SPECIALE LONDRA AGOSTO 2011
A meno di una settimana dalla rivolta che ha provocato devastazione in varie città dell'Inghilterra e lasciato quattro morti sul campo, finalmente sappiamo a cosa imputare tutto ciò. Non, come verrebbe da pensare, alle politiche economiche e sociali degli ultimi trent'anni, che hanno creato sacche di povertà ed emarginazione all'interno delle città, neanche alla cultura dell' "avido è bello" lanciata dal Primo Ministro Thatcher negli anni Ottanta, che nel lungo termine ha portato ad una pesante crisi finanziaria, allo scandalo dei rimborsi dei deputati ed al bubbone delle collusioni tra media, esponenti delle istituzioni e forze di polizia. No, il problema alla base della rivolta, figlia di una società che non funziona (broken society, come afferma il Primo Ministro Cameron), sono l'eccessiva attenzione ai diritti umani e la tutela della sicurezza nei luoghi di lavoro; potrebbe sembrare una barzelletta, o l'esternazione di un politicante di basso profilo in cerca del quarto d'ora di notorietà, invece questa è la linea adottata dall'Esecutivo ed esposta da Cameron che, senza tema del ridicolo, ha annunciato un giro di vite nelle politiche della sicurezza ed un termine al "lassismo" derivante dall'applicazione delle norme stabilite dalla Convenzione Europea sui Diritti Umani e di quelle per la sicurezza sui luoghi di lavoro. Infatti, secondo la versione di Cameron, esse hanno ingenerato un senso di deresponsabilizzazione dei cittadini nei confronti di sé stessi e della società. L'eccessiva tutela dei diritti umani, come se ci fossero gradazioni nei diritti, avrebbe spinto la polizia a non prendere un'iniziativa forte e decisa durante i saccheggi, nel timore di finire nell'occhio del ciclone, così come ha legato le mani agli agenti nella repressione del crimine in genere. Quest'ultima affermazione è stata ripresa e rilanciata sui quotidiani che, purtroppo, non hanno posto la domanda se Mark Duggan sia morto colpito da un mazzo di fiori dopo un inseguimento, o se le cariche contro gli studenti che protestavano contro il rincaro delle tasse universitarie in dicembre, circondati e tenuti in stato di fermo per ore al freddo, fosse un abbraccio metaforico, un gesto d'amore. E chissà quale diritto umano stava tutelando il poliziotto, ora sotto processo, che nell'aprile 2009 manganellò un passante, Ian Tomlinson, a margine delle proteste contro il G20, causandone la morte. Rientreranno nella definizione di diritti umani data da Cameron le centinaia di persone morte per mano della polizia nel corso degli ultimi dieci anni, come il brasiliano Jean Charles de Menezes, freddato nella metropolitana nel luglio 2005 perché erroneamente scambiato per un terrorista islamico?
Tuttavia, qualcosa si incrina nella “narrazione” dei Conservatori, fino ad ora protagonisti quasi assoluti della scena politica. Negli stessi giorni in cui esponenti del Governo si contendono il premio per la risposta più dura ed insensata ai moti di inizio agosto, una petizione popolare è stata attivata sul sito dell'Esecutivo, con l'obiettivo di precludere a coloro che saranno condannati per gli atti commessi durante alla rivolta la possibilità di ricevere sussidi ed altre forme di sostegno pubblico. Chiunque ha proposto questa norma e le oltre duecentomila persone che hanno sottoscritto la proposta ignorano che ciò già si applica a tutti coloro che subiscono una condanna penale, a prescindere dal reato; l'importante è avere vendetta, prendersela con il più debole.
Alle politiche di sicurezza annunciate dalla coalizione di maggioranza, basate sulla negazione della realtà, ed alla reazione rancorosa di parte dell'opinione pubblica si contrappongono le dure parole di condanna da parte dell'opposizione della situazione sociale in cui i saccheggi e la violenza sono maturate. Dopo gli attacchi contro i tagli e le discriminazioni nei confronti delle minoranze etniche lanciati dall' ex sindaco laburista Ken Livingstone all'indirizzo del Governo e dell'attuale primo cittadino londinese e dopo le condanne della riduzione nelle spesa per centri giovanili e scuole di qualità espresse da alcuni esponenti di spicco come Ed Balls e Diane Abbott, entrambi candidati alla segreteria del Partito Laburista lo scorso anno, si sono aggiunte le parole dell'attuale segretario laburista, Ed Milliband. Oltre a condannare gli eventi della scorsa settimana, egli ha posto l'attenzione sulle condizioni in cui vivono centinaia di migliaia di persone nel Paese, senza prospettiva di un miglioramento della propria posizione sociale e prime a patire le conseguenze delle misure di riduzione della spesa pubblica messe in atto dall'Esecutivo. Milliband ha inoltre evidenziato l'ipocrisia di una coalizione che condanna l'avidità ed il consumismo dei rivoltosi, mentre dall'alto giungono esempi negativi come quelli dello scandalo che ha coinvolto il quotidiano News of the World o quello dei rimborsi illegittimamente ottenuti dai deputati. Non ha peraltro tralasciato di criticare le gestioni laburiste, dal 1997 al 2010, che non hanno rotto quel meccanismo di esclusione sociale che crea sacche di povertà e di emarginazione.
Inoltre, con gran disappunto di benpensanti e forcaioli, nel fine settimana si sono tenute due manifestazioni nelle città di Birmingham e Londra, per esprimere solidarietà alle vittime dei moti ma anche per porre l'attenzione sulle inadeguate politiche giovanili messe in atto dallo Stato e dagli enti locali e sui tagli ai servizi per i giovani. A Londra un corteo di circa duemila persone ha marciato nel pomeriggio di sabato tra Dalston, a nord di Hackney, e Tottenham, in cui e deflagrata la rivolta, con lo slogan “Date un futuro ai nostri figli!”. La manifestazione è stata promossa di alcune associazioni ed organizzazioni che operano in questi due quartieri e che da anni cercano di lenire alle carenze dello Stato centrale nei confronti dei giovani dei rioni più degradati o delle comunità immigrate, togliendoli dall'influenza delle gang. Nella piattaforma della manifestazione si trovavano la solidarietà a coloro che nei moti (e prima) hanno perso un caro, la casa o il proprio esercizio commerciale, la richiesta di un rapporto non discriminatorio tra la polizia e le comunità e di chiarezza sulla vicenda di Mark Duggan, l'invito ad investire in politiche giovanili e nell'istruzione ed il rifiuto della criminalizzazione delle comunità disagiate prendendo a pretesto la rivolta appena conclusa. Nonostante i timori di tensioni e di scontri con una comunità esasperata, il corteo ha riscosso un generale supporto da parte dei passanti e di coloro che sull'uscio del proprio negozio o dalle finestre assistevano al passaggio dei manifestanti, probabilmente consci di come la risposta muscolare del Governo non porterà alcun miglioramento all'interno delle loro comunità. La manifestazione si è conclusa con l'intervento libero di cittadini e di esponenti delle organizzazioni promotrici, come forma di condivisione del proprio pensiero e di proposte. Che questo sia l'atto di nascita di un movimento popolare e democratico di lotta alle politiche di austerità, dopo i primi fuochi delle proteste studentesche e la mobilitazione di massa dello scorso marzo, abortita nelle divisioni identitarie dei partiti e delle organizzazioni che vi hanno preso parte?
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mercoledì 17 agosto 2011
venerdì 12 agosto 2011
Match Point
Di Simone Rossi
SPECIALE LONDRA AGOSTO 2011
In un film di Woody Allen uscito alcuni anni fa, intitolato Match Point, il destino del protagonista, un giovane arrampicatore sociale che uccide l'amante per non perdere il proprio status, si gioca sulla traiettoria di un anello, prova incriminante che tocca un parapetto mentre egli tenta di gettare nel Tamigi: cadendo dal “lato giusto” l'anello è raccolto da un vagabondo che, alla fine, pagherà le colpe del protagonista. Questa crudele metafora mi pare esemplificativa della società in cui viviamo; la collocazione geografica e lo status sociale del grembo in cui un essere umano è concepito ne deciderà le sorti a venire, nonostante tanta retorica sulla meritocrazia e l'uguaglianza delle opportunità.
Dopo quattro giorni e tre notti di saccheggi, di guerriglia urbana e di incendi, la città di Londra sembra esser tornata alla normalità, mentre altrove gli strascichi delle rivolte sono continuati per alcune ore, causando la morte di tre giovani nei pressi di Birmingham. Alle dirette televisive degli scontri seguono le interviste ai rappresentanti nelle istituzioni ed i commenti su quotidiani, forum, network sociali. Finalmente, martedì mattina appaiono in televisione il Primo Ministro David Cameron ed il Sindaco dell'area metropolitana Boris Johnson, entrambi esponenti del partito dei Conservatori, tornati di fresco dalle loro vacanze all'estero, pronti a stringere mani ed a dispensare frasi ad effetto. Johnson, uno strenuo difensore dei tagli alla spesa pubblica fino al giorno prima e che ha già messo alla porta centinaia di dipendenti della Metropolitan Police dal 2008 ad oggi, ci fa sapere che in un tale momento i tagli alle forze di polizia sono dannosi; Cameron, dimentico del discorso pronunciato nel 2006 e conosciuto come Hug a Hoodie [letteralmente 'abbraccia un incappucciato', con riferimento alle felpe con il cappuccio tipicamente utilizzate dai giovani delle periferie] ha promesso che la polizia avrà la necessaria copertura legale (e politica) nei confronti di qualsiasi tipo di misura che sarà presa per assicurare alla giustizia i responsabili dei saccheggi e delle devastazioni, anche a scapito del rispetto dei diritti umani. Oltre all'inversione di cento ottanta gradi del sindaco in tema di tagli ed all'esibizione muscolare e retorica del capo dell'Esecutivo, non abbiamo udito, sinora, una parola che metta in discussione il modello sociale che ha costituito il brodo di coltura di questi incidenti, non una considerazione sulla necessità di mettere in atto politiche rivolte ai giovani delle aree marginali, per sottrarli al”fascino” delle bande di quartiere. Dall'opposizione Laburista si ode, invece, un assordante silenzio, rotto dalle dichiarazioni di alcuni esponenti come la deputata Diane Abbott, sfidante di Ed Milliband nella corsa alla Segreteria del partito, e di Ken Livingston, già Sindaco della capitale e probabile candidato laburista alle amministrative del prossimo anno, che hanno messo in luce quali siano le cause sociali e politiche in cui prosperano le gang, chiamando le forze di governo ad assumersi le proprie responsabilità.
Toni non molto differenti da quelli dei leader di partito si riscontrano nelle interviste e nei commenti rilasciati dai cittadini ai mezzi di informazione o in Rete, nei forum di discussione e nei commenti agli articoli dei quotidiani. Al comprensibile e giustificato desiderio di inquadrare gli eventi degli scorsi giorni per per ciò che sono stati, atti di vandalismo e di criminalità, troppo spesso subentra il disperato tentativo di rimuovere qualsiasi connotato alla rivolta, negando il contesto di degrado, povertà ed alienazione da cui provengono molti dei rivoltosi; in tal senso assumono tonalità preoccupanti i richiami di alcuni cittadini alla questione razziale, a dispetto della varietà etnica dei moti, e lo sforzo di dipingere gli abitanti delle aree marginali come dei fannulloni, dipendenti dai sussidi, parassiti. A riportarci sul piano della realtà ed a richiamare i cittadini all'empatia sono alcuni operatori sociali intervistati dalla BBC ed alcuni cittadini che spiegano nei forum cosa significhi esser nato al limite del parapetto e come sia facile scivolare dal lato sbagliato e finire in una spirale di violenza e di delinquenza. Parole che una parte della cittadinanza, per convenienza o per ottusità, sembra non comprendere, così come paiono esser rimbalzate via da una classe dirigente figlia dell'alta borghesia, poco avvezza alla quotidianità del cittadino comune e, lapalissiano quanto ignorato dai più, inadatta a guidare il Paese in una fase critica e delicata come quella che stiamo attraversando. Il rischio è che a pagare l'inadeguatezza della classe dominante siano nuovamente i cittadini comuni, in particolare i più poveri, con un incremento della tensione sociale, della criminalità e la sempre più frequente esplosione di una rabbia incontrollata, unita al desiderio di rivalsa.
In un film di Woody Allen uscito alcuni anni fa, intitolato Match Point, il destino del protagonista, un giovane arrampicatore sociale che uccide l'amante per non perdere il proprio status, si gioca sulla traiettoria di un anello, prova incriminante che tocca un parapetto mentre egli tenta di gettare nel Tamigi: cadendo dal “lato giusto” l'anello è raccolto da un vagabondo che, alla fine, pagherà le colpe del protagonista. Questa crudele metafora mi pare esemplificativa della società in cui viviamo; la collocazione geografica e lo status sociale del grembo in cui un essere umano è concepito ne deciderà le sorti a venire, nonostante tanta retorica sulla meritocrazia e l'uguaglianza delle opportunità.
Dopo quattro giorni e tre notti di saccheggi, di guerriglia urbana e di incendi, la città di Londra sembra esser tornata alla normalità, mentre altrove gli strascichi delle rivolte sono continuati per alcune ore, causando la morte di tre giovani nei pressi di Birmingham. Alle dirette televisive degli scontri seguono le interviste ai rappresentanti nelle istituzioni ed i commenti su quotidiani, forum, network sociali. Finalmente, martedì mattina appaiono in televisione il Primo Ministro David Cameron ed il Sindaco dell'area metropolitana Boris Johnson, entrambi esponenti del partito dei Conservatori, tornati di fresco dalle loro vacanze all'estero, pronti a stringere mani ed a dispensare frasi ad effetto. Johnson, uno strenuo difensore dei tagli alla spesa pubblica fino al giorno prima e che ha già messo alla porta centinaia di dipendenti della Metropolitan Police dal 2008 ad oggi, ci fa sapere che in un tale momento i tagli alle forze di polizia sono dannosi; Cameron, dimentico del discorso pronunciato nel 2006 e conosciuto come Hug a Hoodie [letteralmente 'abbraccia un incappucciato', con riferimento alle felpe con il cappuccio tipicamente utilizzate dai giovani delle periferie] ha promesso che la polizia avrà la necessaria copertura legale (e politica) nei confronti di qualsiasi tipo di misura che sarà presa per assicurare alla giustizia i responsabili dei saccheggi e delle devastazioni, anche a scapito del rispetto dei diritti umani. Oltre all'inversione di cento ottanta gradi del sindaco in tema di tagli ed all'esibizione muscolare e retorica del capo dell'Esecutivo, non abbiamo udito, sinora, una parola che metta in discussione il modello sociale che ha costituito il brodo di coltura di questi incidenti, non una considerazione sulla necessità di mettere in atto politiche rivolte ai giovani delle aree marginali, per sottrarli al”fascino” delle bande di quartiere. Dall'opposizione Laburista si ode, invece, un assordante silenzio, rotto dalle dichiarazioni di alcuni esponenti come la deputata Diane Abbott, sfidante di Ed Milliband nella corsa alla Segreteria del partito, e di Ken Livingston, già Sindaco della capitale e probabile candidato laburista alle amministrative del prossimo anno, che hanno messo in luce quali siano le cause sociali e politiche in cui prosperano le gang, chiamando le forze di governo ad assumersi le proprie responsabilità.
Toni non molto differenti da quelli dei leader di partito si riscontrano nelle interviste e nei commenti rilasciati dai cittadini ai mezzi di informazione o in Rete, nei forum di discussione e nei commenti agli articoli dei quotidiani. Al comprensibile e giustificato desiderio di inquadrare gli eventi degli scorsi giorni per per ciò che sono stati, atti di vandalismo e di criminalità, troppo spesso subentra il disperato tentativo di rimuovere qualsiasi connotato alla rivolta, negando il contesto di degrado, povertà ed alienazione da cui provengono molti dei rivoltosi; in tal senso assumono tonalità preoccupanti i richiami di alcuni cittadini alla questione razziale, a dispetto della varietà etnica dei moti, e lo sforzo di dipingere gli abitanti delle aree marginali come dei fannulloni, dipendenti dai sussidi, parassiti. A riportarci sul piano della realtà ed a richiamare i cittadini all'empatia sono alcuni operatori sociali intervistati dalla BBC ed alcuni cittadini che spiegano nei forum cosa significhi esser nato al limite del parapetto e come sia facile scivolare dal lato sbagliato e finire in una spirale di violenza e di delinquenza. Parole che una parte della cittadinanza, per convenienza o per ottusità, sembra non comprendere, così come paiono esser rimbalzate via da una classe dirigente figlia dell'alta borghesia, poco avvezza alla quotidianità del cittadino comune e, lapalissiano quanto ignorato dai più, inadatta a guidare il Paese in una fase critica e delicata come quella che stiamo attraversando. Il rischio è che a pagare l'inadeguatezza della classe dominante siano nuovamente i cittadini comuni, in particolare i più poveri, con un incremento della tensione sociale, della criminalità e la sempre più frequente esplosione di una rabbia incontrollata, unita al desiderio di rivalsa.
I frutti avariati del liberalismo e della crisi
Di Nicola Melloni
SPECIALE LONDRA AGOSTO 2011
Londra è in fiamme e l’incendio si sta velocemente propagando al resto d’Inghilterra. Dopo aver proseguito
per diversi giorni la sua vacanza toscana, David Cameron è tornato fuori tempo massimo a Downing Street
e non ha trovato niente di meglio da dire che queste violenze sono pura e semplice criminalità. Bella
scoperta! Che sia criminalità non c’erano dubbi, che la distruzione di negozi, che l’incendio di appartamenti,
che il saccheggio siano atti da condannare è fuori discussione. Un politico serio, però, avrebbe il dovere di
farsi alcune domande e darsi le relative risposte, e non semplicemente costatare l’ovvio.
Perché dunque queste rivolte? Perché a Tottenham e poi Croydon, Vauxhall e Hackney, perché poi si è
passati a Birmigham, Liverpool e Manchester? Perché ora? Cerchiamo di vedere oltre la coltre di fumo dei
fuochi della rivolta. La Gran Bretagna che il New Labour ha lasciato in eredità a Cameron è il paese
dell’Europa occidentale con il più alto tasso di diseguaglianza e quello in cui, secondo la London School of
Economics, la mobilità sociale è più bassa – fa peggio addirittura dell’Italia. Il problema, che ha molti risvolti
e sfaccettature, trova il suo fulcro in un sistema educativo essenzialmente classista, con scuole private per
le élites che portano direttamente alle grandi università, e scuole pubbliche per chi non può permettersi
l’istruzione privata. L’accesso alle università più prestigiose garantisce ai figli dei ricchi (essenzialmente
bianchi) un accesso privilegiato al mercato del lavoro, soprattutto nel settore finanziario e in posti
dirigenziali. L’istruzione pubblica, invece, di modestissimo livello fa sì che i figli delle periferie nere, ma non
solo, rimangono esclusi da qualsiasi opportunità di riscatto sociale e non a caso pochi mesi fa il Guardian
denunciava che molti dei college di Oxford e Cambridge non accettavano studenti di colore, non per
razzismo ma perché non abbastanza preparati in quanto provenienti dalle state school. Questa situazione,
bisogna essere chiari, è figlia di una struttura sociale e di una certa cultura inglese di lunga data, ma anche e
soprattutto delle politiche economiche e sociali degli ultimi tre decenni, prima con la Thatcher e poi con
Blair. Il nuovo governo di coalizione, poi, ci ha messo del suo. Le rette scolastiche aumenteranno fino a
9.000 sterline e dunque anche quegli studenti che, tra mille difficoltà, riescono ad emergere dalla scuola
pubblica saranno costretti o a rinunciare all’istruzione superiore o ad indebitarsi fino al collo. In tempi di
crisi, inoltre, la disoccupazione è notevolmente aumentata, colpendo, come sempre, in maniera
sproporzionata le fasce più deboli della popolazione su cui il governo Tory si è ulteriormente accanito con
l’aumento dell’IVA e, soprattutto, con i tagli ai servizi sociali, soprattutto a quelli gestiti dalle comunità
locali. Ecco dunque che le nostre domande trovano facili risposte. Le rivolte di questi giorni sono la risposta
dei senza speranza che aspettavano solo un pretesto per dar sfogo alla propria rabbia; avvengono
soprattutto nei quartieri “etnici” periferici perché li si annidano la povertà e l’emarginazione più eclatanti –
si tratta dunque di una questione squisitamente sociale che diventa razziale solo in seconda istanza, in
quanto, come sempre, i poveri e gli sfruttati vengono soprattutto dalle minoranze; infine la scintilla è
scoccata ora perché i governi Labour, pur colpevolssimi di questi disastro sociale, avevano più risorse con
cui tenere tranquille le comunità locali e, bisogna ammetterlo, un approccio comunque più intelligente ed
inclusivo alle politiche sociali. Cameron ed il governo di coalizione, invece, sono andati dritti verso lo
scontro, in tipico stile Tory. Certo avevano contato molto sulla passività di un Labour in grande difficoltà e
ormai senza capacità di mobilitazione e sulla debolezza dei sindacati che ancora non si sono ripresi dalla
botta data loro dalla Thatcher. Dunque che questa rivolta, essenzialmente sotto-proletaria, non abbia un
carattere politico ma soprattutto teppistico non può sorprendere, data la totale assenza di forze politiche e
sindacali in grado di rappresentare il disagio sociale. La sinistra, inglese e non, dovrebbe ricordarsi che gli
sfruttati senza coscienza di classe diventano solo cani sciolti, così come accade negli USA, paese dalle
diseguaglianze estreme che per tenere a bada il conflitto sociale utilizza un sistema repressivo durissimo ed
una politica carceraria indegna di una democrazia. La nuova linea politica del liberismo, ormai incapace di
coniugare crescita economica e pari opportunità, sembra ormai quella della repressione.
Da Liberazione dell'11 agosto 2011.
Londra è in fiamme e l’incendio si sta velocemente propagando al resto d’Inghilterra. Dopo aver proseguito
per diversi giorni la sua vacanza toscana, David Cameron è tornato fuori tempo massimo a Downing Street
e non ha trovato niente di meglio da dire che queste violenze sono pura e semplice criminalità. Bella
scoperta! Che sia criminalità non c’erano dubbi, che la distruzione di negozi, che l’incendio di appartamenti,
che il saccheggio siano atti da condannare è fuori discussione. Un politico serio, però, avrebbe il dovere di
farsi alcune domande e darsi le relative risposte, e non semplicemente costatare l’ovvio.
Perché dunque queste rivolte? Perché a Tottenham e poi Croydon, Vauxhall e Hackney, perché poi si è
passati a Birmigham, Liverpool e Manchester? Perché ora? Cerchiamo di vedere oltre la coltre di fumo dei
fuochi della rivolta. La Gran Bretagna che il New Labour ha lasciato in eredità a Cameron è il paese
dell’Europa occidentale con il più alto tasso di diseguaglianza e quello in cui, secondo la London School of
Economics, la mobilità sociale è più bassa – fa peggio addirittura dell’Italia. Il problema, che ha molti risvolti
e sfaccettature, trova il suo fulcro in un sistema educativo essenzialmente classista, con scuole private per
le élites che portano direttamente alle grandi università, e scuole pubbliche per chi non può permettersi
l’istruzione privata. L’accesso alle università più prestigiose garantisce ai figli dei ricchi (essenzialmente
bianchi) un accesso privilegiato al mercato del lavoro, soprattutto nel settore finanziario e in posti
dirigenziali. L’istruzione pubblica, invece, di modestissimo livello fa sì che i figli delle periferie nere, ma non
solo, rimangono esclusi da qualsiasi opportunità di riscatto sociale e non a caso pochi mesi fa il Guardian
denunciava che molti dei college di Oxford e Cambridge non accettavano studenti di colore, non per
razzismo ma perché non abbastanza preparati in quanto provenienti dalle state school. Questa situazione,
bisogna essere chiari, è figlia di una struttura sociale e di una certa cultura inglese di lunga data, ma anche e
soprattutto delle politiche economiche e sociali degli ultimi tre decenni, prima con la Thatcher e poi con
Blair. Il nuovo governo di coalizione, poi, ci ha messo del suo. Le rette scolastiche aumenteranno fino a
9.000 sterline e dunque anche quegli studenti che, tra mille difficoltà, riescono ad emergere dalla scuola
pubblica saranno costretti o a rinunciare all’istruzione superiore o ad indebitarsi fino al collo. In tempi di
crisi, inoltre, la disoccupazione è notevolmente aumentata, colpendo, come sempre, in maniera
sproporzionata le fasce più deboli della popolazione su cui il governo Tory si è ulteriormente accanito con
l’aumento dell’IVA e, soprattutto, con i tagli ai servizi sociali, soprattutto a quelli gestiti dalle comunità
locali. Ecco dunque che le nostre domande trovano facili risposte. Le rivolte di questi giorni sono la risposta
dei senza speranza che aspettavano solo un pretesto per dar sfogo alla propria rabbia; avvengono
soprattutto nei quartieri “etnici” periferici perché li si annidano la povertà e l’emarginazione più eclatanti –
si tratta dunque di una questione squisitamente sociale che diventa razziale solo in seconda istanza, in
quanto, come sempre, i poveri e gli sfruttati vengono soprattutto dalle minoranze; infine la scintilla è
scoccata ora perché i governi Labour, pur colpevolssimi di questi disastro sociale, avevano più risorse con
cui tenere tranquille le comunità locali e, bisogna ammetterlo, un approccio comunque più intelligente ed
inclusivo alle politiche sociali. Cameron ed il governo di coalizione, invece, sono andati dritti verso lo
scontro, in tipico stile Tory. Certo avevano contato molto sulla passività di un Labour in grande difficoltà e
ormai senza capacità di mobilitazione e sulla debolezza dei sindacati che ancora non si sono ripresi dalla
botta data loro dalla Thatcher. Dunque che questa rivolta, essenzialmente sotto-proletaria, non abbia un
carattere politico ma soprattutto teppistico non può sorprendere, data la totale assenza di forze politiche e
sindacali in grado di rappresentare il disagio sociale. La sinistra, inglese e non, dovrebbe ricordarsi che gli
sfruttati senza coscienza di classe diventano solo cani sciolti, così come accade negli USA, paese dalle
diseguaglianze estreme che per tenere a bada il conflitto sociale utilizza un sistema repressivo durissimo ed
una politica carceraria indegna di una democrazia. La nuova linea politica del liberismo, ormai incapace di
coniugare crescita economica e pari opportunità, sembra ormai quella della repressione.
Da Liberazione dell'11 agosto 2011.
Il lusso è un diritto
Di Monica Bedana
SPECIALE LONDRA AGOSTO 2011
Tra le tante immagini di Londra che ho scorso con gli occhi in questi giorni, l'attenzione mi si è soffermata su un cumulo di auto in fiamme sopra le quali campeggiava un cartellone pubblicitario che risulterebbe odioso e idiota perfino in tempi utopici di perfetta equità sociale. Anche se vivessimo nel migliore dei mondi possibili, un annuncio pubblicitario del genere fa come minimo venir voglia di appiccargli un fuoco immediato.
E' evidente che il concetto di lusso, di questi tempi, va ridefinito.
La democrazia, nel pieno delle sue funzioni e prerogative, che mette cioè al riparo i suoi cittadini dalla disuguaglianza sociale e dai conflitti che essa genera, è oggi il lusso più ambito ovunque e un diritto sacrosanto al tempo stesso.
E un lusso sarebbero le strade di questo mondo, da Londra a Bombay, da Washington a Kandahar, finalmente ripulite anche da campagne pubblicitarie senza ritegno come questa. E sarà un caso che questa idea del lusso, completamente priva di humanitas e profondamente ricca invece di dileggio morale, sia stata partorita dal gruppo Fiat, quello di Marchionne, un tipo che di diritti (del capitalismo) se ne intende davvero.
Tra le tante immagini di Londra che ho scorso con gli occhi in questi giorni, l'attenzione mi si è soffermata su un cumulo di auto in fiamme sopra le quali campeggiava un cartellone pubblicitario che risulterebbe odioso e idiota perfino in tempi utopici di perfetta equità sociale. Anche se vivessimo nel migliore dei mondi possibili, un annuncio pubblicitario del genere fa come minimo venir voglia di appiccargli un fuoco immediato.
E' evidente che il concetto di lusso, di questi tempi, va ridefinito.
La democrazia, nel pieno delle sue funzioni e prerogative, che mette cioè al riparo i suoi cittadini dalla disuguaglianza sociale e dai conflitti che essa genera, è oggi il lusso più ambito ovunque e un diritto sacrosanto al tempo stesso.
E un lusso sarebbero le strade di questo mondo, da Londra a Bombay, da Washington a Kandahar, finalmente ripulite anche da campagne pubblicitarie senza ritegno come questa. E sarà un caso che questa idea del lusso, completamente priva di humanitas e profondamente ricca invece di dileggio morale, sia stata partorita dal gruppo Fiat, quello di Marchionne, un tipo che di diritti (del capitalismo) se ne intende davvero.
Le rivolte di Londra secondo Chris Knight
SPECIALE LONDRA AGOSTO 2011
Per leggere l'articolo che ci è stato segnalato da Genny Carraro clicca QUI.
Per leggere l'articolo che ci è stato segnalato da Genny Carraro clicca QUI.
mercoledì 10 agosto 2011
martedì 9 agosto 2011
Rivoluzioni e nuove tecnologie
Di Monica Bedana
SPECIALE LONDRA AGOSTO 2011
E' una guerra perfettamente chirurgica, che colpisce in modo rapido ed efficacissimo un punto concreto per poi dissolversi nel nulla e riapparire con uguale impeto e velocità da un'altra parte. Soprattutto, non costa un centesimo. A metterla in pratica non è nessuna grande potenza con la solita scusa di salvare o propagare la democrazia; sono invece poche centinaia di giovani esasperati, emarginati e disperati dalla mancanza di futuro in una città apparentemente al di sopra di ogni conflitto come è Londra. Unica arma in loro possesso: il BlackBerry Messanger, gratuito e con un sistema di codificazione che non lascia traccia, una specie di rete sociale nell'ombra.
La primavera rivoluzionaria araba che spazzò via l'inverno della dittatura dalla Tunisia e dall'Egitto fu la prima a servirsi del potere di convocazione che rappresentano le nuove tecnologie. In Tunisia si moltiplicarono le voci dei bloggers, mentre in Egitto furono Facebook e Twitter i veicoli dell'indignazione popolare. Il grido che percorse la rete allora, “We are all Khaled Said”, il giovane torturato fino alla morte dalla polizia egiziana e simbolo della rivolta en Paese, è tristemente speculare all'ultimo messaggio scritto da Mark Duggan con la sua Blackberry giovedí scorso: “Gli agenti mi stanno inseguendo”.
Il vento delle reti sociali è soffiato con forza sulla Piazza Syntagma ad Atene e poi sulla Puerta del Sol a Madrid, passando per la Siria senza riuscire ancora a spazzar via il terrore e toccando con varia intensità molti punti d'Europa.
Canalizzare il richiamo alla lotta per il ritorno alla “vera democrazia” attraverso la rete è senza dubbio un metodo già di per sé rivoluzionario, ma potrebbe rivelarsi un'arma a doppio taglio. Facebook, Twitter, Google+ e tutte le altre reti sociali dipendono da colossi economici che rappresentano in pieno la logica neoliberista contro cui mezzo mondo si sta indignando. La protesta si serve di strumenti che non stanno al margine del Sistema ma che ne sono parte integrante e lo sfruttano, da una parte e dall'altra -da quella di chi protesta a quella che la protesta la soffoca- per aumentare i propri profitti. Le reti sociali, che ora sembrano strumenti prodigiosi di libera propagazione di ogni ideale di giustizia sociale, nella democrazia indebolita e connivente col potere economico non tarderanno a tramutarsi in museruole di massa.
La miccia rivoluzionaria in mano ai giovani londinesi più emarginati, quella BlackBerry il cui pin propaga l'incendio senza rivelarne il focolaio e mettendo in seria difficoltà la polizia per seguirne le tracce, probabilmente sarà presto spenta. E' canadese l'azienda che produce questo smartphone e che ne immagazzina i messaggi, a cui ha esclusivo accesso; la filiale inglese di BlackBerry ha già espresso solidarietà a “coloro che sono stati colpiti dalla guerriglia” e una ferma intenzione “a collaborare con le autorità in qualsiasi modo”. Se si tiene conto che il Blackberry è il cellulare preferito dalla criminalità organizzata proprio per il suo alto grado criptico e che di questo fatto si lamentano da tempo la polizia canadese e quella americana, non è da escludere che l'”aiuto” alle autorità inglesi piova sotto forma di libero accesso alle conversazioni private di centinaia di adolescenti. Il potere economico facilita la password, il fatiscente potere politico la usa per saccheggiare i diritti più elementari del cittadino ed insieme, in un sodalizio perverso, corrompono irrimediabilmente le fondamenta della democrazia.
Anche negli Emirati Arabi, in Arabia Saudita e in India Blackberry piace ai più giovani; il Venezuela nel 2009 comprò addirittura il 70% del totale di questi cellulari venduti in America Latina. In questi Paesi, per non perdere le vendite a causa di un eventuale veto dei Governi, la Rim, compagnia produttrice, ha già dato libero accesso al contenuto dei messaggi.
Se la Rete vuole continuare ad essere davvero sociale, incarnare e farsi veicolo dei grandi cambiamenti che esige la società in questo momento, dovrà ricostituirsi al più presto fuori dal potere economico che ora la ospita e che per questo la rende vulnerabile.
E' una guerra perfettamente chirurgica, che colpisce in modo rapido ed efficacissimo un punto concreto per poi dissolversi nel nulla e riapparire con uguale impeto e velocità da un'altra parte. Soprattutto, non costa un centesimo. A metterla in pratica non è nessuna grande potenza con la solita scusa di salvare o propagare la democrazia; sono invece poche centinaia di giovani esasperati, emarginati e disperati dalla mancanza di futuro in una città apparentemente al di sopra di ogni conflitto come è Londra. Unica arma in loro possesso: il BlackBerry Messanger, gratuito e con un sistema di codificazione che non lascia traccia, una specie di rete sociale nell'ombra.
La primavera rivoluzionaria araba che spazzò via l'inverno della dittatura dalla Tunisia e dall'Egitto fu la prima a servirsi del potere di convocazione che rappresentano le nuove tecnologie. In Tunisia si moltiplicarono le voci dei bloggers, mentre in Egitto furono Facebook e Twitter i veicoli dell'indignazione popolare. Il grido che percorse la rete allora, “We are all Khaled Said”, il giovane torturato fino alla morte dalla polizia egiziana e simbolo della rivolta en Paese, è tristemente speculare all'ultimo messaggio scritto da Mark Duggan con la sua Blackberry giovedí scorso: “Gli agenti mi stanno inseguendo”.
Il vento delle reti sociali è soffiato con forza sulla Piazza Syntagma ad Atene e poi sulla Puerta del Sol a Madrid, passando per la Siria senza riuscire ancora a spazzar via il terrore e toccando con varia intensità molti punti d'Europa.
Canalizzare il richiamo alla lotta per il ritorno alla “vera democrazia” attraverso la rete è senza dubbio un metodo già di per sé rivoluzionario, ma potrebbe rivelarsi un'arma a doppio taglio. Facebook, Twitter, Google+ e tutte le altre reti sociali dipendono da colossi economici che rappresentano in pieno la logica neoliberista contro cui mezzo mondo si sta indignando. La protesta si serve di strumenti che non stanno al margine del Sistema ma che ne sono parte integrante e lo sfruttano, da una parte e dall'altra -da quella di chi protesta a quella che la protesta la soffoca- per aumentare i propri profitti. Le reti sociali, che ora sembrano strumenti prodigiosi di libera propagazione di ogni ideale di giustizia sociale, nella democrazia indebolita e connivente col potere economico non tarderanno a tramutarsi in museruole di massa.
La miccia rivoluzionaria in mano ai giovani londinesi più emarginati, quella BlackBerry il cui pin propaga l'incendio senza rivelarne il focolaio e mettendo in seria difficoltà la polizia per seguirne le tracce, probabilmente sarà presto spenta. E' canadese l'azienda che produce questo smartphone e che ne immagazzina i messaggi, a cui ha esclusivo accesso; la filiale inglese di BlackBerry ha già espresso solidarietà a “coloro che sono stati colpiti dalla guerriglia” e una ferma intenzione “a collaborare con le autorità in qualsiasi modo”. Se si tiene conto che il Blackberry è il cellulare preferito dalla criminalità organizzata proprio per il suo alto grado criptico e che di questo fatto si lamentano da tempo la polizia canadese e quella americana, non è da escludere che l'”aiuto” alle autorità inglesi piova sotto forma di libero accesso alle conversazioni private di centinaia di adolescenti. Il potere economico facilita la password, il fatiscente potere politico la usa per saccheggiare i diritti più elementari del cittadino ed insieme, in un sodalizio perverso, corrompono irrimediabilmente le fondamenta della democrazia.
Anche negli Emirati Arabi, in Arabia Saudita e in India Blackberry piace ai più giovani; il Venezuela nel 2009 comprò addirittura il 70% del totale di questi cellulari venduti in America Latina. In questi Paesi, per non perdere le vendite a causa di un eventuale veto dei Governi, la Rim, compagnia produttrice, ha già dato libero accesso al contenuto dei messaggi.
Se la Rete vuole continuare ad essere davvero sociale, incarnare e farsi veicolo dei grandi cambiamenti che esige la società in questo momento, dovrà ricostituirsi al più presto fuori dal potere economico che ora la ospita e che per questo la rende vulnerabile.
Quando i nodi vengono al pettine
Di Simone Rossi
SPECIALE LONDRA AGOSTO 2011
Talvolta il corso della storia accelera a tal punto che nel giro di pochi giorni il mondo in cui viviamo cambia drammaticamente nella propria apparenza.
Rientrato domenica sera da una breve vacanza fuori Londra durante cui ho dedicato poca attenzione alle notizie, sono accolto nelle edicole dalle immagini di barricate e di scene di guerriglia urbana nella periferia nord-orientale della capitale. Successivamente all'uccisione di un cittadino nei pressi di Tottenham per mano della polizia giovedì scorso, in circostanze ancora da chiarire, sono nate proteste dei famigliari e dei residenti della zona, che richiedevano chiarezza e giustizia per quello che appariva l'ennesima vittima del grilletto facile delle forze dell'ordine. La reazione aggressiva della polizia di Tottenham ha incendiato gli animi, pronti a scoppiare alla minima scintilla, ed alcune centinaia di giovani hanno tenuto sotto scacco i quartieri di Tottenham, Enfield e Wood Green una serie di saccheggi e di incendi per tutto il fine settimana. Tutto sarebbe potuto finire lì, con le strade occupate dalle forze di sicurezza in assetto anti-sommossa e macerie ovunque, invece l'incendio, metaforicamente e fisicamente parlando, si è esteso nel resto della periferia settentrionale ed orientale, nei quartieri di Camden, Hackney, Whitechapel e Stratford per oltrepassare il Tamigi e diffondersi nei quartieri meridionali della città: Croydon, Lewisham, Peckham, Wimbledon,
Mentre scrivo le notizie, sul blog dei mezzi di informazione e su Facebook, l'elenco dei quartieri interessati cresce, e sembra per ora risparmiare solamente la zona centrale ed occidentale, non a caso quelli abitati per lo più dalle classi medio-alte, o in corso di gentrificazione. I reportage dei mezzi di comunicazione a larga diffusione ed i comunicati stampa dei principali partiti, infatti, sembrano aver trascurato le implicazioni sociali ed economiche di questi fatti incresciosi. Il saccheggio di esercizi commerciali e la devastazione di edifici residenziali, per lo più abitati da appartenenti alle fasce povere della società, non possono trovare alcuna giustificazione, men che meno possono esser definiti come atti rivoluzionari o meramente politici. Tuttavia la classe dirigente di questo Paese dovrebbe andare oltre i messaggi e le condanne di circostanza e spiegarci perché questo tipo di rivolte stanno scoppiando in questo momento di crisi economica, aggravata dai tagli ai servizi sociali, e proprio nei quartieri dove maggiore é il tasso di povertà e di emarginazione; in maniera bipartisan, come le politiche economiche e sociali portate avanti negli ultimi trent'anni a dispetto delle apparenti differenze, questi leader di partito dovrebbero assumersi le proprie responsabilità per un boom economico, quello dell'inizio di millennio, che ha beneficiato i ricchi e toccato marginalmente i più poveri, e fornire soluzioni che non si riducano al trito e ritrito “ordine e giustizia”. Tottenham è nota per essere una delle aree più degradate del Paese, con tassi di disoccupazione giovanile al di sopra di quel già alto 20% della media britannica, così come Enfield, Hackney, Stratford, Lewisham e molti altri dei quartieri interessati raccolgono grosse sacche di povertà, disoccupazione, emarginazione. Queste zone sono e saranno colpite dalle chiusure di centri giovanili e servizi sociali che, a fronte di un ascensore sociale inceppato, fornivano un minimo supporto e fornivano speranza ad una generazione cui il futuro non sembra sorridere. Senza contare la dubbia operazione delle Olimpiadi del 2012, il cui unico risultato tangibile, sino ad ora, è l'aumento dei prezzi nel settore immobiliare a Stratford e dintorni, dove si concentra il maggior quantitativo di edilizia economico popolare e si ha una forte densità di famiglie immigrate, solitamente relegate ai gradini più bassi della classe sociale.
I nodi della società rampante del New Labour, partito ancora oggi ansioso di mostrarsi amico della grande imprenditoria e della Finanza nonostante il botto del 2008, e delle politiche di austerità dei Liberal-Conservatori, seppur di recente introduzione, sono venuti al pettine; probabilmente prima di quanto molti si sarebbero attesi e in maniera differente da chi, a Sinistra, auspica da tempo un'inversione di rotta nelle politiche economiche del governo o finanche una rivoluzione. Tutti impreparati e tutti in qualche misura colpevoli, incluse le decine di organizzazioni anti-capitaliste, marxiste o semplicemente “di alternativa” che da anni si disputano la scena della Sinistra, non di rado con accenti da Prima Donna e, sicuramente, con la Verità in tasca. All'unità della classe lavoratrice ed al lavoro sul territorio hanno preferito dispute dal sapore antico ed anacronistico o campagne dal tono millenaristico, come se la rivoluzione venisse da sé e non fosse il risultato di un lungo e faticoso sforzo unitario.
Talvolta il corso della storia accelera a tal punto che nel giro di pochi giorni il mondo in cui viviamo cambia drammaticamente nella propria apparenza.
Rientrato domenica sera da una breve vacanza fuori Londra durante cui ho dedicato poca attenzione alle notizie, sono accolto nelle edicole dalle immagini di barricate e di scene di guerriglia urbana nella periferia nord-orientale della capitale. Successivamente all'uccisione di un cittadino nei pressi di Tottenham per mano della polizia giovedì scorso, in circostanze ancora da chiarire, sono nate proteste dei famigliari e dei residenti della zona, che richiedevano chiarezza e giustizia per quello che appariva l'ennesima vittima del grilletto facile delle forze dell'ordine. La reazione aggressiva della polizia di Tottenham ha incendiato gli animi, pronti a scoppiare alla minima scintilla, ed alcune centinaia di giovani hanno tenuto sotto scacco i quartieri di Tottenham, Enfield e Wood Green una serie di saccheggi e di incendi per tutto il fine settimana. Tutto sarebbe potuto finire lì, con le strade occupate dalle forze di sicurezza in assetto anti-sommossa e macerie ovunque, invece l'incendio, metaforicamente e fisicamente parlando, si è esteso nel resto della periferia settentrionale ed orientale, nei quartieri di Camden, Hackney, Whitechapel e Stratford per oltrepassare il Tamigi e diffondersi nei quartieri meridionali della città: Croydon, Lewisham, Peckham, Wimbledon,
Mentre scrivo le notizie, sul blog dei mezzi di informazione e su Facebook, l'elenco dei quartieri interessati cresce, e sembra per ora risparmiare solamente la zona centrale ed occidentale, non a caso quelli abitati per lo più dalle classi medio-alte, o in corso di gentrificazione. I reportage dei mezzi di comunicazione a larga diffusione ed i comunicati stampa dei principali partiti, infatti, sembrano aver trascurato le implicazioni sociali ed economiche di questi fatti incresciosi. Il saccheggio di esercizi commerciali e la devastazione di edifici residenziali, per lo più abitati da appartenenti alle fasce povere della società, non possono trovare alcuna giustificazione, men che meno possono esser definiti come atti rivoluzionari o meramente politici. Tuttavia la classe dirigente di questo Paese dovrebbe andare oltre i messaggi e le condanne di circostanza e spiegarci perché questo tipo di rivolte stanno scoppiando in questo momento di crisi economica, aggravata dai tagli ai servizi sociali, e proprio nei quartieri dove maggiore é il tasso di povertà e di emarginazione; in maniera bipartisan, come le politiche economiche e sociali portate avanti negli ultimi trent'anni a dispetto delle apparenti differenze, questi leader di partito dovrebbero assumersi le proprie responsabilità per un boom economico, quello dell'inizio di millennio, che ha beneficiato i ricchi e toccato marginalmente i più poveri, e fornire soluzioni che non si riducano al trito e ritrito “ordine e giustizia”. Tottenham è nota per essere una delle aree più degradate del Paese, con tassi di disoccupazione giovanile al di sopra di quel già alto 20% della media britannica, così come Enfield, Hackney, Stratford, Lewisham e molti altri dei quartieri interessati raccolgono grosse sacche di povertà, disoccupazione, emarginazione. Queste zone sono e saranno colpite dalle chiusure di centri giovanili e servizi sociali che, a fronte di un ascensore sociale inceppato, fornivano un minimo supporto e fornivano speranza ad una generazione cui il futuro non sembra sorridere. Senza contare la dubbia operazione delle Olimpiadi del 2012, il cui unico risultato tangibile, sino ad ora, è l'aumento dei prezzi nel settore immobiliare a Stratford e dintorni, dove si concentra il maggior quantitativo di edilizia economico popolare e si ha una forte densità di famiglie immigrate, solitamente relegate ai gradini più bassi della classe sociale.
I nodi della società rampante del New Labour, partito ancora oggi ansioso di mostrarsi amico della grande imprenditoria e della Finanza nonostante il botto del 2008, e delle politiche di austerità dei Liberal-Conservatori, seppur di recente introduzione, sono venuti al pettine; probabilmente prima di quanto molti si sarebbero attesi e in maniera differente da chi, a Sinistra, auspica da tempo un'inversione di rotta nelle politiche economiche del governo o finanche una rivoluzione. Tutti impreparati e tutti in qualche misura colpevoli, incluse le decine di organizzazioni anti-capitaliste, marxiste o semplicemente “di alternativa” che da anni si disputano la scena della Sinistra, non di rado con accenti da Prima Donna e, sicuramente, con la Verità in tasca. All'unità della classe lavoratrice ed al lavoro sul territorio hanno preferito dispute dal sapore antico ed anacronistico o campagne dal tono millenaristico, come se la rivoluzione venisse da sé e non fosse il risultato di un lungo e faticoso sforzo unitario.
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