di Nicola Melloni
da Liberazione
Un recente post sul blog di Beppe Grillo spiega il voto in maniera
semplice, anzi, semplicistica. Merita però una riflessione perché coglie
alcuni passaggi essenziali non solo del voto ma della trasformazione
del nostro Paese. Grillo analizza la società italiana come percorsa da
una forte guerra generazionale, amplificata dalla presente crisi in cui i
padri hanno conservato il posto di lavoro (e votano Pd e Pdl), mentre i
figli si sono ritrovati senza soldi (e hanno votato M5S).
E’ una storia vecchia che riprende le visioni liberali e conservatrici
di Ichino e Renzi e che distorce completamente la realtà della nostra
economia. Se negli ultimi vent’anni la diseguaglianza in Italia si è
accresciuta in maniera esponenziale non lo si può certo imputare alle
generazioni più anziane. Come abbiamo più volte ricordato, il 10% della
popolazione detiene quasi il 50% del patrimonio nazionale, un dato
assolutamente incompatibile con l’idea dei vecchi ricchi contro i
giovani poveri. A questo dato dobbiamo per altro aggiungerne un altro, e
cioè la bassissima mobilità sociale, per cui sono soprattutto i giovani
nati da famiglie meno abbienti a venire risucchiati nella povertà e
nell’assenza di diritti – mentre quelli figli di professionisti, e
medio-alta borghesia sono toccati solo marginalmente dalla crisi.
Insomma, la diseguaglianza rimane un tema di classe e non certo
demografico.
E’ però vero che le nuove generazioni stanno pagando un prezzo più
alto, a cominciare dal mercato del lavoro dove si presentano più deboli
perché con meno garanzie, e dunque ancora più sfruttabili. Un
impoverimento progressivo che non lede solo le condizioni di vita
materiale ma anche la rappresentanza politica, ed è su questo che Grillo
ha giocato con successo. La crisi ha accelerato un processo di
disorganizzazione e decomposizione di una parte di società sempre più
distaccata dalle sue istituzioni. I “genitori”, le generazioni più
mature, sono cresciute in un’Italia assai diversa da quella attuale, con
i grandi partiti, le grandi organizzazioni di massa ed i sindacati.
Attraverso la partecipazione, milioni di persone sono state abituate ed
educate alla democrazia e, soprattutto, hanno trovato la possibilità di
rappresentare i propri interessi collettivi.
Questo, ahimè, non è più vero per le nuove generazioni. Le modifiche
del mercato del lavoro hanno espulso non solo dalle garanzie ma anche e
soprattutto dalla rappresentanza, larghi strati di lavoratori che, come
precari e partite Iva, sono al di fuori delle coperture sindacali. Nel
frattempo, i partiti di massa sono quasi spariti, lasciando spazio ai
cosiddetti partiti leggeri che sono però, nella maggior parte dei casi,
partiti di elite. Questo vale anche per il Pd che ancora ha una certa
ramificazione territoriale, ma che sopravvive soprattutto grazie ai suoi
elettori di lunga data e quelli ancora articolati dalla Cgil e che ha
cercato di ricreare un rapporto con la società attraverso la scelta
diretta dei candidati invece che con la rappresentanza delle nuove
problematiche sociali conseguenza della trasformazione del capitalismo
ed, appunto, della crisi in atto. Ed ecco allora che il conflitto
generazionale compare nell’urna, dove i giovani hanno scelto in grande
maggioranza il Movimento Cinque Stelle perché fondamentalmente
marginalizzati dalle istituzioni rappresentative. Si tratta di
disoccupati e precari, ma anche studenti senza un futuro, e membri dei
vari movimenti che sono stati ignorati completamente anche dopo il
clamoroso successo del referendum sull’acqua pubblica.
Come dicevamo, la crisi ha poi acuito queste situazioni di disagio
andandosi ad innestare su un sistema politico decrepito e immobile. Sia
chiaro, l’incapacità dei grandi partiti di rappresentare una società in
cambiamento non è certo un fatto nuovo. Ne possiamo trovare un esempio,
non proprio confortante, nella Germania di fine anni 20 dove la Spd era
egemone su quella parte di società che veniva da trent’anni di
organizzazione sindacale e politica ma che non era in grado di
intercettare i drammatici cambiamenti provocati dalla crisi e che
portarono prima ad una forte avanzata dei comunisti e poi dei nazisti
che fondarono la loro base di consenso anche e soprattutto tra
disoccupati ed emarginati. Normale dunque che in una società
disorganizzata e sempre più amorfa, lasciata a se stessa, possano
emergere movimenti lideristici con parole d’ordine semplice ma efficaci.
Il problema è che spesso questi movimenti, lungi dal tentare di
cambiare le strutture di potere, diventano la barriera di difesa del
sistema. In parte, ovviamente, questa è stata la parabola del Berlusconi
uscito dal crollo della Prima Repubblica con parole d’ordine
inizialmente rivoluzionarie che hanno poi lasciato spazio a ben altro. E
rischia di esserlo, pur da una diversa prospettiva, anche nel caso di
Grillo quando vediamo che il M5S, come ricordato recentemente anche dai Wu Ming, ha in realtà rappresentato un tappo a movimenti di critica
radicale del modello sociale ed economico (mercato, capitalismo,
politiche di austerity) veicolando la rabbia verso un sistema politico
obiettivamente marcio e facendo, dunque, passare l’idea che i problemi
dell’Italia siano gli sprechi e la corruzione (che nessuno nega) e non i
rapporti economici, quelli si i veri responsabili della crescente
diseguaglianza che Grillo dice di voler combattere.
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Premessa: categorie generiche quali 'giovani' e 'donne' quando usate senza riferimenti a strutture economiche e sociali mi sembrano spesso oscurare anziché gettare luce su realtà di svantaggio ed esclusione. Sono quindi d'accordo sul fatto che le problematiche delle giovani generazioni vadano ricondotte a questioni di base legate a distribuzione della ricchezza, erosione dei diritti, e interessi fortissimi che hanno infiltrato sistemi politici ed economici.
RispondiEliminaDetto questo, la conclusione dell'articolo fa sembrare tematiche legate alla corruzione semplicemente del fumo degli occhi che distrae dai problemi economici e sociali veramente importanti. Ecco, qui non sono d'accordo.
Credo che questioni di corruzione e legalità e - ci aggiungo anche un altro tema grillino - l'informazione, e il suo controllo , siano argomenti altrettanto cruciali, nel nostro paese in particolare, ma anche fuori.
Due motivi:
Primo, il marcio nella classe politica e amministrativa e' un terreno assai fertile perché suddetti interessi continuino a fare da padroni. Non vedo come un qualsiasi processo di riforma economica e sociale verso una maggiore equità possa accadere in un sistema corrotto.
Secondo, agire su questi temi e' un segnale, un gesto, per aiutare gli italiani a tornare ad avere, prima o poi, fiducia nelle istituzioni e nella politica.
L'opportunità potrebbe esserci. Speriamo che gli atteggiamenti da prime donne e la puzza sotto il naso di certi leader non la facciano saltare.
Camilla Roman
sono d'accordo, la corruzione - e l'informazione (ma qui potrei aprire una parentesi da enciclopedia: non solo in italia, anche se diversamente dall'italia dove è sfruttata per fini elettorali - ma fox news in US è molto simile - l'informazione è stata usata ovunque per veicolare certi tipi di comportamenti sociali, economici e politici e dunque una riflessione sull'informazione sec me non si può limitare all'italia, chiudo qui la parentesi per forza di cose super limitata) - appunto corruzione e informazione sono problemi giganteschi.
Eliminanormale, dunque, che ci siano un sacco di italiani che stanchi di 2 decenni di malgoverno si ribellino votando 5 stelle.
2 cose però. uno, l'articolo partiva dalla visione che lo stesso grillo dà del voto - cioè figli contro padri e non onesti contro disonesti - e dunque si rifà per forza di cose a quell'idea, vera nella fotografia data da grillo ma non nell'effettiva esistenza di una contrapposizione generazionale quanto invece per i processi di emarginazione dettati dal capitalismo di inizio secolo, che investono di più i giovani, gli studenti, i disoccupati, ma anche tanti altri (cito appunto le partite iva).
secondo, e più importante in risposta alla tua giusta critica, grillo fa passare l'idea che se non ci fossero i costi della politica e tanta corruzione tutti staremmo meglio. sbagliato. l'inghilterra quanto a corruzione (quella spicciola, la nostra, anche qui potremmo parlare x ore di cosa è davvero la corruzione, ma rimaniamo per ora sul piano delle mazzette, dei rimborsi, dei privilegi) è un paese che funziona piuttosto bene. eppure i morsi della crisi sono profondi quanto in italia. e in spagna, nonostante lo scandalo PPE (che da noi sarebbe stata uan cosa ridicola...) la corruzione è molto bassa e pure là la vita è un inferno.
ecco, in spagna la crisi ha portato agli indignados - che hanno fallito, che erano troppo naive, che rifiutando la forma politica più classica si sono dati una bastonata sui piedi, ma che cmq hanno rappresentato un tentativi di critica radicale al sistema politico ED economico spagnolo. in italia la crisi ha generato grillo che prende voti grazie a penati, batman e tutto il resto (riduco ed estremizzo, sia chiaro). a me questo pare preoccupante perchè la sinistra dovrebbe venir fuori su questi temi ed invece lasciati a chi di sinistra non è, prendono altre forme (ma appunto, una società meno ladra non è una cosa di sinistra, una meno ingiusta, invece si). una gigantesca occasione persa.