Che pena questa sinistra. Divisa, litigiosa, e poi si sorprende se gli elettori non la considerano nemmeno di striscio. Preferiscono Grillo. O preferiscono non votare. Ma certo non ne possono più di questi partiti che hanno distrutto un patrimonio storico fatto di cultura, solidarietà, reti sociali. Un disastro.
Ricapitoliamo gli ultimi episodi. Nel corso dell'ultimo anno i partiti a sinistra del PD - fuori dal governo quando non fuori dal Parlamento - erano riusciti finalmente a trovare un punto di contatto, prima nell'opposizione al governo Monti e poi nella raccolta delle firme per il referendum contro la riforma del mercato del lavoro. In condizioni normali ci si potrebbe aspettare che partiti e movimenti che condividono buona parte del loro programma politico possano (debbano?) cercare di portare avanti una azione politica comune. E invece no.
Di Pietro scacciato dal PD senza una vera motivazione (Vendola si e Di Pietro no? Ma non sostengono le stesse posizioni, il leader di SEL in toni forse un briciolo più educati)? Davanti alla provocazione, Di Pietro non se ne fa una ragione, mentre Vendola lo molla, contento di poter entrare in parlamento, forse addirittura in un listone col PD. Che poi non conti nulla una volta eletto, chi se ne frega. Zitto e a cuccia, o vogliamo fare un'altra serie di liti modello Unione?
Quindi Vendola si, Di Pietro no. Di Pietro intanto viene travolto da uno scandalo dietro l'altro, colpa soprattutto sua e della sua incapacità di scegliere personale politico adeguato. Nel 2001, Valerio Carrara passato con Berlusconi (uno degli unici 2 eletti dell'IDV). Nel 2006 De Gregorio che mette in bilico la maggioranza di Prodi per un posto di potere. Nel 2008 Razzi e Scilipoti che salvano Berlusconi. E ora pure Maruccio. Insomma, un partito con una preoccupante tendenza al tradimento, oltre all'odio per la lingua italiana. E l'IDV va a pezzi, Di Pietro che vorrebbe andare con Grillo, Donadi e altri che cercano un posticino col PD, De Magistris alle prese con le liste arancioni - ma comunque in attesa di capire quel che faranno gli altri.
E poi la FdS. Rifondazione distrutta da mille scissioni (ci torneremo prossimamente), prova a riunirsi almeno con il PdCI, ma fuori tempo massimo, quando ormai sono 2 quasi ectoplasmi abbandonati dai votanti. Inifluenti. Ed ecco con le elezioni che si avvicinano, l'ennesimo tentativo di dividere l'atomo. Diliberto che cerca l'alleanza col PD - che tra l'altro non lo vuole - perché con Bersani il PD è tornato ad essere "laburista". Forse in senso blairiano... Andare al governo - e in lista, ça va sans dir - con chi ha votato la riforma Fornero? E perché no? E Rifondazione di nuovo sola che cerca disperatamente qualcuno che se la prenda - l'Idv che ormai non esiste più, De Magistris se si decide, la FIOM se avesse voglia... Che non sarebbe neanche sbagliato, ma siamo di nuovo ampiamente fuori tempo massimo.
Insomma, partiti ormai vuoti (di voti) e abituati a perdere. Davanti alla peggior crisi del capitalismo da 80 anni a questa parte, davanti ad un attacco mai visto ai diritti dei lavoratori, di fronte ad una crisi di legittimità devastante del nostro sistema politico-economico, ci troviamo davanti ad apparati litigiosi, in molti, troppi casi, più vogliosi di potere che di fare la cosa giusta - l'unica sarebbe mettersi insieme, azzerare le nomenklature, e ripartire con un movimento politico unitario dalla parte del lavoro e dei beni comuni. Che non si lega mani e piedi con alleanze pre-costituite, ma che con la sua forza potrebbe trattare in maniera paritaria con altri interlocutori. No, aveva invece ragione Guzzanti-Bertinotti: "dobbiamo continuare a scinderci sempre di più...dividiamoci anche se la pensiamo tutto sommato allo stesso modo". Qualche seggio in parlamento almeno lo salveremo.
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