle collusioni tra media, esponenti delle istituzioni e forze di polizia. No, il problema alla base della rivolta, figlia di una società che non funziona (broken society, come afferma il Primo Ministro Cameron), sono l'eccessiva attenzione ai diritti umani e la tutela della sicurezza nei luoghi di lavoro; potrebbe sembrare una barzelletta, o l'esternazione di un politicante di basso profilo in cerca del quarto d'ora di notorietà, invece questa è la linea adottata dall'Esecutivo ed esposta da Cameron che, senza tema del ridicolo, ha annunciato un giro di vite nelle politiche della sicurezza ed un termine al "lassismo" derivante dall'applicazione delle norme stabilite dalla Convenzione Europea sui Diritti Umani e di quelle per la sicurezza sui luoghi di lavoro. Infatti, secondo la versione di Cameron, esse hanno ingenerato un senso di deresponsabilizzazione dei cittadini nei confronti di sé stessi e della società. L'eccessiva tutela dei diritti umani, come se ci fossero gradazioni nei diritti, avrebbe spinto la polizia a non prendere un'iniziativa forte e decisa durante i saccheggi, nel timore di finire nell'occhio del ciclone, così come ha legato le mani agli agenti nella repressione del crimine in genere. Quest'ultima affermazione è stata ripresa e rilanciata sui quotidiani che, purtroppo, non hanno posto la domanda se Mark Duggan sia morto colpito da un mazzo di fiori dopo un inseguimento, o se le cariche contro gli studenti che protestavano contro il rincaro delle tasse universitarie in dicembre, circondati e tenuti in stato di fermo per ore al freddo, fosse un abbraccio metaforico, un gesto d'amore. E chissà quale diritto umano stava tutelando il poliziotto, ora sotto processo, che nell'aprile 2009 manganellò un passante, Ian Tomlinson, a margine delle proteste contro il G20, causandone la morte. Rientreranno nella definizione di diritti umani data da Cameron le centinaia di persone morte per mano della polizia nel corso degli ultimi dieci anni, come il brasiliano Jean Charles de Menezes, freddato nella metropolitana nel luglio 2005 perché erroneamente scambiato per un terrorista islamico?

Tuttavia, qualcosa si incrina nella “narrazione” dei Conservatori, fino ad ora protagonisti quasi assoluti della scena politica. Negli stessi giorni in cui esponenti del Governo si contendono il premio per la risposta più dura ed insensata ai moti di inizio agosto, una petizione popolare è stata attivata sul sito dell'Esecutivo, con l'obiettivo di precludere a coloro che saranno condannati per gli atti commessi durante alla rivolta la possibilità di ricevere sussidi ed altre forme di sostegno pubblico. Chiunque ha proposto questa norma e le oltre duecentomila persone che hanno sottoscritto la proposta ignorano che ciò già si applica a tutti coloro che subiscono una condanna penale, a prescindere dal reato; l'importante è avere vendetta, prendersela con il più debole.

Alle politiche di sicurezza annunciate dalla coalizione di maggioranza, basate sulla negazione della realtà, ed alla reazione rancorosa di parte dell'opinione pubblica si contrappongono le dure parole di condanna da parte dell'opposizione della situazione sociale in cui i saccheggi e la violenza sono maturate. Dopo gli attacchi contro i tagli e le discriminazioni nei confronti delle minoranze etniche lanciati dall' ex sindaco laburista Ken Livingstone all'indirizzo del Governo e dell'attuale primo cittadino londinese e dopo le condanne della riduzione nelle spesa per centri giovanili e scuole di qualità espresse da alcuni esponenti di spicco come Ed Balls e Diane Abbott, entrambi candidati alla segreteria del Partito Laburista lo scorso anno, si sono aggiunte le parole dell'attuale segretario laburista, Ed Milliband. Oltre a condannare gli eventi della scorsa settimana, egli ha posto l'attenzione sulle condizioni in cui vivono centinaia di migliaia di persone nel Paese, senza prospettiva di un miglioramento della propria posizione sociale e prime a patire le conseguenze delle misure di riduzione della spesa pubblica messe in atto dall'Esecutivo. Milliband ha inoltre evidenziato l'ipocrisia di una coalizione che condanna l'avidità ed il consumismo dei rivoltosi, mentre dall'alto giungono esempi negativi come quelli dello scandalo che ha coinvolto il quotidiano News of the World o quello dei rimborsi illegittimamente ottenuti dai deputati. Non ha peraltro tralasciato di criticare le gestioni laburiste, dal 1997 al 2010, che non hanno rotto quel meccanismo di esclusione sociale che crea sacche di povertà e di emarginazione.

Inoltre, con gran disappunto di benpensanti e forcaioli, nel fine settimana si sono tenute due manifestazioni nelle città di Birmingham e Londra, per esprimere solidarietà alle vittime dei moti ma anche per porre l'attenzione sulle inadeguate politiche giovanili messe in atto dallo Stato e dagli enti locali e sui tagli ai servizi per i giovani. A Londra un corteo di circa duemila persone ha marciato nel pomeriggio di sabato tra Dalston, a nord di Hackney, e Tottenham, in cui e deflagrata la rivolta, con lo slogan “Date un futuro ai nostri figli!”. La manifestazione è stata promossa di alcune associazioni ed organizzazioni che operano in questi due quartieri e che da anni cercano di lenire alle carenze dello Stato centrale nei confronti dei giovani dei rioni più degradati o delle comunità immigrate, togliendoli dall'influenza delle gang. Nella piattaforma della manifestazione si trovavano la solidarietà a coloro che nei moti (e prima) hanno perso un caro, la casa o il proprio esercizio commerciale, la richiesta di un rapporto non discriminatorio tra la polizia e le comunità e di chiarezza sulla vicenda di Mark Duggan, l'invito ad investire in politiche giovanili e nell'istruzione ed il rifiuto della criminalizzazione delle comunità disagiate prendendo a pretesto la rivolta appena conclusa. Nonostante i timori di tensioni e di scontri con una comunità esasperata, il corteo ha riscosso un generale supporto da parte dei passanti e di coloro che sull'uscio del proprio negozio o dalle finestre assistevano al passaggio dei manifestanti, probabilmente consci di come la risposta muscolare del Governo non porterà alcun miglioramento all'interno delle loro comunità. La manifestazione si è conclusa con l'intervento libero di cittadini e di esponenti delle organizzazioni promotrici, come forma di condivisione del proprio pensiero e di proposte. Che questo sia l'atto di nascita di un movimento popolare e democratico di lotta alle politiche di austerità, dopo i primi fuochi delle proteste studentesche e la mobilitazione di massa dello scorso marzo, abortita nelle divisioni identitarie dei partiti e delle organizzazioni che vi hanno preso parte?

1 commento:

  1. Se non fosse perché si tratta di un argomento dolorosissimo, si potrebbe effettivamente pensare ad uno spettacolo comico. Se i diritti non ci preoccupassero "eccessivamente", di questi tempi saremmo già tornati alla pre-rivoluzione industriale, alla tratta degli schiavi, all'apartheid, alle leggi razziali senza pensarci su troppo. Anzi, ci siamo perfino troppo vicini.
    Simone, complimenti, è un grande articolo.
    Monica

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