di Nicola Melloni
da Liberazione
L’Europa trema dopo le elezioni italiane e il panico-euro mette in
fibrillazione tutte le cancellerie. I partiti “europeisti”, Pd e Monti –
che erano pronti, prontissimi a governare insieme – sono stati presi a
schiaffi dagli elettori. E i partiti che più si sono caratterizzati per
posizioni anti-europee ed anti-sistema, Grillo e Berlusconi, hanno
vinto, stravinto.
Mentre Bersani andava a Berlino a farsi incoronare dalla Merkel e
dalla Spd, M5S e Pdl parlavano ai figli della crisi. Lo facevano alla
loro maniera, certo, ma con grande efficacia. Berlusconi ha concentrato
tutta la sua campagna elettorale sull’abolizione dell’Imu, un tema di
ottima presa su un elettorato in grande parte in ginocchio, strozzato da
debiti e dalle tasse cui poco o nulla importa della cosiddetta
“responsabilità”. E Grillo, da parte sua, ha strizzato l’occhio agli
evasori e si è presentato come vero anti-casta, come uno che vuole
cambiare le cose, che ha capito che così non si può più andare avanti.
Tutto il contrario del Pd (e di Sel). Il partito di Bersani ha fatto
di tutto per farsi catalogare come il partito pro-Europa proprio mentre
l’Europa è nel baratro, con la Spagna che affonda e la Grecia
schiantata. E l’Italia non sta tanto meglio. Ma i Democratici sembrano
aver smesso di guardare ai problemi concreti. Hanno votato il fiscal compact
anche se non lo condividevano (parola di Fassina) perché così volevano i
mercati. Hanno accettato la riforma Fornero perché non si poteva far
cadere il governo. Ma di tutto questo alla gente con l’acqua alla gola
non può importare. Preferisce votare per qualcuno che promette meno
tasse, o che punta il dito contro quell’establishment presso cui in
questi anni il Pd ha tentato costantemente di accreditarsi. Con le
solite idee scellerate, che le elezioni si vincono al centro – ed ecco
la corte a Monti. Mentre si è dimostrato vero il contrario: il centro
non conta nulla. E’ sempre contato pochissimo, i famosi moderati
prendevano meno della Lega anche una volta. Ma conta ancora meno adesso,
durante la crisi.
Stesso discorso vale per Vendola. Finchè si candidava come
alternativa di rottura – Pisapia o Zedda – il risultato di Sel era
travolgente. Ma non appena si piegava alle logiche della “vecchia
politica” – vedi Napoli e Palermo – ecco che veniva abbandonato dagli
elettori. Una lezione evidentemente non imparata. E così è successo
anche stavolta, l’abbraccio del Pd filo montiano è stato una volta di
più fatale.
E’ stato dunque un voto rivoluzionario – anche se Rivoluzione Civile è
stata incapace di intercettarlo. Un voto, se vogliamo, alla greca. Con
una parte maggioritaria del paese che dice no all’Europa dei burocrati e
dei mercati e che dice no al famoso “podestà straniero”, alla sovranità
limitata, al protettorato tedesco.
Non se ne può più del “ce lo chiede” l’Europa, senza che ormai si
riesca a capire chi sia questa Europa. Gli elettori di Grillo hanno
detto chiaramente che non delegano più. Non delegano ai mercati, di cui
non si fidano. Non delegano all’Europa, che non eleggono. Non delegano
ad una classe dirigente che ha fallito miseramente e pure si candidava a
governare con gli stessi slogan degli ultimi vent’anni.
Berlusconi, più semplicemente, ha fatto una operazione di maquillage
politico, supportato dai soliti tormentoni rimbalzati a getto continuo
sui media. Contro la Merkel, contro le banche (!), soprattutto se
tedesche, contro Monti, criticando tuto quello fatto per un anno, mentre
il Pd ostentava con orgoglio quel bilancio fallimentare. Gli elettori
hanno invece detto no, sonoramente, al governo Monti, all’austerity, ai
ricatti europei. Ancora più duramente che in Grecia hanno rigettato il
rigore europeo, la moneta unica salva in cambio di disoccupazione e
miseria.
L’idea che l’economia, che il mercato, sia superiore alle condizioni di
vita non è sostenibile in democrazia. Ed anzi, porta ad un cortocircuito
completo. Con gli elettori che rispediscono al mittente le lettere di
intenti europee, ma che nel frattempo rischiano di cadere vittima di
capi popolo proprio perché i partiti più tradizionali non riescono a
rappresentarne gli interessi – ed anche le paure e le speranze.
Si tratta dell’ultima chiamata per il PD, per l’Italia ma soprattutto
per l’Europa. Il contratto sociale che ci è stato imposto a forza di
tagli e privatizzazioni non è più sostenibile. Bersani e i suoi si sono
illusi di aver salvato l’Italia riducendo lo spread, non rendendosi
conto che in questa maniera la crisi non solo non era risolta ma si era
anzi aggravata. O si riparte da reddito, lavoro e diritti o la strada
dell’Euro – e con esso, forse, della nostra democrazia – è ormai
segnata.
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Una valutazione che mi sento di condividere pienamente.
RispondiEliminaDall'altro parte, poi, trovi dirigenti di lungo corso del PdCI che, sulla scia del fantastico successo ottenuto dal partito in Molise alle elezioni regionali, affermano che la strada giusta sia quello del restare ancorati al PD. una strategia che pochi mesi fa li ha portati a creare una frattura nella Federazione della Sinistra, percorso lungo e difficoltoso non pienamente compiuto, per sostenere Vendola alle primarie della coalizione di centrosinistra con l'intento, nel caso, di dare appoggio a Bersani in un eventuale ballottaggio.
Probabilmente il 2% e troppo, si punta a scendere sotto l'1%.