giovedì 28 febbraio 2013

Grillo e gli Indignados, una opportunità storica

di Monica Bedana

Gli indignati, chi se ne ricorda più.

Su questo blog li abbiamo seguiti con costanza ed abbiamo assistito allo spettacolo di un
movimento ispirato e composto solo da cittadini -che dalla Spagna rimbalzò con forza nel
mondo intero- poi diluitosi nel nulla. A causa di quel desiderio di “purezza democratica” che
lo portava a non volersi infangare con la politica incapace, sorda e definitivamente “corrupta”
dei partiti. All’epoca del 15M Grillo teneva gli occhi puntati sulla Puerta del Sol e le altre piazze
spagnole.

La protesta e le proposte, un grande carico di energia rinnovatrice che avrebbe potuto, se
canalizzato in altro modo, cambiare il destino del Paese dopo Zapatero, si è evaporata senza
lasciare traccia attiva nella società che andasse oltre la vita di quartiere.

Ora il M5S, dopo la vittoria alle elezioni, ha nelle mani l’opportunità di incarnare di colpo tutto
lo spirito degli “indignados”, di catalizzarlo in quella serie di riforme urgentissime della politica
perfettamente condivisibili da tutta la sinistra di ogni dove. In nome del futuro dell’Italia, ma
anche della Spagna stessa, della Grecia derelitta e perfino degli States di “OccupyWallStreet”.

Non so se quella del rifiuto delle regole della democrazia da parte degli “indignados” fu
superbia o ingenuità; sicuramente il non “farsi partito” fu un tragico errore che consegnò il
Paese ad un PP che vinse le elezioni con uno scarto di 500mila voti sul PSOE che le aveva di
gran lunga perse. E nessuno dei due incarnava, incarna più le necessità impellenti della società
spagnola; esattamente come avviene in Italia.

Ingenuo, Grillo non è. Il Parlamento si può benissimo aprire come una scatoletta di tonno per
farcirlo poi di riforme che rilancino il Paese sulla strada dell’equità. Ma l’”iter” per farlo passa
inesorabilmente attraverso un atto di fiducia, quella che tutti i cittadini attendono, anche
quelli che non hanno votato per il M5S ma che godono degli stessi loro diritti democratici.

E il PD dell’ultima spiaggia tenga presente che minoranza di governo non deve essere sinonimo
di paralisi; il primo governo Zapatero, di minoranza, approvò una lunga serie di luminose
riforme sociali. Mentre SEL, con la sua forza dialogante, si rimetta in gioco facendo da “trait-
d’union” e moderatore di chi, al momento sa solo sbraitare. Probabilmente i n preda alla paura
di non essere all’altezza di assumere la responsabilità del cambiamento promesso.

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