giovedì 28 febbraio 2013

Non se ne può più del "ce lo chiede l'Europa"

di Nicola Melloni
da Liberazione

L’Europa trema dopo le elezioni italiane e il panico-euro mette in fibrillazione tutte le cancellerie. I partiti “europeisti”, Pd e Monti – che erano pronti, prontissimi a governare insieme – sono stati presi a schiaffi dagli elettori. E i partiti che più si sono caratterizzati per posizioni anti-europee ed anti-sistema, Grillo e Berlusconi, hanno vinto, stravinto.
Mentre Bersani andava a Berlino a farsi incoronare dalla Merkel e dalla Spd, M5S e Pdl parlavano ai figli della crisi. Lo facevano alla loro maniera, certo, ma con grande efficacia. Berlusconi ha concentrato tutta la sua campagna elettorale sull’abolizione dell’Imu, un tema di ottima presa su un elettorato in grande parte in ginocchio, strozzato da debiti e dalle tasse cui poco o nulla importa della cosiddetta “responsabilità”. E Grillo, da parte sua, ha strizzato l’occhio agli evasori e si è presentato come vero anti-casta, come uno che vuole cambiare le cose, che ha capito che così non si può più andare avanti.
Tutto il contrario del Pd (e di Sel). Il partito di Bersani ha fatto di tutto per farsi catalogare come il partito pro-Europa proprio mentre l’Europa è nel baratro, con la Spagna che affonda e la Grecia schiantata. E l’Italia non sta tanto meglio. Ma i Democratici sembrano aver smesso di guardare ai problemi concreti. Hanno votato il fiscal compact anche se non lo condividevano (parola di Fassina) perché così volevano i mercati. Hanno accettato la riforma Fornero perché non si poteva far cadere il governo. Ma di tutto questo alla gente con l’acqua alla gola non può importare. Preferisce votare per qualcuno che promette meno tasse, o che punta il dito contro quell’establishment presso cui in questi anni il Pd ha tentato costantemente di accreditarsi. Con le solite idee scellerate, che le elezioni si vincono al centro – ed ecco la corte a Monti. Mentre si è dimostrato vero il contrario: il centro non conta nulla. E’ sempre contato pochissimo, i famosi moderati prendevano meno della Lega anche una volta. Ma conta ancora meno adesso, durante la crisi.
Stesso discorso vale per Vendola. Finchè si candidava come alternativa di rottura – Pisapia o Zedda – il risultato di Sel era travolgente. Ma non appena si piegava alle logiche della “vecchia politica” – vedi Napoli e Palermo – ecco che veniva abbandonato dagli elettori. Una lezione evidentemente non imparata. E così è successo anche stavolta, l’abbraccio del Pd filo montiano è stato una volta di più fatale.
E’ stato dunque un voto rivoluzionario – anche se Rivoluzione Civile è stata incapace di intercettarlo. Un voto, se vogliamo, alla greca. Con una parte maggioritaria del paese che dice no all’Europa dei burocrati e dei mercati e che dice no al famoso “podestà straniero”, alla sovranità limitata, al protettorato tedesco.
Non se ne può più del “ce lo chiede” l’Europa, senza che ormai si riesca a capire chi sia questa Europa. Gli elettori di Grillo hanno detto chiaramente che non delegano più. Non delegano ai mercati, di cui non si fidano. Non delegano all’Europa, che non eleggono. Non delegano ad una classe dirigente che ha fallito miseramente e pure si candidava a governare con gli stessi slogan degli ultimi vent’anni.
Berlusconi, più semplicemente, ha fatto una operazione di maquillage politico, supportato dai soliti tormentoni rimbalzati a getto continuo sui media. Contro la Merkel, contro le banche (!), soprattutto se tedesche, contro Monti, criticando tuto quello fatto per un anno, mentre il Pd ostentava con orgoglio quel bilancio fallimentare. Gli elettori hanno invece detto no, sonoramente, al governo Monti, all’austerity, ai ricatti europei. Ancora più duramente che in Grecia hanno rigettato il rigore europeo, la moneta unica salva in cambio di disoccupazione e miseria.
L’idea che l’economia, che il mercato, sia superiore alle condizioni di vita non è sostenibile in democrazia. Ed anzi, porta ad un cortocircuito completo. Con gli elettori che rispediscono al mittente le lettere di intenti europee, ma che nel frattempo rischiano di cadere vittima di capi popolo proprio perché i partiti più tradizionali non riescono a rappresentarne gli interessi – ed anche le paure e le speranze.
Si tratta dell’ultima chiamata per il PD, per l’Italia ma soprattutto per l’Europa. Il contratto sociale che ci è stato imposto a forza di tagli e privatizzazioni non è più sostenibile. Bersani e i suoi si sono illusi di aver salvato l’Italia riducendo lo spread, non rendendosi conto che in questa maniera la crisi non solo non era risolta ma si era anzi aggravata. O si riparte da reddito, lavoro e diritti o la strada dell’Euro – e con esso, forse, della nostra democrazia – è ormai segnata.


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1 commento:

  1. Una valutazione che mi sento di condividere pienamente.

    Dall'altro parte, poi, trovi dirigenti di lungo corso del PdCI che, sulla scia del fantastico successo ottenuto dal partito in Molise alle elezioni regionali, affermano che la strada giusta sia quello del restare ancorati al PD. una strategia che pochi mesi fa li ha portati a creare una frattura nella Federazione della Sinistra, percorso lungo e difficoltoso non pienamente compiuto, per sostenere Vendola alle primarie della coalizione di centrosinistra con l'intento, nel caso, di dare appoggio a Bersani in un eventuale ballottaggio.
    Probabilmente il 2% e troppo, si punta a scendere sotto l'1%.

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