venerdì 12 agosto 2011

I frutti avariati del liberalismo e della crisi
Di Nicola Melloni

SPECIALE LONDRA AGOSTO 2011

Londra è in fiamme e l’incendio si sta velocemente propagando al resto d’Inghilterra. Dopo aver proseguito
per diversi giorni la sua vacanza toscana, David Cameron è tornato fuori tempo massimo a Downing Street
e non ha trovato niente di meglio da dire che queste violenze sono pura e semplice criminalità. Bella
scoperta! Che sia criminalità non c’erano dubbi, che la distruzione di negozi, che l’incendio di appartamenti,
che il saccheggio siano atti da condannare è fuori discussione. Un politico serio, però, avrebbe il dovere di
farsi alcune domande e darsi le relative risposte, e non semplicemente costatare l’ovvio.

Perché dunque queste rivolte? Perché a Tottenham e poi Croydon, Vauxhall e Hackney, perché poi si è
passati a Birmigham, Liverpool e Manchester? Perché ora? Cerchiamo di vedere oltre la coltre di fumo dei
fuochi della rivolta. La Gran Bretagna che il New Labour ha lasciato in eredità a Cameron è il paese
dell’Europa occidentale con il più alto tasso di diseguaglianza e quello in cui, secondo la London School of
Economics, la mobilità sociale è più bassa – fa peggio addirittura dell’Italia. Il problema, che ha molti risvolti
e sfaccettature, trova il suo fulcro in un sistema educativo essenzialmente classista, con scuole private per
le élites che portano direttamente alle grandi università, e scuole pubbliche per chi non può permettersi
l’istruzione privata. L’accesso alle università più prestigiose garantisce ai figli dei ricchi (essenzialmente
bianchi) un accesso privilegiato al mercato del lavoro, soprattutto nel settore finanziario e in posti
dirigenziali. L’istruzione pubblica, invece, di modestissimo livello fa sì che i figli delle periferie nere, ma non
solo, rimangono esclusi da qualsiasi opportunità di riscatto sociale e non a caso pochi mesi fa il Guardian
denunciava che molti dei college di Oxford e Cambridge non accettavano studenti di colore, non per
razzismo ma perché non abbastanza preparati in quanto provenienti dalle state school. Questa situazione,
bisogna essere chiari, è figlia di una struttura sociale e di una certa cultura inglese di lunga data, ma anche e
soprattutto delle politiche economiche e sociali degli ultimi tre decenni, prima con la Thatcher e poi con
Blair. Il nuovo governo di coalizione, poi, ci ha messo del suo. Le rette scolastiche aumenteranno fino a
9.000 sterline e dunque anche quegli studenti che, tra mille difficoltà, riescono ad emergere dalla scuola
pubblica saranno costretti o a rinunciare all’istruzione superiore o ad indebitarsi fino al collo. In tempi di
crisi, inoltre, la disoccupazione è notevolmente aumentata, colpendo, come sempre, in maniera
sproporzionata le fasce più deboli della popolazione su cui il governo Tory si è ulteriormente accanito con
l’aumento dell’IVA e, soprattutto, con i tagli ai servizi sociali, soprattutto a quelli gestiti dalle comunità
locali. Ecco dunque che le nostre domande trovano facili risposte. Le rivolte di questi giorni sono la risposta
dei senza speranza che aspettavano solo un pretesto per dar sfogo alla propria rabbia; avvengono
soprattutto nei quartieri “etnici” periferici perché li si annidano la povertà e l’emarginazione più eclatanti –
si tratta dunque di una questione squisitamente sociale che diventa razziale solo in seconda istanza, in
quanto, come sempre, i poveri e gli sfruttati vengono soprattutto dalle minoranze; infine la scintilla è
scoccata ora perché i governi Labour, pur colpevolssimi di questi disastro sociale, avevano più risorse con
cui tenere tranquille le comunità locali e, bisogna ammetterlo, un approccio comunque più intelligente ed
inclusivo alle politiche sociali. Cameron ed il governo di coalizione, invece, sono andati dritti verso lo
scontro, in tipico stile Tory. Certo avevano contato molto sulla passività di un Labour in grande difficoltà e
ormai senza capacità di mobilitazione e sulla debolezza dei sindacati che ancora non si sono ripresi dalla
botta data loro dalla Thatcher. Dunque che questa rivolta, essenzialmente sotto-proletaria, non abbia un
carattere politico ma soprattutto teppistico non può sorprendere, data la totale assenza di forze politiche e
sindacali in grado di rappresentare il disagio sociale. La sinistra, inglese e non, dovrebbe ricordarsi che gli
sfruttati senza coscienza di classe diventano solo cani sciolti, così come accade negli USA, paese dalle
diseguaglianze estreme che per tenere a bada il conflitto sociale utilizza un sistema repressivo durissimo ed
una politica carceraria indegna di una democrazia. La nuova linea politica del liberismo, ormai incapace di
coniugare crescita economica e pari opportunità, sembra ormai quella della repressione.

Da Liberazione dell'11 agosto 2011.

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