Il lungo weekend elettorale europeo è iniziato in Gran Bretagna, e continuerà nei prossimi giorni in Italia, Serbia e soprattutto Francia e Grecia. Si tratta della prima importante tornata elettorale da quando la crisi ha investito l'Europa ed i risultati potrebbero avere un impatto decisivo sulla direzione che il continente prenderà.
Il Regno Unito è stato il primo paese a lanciarsi nella folle avventura dell'austerity. Dopo la vittoria monca dei conservatori e la coalizione con i lib-dem solo 2 anni fa, il governo Cameron-Osborne sembra già in ginocchio. Il Cancellieri dello Scacchiere, arrogante come pochi, è andato avanti per la sua strada di tagli su tagli, sperando in una ripresa del settore privato che non è mai arrivata. Anzi, l'Inghilterra è tornata in recessione nonostante tutto il denaro pompato dalla Banca d'Inghilterra. E puntuale è arrivata la batosta elettorale.
Senza quasi neanche sforzarsi, il Labour è tornato fermamente ad essere il primo partito del paese, con vittorie fino a poco tempo fa impensabili nel sud del paese, classica roccaforte Tories. Su scala nazionale i laburisti sono quasi al 40% e traslando i voti delle elezioni locali in parlamentari, il partito di Milliband avrebbe una solidissima maggioranza. Vero che questo esercizio è sempre rischioso, ma non ci sono dubbi, e non lo nascondono neanche i Conservatori, che questo voto ha una valenza politica e non certo amministrativa.
E la conferma viene dall'unica affermazione importante riportata dai conservatori, a Londra, dove il sindaco Boris Johnson riesce a guadagnare la rielezione. Ma è una vittoria dal sapore dolce amaro, perchè Johnson ha vinto non grazie al proprio partito, ma a dispetto di questo e soprattutto grazie alla scelta suicida del Labour di candidare per l'ennesima volta Ken Livingstone, ormai inviso alla maggioranza dei londinesi. Ed infatti il dato politico è che nei voti di lista, rispetto alle ultime amministrative, il Labour guadagna in tutti i borough londinesi mentre i conservatori sono in calo ovunque ma Boris ha preso più voti dei suoi mentre Ken il rosso (con qualche scheletro nell'armadio per elusione fiscale, un disastro) ne ha presi molto meno del Labour, trasformando una sicura vittoria in una sconfitta di misura.
Un discorso a parte meritano i Liberal Democratici. Due anni fa erano la storia di copertina, in continua ascesa e decisivi per la formazione del governo. Ma la loro partecipazione all'esecutivo è stata un disastro, incapaci di modificare qualsiasi tipo di politica dei Tories, dall'austerity alle tasse universitarie triplicate ai tagli e ristrutturazione del servizio sanitario nazionale. E gli elettori non hanno dimenticato. Oggi i Liberal Democratici sono ininfluenti, in rotta, a rischio scissione e a Londra sono stati addirittura sorpassati dai Verdi.
Insomma, il primo verdetto di questo weekend elettorale è che i sudditi di Sua Maestà ne hanno già piene le tasche dell'austerity e della svolta reazionaria della politica europea. Una prima consistente ondata di protesta si è alzata dalla Gran Bretagna. La speranza è che si trasformi in una vera e propria riscossa per la sinistra.
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