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lunedì 11 marzo 2013

11 marzo 2004

Di Monica Bedana

Ho vissuto un altro momento di grave emergenza sociale e democratica, in un altro Paese, a ridosso delle elezioni politiche. Era l'11 marzo del 2004 e in Spagna si votava domenica 14.

E faceva ancora freddo da cappotto pesante quella mattina di caos e angoscia di nove anni fa, quando le bombe sui treni di Madrid uccisero 191 persone e ne ferirono quasi 1900.

E dopo due giorni andammo a votare anche per coloro che non poterono farlo. A votare contro la manipolazione e le bugie. In una situazione estrema, in un Paese spaccato in due dal lutto (e che poi non si è mai più riconciliato), riflesso nell’antagonismo feroce di quasi otto anni di bipolarismo parlamentare. Un sistema che ha retto fino allo scoppio dell’attuale crisi economica.

A distanza di anni provo ancora imbarazzo nel ricordare il patetico tentativo di allora del governo Aznar di addossare l’attentato all’ ETA per far bottino alle urne con l’argomento populista per eccellenza, la lotta al terrorismo.
E’ lo stesso imbarazzo che provo ora nel vedere Bersani arrabattarsi su un programma post-elettorale che probabilmente si spinge più a sinistra solo perché gettare la palla al centro è stato deleterio per la sopravvivenza del partito, non perché si senta fino in fondo la necessità di certe riforme per il bene del Paese.

Politici sganciati dalla realtà, che non riescono a prendere coscienza di essa nemmeno quando esplode loro in faccia.

mercoledì 26 dicembre 2012

Il grande crash spagnolo

Oggi proponiamo un documentario prodotto da Paul Mason che racconta la crisi finanziaria in Spagna.




Il documentario è stato duramente attaccato dal governo spagnolo e questo è solamente un motivo in più per guardarlo. Mason, che ha seguito per NewsNight tutta l'evolversi della crisi greca e di quella europea in generale, fornisce un dettagliato resoconto di cosa sia la vita in Spagna ai tempi della crisi, dell'economia drogata dalla finanza e di come i salvataggi della UE siano sempre a favore dei soliti noti.
Un'ora di grande giornalismo, da non perdere assolutamente e da diffondere il più possibile.



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lunedì 29 agosto 2011

L'agonia di Zapatero, sancita dalla Costituzione
Di Monica Bedana

Il finale della legislatura di Zapatero e il suo addio alla scena politica si stanno trasformando in una lenta agonia con progressiva perdita di conoscenza del malato. Al capezzale di quel che fu il coraggioso Presidente che, appena eletto, compí senza indugi il primo punto del suo programma elettorale ritirando le truppe spagnole dall'Irak, c'è oggi l'infermiera Merkel a misurargli la febbre da spread e a raccomandargli l'unica medicina infallibile contro la crisi: l'introduzione del tetto di spesa pubblica nella Costituzione. E José Luis ingoia l'amara pillola, mentre l'opposizione fa quadrato ai piedi del letto del dolore tendendogli un bicchier d'acqua, applaudendo la docilità del malato e con la benedizione del consulto medico della BCE.

Zapatero è in prognosi riservata e dalla sua ormai voluminosa cartella clinica si impegnano ad emergere solo i bollettini medici che indicano l'irreversibilità della situazione: dall'ostinazione a non voler riconoscere l'esistenza della crisi mondiale, alla lentezza dell'applicazione delle prime misure per arginarla, fino alla crudezza dei tagli che hanno colpito in pieno quei diritti sociali che con tanta enfasi si era impegnato a costruire.
Ed ora alla malattia strutturale di tutto un sistema economico e di mezzo ciclo politico si aggiunge la cecità che gli impedisce di vedere che proprio l'austerità draconiana imposta dall'alto, sancita dalla Costituzione e fine a sé stessa è ciò che spingerà il Paese a sfiorare la Grecia.

Si alzano durissime le voci critiche di politici e membri di spicco del PSOE contro questa riforma-express, all'ultima moda italiana, della Costituzione: da Antonio Gutiérrez a Jordi Sevilla, da Tomás Gómez del Psoe di Madrid all'ex presidente del Parlamento Europeo José Borrell, fino allo storico Alfonso Guerra e a Fernando López Aguilar.
La società civile, in un'ennesima dimostrazione di ammirevole maturità, sta raccogliendo firme per chiedere che la riforma la decidano i cittadini attraverso un referendum, mentre gli indignados stanno organizzando le ormai consuete manifestazioni alla Puerta del Sol.

E l'agonia politica di Zapatero priva di ossigeno anche la campagna elettorale del candidato socialista Rubalcaba, che al suo esordio reclamava, in un inedito e vagheggiato ritorno alle origini del socialismo, che fossero le banche a pagare almeno parte del prezzo di una crisi da loro stesse generata. Il prossimo 20 novembre probabilmente non sarà più ricordato solo per essere il giorno in cui morí Franco.

Para A.V., qué remedio

lunedì 1 agosto 2011

Soggetto, verbo e predicato
Di Monica Bedana

Soggetto, verbo, predicato, non servono altri orpelli. E indipendenza, coerenza, onestà, caparbietà. Tutto ciò che ammiro nella scrittura e nell'essere; Giuseppe d'Avanzo, che inspiegabilmente se ne va nel mezzo di un'estate incoerente.

Disoneste certe voci che riecheggiano dall'estrema destra europea dopo i fatti di Oslo: diciamo che è un pazzo, un caso isolato, cosí ci laviamo per bene le coscienze. Visto da questa prospettiva, perfino Borghezio risulta più onesto perché più diretto. L'Europa che ha paura di perdere il benessere si ripiega su sé stessa, rifiutando violentemente tutto ciò che viene da fuori, cieca di fronte all'evidenza che in realtà il male si è già nutrito dentro i suoi confini. Quando la democrazia deve render conto ai poteri dell'economia e non ai cittadini, che però ne soffrono le conseguenze; quando la disuguaglianza sociale aumenta insopportabilmente perché chi specula e si arricchisce appare intoccabile, lí si diffonde quel malessere profondo che è terreno fertile per la propagazione della demagogia della destra estrema in cui in molti oggi sembrano riconoscersi. Quelle idee condivisibili o preoccupazioni comprensibili dei cittadini che si traducono in fobia verso l'Islam, verso tutto ciò che è diverso e contro chi vorrebbe aprire le porte a questa diversità. E a nessuno preoccupa la perdità di libertà in ogni campo che scaturisce dalla strategia del rifiuto e da questo modo insistente di coccolare l'odio come vera forma di democrazia.

Incoerenti, questi Ministeri italiani al nord. Perché all'improvviso noi polentoni ci prendiamo e ci portiamo a casa i simboli di Roma ladrona?

Caparbio, Zapatero; l'uomo politico sta venendo fuori ora, ormai spoglio della pelle del Bambi che fu. Ha annunciato che la Spagna andrà alle urne il 20 novembre -anniversario della morte di Franco, curiosamente- e che lui rinuncerà ad essere deputato; un gesto senza precedenti nella democrazia spagnola. Semplicemente tornerà a casa, alla vita civile, perché la politica non dovrebbe mai essere una professione. So già che qualcuno non sarà d'accordo, ma lo (ri)scrivo lo stesso (caparbia anch'io): come per Suárez, dovrà passare un lungo tempo prima che la Storia riconosca a questo Presidente i suoi molti meriti.

Indipendente mi piacerebbe che fosse la politica italiana dalle lobbies economiche e mafiose; Penati da Gavio e Di Caterina, Tremonti da Milanese, Papa da Bisignani, e poi Tedesco e Romano e Cosentino e Silvio in cima a tutta la lista interminabile di indagati, in cui nemmeno più ci raccapezziamo. Purtroppo, quando e se accadrà il miracolo, non ci sarà D'Avanzo a raccontarci con soggetto, verbo e predicato come si sarà districata la matassa e questo mi sconforta.
Ho bisogno urgente di un caffè con gelato in questo incoerente pomeriggio di mezza estate.