lunedì 12 dicembre 2011

Ancora lontani da una soluzione

Di Nicola Melloni da "Liberazione" 10/12/2011

Il vertice europeo di giovedì notte è stata una lunga battaglia di nervi. Partito come al solito con dichiarazioni roboanti (l’ultima chance per l’Europa) si è però concluso con un mezzo accordo che non risolve in maniera convincenti i problemi dell’Eurozona. Ancora una volta, l’egoismo e la cecità politica hanno avuto la meglio. I temi in discussione erano tanti ed importanti, finalmente – dall’unione fiscale agli eurobond al ruolo della BCE. E i risultati sono stati mediocri, attendisti e non al livello di quello che la crisi attuale richiederebbe.
Come noto, in questi mesi la Germania si è fortemente opposta alla creazione degli Eurobond sostenendo che non era possibile chiedere alle formiche tedesche di pagare i debiti delle cicale del sud-Europa. Si tratta, ovviamente, di una caratterizzazione inaccetabile ma che coglie parte del problema fondamentale della UE, l’assenza di un governo vero a livello europeo che sia politicamente responsabile del bilancio, e dunque del debito, del continente. Berlino ha dunque insistito a richiedere un’unione fiscale che garantisca i tedeschi contro il free-riding – loro fanno i debiti e noi dobbiamo pagarli – del resto d’Europa.
Purtroppo la soluzione proposta non è l’unione fiscale ma l’armonizzazione fiscale legata al vincolo di bilancio. Si tratta di una assurdità sia a livello politico che economico. Con l’introduzione dell’Euro gli stati dell’EMU già hanno perso il controllo sulla politica monetaria. Ora, con l’armonizzazione si vuole togliere pure il controllo sulla politica fiscale. Una cessione di sovranità tremenda ma accettabile se un vero governo europeo, eletto e responsabile davanti all’elettorato si assumesse le responsabilità cedute dai governi nazionali. Ma di questo governo europeo non si parla, semplicemente si continuano a togliere strumenti di politica economica agli stati senza rimpiazzarli con alcunchè. Si prospetta semplicemente una austerity permanente che faccia pagare ai paesi del Sud Europa i problemi strutturali dell’area euro, senza nessun meccanismo di compensazione.
Per capire quanto assurdo sia questo vincolo basterebbe rileggersi Keynes quando trattava per la creazione del Fondo Monetario Internazionale a Bretton Woods. Ben conscio delle tensioni politiche create dagli squilibri economici, Keynes spiegava già nel 1944 che un sistema di cambi fissi – ed ancor più un’unione montarie – può funzionare solo in presenza di obblighi simmetrici. A fronte dell’austerity (temporanea) nelle economie in difficoltà, devono essere introdotte politiche di stimolo fiscale (e quindi inflattive) nelle economie più in salute. Purtroppo la Germania fino ad ora si è rifutata di porsi il problema della competitività dei paesi dell’Europa meridionale che pensa di poter risolvere come ai tempi del Gold Standard con la deflazione interna. Una soluzione impossibile in un contesto democratico.
Al vertice europeo, all’egoismo tedesco si è contrapposto quello brittanico, forse ancora più specioso perchè totalmente asservito ai voleri della grande finanza della City. Cameron si è opposto a qualsiasi forma di regolamentazione delle transazioni finanziarie, spaccando l’Europa forse definitivamente. Ma l’Europa a due velocità non è certo iniziata Giovedì notte. Il Regno Unito non fa parte dell’unione monetaria ed era inevitabile che questa anomalia avrebbe prima o poi portato alla rottura. Il dissenso di Londra apre però seri problemi procedurali che aggiungeranno incertezza invece che dare stabilità all’Europa. Infatti, per aggirare il veto brittanico si sottoscriveranno nuovi trattati ma le istituzioni europee non possono avere competenza su trattati sottoscritti al di fuori della “classica” cerchia dei 27.
Non bastasse questo papocchio, ancora una volta la decisione sull’introduzione degli Eurobond è stata rimandata. Van Rompuy dice che se ne riparlerà a Giugno. Ma a Giugno l’euro potrebbe non esistere più. Tale rinvio sembra davvero un paradosso. Dopo aver imposto la sua volontà al resto d’Europa – l’armonizzazione fiscale – la Merkel si rifiuta di avvallare l’unico strumento che potrebbe salvare l’Euro. L’operatività sui mercati viene demandata al fondo salva-stati/salva-banche ed alla BCE, esattamente come succede adesso – con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Pensare di risolvere la crisi semplicemente con nuovi e farraginosi trattati che non intervengono direttamente sul problema del debito sembra veramente utopia.

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