lunedì 24 ottobre 2011

Europa, vengono al pettini i nodi di una politica senza rotta
Di Nicola Melloni da "Liberazione" del 23/10/2011

 Il vertice europeo in corso in queste ore sta, finalmente, portando al pettine i nodi provocati dalla crisi. Nel corso dell’ultimo anno la situazione economica è deteriorata, come noi e tanti altri avevamo previsto e come la UE si era sempre rifiutata di riconoscere. La Grecia non è più in grado di pagare il proprio debito ed è sull’orlo della bancarotta e del disastro sociale. Il contagio si è allargato ad altri paesi fino a toccare l’Italia, mettendo dunque a rischio la sopravvivenza di tutta l’unione monetaria. La colpa è soprattutto dei vertici europei che non sono riusciti a fronteggiare seriamente la crisi, divisi da reciproci egoismi, e condizionati da una guerra diplomatica che ora divide anche Francia e Germania. Anche oggi, sull’orlo del baratro, non si riesce ad avere una visione politica d’insieme, ci si aggrappa al particolarismo, all’insegna di una politica meschina e suicida.

Per un anno e mezzo ci si è barcamenati con toppe che creavano altri buchi. Non si è mai messo l’interesse ed il futuro dell’Unione al centro del dibattito europeo. Quel che importava ai governanti europei era vincere le elezioni locali o difendere le banche in difficoltà, ma non risolvere la crisi, non rilanciare l’Europa. Tant’è che ora, per molti paesi è ormai diventato più conveniente uscire dall’unione monetaria. Anche oggi, le liti tra Germania e Francia sono di piccola bottega. La Francia non vuole l’haircut sui titoli greci perchè a pagare sarebbero soprattutto le banche francesi che sono molto più esposte di quelle tedesche sul mercato greco. La Germania invece non vuole aumentare il fondo salva stati (che sarebbe meglio definire salva banche) perchè sarebbero i contribuenti tedeschi a dover contribuire maggiormente. Sempre questione di vil denaro. Che potrebbe anche essere un buon motivo, non fosse che i soldi risparmiati oggi diventeranno perdite assai più pesanti una volta che la Grecia, e poi l’Italia salteranno in aria.

A Berlino poi si continua a difendere la struttura istituzionale e la governance della Banca Centrale Europea per ragioni a dir poco ridicole. Mentre tutte le banche centrali del mondo, a cominciare dalla FED americana, aiutano gli stati ad uscire dalla crisi, la Germania continua a volere una BCE che si occupi solo di inflazione e stabilità bancaria. Legati ancora ai fantasmi degli anni ‘20 e ’30, la politica tedesca teme ancora l’iperinflazione, come se un pericolo del genere fosse all’orizzonte.
Mentre invece un moderato aumento dell’inflazione ridurrebbe in maniera consistente gli interessi che pagano gli stati europei. Ed un aumento, altrettanto modesto, dell’inflazione tedesca contribuirrebbe a rilanciare la competitività degli stati europei in difficoltà, bloccati da un tasso di cambio che fa comodo solo alla Germania e all’Europa del Nord ed ha penalizzato irragionevolmente le economie degli stati mediterranei. Invece a Berlino si continua a spingere per misure di austerità di tutte le economie in difficoltà, incapaci di capire che proprio questa austerità ha peggiorato la crisi e portato Atene sull’orlo della rivolta sociale. Soprattutto si fa finta di ignorare che l’austerità porta dritti al fallimento e dunque al collasso dell’intero sistema bancario europeo.

Sicuramente rifornire di munizioni il fondo l’Efsf, coinvolgere la BCE e finalmente emettere euro-bond sarebbe la mossa giusta in questo momento perchè darebbe una copertura di livello europeo al debito greco, rassicurando i mercati e calmando momentaneamente le furie speculative. Si tratta però di una misura ormai tardiva. Fosse stata messa in atto un anno fa, immediatamente dopo i primi segnali della crisi greca, ora l’Europa navigherebbe in acque ben più tranquille. Invece si è aspettato che la crisi crescesse ed arrivasse a travolgere economie ben più difficili da salvare come la Spagna e soprattutto l’Italia, il cui bail out sarebbe impossibile anche per la BCE.

Soprattutto il compito dell’Efsf dovrebbe essere di salvare veramente gli stati, di provvedere liquidità per rilanciare l’economia e non per pagare i debiti contratti con le banche. Quel che davvero si stenta a capire è perchè fondi così ingenti debbano essere usati per perpetuare il potere delle banche e per salvarle dal fallimento e non, invece per salvare l’economia reale. Se davvero vale il principio che chi sbaglia paga, allora non si capisce perchè debbano essere solo i lavoratori greci a pagare e non le banche francesi o tedesche.


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