Di Simone Rossi
Non trascorre settimana in cui la cronaca non ci riporti di qualche comportamento immorale, quando non illegale, di un istituto bancario.
Nonostante tali comportamenti siano alla base della crisi scoppiata nel 2008 e del suo protrarsi, il dogma del libero mercato che si regolamenta e della finanza che crea ricchezza ha continuato a regnare nelle sale del potere politico ed ha impedito qualsiasi vera riforma del settore.
Dopo aver visto vari istituti di credito continuare ad elargire bonus milionari a prescindere dai risultati, dopo lo scandalo delle banche che hanno taroccato i tassi di interesse, l'istituto britannico HSBC è stato colto con le mani nel succoso giro del lavaggio di denaro sporco. Non che si tratti del primo caso, come la storia italiana del Dopoguerra ha mostrato e considerato che i miliardi di profitti delle mafie non possono volatilizzarsi.
Secondo quanto emerso da un'inchiesta del Senato statunitense, l'istituto britannico e le sue sussidiarie hanno contribuito al riciclaggio di denaro proveniente dai cartelli del narcotraffico messicano, hanno avuto rapporti con una banca saudita collegata ad Al Quaida e con paesi nella lista nera dei nemici del Occidente "democratico".
Che si tratti di falle nel sistema di controllo della banca o della applicazione della massima latina "pecunia non olet", ci troviamo nuovamente di fronte all'ennesimo indicatore a conferma del fatto che il settore finanziario vada posto sotto controllo e che i presupposti su cui dagli anni '80 esso è stato deregolamentato sono errati. Gli istituti di credito e finanziari non sono in grado di auto regolamentarsi né di contribuire al benessere della collettività. È tempo di mettere il bambino capriccioso in riga; di scuse e di promesse da marinaio non ce ne facciamo alcunché.
Qui sotto riporto il link all'articolo pubblicato dal quotidiano britannico The Guardian sull'argomento.
http://www.guardian.co.uk/business/2012/jul/17/hsbc-executive-resigns-senate
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