Tremonti si sta confermando sempre più il difensore dei mercati e le sue politiche economiche sono tutte improntate al tentativo di compiancere il capitale internazionale. Dunque, non è una sorpresa che non appena la posizione del super-ministro si sia politicamente indebolita, i mercati abbiano reagito in malo modo, attaccando i titoli di stato italiano e portando lo spread tra gli interessi pagati sul nostro debito e su quello tedesco ai massimi storici. Si teme che, se Tremonti dovesse andarsene, partirebbe l'attacco alla diligenza, la spesa pubblica andrebbe fuori controllo e l'Italia si troverebbe in men che non si dica in una situazione di sapore greco.
Tremonti dunque è considerato, a torto o a ragione, il garante del debito italiano davanti agli speculatori internazionali. Così preso in questo ruolo, il superministro del Tesoro sembra dimenticarsi che il suo ruolo sarebbe anche (e soprattutto) quello di fare il bene del Paese. La finanziaria appena presentata ne è l'esempio lampante.
Uno dei provvedimenti più discussi è l'aumento da 34 a 120 euro dell'imposta di bollo sul conto titoli, il conto di deposito obbligatorio in cui si registra la proprietà dei titoli. Due sono le chiavi di lettura per interpretare questa scelta. Da una parte si può pensare ad un marchiano errore, forse dovuto al caldo luglio romano, forse alla confusione che attraversa una maggioranza allo sbando che non ha linee direttrici chiare e si affida all'estemporaneità. E l'aumento dell'imposta di bollo sembra proprio andare in questa direzione. Infatti un salasso così forte azzererà il rendimento nel caso dei patrimoni più modesti, col rischio di una minore sottoscrizione dei titoli di stato da parte degli investitori meno abbienti. Anche uno studente con pochi rudimenti di matematica capirebbe che se da un rendimento netto del 2.6% vengono sottratti 120 euro (150 a partire dal 2013) allora la remunerazione di una piccola quantità di capitale rischia di diventare addirittura negativa ed in ogni caso poco conveniente rispetto ad altri investimenti. Si tratterebbe, in questo caso, di un Tremonti rimandato in matematica, e contro di lui si ritorcerebbero gli epiteti che il ministro elargisce a piene mani ai suoi colleghi di governo.
Esiste però un'altra spiegazione, e cioè che Tremonti sia meno impreparato di quello che potrebbe sembrare.
In realtà le politiche economiche del nostro sono sempre state improntate al più ostentato classismo, dai tagli lineari in avanti; altro che ministro impregnato di cultura socialista, come ci racconta Vittorio Feltri nel surreale editoriale su il Giornale di ieri. E classista, in maniera addirittura sguaiata è l'aumento dell'imposta di bollo. Per il 2012 questa imposta colpisce in egual maniera tutti i risparmiatori, piccoli e grandi, con effetti facilmente immaginabili. I detentori di grandi patrimoni nemmeno se ne accorgeranno, mentre, come abbiamo detto, il piccolo risparmio sarà colpito in maniera durissima. Dal prossimo anno poi gli scaglioni saranno due, 150 euro fino a 50 mila euro, 380 per i patrimoni superiori ai 50 mila euro. Ma anche questo minimo intervento di recupero della proporzionalità è sostanzialmente un intervento cosmetico, perché con un patrimonio di 51 mila euro si pagherà comunque proporzionalmente meno che con un patrimonio di 20 mila euro. Si tratta, come è stato giustamente detto, di una patrimoniale, peccato che si tratti di una patrimoniale alla rovescia, che va cioè a colpire chi ha di meno, una misura fortemente regressiva che attacca il piccolo risparmio e punisce i lavoratori lasciando sostanzialmente intatta la remunerazione del grande capitale. Ed ecco che ci torna in mente il Tremonti garante dei mercati e non del suo popolo. Ed essere garante dei mercati non vuol dire solo salvaguardare i conti dello stato, ma soprattutto difendere gli interessi di classe del capitale.
L'importo complessivo dell'operazione viene calcolato in 8 miliardi di euro nel prossimo triennio e Tremonti ha già dichiarato che non si opporrà a modifiche, ma a saldi inalterati.
Ebbene, una alternativa, immediata, ci sarebbe. Una vera patrimoniale che punti al reperimento di queste risorse tassando i patrimoni più alti e lasciando inalterati quelli inferiori. Il sito di economisti "Sbilanciamoci!" ha calcolato che una tassa del 5 per mille sui patrimoni superiori ai 3 milioni di euro porterebbe nelle casse dello stato oltre 10 miliardi di euro, un importo più che sufficiente per coprire il mancato introito sull'aumento dell'imposta di bollo. Sarebbe una soluzione non solo etica - pagano di più i più ricchi - ma anche economicamente più convincente: tassare i redditi più bassi vuol dire invece colpire i consumi e la domanda interna. ed indebolire la crescita del Pil. Ma che direbbero gli sponsor di Tremonti?
Di Nicola Melloni da "Liberazione"
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