domenica 3 marzo 2013

Grillo, la questione sociale e la rappresentanza politica

di Nicola Melloni
da Liberazione

Un recente post sul blog di Beppe Grillo spiega il voto in maniera semplice, anzi, semplicistica. Merita però una riflessione perché coglie alcuni passaggi essenziali non solo del voto ma della trasformazione del nostro Paese. Grillo analizza la società italiana come percorsa da una forte guerra generazionale, amplificata dalla presente crisi in cui i padri hanno conservato il posto di lavoro (e votano Pd e Pdl), mentre i figli si sono ritrovati senza soldi (e hanno votato M5S).
E’ una storia vecchia che riprende le visioni liberali e conservatrici di Ichino e Renzi e che distorce completamente la realtà della nostra economia. Se negli ultimi vent’anni la diseguaglianza in Italia si è accresciuta in maniera esponenziale non lo si può certo imputare alle generazioni più anziane. Come abbiamo più volte ricordato, il 10% della popolazione detiene quasi il 50% del patrimonio nazionale, un dato assolutamente incompatibile con l’idea dei vecchi ricchi contro i giovani poveri. A questo dato dobbiamo per altro aggiungerne un altro, e cioè la bassissima mobilità sociale, per cui sono soprattutto i giovani nati da famiglie meno abbienti a venire risucchiati nella povertà e nell’assenza di diritti – mentre quelli figli di professionisti, e medio-alta borghesia sono toccati solo marginalmente dalla crisi. Insomma, la diseguaglianza rimane un tema di classe e non certo demografico.
E’ però vero che le nuove generazioni stanno pagando un prezzo più alto, a cominciare dal mercato del lavoro dove si presentano più deboli perché con meno garanzie, e dunque ancora più sfruttabili. Un impoverimento progressivo che non lede solo le condizioni di vita materiale ma anche la rappresentanza politica, ed è su questo che Grillo ha giocato con successo. La crisi ha accelerato un processo di disorganizzazione e decomposizione di una parte di società sempre più distaccata dalle sue istituzioni. I “genitori”, le generazioni più mature, sono cresciute in un’Italia assai diversa da quella attuale, con i grandi partiti, le grandi organizzazioni di massa ed i sindacati. Attraverso la partecipazione, milioni di persone sono state abituate ed educate alla democrazia e, soprattutto, hanno trovato la possibilità di rappresentare i propri interessi collettivi.
Questo, ahimè, non è più vero per le nuove generazioni. Le modifiche del mercato del lavoro hanno espulso non solo dalle garanzie ma anche e soprattutto dalla rappresentanza, larghi strati di lavoratori che, come precari e partite Iva, sono al di fuori delle coperture sindacali. Nel frattempo, i partiti di massa sono quasi spariti, lasciando spazio ai cosiddetti partiti leggeri che sono però, nella maggior parte dei casi, partiti di elite. Questo vale anche per il Pd che ancora ha una certa ramificazione territoriale, ma che sopravvive soprattutto grazie ai suoi elettori di lunga data e quelli ancora articolati dalla Cgil e che ha cercato di ricreare un rapporto con la società attraverso la scelta diretta dei candidati invece che con la rappresentanza delle nuove problematiche sociali conseguenza della trasformazione del capitalismo ed, appunto, della crisi in atto. Ed ecco allora che il conflitto generazionale compare nell’urna, dove i giovani hanno scelto in grande maggioranza il Movimento Cinque Stelle perché fondamentalmente marginalizzati dalle istituzioni rappresentative. Si tratta di disoccupati e precari, ma anche studenti senza un futuro, e membri dei vari movimenti che sono stati ignorati completamente anche dopo il clamoroso successo del referendum sull’acqua pubblica.
Come dicevamo, la crisi ha poi acuito queste situazioni di disagio andandosi ad innestare su un sistema politico decrepito e immobile. Sia chiaro, l’incapacità dei grandi partiti di rappresentare una società in cambiamento non è certo un fatto nuovo. Ne possiamo trovare un esempio, non proprio confortante, nella Germania di fine anni 20 dove la Spd era egemone su quella parte di società che veniva da trent’anni di organizzazione sindacale e politica ma che non era in grado di intercettare i drammatici cambiamenti provocati dalla crisi e che portarono prima ad una forte avanzata dei comunisti e poi dei nazisti che fondarono la loro base di consenso anche e soprattutto tra disoccupati ed emarginati. Normale dunque che in una società disorganizzata e sempre più amorfa, lasciata a se stessa, possano emergere movimenti lideristici con parole d’ordine semplice ma efficaci. Il problema è che spesso questi movimenti, lungi dal tentare di cambiare le strutture di potere, diventano la barriera di difesa del sistema. In parte, ovviamente, questa è stata la parabola del Berlusconi uscito dal crollo della Prima Repubblica con parole d’ordine inizialmente rivoluzionarie che hanno poi lasciato spazio a ben altro. E rischia di esserlo, pur da una diversa prospettiva, anche nel caso di Grillo quando vediamo che il M5S, come ricordato recentemente anche dai Wu Ming, ha in realtà rappresentato un tappo a movimenti di critica radicale del modello sociale ed economico (mercato, capitalismo, politiche di austerity) veicolando la rabbia verso un sistema politico obiettivamente marcio e facendo, dunque, passare l’idea che i problemi dell’Italia siano gli sprechi e la corruzione (che nessuno nega) e non i rapporti economici, quelli si i veri responsabili della crescente diseguaglianza che Grillo dice di voler combattere.


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2 commenti:

  1. Premessa: categorie generiche quali 'giovani' e 'donne' quando usate senza riferimenti a strutture economiche e sociali mi sembrano spesso oscurare anziché gettare luce su realtà di svantaggio ed esclusione. Sono quindi d'accordo sul fatto che le problematiche delle giovani generazioni vadano ricondotte a questioni di base legate a distribuzione della ricchezza, erosione dei diritti, e interessi fortissimi che hanno infiltrato sistemi politici ed economici.

    Detto questo, la conclusione dell'articolo fa sembrare tematiche legate alla corruzione semplicemente del fumo degli occhi che distrae dai problemi economici e sociali veramente importanti. Ecco, qui non sono d'accordo.
    Credo che questioni di corruzione e legalità e - ci aggiungo anche un altro tema grillino - l'informazione, e il suo controllo , siano argomenti altrettanto cruciali, nel nostro paese in particolare, ma anche fuori.

    Due motivi:
    Primo, il marcio nella classe politica e amministrativa e' un terreno assai fertile perché suddetti interessi continuino a fare da padroni. Non vedo come un qualsiasi processo di riforma economica e sociale verso una maggiore equità possa accadere in un sistema corrotto.

    Secondo, agire su questi temi e' un segnale, un gesto, per aiutare gli italiani a tornare ad avere, prima o poi, fiducia nelle istituzioni e nella politica.

    L'opportunità potrebbe esserci. Speriamo che gli atteggiamenti da prime donne e la puzza sotto il naso di certi leader non la facciano saltare.

    Camilla Roman

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    1. sono d'accordo, la corruzione - e l'informazione (ma qui potrei aprire una parentesi da enciclopedia: non solo in italia, anche se diversamente dall'italia dove è sfruttata per fini elettorali - ma fox news in US è molto simile - l'informazione è stata usata ovunque per veicolare certi tipi di comportamenti sociali, economici e politici e dunque una riflessione sull'informazione sec me non si può limitare all'italia, chiudo qui la parentesi per forza di cose super limitata) - appunto corruzione e informazione sono problemi giganteschi.
      normale, dunque, che ci siano un sacco di italiani che stanchi di 2 decenni di malgoverno si ribellino votando 5 stelle.
      2 cose però. uno, l'articolo partiva dalla visione che lo stesso grillo dà del voto - cioè figli contro padri e non onesti contro disonesti - e dunque si rifà per forza di cose a quell'idea, vera nella fotografia data da grillo ma non nell'effettiva esistenza di una contrapposizione generazionale quanto invece per i processi di emarginazione dettati dal capitalismo di inizio secolo, che investono di più i giovani, gli studenti, i disoccupati, ma anche tanti altri (cito appunto le partite iva).

      secondo, e più importante in risposta alla tua giusta critica, grillo fa passare l'idea che se non ci fossero i costi della politica e tanta corruzione tutti staremmo meglio. sbagliato. l'inghilterra quanto a corruzione (quella spicciola, la nostra, anche qui potremmo parlare x ore di cosa è davvero la corruzione, ma rimaniamo per ora sul piano delle mazzette, dei rimborsi, dei privilegi) è un paese che funziona piuttosto bene. eppure i morsi della crisi sono profondi quanto in italia. e in spagna, nonostante lo scandalo PPE (che da noi sarebbe stata uan cosa ridicola...) la corruzione è molto bassa e pure là la vita è un inferno.
      ecco, in spagna la crisi ha portato agli indignados - che hanno fallito, che erano troppo naive, che rifiutando la forma politica più classica si sono dati una bastonata sui piedi, ma che cmq hanno rappresentato un tentativi di critica radicale al sistema politico ED economico spagnolo. in italia la crisi ha generato grillo che prende voti grazie a penati, batman e tutto il resto (riduco ed estremizzo, sia chiaro). a me questo pare preoccupante perchè la sinistra dovrebbe venir fuori su questi temi ed invece lasciati a chi di sinistra non è, prendono altre forme (ma appunto, una società meno ladra non è una cosa di sinistra, una meno ingiusta, invece si). una gigantesca occasione persa.

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