di Francesca Congiu
L’intervento di Francesca Coin in merito al referendum bolognese sui finanziamenti alla scuola
mette in luce l’ennesimo paradosso legato alla questione
dell’istruzione in Italia e l’uso strumentale di concetti come laicità e
democrazia. Tale paradosso ricorda quello illustrato da Ellekappa con
una vignetta sulla Chiesa e i diritti della persona: "La chiesa ha tutto
il diritto di dire la sua. il problema è che vuole dire anche la
nostra".
Poco male (cioè non sorprende) se PDL e Curia sono uniti nella crociata
antidemocratica di considerare lecito un finanziamento alla scuola
privata, ma trovo scandaloso che il PD bolognese continui a fraintendere
i "fondamentali" della democrazia dimostrando di fare politica senza
avere un'identità politica o - peggio - facendo proprie le ragioni e
l'identità dell' "avversario". La scuola pubblica è battuta se la
politica non la difende, perché l'acropoli è sempre più forte
dell'agorà. Aggiungo, allo sconforto e alla rabbia che ingenera questa
vicenda, la recente notizia del pagamento “a sorteggio” dei docenti precari di una scuola di Grosseto: questi, sottopagati, già vessati
dalle intermittenze di un lavoro saltuario sono i nostri docenti,
formati e professionalizzati dal "pubblico" e per il "pubblico", che lo
Stato - con destra e sinistra complici nella cecità e nell'azione -
continua ad umiliare e offendere. Il fatto è accaduto in Toscana, ma
queste "fiere" sono aperte in tutta Italia.
Credo esista un progetto politico, ideologico, ben ordito, che cioè
qualcuno o molti traggano un vantaggio nel tagliare il filo democratico
di cui la scuola si fa portatrice e che si costruiscano teorie astruse e
improponibili di “laicità” per giustificare la manomissione dei valori
costituzionali, per mettere cioè all'angolo i saperi liberi e
democratici, partendo da provvedimenti come la limitazione degli accessi
e la scandalosa umiliazione del corpo docente.
E alla fine? Alla fine, dopo aver raso al suolo la credibilità,
l'autorevolezza e l'imprescindibilità della scuola pubblica ci si
limiterà a ripetersi la tautologia, buona per salvare la cattiva
coscienza di chi è causa di questo male, che la scuola pubblica non vale
niente, perché non vale niente, perché non vale niente ecc. ecc. Quando
discuto di problemi di laicità, merito, democrazia scolastica mi viene
spesso in mente una frase contenuta in “Lettera a una professoressa”. Il
contesto è la scuola di Barbiana, quell’esperienza educativa che negli
anni ’50 mise in luce le gravi ingiustizie sociali della scuola
istituzionale, ancora arretrata sui temi dell’uguaglianza e della cura
della persona. Questa frase viene pronunciata da un giovane alunno in
risposta ad un pedagogo, aria da progressista, cattedratico - uno di
quelli che, per intenderci, oggi punterebbero l'indice contro le carenze
del sistema scolastico pubblico, per poi mandare i propri figli a
scuola privata. Lucio, l’alunno che ha trovato nella scuola un luogo di
scambio, crescita, autonomia, lui con 36 mucche nella stalla, di fronte
all'alternativa-zero, risponde al fine pedagogo come oggi in Italia
risponderebbero studenti e professori insieme : "la scuola sarà sempre
meglio della merda".
Nessun commento:
Posta un commento