martedì 5 marzo 2013

L'asse Napoli-Venezia (che non va a fuoco)

Di Monica Bedana

Dicevo oggi ad un amico napoletano ferito a morte dall’incendio di Città della Scienza che per me è come se fosse andata a fuoco Punta della Dogana a Venezia. Con la differenza che a parlarne sarebbe il mondo intero e sarebbe già partita la gara di solidarietà internazionale per la ricostruzione. Non è questione di bellezza ed importanza del patrimonio; Venezia gode di quella rispettabilità di facciata che a Napoli si nega a priori. Lí, al sud, sono mafiosi, hanno la pattumiera in strada, rubano i Rolex ai turisti appena sbarcati dalla nave da crociera.

Al nord siamo virtuosi, invece.

Sappiamo che al nord la mafia non esiste, né la corruzione legata al potere politico che sempre più spesso dei soldi mafiosi si nutre anche al di qua del Po. Per questo forse non si parla, fuori dai confini della Serenissima (ma poco anche dentro di essi), dell'arresto del presidente della Mantovani, Piergiorgio Baita, un tipo cosí trascurabile che in Veneto ricopre 67 cariche in altrettante società che costruiscono e/o gestiscono praticamente tutti i punti nevralgici della regione, dal Mose al Consorzio Pedemontana, all’Arsenale, alla Nuova Romea, alla Veneta Sanitaria (quell’idea dilagante, cara non solo a Monti, di project financing grazie al quale anche la sanità pubblica si trasformerà in bene di lusso alla portata di pochi) ma anche l’appalto più importante dell’Expo 2015 di Milano, in collaborazione con la società siciliana Ventura, accusata di rapporti con potenti cosche messinesi.
Tangenti, milioni e milioni di euro, frode fiscale, mafia.
Ma la mafia è quella che incendia Città della Scienza, non quella che va a braccetto con la politica e gli impresari del nord, quelli che, come Baita, rischiano, investono, danno lavoro a 600 dipendenti (la Mantovani è la prima ditta del Veneto, l’11ª in Italia). Rispettabili e virtuosi, loro.

E a Venezia poi non appendiamo le mutande in strada, il filo teso tra un edificio e l’altro, come a Napoli. Anche se volessimo farlo, non abbiamo più edifici, ci siamo venduti la città intera, il patrimonio pubblico, pezzo per pezzo, ai migliori offerenti mondiali. E ancora non ci basta per finanziare il Mose e passare l’inverno coi piedi all’asciutto in piazza San Marco.

Da queste parti non abbiamo nemmeno pattumiera, perché è andata in prescrizione e l’abbiamo archiviata. Città della Scienza era un meraviglioso esempio di ciò che l’area del petrolchimico di Porto Marghera non è mai diventata. Marghera, la nostra Ilva, il nostro Casale Monferrato, la nostra Seveso , una sentenza quasi omologa alla Thyssen. Uno spettro inquietante quanto i resti carbonizzati del rogo di Napoli. L'oblio.

Stamattina un sondaggio regionale assicurava che la metà del Veneto è a favore del governissimo PD-PDL: azzeccato di sicuro, superfluo spiegare il perché. L’altro 50% tornerebbe subito alle urne, probabilmente per rafforzare il consenso massiccio espresso lo scorso 25 febbraio al M5S. Movimento che ha la possibilità di fare subito una buona legge anti-corruzione, per esempio.
Senza bisogno di incendiare ulteriormente una democrazia che sta già da tempo sui carboni ardenti.

@fnicodemo e @EnricoTomaselli e a tutti i napoletani. dal profondo nordest

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