lunedì 22 agosto 2011

Altro che mano invisibile. Ora è tempo degli animal spirits.
Di Nicola Melloni da "Liberazione" del 20/08/2011

Non sembra esserci fine a questa drammatica crisi di inizio secolo: le borse continuano a crollare e la recessione ora spaventa sia l'Europa che l'America. I governi non sembrano aver nessuna idea innovativa, prima si sono affidati al deficit spending per risanare le banche (e non per far ripartire l'economia reale), ora sperano che l'austerity possa calmare gli appetiti rapaci della speculazione internazionale. Ma si tratta fondamentalmente di wishful thinking, idee basate sulla speranza e non sull'analisi, che sembra ormai completamente mancare alla nostra classe politica. La realtà è che i governi occidentali sono ormai ostaggio dei mercati finanziari, che rispondono a logiche di brevissimo, immediato, periodo e non hanno nessuna visione del mondo al di fuori di quella del profitto immediato. Questi mercati sono retti dai cosiddetti animal spirits, altroché mano invisibile di smithiana memoria.

In effetti, quello a cui ci troviamo di fronte è un capitalismo che nulla ha a che fare con quello di Adam Smith, né con le altre forme di capitalismo che si sono storicamente succedute. Non vi è più un governo come comitato di affari della borghesia di marxiana memoria; quella borghesia aveva un progetto ed era protesa in uno sforzo egemonico tale da instaurare quelle istituzioni che potessero garantire l'accumulazione del capitale e la riproduzione dei mezzi di produzione. Sfruttando e saccheggiando ma costruendo, nel contempo, le basi del proprio futuro. Il capitalismo attuale non è nemmeno quello taylorista quando gli interessi della General Motors erano coincidenti con quelli dell'America. Certo quel capitalismo industriale era conscio della lezione del '29, della tendenza alla sovrapproduzione e della lezione di Keynes. Era un capitalismo che, naturalmente, sfruttava i lavoratori, ma garantiva il reddito e l'occupazione, perché i lavoratori erano anche consumatori e fornivano la domanda per le merci che essi stessi producevano.
Questo capitalismo, finanziario, è diverso, non capisce le necessità di riproduzione del capitale perché, per sua stessa natura, è interessato a tutt'altro. E' quella stessa logica che ha portato i Ceo delle compagnie finanziarie (e di alcune grandi industrie, come la Enron) ad aumentare artificialmente la quotazione delle azioni per raggiungere un guadagno (ed un bonus) immediato, pure al costo di sfasciare la redditività della compagnia. E' sempre quella logica perversa che faceva alzare gli indici borsistici quando la disoccupazione aumentava poiché questo significava una riduzione del numero di addetti e quindi dei costi delle imprese, ed in questa spirale di assurdità meno costi voglion dire maggiori profitti.

Non può dunque sorprendere che questi mercati finanziari stiano adesso addosso ai governi rei di averli salvati non più tardi di quattro anni fa. Chiedono finanziarie pesantissime per garantire il pagamento dei conti di oggi, ma non si rendono nemmeno conto che così facendo inficiano le prospettive di crescita di domani, quando verrà presentato un conto ancor più salato di quello odierno. Ed infatti, mentre i governi alzano le tasse e tagliano la spesa, l'industria boccheggia, a cominciare dall'auto, il bene di consumo per eccellenza. E non può essere un caso che i capitalisti di lungo corso abbiano visioni in netto contrasto con quelle dei finanzieri alla Marchionne che vedono come il fumo negli occhi un innalzamento delle tasse che diminuirebbe i profitti - vale per la Tobin Tax come per il prelievo di solidarietà o i tax cuts di Bush. Questi "vecchi" capitalisti capiscono che la finanziarizzazione dell'economia ha messo il capitalismo ed il mondo occidentale k.o., che mentre gli investitori vedevano gonfiarsi il portafogli, il lavoro perdeva reddito ed il capitalismo occidentale smetteva di investire e cominciava ad indebitarsi. Dunque i Buffett e i Montezemolo chiedono che vengano alzate le tasse ai ricchi, la cui propensione marginale al consumo rimarrebbe invariata, non andando a toccare il ceto medio, la cui incipiente proletarizzazione significa soltanto declino e miseria per l'Occidente.

Quello che nel 2007 non si è voluto capire è che la crisi finanziaria non era un qualcosa di passeggero da mettere a posto semplicemente con l'intervento pubblico. Quel che ci si è ostinati a ignorare è che la crisi greca non era solamente un evento di mala-finanza e di conti truccati. Quel che ora è indispensabile comprendere è che siamo di fronte ad una crisi sistemica e solo un totale rovesciamento del paradigma neo-liberale e il superamento del capitalismo finanziario potranno salvare un mondo che ci sta sprofondando sotto i piedi.

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