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domenica 5 maggio 2013

Il governo di CL

Dopo lo scandalo Formigoni si pensava che finalmente potessimo liberarci un pò di CL, invece sono addirittura arrivati al governo con 2 ministri. Forse, per capire meglio il tutto possiamo ricordare alcune profetiche parole di Pierluigi Bersani, un po' vecchiotte ma, mi pare, di grande attualità (copio e incollo dal sito di Giulio Cavalli):

“Se vuole rifondarsi, la sinistra deve partire dal retroterra di Cl. La vera sinistra non nasce dal bolscevismo, ma dalle cooperative bianche dell’800, il partito socialista arriva dopo, il partito comunista dopo ancora. E i movimenti del Sessantotto sono tutti morti, solo l’ideale lanciato da Cl negli anni Settanta è rimasto vivo, perché è quello più vicino alla base popolare, è lo stesso ideale che è alla base delle cooperative, un dare per educare”
Parole di Pierluigi Bersani al meeting di Rimini nel 2003.
Poi, sempre al meeting questa volta nel 2006, disse: “Quando nel 1989 Achille Occhetto volle cambiare il nome del Partito comunista italiano, per un po’ pensò di chiamare il nuovo partito Comunità e libertà. Perché tra noi e voi le radici sono le stesse”
(http://www.giuliocavalli.net/2012/08/21/memento-bersani-cl-semper/)

Peccato, diciamo, esseri dimenticati delle lotte operaie, della Comune di Parigi, del tradeunionismo inglese, dei massacri degli operai. Una sinistra che evidentemente puzza di vecchio. Mentre il denaro, l'ideale di CL, si sa, non ha profumo.


sabato 20 aprile 2013

giovedì 18 aprile 2013

Bersani addio

Far rimpiangere Veltroni non è cosa da poco, ma qui tra poco toccherà farlo. Bersani da leader del PD non ne ha azzeccata una. Ha perso tutte le primarie per i sindaci. Ha accettato di sostenere Monti quando poteva vincere in carrozza, con risultati che sarebbero comici se non fossero davvero tragici. Ha vinto le primarie ma perso le elezioni. Ha provato a formare il governo ma non ci è riuscito. Ha cercato di far virare il PD verso il M5S salvo poi accordarsi con Berlusconi per eleggere Marini, e non è riuscito a fare neanche quello, con oltre metà partito che lo ha mollato.
Basterebbe la metà per dimettersi.Qualche giorno fa il leader del PD ha detto che se il problema è lui, non ha problemi a farsi da parte. Bene, si faccia da parte. E' un perdente come nessun'altro nella storia della Repubblica. Ed è molto, troppo confuso. Mette la freccia a sinistra, sorpassa a destra e si stampa contro un palo. L'accordo con Berlusconi poteva essere fatto 1 mese fa, e si faceva partire il governo. Invece prima gli si è detto no, poi si ha avuto la possibilità di trovare finalmente un accordo con Grillo ed allora si è tornati da Berlusconi, legandosi mani e piedi al Caimano. Forse la voglia matta di quella poltrona a Palazzo Chigi gli ha fatto perdere la tramontana. Forse c'è stato qualche birrino di troppo. Forse è solo inadeguato.
Ma un leader completamente estraniato dalla realtà, senza una reale capacità di ascoltare l'opinione pubblica, e pure incapace di controllare il suo partito, non è ovviamente in grado di governare il paese.
Se ne vada, anche se ormai è troppo tardi. Ma meglio tardi che mai.

I tafazzi del PD






Che partito patetico. Non ci sorprendiamo, in verità, lo avevamo detto da tempo. Ma sta volta sono riusciti ad andare oltre l'immaginabile.
Avevano un rigore a porta vuota: Grillo aveva proposto Rodotà, ex parlamentare DS, nientepopodimenoche...
Un presidente che garantiva i diritti, la Costituzione, i cittadini. Soprattutto sarebbe stato il risultato di una convergenza per il cambiamento, per aprire una pagina nuova, davvero una terza Repubblica in cui finiva l'era berlusconiana. Macchè.
Come nel 96, come nel 2006, come nel 2011 si è deciso di farsi un giro sulla giostra berlusconiana, giusto per provare l'ebrezza dell'ennesima martellata sui maroni. Si elegge Marini in combutta col Pdl, proprio quello che l'Italia ha chiesto alle ultime elezioni quando l'ex sindacalista CISL è stato pure trombato. Una piccola ricompensa, siamo sicuri, ci sarà. Magari un governicchio Bersani che prenderà la fiducia grazie a Silvio e ai suoi fratelli. Fintanto che sarà conveniente per il buon Berlusconi, persona notoriamente di parola e interessata al bene del paese. Poi, un bel calcio in culo, meritato, e tutti a votare.
Ci si poteva aspettare qualcosa di diverso? Beh, forse ci si era illusi. Grillo si era comportato da furbo, ma un buon furbo, aveva proposto una alternativa a cui il PD non poteva dire no, e ovviamente ha detto no. Fassina ha definito Grillo un volpone della politica. Sicuro in confronto a loro parliamo di uno statista. Il M5S ha proposta una uscita a sinistra. Il PD è andato a sinistra. Peccato fosse quella democristiana.

lunedì 15 aprile 2013

Lite tra comari al PD. La politica quando?

Ormai il PD sembra un romanzo scritto da Calvino, il castello dei destini (personali) incrociati. In realtà forse no, Calvino non avrebbe scritto una storia di così bassa lega. L'attacco di Renzi a Bersani di domenica sera è quasi indecente: al TG5 a sparare bastonate tutte contro il suo partito, alla faccia del gioco di squadra. Ma se non gli piace niente e nessuno, perchè non fa qualcos'altro? Mistero.
Accusa Bersani di pensare solo a se stesso, ma il sindaco di Firenze non sembra fare nulla di diverso. Sgomita, si fa vedere, teme di rimanere fuori dai giochi.
D'altra parte, però, Bersani, ha portato avanti, nell'ultimo mese, una azione politica debolissima e quindi facilmente tacciabile di immobilismo. Prima un tentativo, legittimo, per formare il governo. Ma poi? Ci si è arenati immediatamente. Ha un bel da dire, Bersani, davanti alle critiche di Scalfari e altri che il suo nome e il suo ruolo non sono un problema, che si può far da parte subito. Parole, ma fatti? Davanti all'impossibilità di formare un governo PD-SEL bisognava proporre qualcos'altro. Se non vuoi andare con Berlusconi - e per fortuna - allora devi provare a trovare un equilibrio alternativo ed avanzato con le altre forze politiche. In fondo, se guardiamo alle Quirinarie del M5S,  di 10 candidati oltre metà hanno una storia di sinistra, e altri sono comunque stati in area PD, uno addirittura è Romano Prodi. Il messaggio, per chi lo vuole leggere, è chiarissimo: il terreno per un incontro su una personalità condivisa c'è tutto. Al Quirinale, e a Palazzo Chigi. Anche contro Berlusconi, che problema c'è? D'altronde un candidato contro il M5S non sarebbe certo più rappresentativo!
Ecco, Bersani e l'intero PD avrebbero dovuto dirigersi fortemente in quella direzione, la ricerca di un nome e di una squadra politicamente partigiani ma staccati dalla politica di partito, e su quella base provare un nuovo incontro con Grillo. Nessuna garanzia di successo, ma almeno ci si prova. Raccogliendo due piccioni con una fava: da una parte si vanno a vedere le contraddizioni del M5S che ha avuto vita facile a dire no ad un governo del PD ma avrebbe ben più difficoltà a dire un no a prescindere a personalità che loro stessi stimano; e dall'altra parte scovare i nemici interni, quelli che vogliono il patto con Berlusconi, quelli che cercano di frenare Bersani, quelli che puntano su Renzi.
Insomma, si doveva fare politica.
Ed invece siamo alle liti da pollaio.

mercoledì 10 aprile 2013

Quirinale: verso l'inciucione?

Speriamo siano solo rumors dei giornali. Ma la lista di papabili al Quirinale venuta fuori oggi fa rabbrividire. Un accordo Pd-Pdl per eleggere un presidente condiviso, peccato che poi i due partiti insieme non arrivino al 50%. Legittimo, ma non si dica che lo si fa per rappresentare le forze politiche più importanti, dopo tutto il M5S ha preso più voti del Pdl e avrebbe dunque qualche ragione in più per esprimere un nome, appunto, condiviso.
Sempre poi che gli elettori del Pd possano essere soddisfatti di trovare un accordo con Berlusconi, quindi un compromesso che più al ribasso non si può.
Marini? Ma scherziamo?
D'Alema? Da non deputato a Presidente della Repubblica?
Bonino? Una neoliberista in lotta da sempre contro il mondo del lavoro?
Prodi? Ottima persona, ma non si era parlato di rinnovamento?
De Rita, addirittura, cioè sostanzialmente nessuno perchè non si è capaci di uscire dall'impasse politico?
Auguri....

lunedì 8 aprile 2013

In Spagna il sistema politico va a pezzi



Prima la Grecia, ora la Spagna. In tutti e due i paesi il sistema politico post-dittatura si è retto su un solido bipartitismo, socialisti contro conservatori, diversi su molti punti (in Spagna, soprattutto sui diritti civili), molto simili su altri - accettazione acritica del mercato e dell'Europa, soprattutto.
La crisi economica, ormai conclamata crisi politica, sta cambiando tutto. In Grecia il bipartitismo è andato in pezzi, il PASOK è ormai una forza marginale, Syriza - un partito che fino a pochi mesi fa si sarebbe considerato antisistema - vola verso il 30% mentre a destra anche i fascisti sono in doppia cifra. Tant'è che per formare una maggioranza precaria e instabile si è dovuti ricorrere alla grande coalizione - ma dati i numeri, sarebbe il caso di dire, piccola coalizione - tra ex supposti avversari come conservatori e socialisti.

In Spagna ci si avvia verso uno scenario simile. Secondo l'ultimo sondaggio pubblicato da El Pais, socialisti e conservatori, insieme, hanno meno del 50%. Mentre avanza impetuosamente Izquierda Unida, che ormai tallona i socialisti. Non è ancora la Grecia - e d'altronde Madrid, per ora e per fortuna, non è Atene - ma la direzione è decisamente quella.

E d'altronde anche in Francia alle ultime elezioni abbiamo visto come tanto il Front de Gauche quanto la destra lepenista abbiano raggiunto risultati a due cifre. Ed in Italia, PD e PdL sono in una situazione simile.
Insomma, la crisi dell'Europa sta riportando a galla un nuovo tipo di politica, che in una maniera o nell'altra, nel bene o nel male, esce da quel sordo immobilismo neo-liberale, quel bipartitismo di facciata che condannava le democrazie ad adeguarsi all'ideologia dominante, a prescindere dal colore delle bandiere o dal nome del partito.
Il bi-polarismo è ormai morto e si porta con sè nella tomba quella sinistra liberale rappresentata dal PSE che ha rinunciato alla lotta sociale e a rappresentare i poveri e gli sfruttati. In gran parte d'Europa soffia un forte vento di protesta sociale, di domanda di cambiamento radicale. Se ne faccia una ragione Veltroni col suo partito a vocazione maggioritaria. E se ne faccia una ragione pure Vendola che, mentre la crisi ripropone con forza le questioni di classe e mentre in Europa rinasce una sinistra radicale, vuole abbandonare le ragioni della protesta, lasciandole in mano ai Grillo di turno, per andare a fare da gregario ad un socialismo europeo in crisi di identità prima ancora che elettorale.

domenica 7 aprile 2013

Il PD allo sbando

E i nodi finalmente arrivarono al pettine. Da una parte Renzi che non vuole il governo Bersani che rischierebbe di farlo fuori politicamente. Dall'altra Franceschini che vuole il dialogo con Berlusconi. E poi Bersani stesso incapace di uscire dall'arrocco, "il mio governo o nulla". In mezzo il dialogo con Berlusconi sul Quirinale, i no di Grillo, le alchimie di Napolitano che le tenta tutte per rimettere in vita la grande coalizione. In un panorama di incapacità clamorosa di proporre scelte politiche innovative.
Tutti ora si concentrano sulla legge elettorale, come se quella fosse stata l'origine dei mali e del parlamento ingovernabile, quando invece rappresenta abbastanza fedelmente la realtà di un paese diviso in tre in cui due forze politiche devono mettersi d'accordo per governare. Il punto, naturalmente è come farlo. Dopo il rifiuto di Grillo rimane solo Berlusconi? E si può andare al governo con chi si è descritto per anni come il demonio? O più semplicemente, ci si può andare con chi ha predicato l'evasione fiscale, fatto votare al parlamento che Ruby fosse la nipote di Mubarak e che è tuttora portatore di un enorme conflitto d'interessi (a parole da sempre la prima legge da fare per il centro-sinistra...)? Beh, la storia dice che si può, visto che è già successo. Ma non è certo auspicabile.
Il PD ha pagato a caro prezzo la scelta suicida di sostenere Monti insieme a Berlusconi. Ora Franceschini e pure il capogruppo Speranza (ma per chi??) propongono la stessa minestra riscaldata, a cui aggiungono un po' di condimento per farla sembrare diversa. Ma è sempre orribile. Lette tra le righe, queste interviste dicono circa: dialogo sul Quirinale e poi varo di un governo PD che però vada oltre il confine del centrosinistra, cioè che viva sul supporto di Berlusconi. Cerchiamo di salvare la faccia non mettendo i ministri del PDL, ma l'alleanza sarebbe nei fatti. E i fatti sarebbero poi la successiva legislazione, in cui possiamo solo immaginare che il conflitto d'interessi, la redistribuzione del reddito, la tutela del lavoro, il rilancio della scuola pubblica, la scure sulle spesi inutili (dagli F35 al TAV) non sarebbero certo parte dell'agenda.
Una scelta folle e suicida, che lascerebbe l'Italia nel pantano, squalificherebbe definitivamente il PD e forse finirebbe per spaccarlo e riconsegnerebbe di fatto il Paese a quei poteri e a quelle politiche che lo hanno caratterizzato per 20 anni che hanno prodotto il bel risultato che abbiamo ora davanti a noi.
E si dirà, ma non ci sono altre possibilità. Davvero? Strano perché la strada maestra, in realtà, non è mai stata tentata. Il PD è andato al Quirinale e poi a parlare con Grilo sostenendo in buona sostanza un monocolore Bersani - ed il fatto che Grillo abbia detto no, in realtà, è normale (anche se molto meno lo è il rifiuto a prescindere di discutere del programma). Non si capisce perchè il M5S avrebbe dovuto sostenere un governo fatto dai suoi avversari. Ben diverso, come dice, solo ora, con grave ritardo, Rosy Bindi, sarebbe stata una proposta politica di alternativa, e cioè un governo progressista di personalità di prestigio e non di provenienza PD che avrebbero potuto fare da ponte tra il partito di Bersani e quello di Grillo. I nomi sono i soliti, da Rodotà a Zagrebelsky. Che con un programma innovativo avrebbero messo il M5S davanti alle sue responsabilità e sarebbero andati a vedere le carte di Grillo. Che ha un gruppo parlamentare già in fermento sulla possibilità di sostenere il PD, figuriamoci se l'alternativa era sostenere un governo di cambiamento slegato dai partiti!
Non si sa perchè il PD non abbia deciso di intraprendere tale percorso virtuoso. Forse troppa smania di governo e di potere. O forse paura del cambiamento vero che un governo di questo genere avrebbe portato - rottura forte sulla laicità, sulla scuola, sui beni comuni, cioè tutti quei temi che l'elettorato di sinistra ha sempre supportato ma che il gruppo dirigente del PD è stato per anni assai restio a cavalcare, se non a parole. Ed ora, invece del cambiamento, rischiamo di ritrovarci con Berlusconi.
Complimenti all'ennesima oscena prova di sè data dal PD.

lunedì 25 marzo 2013

Due o tre cose che potrebbe fare il PD

Dentro il PD si è già scatenata la battaglia, da una parte quelli, alla Fassina, che vogliono un governo di rottura, dall'altra chi, come i seguaci di Renzi (e, immaginiamo, tanti vecchi big), vuole un governo di scopo con Berlusconi, probabilmente con l'appoggio del Colle. Circa sulla stessa linea si dividono i grandi giornali, col Corriere che parla di aperture a Monti, Cancelleri, addirittura Bombassei, mentre la Repubblica racconta di un Bersani con Rodotà e altre personalità d'area.
Il problema non è di poco conto. Berlusconi vuole l'accordo ma non il cambiamento; Grillo invece, dice di voler cambiare le cose ma non vuole nessun accordo. A soffrirne sarebbe solo il Paese che ha bisogno di un vero e proprio cambio di marcia.
Partendo magari dalle cose più semplici che sono anche quelle di maggiore impatto. Per esempio sul Corriere di domenica Dario di Vico ha raccontato la situazione disastrosa dei pendolari italiani, tra chi va in macchina, chi in bus, chi in treno, con una disorganizzazione totale, una rete obsoleta, infrastrutture inadeguate. Ebbene, in una situazione del genere, con pochi soldi e quindi con la necessità di fare scelte, non sarebbe un segnale di grandissima discontinuità sospendere a tempo indeterminato la TAV Torino-Lione e dedicare tutte quelle risorse al problema dei pendolari? La TAV, si dice, porta investimenti (sicuramente), lavoro (in parte), crescita (tutto da dimostrare) ma poco o nessun miglioramento nella qualità della vita delle persone. Una modernizzazione del sistema pendolare invece potrebbe allo stesso tempo avere un effetto benefico sulla vita di milioni di persone ed anche migliorar notevolmente la produttività (niente ritardi, meno stress, meno tempi morti e persi, etc etc..).
Nella stessa maniera si potrebbe decidere di cancellare completamente il programma degli F 35. Non una riduzione degli apparecchi comprati, proprio una rinuncia al programma, come per altro fatto senza scandali da altri Paesi, anche in virtù di un prodotto che, secondo molti mezzi di informazione tra cui il NYT, ha una spesa completamente fuori controllo e difetti tecnici disastrosi. Anche qui, i soldi per la ricerca servirebbero come il pane, per costruire basi solide per il presente e soprattutto il futuro del paese, per non perdere più talenti e intelligenze ma per attirarle, per rendere un servizio al sistema economico integrato, per investire in uno dei settori chiavi del Paese, l'Università.
Ed infine, la scuola pubblica. A Bologna a Maggio si terrà un referendum per togliere i fondi alle scuole private paritarie. Come si ricorderà il dettato costituzionale spiega chiaramente che alle scuole private è riconosciuta pari dignità ma senza oneri per lo Stato. Cosa puntualmente disattesa da Governo, Regioni e Comuni, comprese indubbiamente tante amministrazione di centrosinistra. Ecco, sarebbe bello che per rispetto sia ai cittadini che alla legge il PD chiudesse immediatamente questo assurdo movimento di soldi verso le private. Nella scuola pubblica non ci sono i soldi per la carta igienica e intanto paghiamo parte della retta (che rimane comunque più cara che nel pubblico) finanziando le scuole private?
Qui non si tratta diciamolo chiaramente, di fare niente di rivoluzionario, semplicemente di buon senso. Di stare dalla parte dei cittadini. Di non trincerarsi dietro interessi più grandi e spesso intangibili per i più. Ma di concentrarsi in progetti che migliorino, giorno per giorno, la vita degli italiani. Programmi inattaccabili cui dovrebbero dare il voto tutti quelli cui interessa il futuro dell'Italia.

venerdì 15 marzo 2013

Spettacolo pessimo in Parlamento

Crisi economica, mancanza di governo, Italia ed Europa che si avvitano nella recessione, credibilità del sistema politico a picco.
Eppure a Montecitorio si giochicchia, schede bianche e voti di bandiera. Spettacolo indecoroso, ha ragione Bersani, che però è uno dei protagonisti di questa pochezza. Intanto i Grillini si divertono con apriscatole e posti a sedere manco fossero Montagnardi di Robespierre - in alto a controllare, dimenticandosi che pure gli italiani dovrebbero controllare loro. Andati in Parlamento senza nessuna strategia se non quella di rompere le palle, determinano lo stallo attuale: noi votiamo i nostri il resto non ci interessa.
Il resto, in fondo, sarebbe l'Italia che ora il M5S vorrebbe prendere in ostaggio. Scagliandosi contro l'inciucio PD-PDL e la vecchia politica, ma in realtà facendo di tutto perché accada. Il perché? Interesse elettorale e posizioni di comodo. Ma mentre Bersani offre aperture importanti - o quantomeno da discutere! - loro fanno melina, manco fossero vecchi democristiani. E chi se ne frega se intanto andiamo a fondo.

PS: Laura Boldrini è da poco stata eletta presidente della Camera. Un volto nuovo, un profilo molto alto, una storia politica in favore dei diritti degli oppressi. Insomma, un grande nome e una ottima mossa del PD. Ma il M5S ha perso una ottima occasione per aiutare il cambiamento, preoccupato solo di se stesso. Complimentoni!

lunedì 11 marzo 2013

11 marzo 2004

Di Monica Bedana

Ho vissuto un altro momento di grave emergenza sociale e democratica, in un altro Paese, a ridosso delle elezioni politiche. Era l'11 marzo del 2004 e in Spagna si votava domenica 14.

E faceva ancora freddo da cappotto pesante quella mattina di caos e angoscia di nove anni fa, quando le bombe sui treni di Madrid uccisero 191 persone e ne ferirono quasi 1900.

E dopo due giorni andammo a votare anche per coloro che non poterono farlo. A votare contro la manipolazione e le bugie. In una situazione estrema, in un Paese spaccato in due dal lutto (e che poi non si è mai più riconciliato), riflesso nell’antagonismo feroce di quasi otto anni di bipolarismo parlamentare. Un sistema che ha retto fino allo scoppio dell’attuale crisi economica.

A distanza di anni provo ancora imbarazzo nel ricordare il patetico tentativo di allora del governo Aznar di addossare l’attentato all’ ETA per far bottino alle urne con l’argomento populista per eccellenza, la lotta al terrorismo.
E’ lo stesso imbarazzo che provo ora nel vedere Bersani arrabattarsi su un programma post-elettorale che probabilmente si spinge più a sinistra solo perché gettare la palla al centro è stato deleterio per la sopravvivenza del partito, non perché si senta fino in fondo la necessità di certe riforme per il bene del Paese.

Politici sganciati dalla realtà, che non riescono a prendere coscienza di essa nemmeno quando esplode loro in faccia.

sabato 9 marzo 2013

Nuovo presidente, programma anti-crisi e cambio di marcia: proposte per una exit strategy dallo stallo politico

L'impasse politico pare senza via d'uscita, soprattutto per il PD, incastrato tra la Scilli di una alleanza col M5S (e con il conseguente ricatto di Grillo) e la Cariddi di un governissimo che rischierebbe di polverizzare la già traballante credibilità dei democrats. 
Bersani pare indirizzato a tutta forza verso la prima opzione, anche se Grillo gli ha per ora sbattuto tutte le porte in faccia - come era assai facile prevedere, il M5S ha poco da guadagnare a sostenere un governo della cosiddetta "casta".  Altri settori del suo partito - sempre gli stessi - vorrebbero un accordo con Berlusconi, per ora negato dalla direzione. Dietro loro soprattutto Napolitano che pare non voglia governi di minoranza e veda dunque di buon occhio un nuovo governo tecnico o addirittura una ammucchiata PD-PDL (e perché no, Monti). 
In entrambi i casi - anche se il secondo è infinitamente peggio del primo - i rischi sono grandissimi e le possibilità di riuscita estremamente basse. E bisognerebbe quindi forse pensare ad una alternativa, magari un ritorno alle urne, sperabilmente con una nuova legge elettorale. 

Prima però ci sarebbe da eleggere il Presidente della Repubblica e qui il PD potrebbe far vedere di avere imparato le lezioni della sconfitta elettorale. Gli Italiani hanno chiesto un gesto netto di discontinuità e di cambiamento, basta con la vecchia classe politica, basta con i vecchi accordi. Quindi, ovviamente, no a D'Alema, ma anche Finocchiaro, Prodi e Amato non sono assolutamente compatibili con l'attuale situazione politica. Bisognerebbe individuare una figura di grande prestigio e che interpreti il ruolo in maniera totalmente diversa rispetto a quanto fatto da Napolitano. Un presidente che abbia a cuore non tanto la governabilità, la saldezza del sistema politico e tantomeno gli accordi internazionali, non la responsabilità verso i mercati ed i poteri forti ma la responsabilità verso i cittadini e la difesa dei loro diritti  fondamentali (lavoro, sanità e scuola pubblica, tra gli altri). E nessuno meglio di Rodotà - da sempre uno strenuo difensore dei diritti, al di fuori della mischia politica, e candidato di vera rottura - potrebbe dunque ricoprire questo ruolo. Una figura che farebbe capire molto bene agli elettri che il PD ha chiuso la stagione delle crostate e degli accordi col PDL (che mai voterebbe una persona come Rodotà) ed è pronto ad aprire una stagione nuova.

E a quel punto, sfidare Grillo con un programma sociale e radicale, di vero rinnovamento politico e morale che per la prima volta dopo decenni si concentri sui temi più urgenti, quelli che più stanno a cuore all'elettorato e meno all'establishment: sanità e scuola pubblica, no al fiscal compact, nuova legge sul lavoro, spesa sociale per tutelare reddito e consumo. E poi la spending review che tutti si aspettano, quella dei privilegi, ancora più insostenibili in un paese in crisi: costi della politica ma anche e soprattutto pubblica amministrazione, autoblu ma anche i compensi per i consiglieri di amministrazione delle società pubbliche e benefit dei manager pubblici. Continuando con un tetto massimo a pensioni (anche se si toccano diritti acquisiti, come se non si fossero finora toccati quelli dei lavoratori...) e ai salari, come nella comunistissima Svizzera. Un segnale chiaro, in netta controtendenza a quelli dati finora: nella crisi devono cominciare a pagare quelli che stanno meglio. Non basta: ci sono spese che in questo momento non possiamo sostenere, a cominciare da TAV e F35. A prescindere dal merito, comunque discutibile, bisognerebbe comunque spiegare che in un momento in cui tutti stringiamo la cinghia la nostra prima preoccupazione è che tutte o quasi le risorse disponibili vadano verso il welfare dei cittadini e gli aiuti alle imprese. 
Con un tale programma si può e si deve sfidare il M5S in Parlamento o alle urne, senza alcun timore, per offrire una alternativa progressista e di sinistra alla rabbia e al disagio sociale.

In questo senso il discorso di Bersani in direzione ed il suo programma è un passo nella giusta direzione, ma ancora troppo timido e incerto. Mentre questo è il momento delle scelte decise. Bisogna prendere atto non solo della sconfitta elettorale ma del fallimento di un ventennio di moderatismo che ha contribuito a mettere il paese in ginocchio.  I cosiddetti giovani turchi del partito (Orfini, Orlando, Fassina, ma anche Civati) hanno già iniziato a farlo. Non serve un cambiamento di facciata, gattopardesco, con facce nuove alla Renzi e la riproposizione degli stessi programmi già superati dalla crisi del mercato e dell'Europa.  
Una inversione di 180 gradi rispetto all'ultimo PD ed una scommessa su un nuovo assetto politico che finalmente guardi in faccia la realtà della crisi e dei bisogni dei cittadini. Un percorso strettissimo, ma certo meglio dei ricatti di Grillo e Berlusconi.

giovedì 7 marzo 2013

Bersani e gli 8 punti: un primo passo nella direzione giusta ma ancora non basta.

Otto punti per un governo che deve trovare la maggioranza in Parlamento. Questa è la scommessa, probabilmente destinata all'insuccesso, di Bersani e del PD. Fallimento probabile perchè Grillo ha già detto che non ci starà, né indubbiamente ha interesse a sostenere il PD. In ascesa come è preferisce vedere i partiti tradizionali combattere, allearsi o suicidarsi mentre lui si siede lungo il fiume, aspettando che passi il cadavere del nemico.
Sbaglia però, perché il programma che presenta il PD è un deciso miglioramento rispetto a quello fatto e propagandato finora. Molti dei punti del programma sono condivisibili, almeno ad una prima occhiata:
- basta austerità
- salario sociale
- meno costi per la politica
- anti-corruzione
- conflitto d'interessi (era ora...)
- economia verde
- diritti civili
- istruzione

Insomma, teoricamente tutto bene, e comunque un passo avanti, a sinistra, nella direzione giusta. Troppo tardi, verrebbe da dire. Ma anche, probabilmente, troppo poco. In particolare guardiamo alcune formulazioni, tutte molto ambigue, del programma.
Alcuni punti qualificanti - cito dal documento ufficiale:

  • "Conciliare disciplina di bilancio con investimenti pubblici produttivi". No. Non basta ed è proprio sbagliato. All'austerity bisogna dire no tout court. Alla giapponese, se vogliamo. Non possiamo pensare di aprire la borsa solo per investimenti produttivi (quali, per altro? la TAV???). Il problema vero in questo momento è la spesa sociale - che invece in una formulazione di questo genere rischia di essere ridotta. O forse no, ma non lo si dice, non lo si mette nero su bianco. No disciplina di bilancio, si a più spesa pubblica per rilanciare i consumi e gli standard di vita.
  • "Salario o compenso minimo". Quantifichiamolo e diciamo dove arrivano questi soldi. Se no è difficile essere credibili. 
  • "Potenziamento del diritto allo studio". Giusto e sacrosanto. Ma cosa vuol dire in pratica? Data la storia del PD c'è il rischio concreto che anche qui il diavolo si nasconda nei dettagli. Nessun riferimento alla scuola pubblica, ma solo alla scuola in generale. Per cambiare, veramente, bisognerebbe essere più diretti, tipo: azzeramento dei fondi alle scuole private, come previsto in Costituzione. Ripristino della spesa pre-tagli effettuati in questi anni. Armonizzazione della spesa in istruzione agli standard e alla media europa.

Manca anche molto, tanto, sulla fiscalità (più progressiva, e pure patrimoniale per i ricchi e ricchissimi), e magari su un bel tetto alle pensioni d'oro che però molti dirigenti PD continuano a dire di non voler toccare perché non si possono toccare i diritti acquisiti - anche se se ne sono dimenticati ai tempi della riforma Fornero.

Ci sono molti limiti, mancano molte cose, ma è innegabile che si tratti di un primo passo. Se anche solo una parte di questi punti venisse applicato, sarebbe comunque un vantaggio per il Paese. Ma anche in caso di fallimento, possono rappresentare una prima base di programma per quando si tornerà a votare.


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giovedì 14 febbraio 2013

PD-SEL-Monti: no il triangolo no!!!


Almeno dovrebbero mettersi d'accordo che ci fan miglior figura. Vendola ogni giorno lancia fulmini contro Monti mentre il PD continua a corteggiarlo. E Monti se la prende con Vendola ma apre al PD mentre attacca la CGIL.
Una banda di matti, sembra. O forse un gruppo di opportunisti che prendono in giro gli elettori. Ognuno che tira acqua al suo mulino, alla fine è legittimo. Monti che deve tenere un po' di distanza dalla "sinistra" per drenare voti al centrodestra. Vendola che deve cercare di scappare alla rimonta di RC che si accrediterebbe altrimenti come unica vera sinistra. E PD che non deve perdere troppo a sinistra ma ha bisogno di mostrarsi come forza aggregante e "di governo". Tutto legittimo, come detto. Ma con un pò di decoro. Promesse, scontri, attacchi frontali. Per poi finire tutti assieme...
Il triangolo di certo Monti e Vendola non l'avevano mai considerato, ma è tremendo quando il terzo incomodo diventa il PD! Ed oggi infatti rischiamo di raggiungere questa nuova vetta di ridicolo. 
Vendola infatti dichiara che il nuovo governo introdurrà il reddito minimo garantito che, sopresa, sorpresa, ha promesso anche Monti. Peccato che sia il PD a non starci e ci ha tenuto a chiarirlo fin da subito col il suo responsabile lavoro, Cesare Damiano.
SEL e Monti verso le convergenze parallele con il PD a rompere le uova nel paniere...?
Proprio oggi Bersani twitta che saranno una coalizione solida. Ma chi vuole preder per i fondelli?

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martedì 12 febbraio 2013

La vecchia politica di Bersani

Vecchia politica quella del PD. Si, proprio del PD parlo, quello delle primarie che hanno innovato la politica italiana. Ma dato come vanno le cose, queste primarie sembrano sempre più una foglia di fico. Certo, bel dibattito, una campagna per una volta vera, con un vero sfidante (ed uno falso, Vendola, già rassegnato prima e che chiedeva già prima del primo turno di votare poi Bersani al secondo giro, va beh...). Ma poi? Primarie per scegliere i candidati, bene, anche se poi sono arrivati i barbari calati da - e non su - Roma, nelle vesti del listino di Bersani. Legittimo, ma copre un po' il valore della parlamentarie. Tutto nella norma, comunque. Il peggio è decisamente arrivato dopo. Prima si forma Rivoluzione Civile, e cosa succede? Partono emissari (Franceschini) sotto banco che vanno da Ingroia a proporre la desistenza camuffata al Senato: RC non si schiera, e il PD ospiterà due di RC nella sue liste, ma sotto mentite spoglie. Oh! Proprio un bell'esempio di politica trasparente, nuova, pulita. Giochetti di palazzo, come prima più di prima. Fantapolitica? Non direi. La cosa è stata denunciata da Ingroia e nessuno nel PD ha avuto il coraggio di smentire, un motivo ci sarà.
Ma il peggio deve ancora arrivare. Prima a parlare di alleanza col centro, mentre SEL, alleata di ferro del PD, nega. Poi Monti comincia a dar fastidio, ed allora il clima si surriscalda, attacchi anche abbastanza duri al Professore. E poi, dopo un giro a Berlino a farsi benedire da Merkel e Schauble, ecco tornare di moda lo stesso Monti. Si va alle elezioni da avversario, con programmi diversi, ma poi ci si vuole alleare, a prescindere. Qualcuno lo dica a Vendola che sembra l'unico a non essersene accorto. Ed è questa la politica nuova? Chiedere il voto per un programma sapendo di andare comunque a governare con altri? 
Che il PD possa cercare alleati nel caso non abbia la maggioranza in Senato è giusto e legittimo, nelle democrazie parlamentari si fa così. Ma che gli accordi ci siano da prima - come ha ribadito in una intervista al Foglio recentemente il segretario dei socialisti Nencini - beh è un discorso diverso. Allora si va alle elezioni alleati, con programmi chiari. Il PD non può farlo, anche i suoi elettori più fedeli avrebbero qualche problema a votare Monti, Fini e Casini. Ma se li ritroveranno dopo. 
Altro che primarie! Ancora una volta domina la politica di Palazzo, quella tanto amata da D'Alema&C. Una politica vecchia. E perdente.

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giovedì 7 febbraio 2013

Pierluigi, perche'?

di Monica Bedana

Perché strattoni , rovesci, giri e rigiri come un calzino la mia già bistrattata coscienza di sinistra ogni sei ore, con quelle dichiarazioni allo sbando, ora da ovi, ora da latte.

Io che tra mille tormenti ho accantonato il magistrato ed ho gioito per quelle primarie a nastro, contenta anche solo dell’illusione ottica di aver scelto dei candidati. Perché ormai mi aggrappo a qualsiasi barlume di partecipazione democratica in questo Paese in cui è assodato che le pernici sono un miraggio e quindi ci accontentiamo sempre e solo delle pernacchie.

Sto ancora aspettando il tuo scatto d’orgoglio rosso stinto dalla scorsa primavera.

Aspetto e sclero (e spero sempre meno). Nel frattempo, tu mi fiacchi e mi confondi. Eppure è chiaro che l’unico patto di stabilità che dovresti sottoscrivere per ben più di mezza giornata è quello con SEL sulle grandi questioni sociali, dal lavoro, ai diritti, all’ambiente e compagnia bella. Poi magari sulle riforme istituzionali, quelle che coinvolgono l’essenza dello Stato, sentiamo anche Monti, ci mancherebbe. Ma un segnale chiaro e definitivo sull’unità di fondo e di forma di questa coalizione di centrosinistra sarebbe ora di darlo, sarebbe un indice di raggiunta maturità politica, di sicurezza programmatica, di affidabilità per noi elettori. E un gesto rilevante anche in Europa, se davvero vogliamo che inizi a remare in un’altra direzione.

Perché il magistrato tallona con forza e la partita della mia coscienza di sinistra sarà chiusa solo davanti alle urne.

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domenica 20 gennaio 2013

L'epopea del voto utile: Vuoi Ingroia, voti Bersani ti ritrovi Monti

Riprendiamo qui un articolo di Marco Travaglio per il Fatto Quotidiano. Articolo che riprende a grandi linee un nostro post di qualche giorno fa in cui denunciavamo l'assurda richiesta del PD di chiedere i voti di Rivoluzione Civile per battere Berlusconi, per poi governare con Monti. Una faccia di tolla senza pari. Nessun nemico a sinistra, come sempre, ma per fare politiche di destra. Sembra invece sempre più chiaro che l'unico voto utile sia quello per Rivoluzione Civile. Con tutti i limiti del caso, l'unica formazione ad andare oltre l'agenda Schauble e a proporre un radicale cambiamento dopo i fallimenti di 20 anni di liberismo e 3 anni di austerity. Non è poco.

IL VOTO INUTILE

di Marco Travaglio


Come dice Crozza, l’appello del Pd al “voto utile” è molto pericoloso. Perché gli elettori potrebbero domandarsi: utile a chi? E pe...r fare cosa? Perché anche B. si appella al voto utile, diffidando gli elettori dal votare per tutti tranne il suo e, bontà sua, il Pd. E perché il voto è sempre utile o al massimo dannoso, ma mai inutile. Inutile è solo il non-voto. Sappiamo bene cosa intendono Bersani e Berlusconi per “voto utile”, riconoscendosi vicendevolmente come unici veri avversari: non votate per gli altri, sennò fate vincere l’altro. Una concezione davvero curiosa della democrazia, specie da parte di due leader che da 15 mesi governano insieme e si scoprono avversari solo in campagna elettorale.

Chi vuole sostenere le battaglie per la legalità, il lavoro e l’ambiente trova utilissimo votare Rivoluzione Civile di Ingroia. Chi vuol mandare in Parlamento una pattuglia di giovani guastatori senza soldi contro il sistema consociativo trova utilissimo votare 5 Stelle. Chi ama i tecnici e la vecchia Dc trova utilissimo votare Agenda Monti. Chi ancora crede alla Padania trova utilissimo votare Lega. E così via. Ma il voto utile, per il Pd, nasconde una parola che i furbetti del Nazareno non vogliono pronunciare, convinti che tutto sia loro dovuto: “Desistenza”. Siccome nei sondaggi Ingroia è dato al 5-6%, dunque supererà il 4% necessario per entrare alla Camera, ma l’8% per il Senato dovrebbe scavalcarlo solo in alcune regioni (Campania e Sicilia in primis), Bersani spera che ritiri le sue liste almeno nelle tre regioni decisive per conquistare la maggioranza al Senato: Lombardia, Campania e Sicilia. Così ha fatto chiedere a Ingroia la desistenza, anche se pubblicamente lo nega e pretende che Ingroia gliela regali sua sponte. Ora, la desistenza è già stata sperimentata con successo dall’Ulivo con Bertinotti nel ’96, in vista dell’appoggio esterno di Rifondazione al governo Prodi. Nel 2001 ci fu il bis, ma solo col Prc, mentre Di Pietro fu tenuto fuori con una mossa talmente astuta che regalò la vittoria a B.

In ogni caso la desistenza era fra due alleati che, dopo il voto, si impegnavano a governare insieme. Dunque erano entrambi interessati alla vittoria della coalizione. Ora invece, per la prima volta nella storia, il Pd vorrebbe la desistenza (per giunta spontanea e gratuita) di un partito con cui non ha alcuna intenzione di governare, ritenendolo un pericoloso nemico giustizialista, populista, estremista e antinapolitanista. Bersani bolla come “cancro della democrazia” quelli che chiama “partiti personali”: e non ce l’ha con Agenda Monti, suo ex e futuro alleato, ma con Rivoluzione Civile che, lungi dall’essere un partito personale, riunisce almeno sei fra partiti e movimenti (Idv, Pdci, Prc, Arancioni, Cambiare si può, Alba). In compenso Bersani e persino Fassina annunciano che dopo le elezioni governeranno con Monti, Fini, Casini e famiglia anche se avessero la maggioranza in entrambe le Camere. E, per precauzione, lo scavalcano a destra rinunciando alla patrimoniale, prevista persino nell’Agenda Monti.

Intanto Monti, per gratitudine, in Lombardia appoggia Albertini per far perdere Ambrosoli, sostenuto invece da Ingroia. E Ingroia dovrebbe suicidarsi ritirando le liste in tre regioni chiave, di cui due gli consentirebbero la presenza al Senato? E in cambio di cosa? Dei voti che occorrono al Pd per governare con Monti, portare in Parlamento qualche impresentabile (tranne i 4 fulminati ieri) e cacciare Ingroia all’opposizione? In attesa di capire a cosa sia utile il voto al Pd, e se non sia più utile che Pd e Sel si coalizzino con Monti prima delle elezioni, cosicché gli elettori possano esprimersi sull’ammucchiata Monti-Zemolo-Casini-Fini-Bersani-Vendola prossima ventura, sorge spontanea una domanda: ma se il Pd vuol continuare a governare con Monti, perché la desistenza non la chiede a Monti?

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venerdì 14 dicembre 2012

TraMonti 1. Blob elettorale - il peggio della settimana

Iniziamo questa settimana una rubrica che ci portera' fino alle elezioni, raccogliendo il peggio delle dichiarazioni settimanali dei leader politici

1. Grillo: "Io antidemocratico? Allora via dalle palle"....piu' democratico di cosi'.....

2. Monti: "Si e' allontanato da me il Re Sole". E due giorni dopo, con lo spread in salita: "Capisco i mercati".....E come no. Dopo il Re Sole ecco Luigi XV che rimane fedele alla storia - dopo di me il diluvio. Poi per fortuna lo spread e' tornato sotto controllo, ah sti mercati!

3. Bersani e Vendola. Il governatore pugliese: "l'agenda Bersani non è sovrapponibile all'agenda Monti: su questa si fa punto e a capo". Bersani: "La mia agenda? La stessa di Monti, piu' qualcosa".....Ahi ahi Nichi, non l'hai ancora capito che conti come il 2 di spade quando briscola e' bastoni?

4. Berlusconi: "Se Monti cambiasse idea per quanto mi riguarda non avrei nessuna problema a ritirare la candidatura".....Ma come? Prima fa cadere il governo che non aveva fatto abbastanza bene, e poi è pronto a lasciare il campo al ritorno di Monti? Allucinante...

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sabato 1 dicembre 2012

Perchè Bersani

di Nicola Melloni
 
 
 



L'incipit è per forza di cose uguale a quello in cui Bedana sostiene Renzi. Bersani non è il mio candidato, non voterò il PD alle elezioni e su questo blog abbiamo spiegato mille volte perchè: fiscal compact, pareggio di bilancio in Costituzione (un vulnus terribile alla nostra democrazia), riforma del lavoro, delle pensioni.
E potrei proseguire all'indietro passando per l'esperienza terribile di Veltroni, e, ancora prima, dei DS in cui Bersani è stato indubbio protagonista di una stagione che, guardando fuori dalla finestra, non si può definire altro che fallimentare. Ed allora perchè Bersani?
Certo Bersani le sue occasioni - seppur costretto da altri, ma in politica questo è normale - le ha avute, e non ci ha convinto. Ma oltre che guardare al passato bisognerà pur guardare al futuro. E per farlo ci servono sì le biografie dei 2 sfidanti, ma anche e soprattutto quello che dichiarano di voler fare. Bersani ha firmato il fiscal compact? Si ma ora dice che vuole anche politiche di sviluppo. Renzi non lo ha firmato, ma sostiene in tutto e per tutto una agenda liberista. Bersani ha contribuito a cancellare l'art.18? Si, ma a Renzi non basta, vuole andare avanti con l'agenda Ichino, altre martellate ai lavoratori. Bersani non si è opposto a Marchionne? Vero, ma Renzi lo ha invece sostenuto con entusiasmo e lo rivendica tuttora - il problema per il sindaco di Firenze non era il ricatto ai lavoratori ma il non aver esaudito le promesse.
Sulle spalle di Bersani aleggiano come avvoltoi spettri del passato, da Veltroni a D'Alema, a quella nomeklatura che ancora non si fà da parte. Ma Bersani ha contribuito a creare un gruppo dirigente giovane e con salde fondamenta socialdemocratiche, ad iniziare da Fassina. Ed al suo fianco è comunque schierata la CGIL che ha tenuto la schiena dritta davanti all'agenda Monti. Di fianco a Renzi ci sono volti nuovi, ma non certo rassicuranti: Serra con i soldi alle Cayman, Gori gran burattinaio televisivo, Zingales che si crede Milton Friedman in salsa italiana.
Mandare a casa un gruppo dirigente fallimentare e attaccato alla poltrona è sicuramente una battaglia politica meritevole, e di questo bisogna dare atto a Renzi. Ma sostituire faccie vecchie con programmi ancora più vecchi, e non solo vecchi ma proprio sbagliati e pericolosi per la nostra economia e per la nostra tenuta sociale sarebbe un errore. Non basta avere un programma. Bisogna avere un programma giusto. Se per mandare a casa D'Alema il prezzo che mi si chiede è affondare l'Italia, il gioco non vale la candela.
Anche se non voto PD e non voterò Bersani, preferisco l'Italia di domani governata da Bersani, perchè sarà un'Italia dove si guarderà comunque con più attenzione al mondo del lavoro. Non basta ma è certo molto meglio dell'alternativa.


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mercoledì 28 novembre 2012

Le primarie del meno peggio

E' andato abbastanza bene il primo turno delle primarie con una discreta affluenza - anche se in sostanziale calo rispetto alle ultime volte. Ma 3 milioni di persone che votano meritano rispetto ed è comunque un buon segnale che si faccia la fila per votare, per scegliere. Perché la democrazia, dopo tutto, è anche e soprattutto partecipazione. Occorrerebbe ricordarsene anche dopo le primarie, quando si tratterà di fare delle scelte non solo sui leader ma su quello che ci sarà da fare - e si comincerà a dire che i mercati e che l'Europa vogliono altro. Vedremo.
Ma il dato rilevante mi pare altro, e cioè la mancanza di entusiasmo per questo voto alle primarie. Ancora una volta, l'ennesima in questi ultimi 10 anni e rotti, si vota il meno peggio. Renzi di questa idea ne ha fatto una intera bandiera - "io sono quello che vi libererà della nomenklatura che tanti danni ha fatto all'Italia in questi anni". Ma molti dei votanti per Bersani sono su una linea simile - non vogliono Renzi perché non pensano sia di sinistra, o che addirittura sia di destra. E così ci troviamo nella logica del meno peggio: in pochi ti spiegano perchè hanno votato Renzi o Bersani mentre sono in molti a darti  una spiegazione al contrario - ho votato x perché non voglio y.
Questo rancore, questa paura dell'altro è però un segnale pessimo per la democrazia. Per anni siamo stati costretti a votare qualsiasi cosa passasse il convento per evitare la vittoria di Berlusconi, da Rutelli alle alleanze con Mastella, e via dicendo. E proprio questo meno peggio ci ha portato al tracollo. E questo non è certo successo solo in Italia, ma in tutto il mondo.
Purtroppo queste primarie stanno ripercorrendo la stessa via, e non è certo la maniera migliore per iniziare la cosiddetta Terza Repubblica.

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