Riprendiamo qui un articolo di Marco Travaglio per il Fatto Quotidiano. Articolo che riprende a grandi linee un nostro post di qualche giorno fa in cui denunciavamo l'assurda richiesta del PD di chiedere i voti di Rivoluzione Civile per battere Berlusconi, per poi governare con Monti. Una faccia di tolla senza pari. Nessun nemico a sinistra, come sempre, ma per fare politiche di destra. Sembra invece sempre più chiaro che l'unico voto utile sia quello per Rivoluzione Civile. Con tutti i limiti del caso, l'unica formazione ad andare oltre l'agenda Schauble e a proporre un radicale cambiamento dopo i fallimenti di 20 anni di liberismo e 3 anni di austerity. Non è poco.
IL VOTO INUTILE
di Marco Travaglio
Come dice Crozza, l’appello del Pd al
“voto utile” è molto pericoloso. Perché gli elettori potrebbero
domandarsi: utile a chi? E pe...r fare cosa? Perché anche B. si appella
al voto utile, diffidando gli elettori dal votare per tutti tranne il
suo e, bontà sua, il Pd. E perché il voto è sempre utile o al massimo
dannoso, ma mai inutile. Inutile è solo il non-voto. Sappiamo bene cosa
intendono Bersani e Berlusconi per “voto utile”, riconoscendosi
vicendevolmente come unici veri avversari: non votate per gli altri,
sennò fate vincere l’altro. Una concezione davvero curiosa della
democrazia, specie da parte di due leader che da 15 mesi governano
insieme e si scoprono avversari solo in campagna elettorale.
Chi vuole sostenere le battaglie per la legalità, il lavoro e l’ambiente trova utilissimo votare Rivoluzione Civile di Ingroia. Chi vuol mandare in Parlamento una pattuglia di giovani guastatori senza soldi contro il sistema consociativo trova utilissimo votare 5 Stelle. Chi ama i tecnici e la vecchia Dc trova utilissimo votare Agenda Monti. Chi ancora crede alla Padania trova utilissimo votare Lega. E così via. Ma il voto utile, per il Pd, nasconde una parola che i furbetti del Nazareno non vogliono pronunciare, convinti che tutto sia loro dovuto: “Desistenza”. Siccome nei sondaggi Ingroia è dato al 5-6%, dunque supererà il 4% necessario per entrare alla Camera, ma l’8% per il Senato dovrebbe scavalcarlo solo in alcune regioni (Campania e Sicilia in primis), Bersani spera che ritiri le sue liste almeno nelle tre regioni decisive per conquistare la maggioranza al Senato: Lombardia, Campania e Sicilia. Così ha fatto chiedere a Ingroia la desistenza, anche se pubblicamente lo nega e pretende che Ingroia gliela regali sua sponte. Ora, la desistenza è già stata sperimentata con successo dall’Ulivo con Bertinotti nel ’96, in vista dell’appoggio esterno di Rifondazione al governo Prodi. Nel 2001 ci fu il bis, ma solo col Prc, mentre Di Pietro fu tenuto fuori con una mossa talmente astuta che regalò la vittoria a B.
In ogni caso la desistenza era fra due
alleati che, dopo il voto, si impegnavano a governare insieme. Dunque
erano entrambi interessati alla vittoria della coalizione. Ora invece,
per la prima volta nella storia, il Pd vorrebbe la desistenza (per
giunta spontanea e gratuita) di un partito con cui non ha alcuna
intenzione di governare, ritenendolo un pericoloso nemico
giustizialista, populista, estremista e antinapolitanista. Bersani bolla
come “cancro della democrazia” quelli che chiama “partiti personali”: e
non ce l’ha con Agenda Monti, suo ex e futuro alleato, ma con
Rivoluzione Civile che, lungi dall’essere un partito personale, riunisce
almeno sei fra partiti e movimenti (Idv, Pdci, Prc, Arancioni, Cambiare
si può, Alba). In compenso Bersani e persino Fassina annunciano che
dopo le elezioni governeranno con Monti, Fini, Casini e famiglia anche
se avessero la maggioranza in entrambe le Camere. E, per precauzione, lo
scavalcano a destra rinunciando alla patrimoniale, prevista persino
nell’Agenda Monti.
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