La cineteca politica di RI
Tra la fine dell'ancien régime e la Restaurazione, in Francia,
l'unico caposaldo fra le numerose forme di governo che si succedettero, fu la
presenza al governo del Principe di Talleyrand.
Dal secondo dopoguerra all'inizio di questa settimana nella vita
dell'Italia Repubblicana, segnata invece da un solo immutabile (nome a parte),
partito al governo, figura onnipresente e' stata quella di Giulio Andreotti,
che a differenza di Talleyrand non ha nemmeno dovuto ricorrere alle virtù del
camaleonte per rimanere al potere. A dimostrazione che la politica,
specialmente nella DC, non e' un mestiere ma una vocazione, e che l'abito del
democristiano e' una veste sacra di cui mai ci si spoglia.
Con tanto tempo ed altrettanta astuzia Giulio Andreotti ha raggiunto
numerosi primati in 60 anni di potere:
ben 7 volte Presidente del consiglio, innumerevoli incarichi in vari
dicasteri, dal 1945 sempre in Parlamento e custode di molti segreti di stato.
Non si e' fatto mai mancar nulla, nemmeno un processo per concorso esterno in
associazione mafiosa, e pur avendo un curriculum così ricco di eventi e'
riuscito nella sua vita a far parlare di se' il meno possibile. Su un
personaggio così attraente, star sul filo del rasoio di molti misteri italiani
tra il senso dello stato ed il delirio di onnipotenza, ci si aspetterebbe una
vasta cinematografia, ed invece quasi niente, se non l'audace Il Divo di Paolo Sorrentino.
Per cui, per ricordare lo Zio Giulio questa settimana abbiamo scelto
un documentario dal lungimirante titolo realizzato da Roberto Faenza in
collaborazione con Marco Tullio Giordana, Antonio Padellaro e Carlo Rossella
nel 1977. Un montaggio di reperti video dell'Istituto Luce e di tv di altri
Paesi europei mai trasmessi prima in Italia, che mostrano il destino del nostro
Paese intrecciato con la storia della Democrazia Cristiana dalle elezioni del
1948 fino al 'rinnovamento' del partito al congresso del 1976. Una carrellata
di eventi che legano il Piano Marshall alla ricostruzione del nostro Paese tra
festival della canzone Italiana, Miss Italia ed il disastro alla diga del
Vajont. Sempre presente Giulio Andreotti, che alla stregua del buon Paolini,
appare sullo schermo in tutte le epoche, primi o secondi piani che siano, e
sembra non cambiare mai eta' o espressione, nemmeno nel passaggio dal bianco e
nero al colore.
Il documentario fu ritirato dalle sale pochi mesi dopo l'uscita
quando Aldo Moro venne rapito. Faenza stesso ha raccontato in un'intervista, che
quando il documentario fu trasmesso in tv nei primi anni '90 la procura di
Palermo ne sequestro' una copia perché in alcuni fotogrammi Andreotti appariva
accanto persone sospette per mafia.
Giulia Pirrone
il Film:
Nessun commento:
Posta un commento