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venerdì 29 marzo 2013

La guerra ai poveri di Dave e George.
di Simone Rossi  

Nel suo toccante discorso di insediamento Laura Boldrini, Presidente della Camera dei Deputati, ha invitato i suoi onorevoli colleghi, tra le altre cose, a combattere la povertà e non i poveri. Un invito alquanto rivoluzionario perché pronunciato in tempi ed in un continente dove i governanti promuovono politiche economiche sociali che producono ingiustizia e colpiscono i poveri, spesso stigmatizzandoli.

Tra i campioni della guerra ai poveri primeggiano i Conservatori britannici, portatori degli interessi delle ėlite che detengono le leve del potere. Non è da meno l'attuale Primo Ministro David Cameron, che dal 2005, anno in cui divenne segretario del partito, al 2010, anno della nomina a capo dell'Esecutivo, effettuò una campagna di immagine volta a presentare il suo partito come progressista, compassionevole e attento ai bisogni del cittadino medio; salvo smentire tutto una volta al governo. Nel corso di quasi tre anni il Gabinetto britannico ha stravolto quello che rimaneva del sistema sociale impostato nel dopoguerra, permettendo l'incremento delle tasse universitarie fino a £9'000 annue (poco meno di€11'000), comprimendo il costo del lavoro nel settore pubblico, privando centinaia di migliaia di cittadini della pensione di invalidità attraverso un sistema kafkiano di revisione dei requisiti, introducendo surrettiziamente la privatizzazione di sanità ed istruzione, tagliando i fondi a servizi come il patrocinio gratuito per chi non può permettersi un avvocato. Il colpo di grazia sta per essere assestato con l'inizio del novo anno fiscale, e mese di aprile, quando la riforma del sistema di protezione ed assistenza sociale entrerà in pieno vigore. Il nuovo modello incorporerà vari sussidi e porrà limitazioni, tanto qualitative quanto quantitative agli stessi. Uno dei tetti contro cui si è scatenata una forte opposizione è comunemente chiamata "Bedroom Tax", ossia ma tassa sui vani liberi; non si tratta di una vera e propria tassa, ma di uno sconto effettuato sul contributo pubblico al pagamento dell'affitto per gli individui o i nuclei famigliari che occupano abitazioni con un numero di stanze superiore a quelle che il Governo ritiene essere sufficienti. La scelta imposta a queste famiglie, stimate essere varie decine di migliaia, sarà tra il sopravvivere con un sussidio di importo inferiore a quello corrisposto attualmente ed il traslocare in abitazioni minori. Ambedue le opzioni si presentano ardue a fronte di un mercato immobiliare in cui gli affitti sono in crescita e considerato che dal primo Governo Thatcher (1979-83) in poi molte unita residenziali pubbliche sono state cedute senza che ne fossero costruite di nuove. L'introduzione della "Bedroom Tax", unitamente ai tetti già posti ai sussidi per la casa, comporterà lo smembramento di intere comunità popolari e spingerà le fasce più povere della popolazione verso quartieri o paesi marginali in ciò che su questo blog già abbiamo definito un'operazione di pulizia sociale dei centri urbani e delle aree di pregio.
A dispetto della retorica conservatrice sulla "Big Society", una società in cui i cittadini si uniscono armoniosamente per assumersi responsabilità sino ad ora appannaggio dello Stato, e sul fatto che tutti i cittadini sono "sulla stessa barca" nello sforzo di uscire dalla crisi, a pagare le conseguenze di queste cosiddette politiche per la casa e della riforma dello stato sociale saranno ancora una volta e di più le classi basse e medio-basse, quelle che soffrono di più gli effetti della crisi e del neoliberismo e che andranno ad ingrossare ulteriormente le fila dei poveri, ad oggi stimati in circa quattro milioni ed in costante crescita nonostante l'Esecutivo in carica, composto in larga misura da milionari e benestanti, non li veda, pur combattendoli.

giovedì 7 luglio 2011

LA FRONTIERA

Il debito spagnolo ha vissuto ieri la sua giornata peggiore dallo scorso aprile, quando si impennò raggiungendo cifre record, spinto dalle prime voci di un secondo riscatto greco.
Ieri la minaccia veniva da molto più vicino, dal Portogallo, a cui Moody's ha declassato i titoli a livello di spazzatura rendendoli buoni solo per chi specula. L'agenzia di rating teme che anche il Portogallo necessiti una seconda ristrutturazione del debito ben prima di poter tornare a finanziarsi in modo autonomo sui mercati nel 2013, come era previsto; e si dubita anche che il Paese possa compiere gli obiettivi di riduzione del deficit e di stabilità che il FMI e l'Unione Europea gli hanno imposto per continuare a sganciare aiuti finanziari. Si tratta di previsioni, esiste la possibilità che non si avverino, ma è quanto basta per scatenare la tempesta sui mercati sull'altra metà della penisola iberica.

Le banche spagnole detengono il 42% del debito portoghese e sono le più esposte tra quelle del patto dell'euro; sono in gioco quasi 65 milioni di euro, contro i poco più di 27 con cui è esposta la Germania, per esempio. Scatta l'effetto contagio e diventiamo tutti appestati. Le zaffate del porcilaio in cui un sistema economico aberrante ed evidentemente fallito ha rinchiuso i pigs, iniziano ad ammorbare seriamente l'aria anche qui.

Salamanca sta a 100 chilometri dal confine portoghese e con la zona centrale del Portogallo ha intessuto negli ultimi 20 anni una fitta rete di relazioni che mirano a sviluppare politiche comuni per l'ordinamento del territorio, la conservazione del patrimonio culturale e lo sviluppo sociale. Vent'anni di conquiste comuni, in una zona alla periferia del regno, la periferia dei “periferici”, dove tutto è più difficile da ottenere proprio perché stiamo nel culo del mondo; conquiste ora spazzate via da quel copione che già conosciamo ma che molti ancora non comprendono. Gli organismi finanziari internazionali, per salvaguardare il sistema economico creato, armano di scure la mano di governi fantoccio (se ne cade uno se ne fa un altro), il cui taglio inesorabile colpirà sempre negli stessi deboli punti, pensioni, salari, sanità, educazione, sussidi di disoccupazione. E ora, in Portogallo, perfino sulla prossima tredicesima, in nome della “salvezza nazionale”. Tutti i lavoratori dipendenti con un salario superiore a 1000 euro per Natale perderanno almeno un quarto di tredicesima; una gabella quasi sicuramente incostituzionale e giustificata senza pudore dal Governo per la necessità imperiosa di battere cassa e di batterla sempre sulle fasce più deboli della popolazione.

Sulla frontiera lusitano-salmantina il contagio di questa peste bubbonica del XXI secolo che si chiama fallimento del sistema economico liberale si è tradotta immediamente in aumento del contrabbando, del lavoro in nero, quindi delle morti sul lavoro. E da questo lato della frontiera iniziano a serpeggiare il rifiuto ed il razzismo di chi vede coloro che vivono oltre il confine come depredatori delle poche risorse che qui rimangono.

Noi “periferici” siamo tutti cadaveri finanziari, con un grado di decomposizione più o meno alto, decretato di volta in volta anche dalle agenzie di rating. E la politica partecipa sommessa alla veglia funebre della democrazia, macabro spettacolo in cui il demos, quel popolo che di tutto dovrebbe essere il fulcro, si ritrova a dover pagare, suo malgrado, il funerale.

Di Monica Bedana

venerdì 10 giugno 2011

Debtocracy

Cliccate QUI per vedere il documentario segnalatoci da Simone R. e prodotto in Grecia,
che cerca le cause della crisi provocata dal debito pubblico.
Sottotitolato anche in italiano - selezionare nella parte superiore CC - Subtitles

venerdì 11 febbraio 2011

una risposta a porro...

e all'ignoranza sovrana in economia - o forse alla disinformazione che i servi del padrone spargono in tv.

Ieri sera ad Anno Zero, il corrispondente economico del Giornale Nicola Porro sosteneva che leggendo i dati della banca d'italia ed in particolare l'indice Gini tutta la popolazione in Italia era diventata piu' povera e non solo la parte piu' debole della popolazione. Come suo solito, lo sosteneva con una straffottenza degno di miglior causa.
Porro si vanta di sapere di economia, ma non sa nulla. Dall'indice Gini non si puo' stabilire se tutta la popolazione sia diventata piu' povera o meno. L'indice Gini e' un indice di distribuzione non di crescita. Peccato che nessuno gliel'abbia ricordato, ieri sera. Bisognerebbe davvero studiare un poco di piu'. Questo indice Gini dice che il decile piu' ricco della popolazione e' diventato piu' ricco negli ultimi 30 anni, a discapito del resto della popolazione. O meglio, che si appropria di una parte maggiore del reddito nazionale. Il che vuol dire naturalmente che se il reddito nazionlE e' in calo, come in questi ultimi anni, e' certo possibile che tutti siano diventati piu' poveri, ma proporzionalmente i piu' poveri sono piu' poveri di prima prendendo una parte minore di un reddito nazionale in calo.
Dunque Porro ha sbagliato indice ma ha ragione nella sostanza? Non e' vero neanche questo! L'Italia e' stata in recessione per 2 anni circa, ma negli ultimi 30 anni e' cresciuta, seppur a ritmi letargici. In questi 30 anni, i ricchi sono diventati ancora piu' ricchi. Quindi concentrarsi solo su 2 anni e' una operazione mediatica di grande squallore intellettuale. La realta' e' che in una economia che in queste decadi e' cresciuta poco ma pur sempre cresciuta esiste una parte consistente della popolazione che e' piu' povera in termini assoluti di 30 anni fa, perche' i ricchi si sono presi tutto.
Il tutto alla faccia di quell'ignorante di Porro che da' la cifra della serieta' di analisi del Giornale...

Nicola