Secondo il giudice l’azione dei tre operai licenziati dalla Fiat “è stata illegittima, in relazione allo specifico fine di determinare materialmente l’interruzione dell’attività produttiva”. La “conseguenza del comportamento illegittimo” è stato “il grave danno economico subito dall’azienda (circa 15 auto
non prodotte)”.Il giudice del lavoro ha escluso “l’anti-sindacalità del licenziamento” deciso dalla Fiat poiché “il comportamento dei tre lavoratori non è riconducibile allesercizio del diritto di sciopero”, in quanto “non si è limitato all’attività di persuasione”, ma “ha posto in essere atti concreti per impedire il funzionamento dell’organizzazione aziendale”. Da parte dei tre però “non c’è stata nessuna premeditata intenzionale volontà di sabotaggio”. Per il giudice quindi l'azione non fu premeditata perché il blocco del carrello “potrebbe essere avvenuto verosimilmente per colpa, ossia per contatto inconsapevole di qualcuno, data la concitazione degli eventi”. Secondo il Tribunale, però, “non trova fondamento” la tesi della Fiom secondo cui “la punizione dei soli tre operai” è “finalizzata a influire sul futuro svolgimento della lotta” cioè a
incidere sui futuri rapporti sindacali: non c’è stato quindi, da parte della Fiat, “un progetto aziendale teso a reprimere l’attività sindacale”, e la Fiom “non ha fornito adeguata prova di tale tesi”. Il Tribunale ha giudicato inoltre “lampante la contraddittorietà delle dichiarazioni rilasciate dagli informatori” portati dalla Fiom, mentre “coerente risulta la ricostruzione fatta dai responsabili dell’azienda”. Nello stabilimento di Melfi della Fiat, inoltre, “non c’era
un clima di conflitto sindacale dovuto all’adozione di un nuovo contratto”. Nel limite del diritto di
sciopero, esso diventa illegittimo quando “impedisce il funzionamento dell’organizzazione aziendale, con interventi sugli impianti o con atti, pur non improntati a forme di violenza o minaccia, che ostacolino il lavoro dei dipendenti”. Per il giudice l’atteggiamento dei tre operai, nella notte tra il 6 e il 7 luglio, “è stato di sfida e di minaccia”, poiché due di loro (Barozzino e Lamorte) “coscientemente persistevano” davanti al carrello, per “impedirne il transito”.La Fiat dunque “non ha posto in essere nessuna obiettiva disparità di trattamento per l’individuazione
dei lavoratori da licenziare”: il giudice, inoltre, si dice “certo” che i tre operai “abbiano colto
la portata di quanto veniva loro più volte ufficialmente evidenziato se, addirittura, Barozzino replicava rispondendo “se qui non possiamo stare, dicci tu dove dobbiamo andare”, e diceva anche “che, ti si è incantato il disco?”, ironicamente sostenendo che non era necessario che si ripetesse più
volte la stessa contestazione».Se ti è piaciuto questo post, clicca sul simbolo della moschina che trovi qui sotto per farlo conoscere alla rete grazie al portale Tze-tze, notizie dalla rete
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