giovedì 7 luglio 2011

LA FRONTIERA

Il debito spagnolo ha vissuto ieri la sua giornata peggiore dallo scorso aprile, quando si impennò raggiungendo cifre record, spinto dalle prime voci di un secondo riscatto greco.
Ieri la minaccia veniva da molto più vicino, dal Portogallo, a cui Moody's ha declassato i titoli a livello di spazzatura rendendoli buoni solo per chi specula. L'agenzia di rating teme che anche il Portogallo necessiti una seconda ristrutturazione del debito ben prima di poter tornare a finanziarsi in modo autonomo sui mercati nel 2013, come era previsto; e si dubita anche che il Paese possa compiere gli obiettivi di riduzione del deficit e di stabilità che il FMI e l'Unione Europea gli hanno imposto per continuare a sganciare aiuti finanziari. Si tratta di previsioni, esiste la possibilità che non si avverino, ma è quanto basta per scatenare la tempesta sui mercati sull'altra metà della penisola iberica.

Le banche spagnole detengono il 42% del debito portoghese e sono le più esposte tra quelle del patto dell'euro; sono in gioco quasi 65 milioni di euro, contro i poco più di 27 con cui è esposta la Germania, per esempio. Scatta l'effetto contagio e diventiamo tutti appestati. Le zaffate del porcilaio in cui un sistema economico aberrante ed evidentemente fallito ha rinchiuso i pigs, iniziano ad ammorbare seriamente l'aria anche qui.

Salamanca sta a 100 chilometri dal confine portoghese e con la zona centrale del Portogallo ha intessuto negli ultimi 20 anni una fitta rete di relazioni che mirano a sviluppare politiche comuni per l'ordinamento del territorio, la conservazione del patrimonio culturale e lo sviluppo sociale. Vent'anni di conquiste comuni, in una zona alla periferia del regno, la periferia dei “periferici”, dove tutto è più difficile da ottenere proprio perché stiamo nel culo del mondo; conquiste ora spazzate via da quel copione che già conosciamo ma che molti ancora non comprendono. Gli organismi finanziari internazionali, per salvaguardare il sistema economico creato, armano di scure la mano di governi fantoccio (se ne cade uno se ne fa un altro), il cui taglio inesorabile colpirà sempre negli stessi deboli punti, pensioni, salari, sanità, educazione, sussidi di disoccupazione. E ora, in Portogallo, perfino sulla prossima tredicesima, in nome della “salvezza nazionale”. Tutti i lavoratori dipendenti con un salario superiore a 1000 euro per Natale perderanno almeno un quarto di tredicesima; una gabella quasi sicuramente incostituzionale e giustificata senza pudore dal Governo per la necessità imperiosa di battere cassa e di batterla sempre sulle fasce più deboli della popolazione.

Sulla frontiera lusitano-salmantina il contagio di questa peste bubbonica del XXI secolo che si chiama fallimento del sistema economico liberale si è tradotta immediamente in aumento del contrabbando, del lavoro in nero, quindi delle morti sul lavoro. E da questo lato della frontiera iniziano a serpeggiare il rifiuto ed il razzismo di chi vede coloro che vivono oltre il confine come depredatori delle poche risorse che qui rimangono.

Noi “periferici” siamo tutti cadaveri finanziari, con un grado di decomposizione più o meno alto, decretato di volta in volta anche dalle agenzie di rating. E la politica partecipa sommessa alla veglia funebre della democrazia, macabro spettacolo in cui il demos, quel popolo che di tutto dovrebbe essere il fulcro, si ritrova a dover pagare, suo malgrado, il funerale.

Di Monica Bedana

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