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sabato 23 febbraio 2013

Ingroia, Napolitano e il rispetto delle istituzioni

A leggere certi giornali e a sentire i discorsi dei dirigenti del PD e pure di SEL, sembra che Ingroia, Di Pietro e quelli di Rivoluzione Civile siano degli estremisti senza rispetto delle istituzioni ed è per questo che è stata chiusa loro la porta in faccia. Il nodo del problema, naturalmente, è stato il rapporto con Napolitano - intercettato dall'Ingroia magistrato e contestato da Di Pietro sia per il suo ruolo nella nascita del governo Monti, sia proprio per l'affaire intercettazioni.
In breve. Sul caso politico Di Pietro- Napolitano c'è poco da dire. A detta di tutti i commentatori Napolitano ebbe un ruolo attivissimo nella creazione del governo Monti, non a caso definito governo del Presidente anche sul Corriere della Sera, suo grande sponsor. Ruolo non anti-costituzionale ma che forza moltissimo le competenze del Presidente. E che lo mette, di fatto, al centro dell'agone politico, abbandonando il suo ruolo di super partes. Inevitabile dunque che, allo stesso tempo, la Presidenza finisca nella polemica. Ci mancherebbe pure altro!
Per quanto riguarda la vicenda giudiziaria, la cosa è più complessa. Napolitano finì casualmente e non premeditatamente nelle intercettazioni del pool anitmafia di Palermo perchè si intratteneva allegramente in conversazioni telefoniche con Nicola Mancino, già ministro dell'Interno e Presidente del Senato, indagato per la trattativa Stato-Mafia in concomitanza con le stragi di Capaci e via D'Amelio. Venuto a conoscenza del fatto Napolitano si rivolse immediatamente alla Corte Costituzionale perché le intercettazioni che lo riguardavano venissero immediatamente distrutte, altrimenti le sue prerogative sarebbero state lese. Quali prerogative non si sa, nè lo ha spiegato la Corte Costituzionale nella sua confusa e contestata sentenza con cui dava ragione al Quirinale.
Il punto però, ahimè, è un altro. E' lesa maestà contestare l'operato del Colle? E' un attacco alle istituzioni pretendere di sentire intercettazioni che possono essere importanti non per un presunto reato di Napolitano - per quello c'è ovviamente una procedura a parte - ma per il risultato del processo? A me pare una tesi davvero insostenibile. Non da giurista, da cittadino che pretende una politica trasparente ed onesta - se no diventa poi difficile contrastare chi vuole mandare tutti a casa. Il problema non può mai essere chi intercetta un politico indagato, il problema semmai è chi ci parla e perché ci parla con un politico indagato! Perchè Napolitano parlava del processo - e non di come si coltivano le mammole - con Mancino? Un Mancino accusato anche da diversi boss mafiosi ma comunque innocente fino a prova contraria, sia chiaro. Che però ha un ruolo ambiguo, che si trincera, con gli inquirenti, dietro degli assurdi non ricordo - lui Ministro dell'Interno durante le stragi.

Insomma, il comportamento di Napolitano è stato poco conveniente. Ma ancora meno conveniente è stato aprire il conflitto con la magistratura palermitana che, fino a prova contraria, è una istituzione pure essa. Un conflitto che si basa sui privilegi del Colle mentre l'interesse dell'Italia, che dovrebbe essere il solo a cuore del Presidente, è che si faccia luce completa sui rapporti Stato-Mafia. Rapporti che ci sono stati, che molti politici ormai neanche più negano, ma di cui ancora non sappiamo nulla - un segreto di Stato, un affare per pochi eletti che hanno una idea della democrazia alquanto privata.
Ed allora ben venga una rivoluzione civile non per far saltare in aria le istituzioni della Repubblica, ma anzi per ridare loro dignità, per metterle al servizio dei cittadini, per ripulire lo Stato. Ricordandosi sempre che il rispetto e la fedeltà la si deve alle istituzioni e non a chi le ricopre.


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domenica 30 dicembre 2012

A sinistra il solito casino

Non impareremo mai. Dopo anni, decenni di errori, siamo di nuovo qui a ripeterli. Mentre il capitalismo mostra la sua faccia peggiore, mentre la democrazia viene bistrattata, mentre il sistema occidentale va a rotoli, noi siamo ancora qui con le nostre piccole beghe di cortile.
Non ci sono innocenti, in questa situazione. Non il movimento arancione di De Magistris che ha calato pesantemente il suo cappello sulla nuova lista, il quarto polo anti-liberista. Non Antonio Ingroia, persona di prestigio e lotte specchiate, che trasforma una iniziativa dal basso in una lista personale, senza nemmeno passare per una consultazione democratica. Non i segretari dei partiti (escludendo, va detto, Paolo Ferrero che un passo indietro lo aveva fatto) che invece di fare un pò di autocritica, guardando ai disastri politici (e nel caso dell'IdV non certo solo politici) combinati in questi anni, hanno deciso di rilanciare la vecchia e ormai screditata nomenklatura. Ma anche non il movimento Cambiare#sipuò che sembra ormai avviato verso la rottura con Rivoluzione Civile non sulla base dei programmi, comuni, ma sul metodo - appunto sulle candidature. Quanto poi al metodo di stilare delle richieste e poi giocare al "prendere o lasciare", non mi pare un modo serio di dialogare con gli altri interlocutori, a cui è semplicemente chiesto di abbassare la testa.
No, non ci sono innocenti. Siamo davanti ad una occasione storica, siamo nel pieno della crisi economica, siamo in una situazione in cui le istituzioni della democrazia occidentale non riescono a rappresentare milioni e milioni di cittadini. E noi ci si divide sui nomi, sul metodo. Quando il problema comune di tutti è la crisi del capitalismo e la società che ne verrà fuori. Pensiamoci.


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lunedì 5 novembre 2012

Vuoti a perdere

Che pena questa sinistra. Divisa, litigiosa, e poi si sorprende se gli elettori non la considerano nemmeno di striscio.  Preferiscono Grillo. O preferiscono non votare. Ma certo non ne possono più di questi partiti che hanno distrutto un patrimonio storico fatto di cultura, solidarietà, reti sociali. Un disastro.
Ricapitoliamo gli ultimi episodi. Nel corso dell'ultimo anno i partiti a sinistra del PD - fuori dal governo quando non fuori dal Parlamento - erano riusciti finalmente a trovare un punto di contatto, prima nell'opposizione al governo Monti e poi nella raccolta delle firme per il referendum contro la riforma del mercato del lavoro. In condizioni normali ci si potrebbe aspettare che partiti e movimenti che condividono buona parte del loro programma politico possano (debbano?) cercare di portare avanti una azione politica comune. E invece no. 
Di Pietro scacciato dal PD senza una vera motivazione (Vendola si e Di Pietro no? Ma non sostengono le stesse posizioni, il leader di SEL in toni forse un briciolo più educati)? Davanti alla provocazione, Di Pietro non se ne fa una ragione, mentre Vendola lo molla, contento di poter entrare in parlamento, forse addirittura in un listone col PD. Che poi non conti nulla una volta eletto, chi se ne frega. Zitto e a cuccia, o vogliamo fare un'altra serie di liti modello Unione?
Quindi Vendola si, Di Pietro no. Di Pietro intanto viene travolto da uno scandalo dietro l'altro, colpa soprattutto sua e della sua incapacità di scegliere personale politico adeguato. Nel 2001, Valerio Carrara passato con Berlusconi (uno degli unici 2 eletti dell'IDV). Nel 2006 De Gregorio che mette in bilico la maggioranza di Prodi per un posto di potere. Nel 2008 Razzi e Scilipoti che salvano Berlusconi. E ora pure Maruccio. Insomma, un partito con una preoccupante tendenza al tradimento, oltre all'odio per la lingua italiana. E l'IDV va a pezzi, Di Pietro che vorrebbe andare con Grillo, Donadi e altri che cercano un posticino col PD, De Magistris alle prese con le liste arancioni - ma comunque in attesa di capire quel che faranno gli altri. 
E poi la FdS. Rifondazione distrutta da mille scissioni (ci torneremo prossimamente), prova a riunirsi almeno con il PdCI, ma fuori tempo massimo, quando ormai sono 2 quasi ectoplasmi abbandonati dai votanti. Inifluenti. Ed ecco con le elezioni che si avvicinano, l'ennesimo tentativo di dividere l'atomo. Diliberto che cerca l'alleanza col PD - che tra l'altro non lo vuole - perché con Bersani il PD è tornato ad essere "laburista". Forse in senso blairiano... Andare al governo - e in lista, ça va sans dir - con chi ha votato la riforma Fornero? E perché no? E Rifondazione di nuovo sola che cerca disperatamente qualcuno che se la prenda - l'Idv che ormai non esiste più, De Magistris se si decide, la FIOM se avesse voglia... Che non sarebbe neanche sbagliato, ma siamo di nuovo ampiamente fuori tempo massimo.

Insomma, partiti ormai vuoti (di voti) e abituati a perdere. Davanti alla peggior crisi del capitalismo da 80 anni a questa parte, davanti ad un attacco mai visto ai diritti dei lavoratori, di fronte ad una crisi di legittimità devastante del nostro sistema politico-economico, ci troviamo davanti ad apparati litigiosi, in molti, troppi casi, più vogliosi di potere che di fare la cosa giusta - l'unica sarebbe mettersi insieme, azzerare le nomenklature, e ripartire con un movimento politico unitario dalla parte del lavoro e dei beni comuni. Che non si lega mani e piedi con alleanze pre-costituite, ma che con la sua forza potrebbe trattare in maniera paritaria con altri interlocutori. No, aveva invece ragione Guzzanti-Bertinotti: "dobbiamo continuare a scinderci sempre di più...dividiamoci anche se la pensiamo tutto sommato allo stesso modo". Qualche seggio in parlamento almeno lo salveremo.

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