Felicità di vivere in un paese senza filosofia
I. Il recente ribasso
del tasso d'interesse,
il livello minimale
dell'imposta sul reddito
e il cambio attuale
sono la sua convenienza.
Compensano per l'assenza
del campanello alla porta,
della casella della posta,
dell'imposta alla finestra,
del parafango alla catena,
della pasta a pranzo,
del pane per merenda
e della minestra per cena.
La luce fino a tardi d'estate la sera eclissa
classismo e consumismo. Ci si fida.
Un po' si pianifica e un po' si improvvisa.
Le stesse strofe strane
che uno pensa mentre guida
colla metà destra del cervello,
la sinistra le ravvisa nel ritornello.
Il rubinetto dell'acqua calda e quello
dell'acqua fredda sono allora un asso
nella manica e non un cimento, se uno poi viaggia
ed esplora un territorio dell'ex-impero.
Vento e pioggia in spiaggia,
terreno verde e ameno,
estero, poco clero,
e conformismo di pensiero anche meno.
II. La luce fino a tardi d'inverno la sera
sfuoca un poco sfiducia e qualunquismo.
La frutta, la verdura, il cibo lento,
tutta roba buona di terra fertile,
tutta una struttura sociale
di tipi magari materiali
e provinciali, ma anche aperti,
e dediti senza eccessi
al vino solo occasionalmente.
La botte piena, la moglie in vacanza
a Ferragosto, sulla rena coi bambini.
I bagnini di schiena e le vele. La speranza
di una coscienza civile per le generazioni
che verranno (il pluralismo
delle idee dovr aspettare
quello delle religioni
e senza illusioni, ci vorranno ere intere,
tempi pressoché eterni.)
L'occhio qui vuole sempre la sua parte.
Il che è ottimo per le professioni
legate al benessere, all'arte. O per chi è figo.
E a chi l'aspetto non lo alletta,
si metta pure in castigo, per punizione
o per penitenza in ginocchio, o si tiri in disparte.
III. Una lettera, tre lettere,
un'enciclopedia da portalettere,
un periscopio-caleidoscopio,
una cornucopia, una copia
di tutte le cose di cui sopra,
e molte, molte di più. Sotto, sopra
su, giù. Uno specchio
che ancora non sa esser vecchio.
È globale, ma non banale, conviene che ti ci arrovelli.
È sempre l'ultimo il più fatale degli indovinelli.
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