mercoledì 30 novembre 2011

Monti, Rajoy e il volo per l'Europa
Di Monica Bedana

In un andirivieni continuo tra l'Italia e i centri del potere europeo, costantemente arrampicato sulle esili fronde della difesa di progetti ancora intangibili di risanamento dell'economia italiana, il professor Monti in questi giorni pare il barone rampante. Si arrampica ovunque possa farsi udire per rassicurare gli esigenti interlocutori europei che l'Italia farà le riforme che ci esigono e per scongiurare, al tempo stesso, la seria possibilità che il nostro Paese precipiti in serie B, il girone della seconda velocità previsto da un minaccioso “patto segreto” come contrappasso per gli accidiosi dell'economia. 
Quindi, pochi giorni fa l'abbiamo visto ad un vertice a tre con Merkel e Sarkozy, ieri in un eurogruppo a Bruxelles nella sua veste di ministro dell'economia, oggi all'ecofin. Il barone rampante non smette di girovagare ma Sarkozy, incollerito e minacciante come il padre letterario del vero barone perfino la domenica  gli esige fretta nello scendere dagli alberi e mettersi finalmente all'opera.

Il messaggio chiaro è che l'Italia stia sprecando tempo prezioso e si adoperi maggiormente a fornire garanzie che a metterle in pratica. Nel frattempo il Paese paga un prezzo record -quasi l'8%- per piazzare il suo debito a tre anni, quando solo un mese fa, con lo screditatissimo Berlusconi ancora al timone, un 4,9% era bastato. Ed il differenziale, a tratti, nella giornata di ieri ha di nuovo superato i temuti 500 punti. Paura, sfiducia i termini più ricorrenti sulla stampa internazionale per definire le sensazioni che l'Italia provoca sui mercati. Se questo è l'effetto del barone Monti, brillante e rampante a tu per tu con Napoleone la zarina, allora preferisco il silenzioso profilo dell'uomo dalle mille sconfitte, Mariano Rajoy, al confronto del professore un debole Icaro dalle ali di cera. Nessuno lo incalza, nessuno lo sprona, nessuno lo cerca per rimproverarlo: è l'enorme vantaggio concessogli dal fatto che (quasi) nessuno sappia chi è. E mentre in Italia si fa baccano per le nomine dei sottosegretari, Rajoy cela con ostinazione i nomi dei membri del suo futuro e prossimo governo, tanto da far pensare che nemmeno lui li conosca ancora. Non solo: sempre a disagio nelle riunioni internazionali, invece di praticare un presenzialismo sfrenato per perorare la causa spagnola, aspetta con fiducia che l'Europa gli faccia visita a domicilio. 
Ieri è venuto a trovarlo Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione Europea. Alla fine dell'incontro, nessuna dichiarazione dei due insieme; Tajani ha detto di aver chiesto al presidente eletto i contenuti delle riforme economiche che il futuro governo intende applicare ma “il commissario ha segnalato che Rajoy non gli ha presentato nessuna proposta concreta perché sta ancora lavorando su come mandarla in porto”.
Tutto senza fretta, in una giornata tranquilla sul mercato spagnolo e con la notizia che il disavanzo nei conti dello Stato tra entrate e uscite è diminuito in questi mesi del 17% rispetto allo stesso periodo del 2010. Non poco, non male. Zapatero, anche lui desaparecido, lavora in silenzio e facilita il passaggio delle consegne.

Stili e carriere completamente opposti; eppure dovrebbero essere questi due uomini diversissimi, Monti e Rajoy, ad iniziare a far fronte comune in Europa per la salvaguardia della pari dignità di tutti gli Stati membri. Affinché i baroni del nord, ottusi, inamovibili, privi di solidarietà e di buonsenso non spicchino il volo a bordo della mongolfiera, lasciando a terra, svuotata, un'istituzione da cui sono stati i primi a trarre ogni beneficio.

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Gli aggiornamenti delle rubriche di "Resistenza Internazionale" 30/11/2011

"The City of London":
Qualche domanda per Ichino&C

Con l'ascesa al governo di Monti è tornata di gran moda la figura del professor Ichino, tutte le sere in tv e la mattina sui giornali ad attaccare la FIOM e la CGIL e a perorare la possibilità di licenziare i privilegiati lavoratori che godono, addirittura, della protezione dell'articolo 18.
Ichino, cui non manca la fantasia, si è inventato un termine ad effetto, apartheid. Secondo lui esiste un sistema in cui i giovani vivono di contratti precari - quelli che lui ed i suoi amici peroravano 10-15 anni fa - mentre una parte di fortunati se la godono difesi da leggi "del secolo scorso" che sono proprio la causa delle sfortune dei primi...leggi tutto l'articolo

"Rassegna stampa" (clicca sui titoli per leggere gli articoli)
Speciale Lucio Magri

Ichino: Criticai Martone ma ora approvo la scelta

Roubini:Ora siete diventati credibili ma dovete tagliare il debito almeno del 25%

Il solito tiro alla fune con Lagarde e Draghi

Ferrero:La manovra Monti, un suicidio

Barbara Spinelli: La sovranità tedesca

lunedì 28 novembre 2011

L'illusione di aver voltato pagina
Di Nicola Melloni

Da "Liberazione" del 25/11/2011

La caduta di Berlusconi e l’arrivo di Monti è stata largamente celebrata dai media e da larga parte della sinistra parlamentare. Si può certo capire l’entusiasmo generato dalla fine del ventennio berlusconiano. Questo però non può e non deve impedire una analisi equilibrata di quello che sta accadendo.

Naturalmente non vogliamo negare che Monti abbia un profilo più compatibile di quello di Berlusconi con la debole democrazia europea del XXI secolo. Non ha un enorme conflitto d’interessi, non ha pendenze di vario tipo con la giustizia, non ha un comportamento personale da basso impero, non farà, sperabilmente, leggi ad personam. E, di fatti, viene chiamato ai vertici franco-tedeschi da cui Berlusconi era stato escluso. Purtroppo questi cambiamenti, seppur positivi, non possono bastare. Sono cambiamenti di forma, non di sostanza.

Non può certo bastare andare a parlare con Merkel e Sarkozy quando non si hanno carte in mano per giocare la propria partita. L’asse franco-tedesco è in crisi, i due presidenti sono in difficoltà e la presenza di un’Italia ripulita può avere un effetto positivo, apparente, sulla governance europea. Solo apparente, appunto, dato che di risultati concreti non ve n’è neppure l’ombra. Le uniche serie richieste che Monti avrebbe potuto avanzare – il cambiamento della struttura finanziaria europea, la crezione di Euro-bond e la riforma della Bce – erano state esplicitamente rigettate dalla Merkel già prima del vertice. E l’Europa continua ad andare a fondo, con la sfiducia che sta raggiungendo anche le rive del Reno, come dimostrato dal fallimento dell’asta sui titoli tedeschi.

Purtroppo neppure questo sembra scalfire le granitiche certezze della Germania che non ascolta nessuno dei suoi interlocutori, ma continua ad imporre la sua volontà ai partner europei. Monti stesso, ad Agosto, si era ribellato al podestà straniero, ma il suo governo, nato zoppo, non ha la forza politica di riguadagnare la sovranità perduta. Il programma del nuovo esecutivo è quello della lettera di Draghi e Trichet. Revisione delle pensioni, del mercato del lavoro, privatizzazioni. La patrimoniale è ormai finita nel dimenticatoio, sostituita dall’assai più modesta ambizione di re-introdurre l’Ici. Che non è una misura di sinistra! E’ solo una misura di buon senso. Una tassa sulla casa esiste ovunque in Europa. Si parla anche di diminuire le tasse per imprese e lavoratori. Certamente sarebbe un fatto positivo, ma il problema è come si vuole finanziare questo intervento. L’aumento di due punti di Iva, che sembra parte integrante del programma del nuovo governo, sarebbe una misura sbagliata ed iniqua. L’Iva ha un fortissimo effetto depressivo, assai superiore alla tassazione dei patrimoni, colpendo in maniera orizzontale e non progressiva, quindi pesando molto di più sulle tasche dei lavoratori e dei pensionati. E poi, la riforma del mercato del lavoro, col ritorno in auge di Pietro Ichino che, non essendo riuscito ad ottenere l’agognato posto di ministro del Welfare, si agita e si sbraccia per attaccare Fiom e Cgil e per tentare di cancellare la contrattazione nazionale. Continuando a promettere la flexsecurity danese, senza che nessuno dica che in Danimarca le entrate del governo sono il 55% del Pil, mentre in Italia il 46. La verità è che si vogliono togliere le garanzie senza introdurre gli ammortizzatori sociali – «siamo in crisi, non abbiamo risorse, non possiamo permettercerlo per adesso» – dando semplicemente il via all’assalto finale contro il lavoro.

Un programma di destra mascherato e giustificato sotto un doppio compromesso. Compromesso politico in parlamento, tra Pdl e Pd, ribadito da un compromesso sociale, alcuni sacrifici ma in cambio di misure di rilancio della crescita e dell’occupazione. Peccato che i sacrifici – Iva, pensioni, mercato del lavoro – siano tutti sulle spalle dei lavoratori che si dovrebbero di nuovo far carico dei problemi del paese. Mentre la patrimoniale, l’unica vera misura equa (far pagare chi ha di più, non avevano detto così?) ed urgente, verrebbe sacrificata sull’altare della tenuta politica del governo.

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venerdì 25 novembre 2011

Gli aggiornamenti delle rubriche di "Resistenza Internazionale", 25/11/2011

Serenissima
"Il labirinto più grande del mondo"

Sono cresciuta tra due labirinti: quello dal richiamo potentemente cattolico di Villa Barbarigo a Valsanzibio, sui colli Euganei e quello squisitamente libertino di Villa Pisani, a Stra, sulla Riviera del Brenta.
Inutile dire che preferivo perdermi in amore tra le siepi di Villa Pisani e farmi cercare da Casanova con la complicità...leggi tutto l'articolo

Rassegna stampa
(clicca sui titoli per leggere gli articoli)
Pdci e Prc: Differenze rientrate
Intervista di Lanfranco Palazzolo a Paolo Ferrero da "La voce Repubblicana".

Italia, Germania, euro, eurobond. Per farla breve, crisi.
Una selezione di articoli curata da Nicola Melloni, che comprende due interviste, una a Bertinotti e l'altra all'economista Emiliano Brancaccio, un articolo di Franco Fubini dal "Corriere" e la corrispondenza da Berlino di Tonia Mastrobuini per "La Stampa".

Il gigante dai piedi di argilla
Di Mario Deagli da "La Stampa"

giovedì 24 novembre 2011



« la pire des attitudes est l'indifférence, dire "je n'y peux rien, je me débrouille" »,


gli aggiornamenti

City of London
L'ottusità tedesca

Rassegna Stampa
clicca per leggere la selezione del giorno





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mercoledì 23 novembre 2011

Gli aggiornamenti delle rubriche di "Resistenza Internazionale"

The City of London
La miseria delle nazioni:
Ieri mi è capitato di leggere un articolo di Jeffrey Sachs sull'Huffington Post. Una cosa inusuale. HP è un sito che non amo, ma è soprattutto Sachs a lasciarmi perplesso. Fu il protagonista della shock therapy in Polonia e Russia (insieme a David Lipton, che guarda caso ora è l'economista IMF in carica per controllare i conti italiani...brividi). Da qualche anno sembra essersi pentito, anche se quando lo incontrai a Oxford ormai 10 anni fa sembrava pur sempre credere che la sua impostazione di allora si fosse rivelata fallimentare per errori non propri. In buona sostanza, un neo-liberal ora un pò più moderato...leggi tutto l'articolo


Rassegna stampa
(Clicca sul titolo per leggere la notizia)
Rompiendo con los mitos del neoliberalismo , un'intervista a Camila Vallejo segnalataci da Simone Rossi

Il permesso di soggiorno? Un`arma di ricatto. E i caporali lo sanno , da Terrelibere.org, segnala Simone Rossi

I figli degli immigrati sono cittadini italiani?
Clicca QUI per leggere la selezione di articoli sull'argomento fatta da Nicola Melloni, da "Repubblica", il "Corriere" ed il "Manifesto".

Su casa Fiat, clicca QUI per leggere la selezione di Nicola ed i pareri di Ichino e Airaudo.

martedì 22 novembre 2011

Aggiornamenti

dalle Rubriche:
The City of London
Non resta che affidarsi ai tecnici
Rassegna Stampa
El beso gay
Le scelte inevitabili

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lunedì 21 novembre 2011

La Spagna ha votato contro
Di Monica Bedana


Il risultato, scontato.
Prima, la campagna elettorale lunga quattro mesi, da quando, in luglio, Zapatero annunciò la data del voto.
La noia dei comizi elettorali: inutilmente appassionati quelli di Rubalcaba, in lotta per una sconfitta dignitosa non ottenuta, vuoti di contenuto quelli di Rajoy - l'eterno secondo finalmente premiato dai capricci dei mercati-; vuoti perché il futuro presidente della Spagna non sa davvero cosa si possa promettere agli elettori, ai cittadini, di questi tempi, senza dover giurare il falso.
Infine la piazza, gli indignati, qui liberi di manifestarsi ma incredibilmente silenziosi in questi giorni, a differenza di quanto sta accadendo nel resto del mondo.
Le loro, le nostre proteste, sono state senz'altro un mezzo importante di pressione ed espressione della società in questi ultimi mesi, ma alla fine il Paese si è dimostrato pienamente consapevole del fatto che solo nel voto risiede l'essenza della democrazia ed è da lí che bisogna partire ogni volta che si pretende di cambiare qualcosa. La rabbia della piazza dovrebbe far riflettere tutto l'arco politico, ma è un controllo parlamentario rigoroso quello che di fatto deve tener d'occhio l'agire di un governo. E ieri, in Spagna, fortunatamente è stato il voto ad esprimere la più vera e sentita protesta.

A Rajoy l'Europa non concederà quella “mezz'ora” che lui ha metaforicamente chiesto per farsi conoscere: tra domani e dicembre sono fissate cinque difficili aste del Tesoro pubblico ed il futuro presidente sarà già obbligato dai mercati a dare chiare indicazioni in materia, un mese prima della sua investitura. La crisi economica con cui si dovranno misurare i Popolari non è come quella del '96 e di cui, durante la campagna elettorale, si sono attribuiti continuamente il merito di esserne usciti. La Spagna di allora aveva sí livelli di disoccupazione uguali a quelli di oggi, ma anche un PIL che cresceva per la svalutazione della peseta, i tassi di interesse che scendevano, le entità di credito che non avevano grossi problemi, il settore privato che disponeva di finanziamenti...un contesto generale ben diverso da quello in cui è incastrato oggi il Paese.

Paradossalmente, mai come in questo momento storico, politico ed economico una maggioranza assoluta alle urne significa l'esatto contrario di avere carta bianca per governare in autonomia. Quello di ieri è senz'altro un voto contro: contro Zapatero, la sua erratica gestione economica e il tradimento lampante di tutto il suo programma di politiche sociali. Ma è anche un atto di fede: perché solo un miracolo potrebbe conciliare le urgentissime necessità di crescita del Paese e l'attuazione di un programma politico il cui unico punto chiaro è che, "a parte le pensioni, bisognerà tagliare in tutto". E la potatura di rami già pesantemente recisi può portare alla morte l'albero dello Stato sociale di cui la Spagna è stata a lungo un simbolo in Europa.


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Nasce un nuovo progetto politico: la DC
Di Nicola Melloni

Da "Liberazione" del 18 Novembre 2011

Col governo Monti si chiude probabilmente la seconda Repubblica. Così come la prima era finita con i governi tecnici Amato e Ciampi, anche il ventennio berlusconiano finisce sotto i colpi della scure del mercato. Un sistema politico impaludato e sottosviluppato non riesce a rigenerarsi senza un qualche shock esterno. Prima la fine dell’Urss e la crisi dello Sme, ora il tracollo del capitalismo liberale ed il caos finanziario che rischia di far scomparire l’Euro. Ma in Italia, come nella Sicilia del Gattopardo, apparentemente, tutto cambia perché nulla cambi davvero. D’altronde, appunto, questi cambiamenti di regime non sono il risultato di una crisi organica, come avrebbe detto Gramsci. Questi crolli non arrivano in momenti di avanzamento di un blocco storico alternativo ma, anzi, durante la sua ritirata. Almeno la fine della Dc e del Psi aveva portato a sperare in una nuova stagione politica – ma il Pci era sparito, il sindacato firmava una resa quasi incondizionata ed il liberismo avanzava trionfante. E nei fatti l’emblema di questa fase è stato Berlusconi, non certo quello che in molti sognavano quando si sperava di non morire democristiani. Berlusconi si presentava come novello Cesare con l’intento evidente di difendere interessi consolidati che rischiavano di scomparire dopo la fine della guerra fredda, quel capitalismo all’amatriciana fatto di di commesse pubbliche e corruzione di cui il Caimano era il miglior esempio.

L’esperimento berlusconiano di modernizzazione si è rivelato però una barzelletta finita in una grottesca farsa, prolungatasi ben oltre la sua naturale scadenza, il 2006, perchè nuovamente, come nel caso mussoliniano, una borghesia troppo debole per essere egemonica si era fatta sfuggire di mano la situazione. Ora a mandare via il Biscione ci hanno pensato forze assai più vaste, quelle della speculazione. E le forze nostrane più tradizionali, la borghesia industrial-finanziaria ed il mondo cattolico si candidano con forza a tornare sulla plancia di comando, sotto la tutela europea.

La composizione del governo è inequivocabile. Passera a rappresentare la grande finanza, Gnudi l’industria, Ornaghi il mondo cattolico conservatore e Riccardi quello più progressista. Con Monti a gestire il tutto. Sembra quasi il governo del Terzo Polo (Bocchino, sfacciato ed ingenuo, se l’è pure lasciato scappare), non fosse che questo Terzo Polo è destinato a diventare il primo, riassorbendo l’elettorato in fuga dal coacervo berlusconiano proprio come Forza Italia era andata a raccattare i vecchi voti del pentapartito. Terzo Polo che si nasconde sotto le insegne del governo tecnico, contando molto sulla ventata fortissima di antipolitica che spira da diversi anni a questa parte. Ma è meglio non farsi illusioni, si tratta di un governo prettamente politico, che presenterà un programma economico forte e con un programma politico ancora più ambizioso.

L’obiettivo, in maniera lapalissiana, è il superamento dell’attuale assetto politico, a partire dalla scomposizione del Pd, una parte del quale verrà assorbita (basti pensare a Letta, Veltroni e all’astro nascente Renzi), mentre l’altra verrà marginalizzata, insieme alla sinistra extraparlamentare e l’Idv. A destra ritorneranno fuori dalle stanze del potere la Lega e le parti più impresentabili del berlusconismo. Mentre davvero non si capisce perchè il Pd si presti a questo gioco da cui non può che uscire perdente. La leadership del partito si è fatta cogliere, una volta di più, di sorpresa, con la linea dettata non tanto da Bersani, ma dal vero regista di tutta questa operazione, Giorgio Napolitano, che ha praticamente imposto a Pd e Pdl il nome di Monti e la svolta centrista.

Non illudiamoci, questo riallineamento è destinato a durare ben oltre la prossima scadenza elettorale ed oltre il gabinetto Monti. Il padronato italiano deve essere salvato (in primo luogo da se stesso e dalla sua storica incapacità), perchè ora a rischio c’è la sopravvivenza stessa dell’economia ed addirittura del paese. Addirittura dell’Europa. Alcuni (come Marchionne) hanno già abbandonato la barca, altri, che non possono fare altrettanto, si affidano ad un nuovo, ma vecchissimo progetto politico. Prima la sinistra (tutta) se ne accorge, meglio è.
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Gli aggiornamenti delle rubriche di "Resistenza Internazionale", 21/11/2011

"The City of London":
La sinistra ai tempi della crisi
Le elezioni spagnole rappresentano un segnale importante che va letto nel contesto della crisi europea. Negli ultimi 20 anni, dalla caduta dell'URSS in avanti, le differenze tra destra e sinistra si erano andate sempre più affievolendo, in fondo era la fine della storia ed il capitalismo aveva trionfato.
La sinistra era salita in corsa sul carro del vincitore e la solida e classica socialdemocrazia dell'europa occidentale ne era stata travolta non meno del comunismo. Negli anni 90 andava di moda la terza via, che in realtà era solo una prima via, neanche troppo edulcorata. Mercato, mercato, mercato...leggi tutto l'articolo
"Rassegna Stampa"

Clicca sui titoli per leggere gli articoli.

"La scommessa di un tecnico" , di Barbara Spinelli da "Repubblica"
"Export alimentare italiano in forte crescita. La produzione al palo" , da "Teatro Naturale"
"Dai diritti ai privilegi. A passo di gambero" da "The Guardian" , articolo segnalato e commentato da Simone Rossi

venerdì 18 novembre 2011

giovedì 17 novembre 2011

Gli aggiornamenti delle rubriche di "Resistenza Internazionale", 17 novembre 2011

"The city of London" :
"Da Bologna alla Bocconi"
Nell'immaginario popolare Monti viene visto come uomo della Bocconi e questo ci comunica subito qualcosa. Serio, certo. Preparato, ci mancherebbe. Ma anche conservatore e liberale. La Bocconi gode di ottima fama, e a ragione, ma è sempre stata una fucina della classe dirigente conservatrice, da Giavazzi a Zingales e Alesina, a Profumo, Passera (guarda un pò) e Tronchetti-Provera. Capiamoci, una classe dirigente di alto profilo, di visione internazionale...leggi tutto l'articolo.

"Rassegna stampa"
(clicca sul titolo per leggere l'intervista)
Sergio Cofferati: "La Cgil ed il Pd rifiutino lo scambio tra patrimoniale e pensioni di anzianità"

Firma la petizione contro la speculazione dei vultures funds

Vulture funds make money by buying up old debt against developing countries, and using the courts to sue them for it in order to reap massive profits. That’s just wrong. The problem is, that while the vulture funds law brought in the UK last year finally stopped this activity happening here, this doesn’t currently extend to Jersey.

The petition reads:

Dear Senator Gorst, Chief Minister of Jersey,
Take a stand and extend the UK’s Vulture Funds Law to Jersey. Stop vulture funds buying up cheap developing country debts, and then suing through your courts for massive profits. Taking advantage of countries trying to get back on their feet is just wrong.

Right now, vulture fund FG Hemisphere is using Jersey’s courts to claim $100m from the Democratic Republic of Congo, on a debt thought to have been bought for $3.3m.

After having much of their debt cancelled by the IMF and World Bank just last year, the impact that this will have on the DRC, and people living in extreme poverty, is just unimaginable. This shouldn’t be happening - let alone so close to home.

Join ONE and the Jubilee Debt Campaign UK in asking Jersey’s Chief Minister to take a stand, by extending the law that already exists here in the UK. It’s simply not right to turn a blind eye:

http://act.one.org/go/222?akid=2739.1869062.33zkV9&t=5

Thanks for your support on this, and please ask your friends to sign up too.

Kind Regards,

Claire Hazelgrove, ONE.org



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mercoledì 16 novembre 2011

domenica 13 novembre 2011

E' tempo di solidarietà


Diamo voce e spazio all'iniziativa "Shave & Save" dell'organizzazione senza animo di lucro Children’s Relief Fund ONLUS.
Aiutiamo l'uomo delle caverne; leggete QUI e lasciatevi commuovere...e cerchiamo di dargli una mano a tornare normale.

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mercoledì 9 novembre 2011

martedì 8 novembre 2011

Gli aggiornamenti delle rubriche di "Resistenza Internazionale", 8 novembre 2011

"The City of London":
Elezioni subito
Il governo Berlusconi si avvia verso il tramonto e già si parla insistentemente di esecutivo tecnico, chiesto anche da Veltroni. In precedenza, Scalfari aveva espresso lo stesso concetto. Entrambi sostengono che in mezzo alla buriana della crisi non si possa votare. E perchè? La Spagna lo fa, senza problemi. Anzi, l'annuncio del voto ha contribuito a far calaregli attacchi speculativi. Ma soprattutto la domanda che sorge spontanea è: se la legislatura fosse giunta alla sua fine naturale, si potrebbe votare nel mezzo della crisi? O dovremmo sospendere la democrazia perchè i mercati richiedono stabilità? leggi tutto l'articolo

"Rassegna Stampa"
"La crisi, i ricchi e le oligarchie"
Di Nadia Urbinati da Repubblica. Clicca QUI

lunedì 7 novembre 2011

Tutto e subito
Di Nicola Melloni

In tempi di crisi si richiedono decisioni straordinarie, scelte rapide, cambiamenti epocali per risolvere i problemi. E si sostiene che è l'unica maniera per uscire dal tunnel. In fondo è la rivincita del massimalismo, che in Italia viene associato con la sinistra radicale (neanche questa volesse la rivoluzione) ma che in realtà è semplicemente un programma politico che non viene a patti ma vuole tutto (il massimo) e possibilmente subito.

E' la shock therapy di cui avevo parlato qualche tempo fa.

Non contesto il metodo, penso che sia ora di un programma massimalista perchè la crisi richiede interventi rapidi (subito) e di grande portata (tutto). Altrimenti la barca affonda.

Il problema è che sono le sbagliate le ricette proposte. L'Italia ha bisogno di una shock therapy perchè i suoi conti non sono in ordine? No. Il debito è altissimo ma lo è sempre stato da oltre vent'anni. Il panico finanziario è frutto dell'irrazionalità dei mercati, non di una situazione contingente che riguarda l'Italia. Le pensioni devono essere riviste? No, perchè la previdenza ha i conti in ordine ed è l'assistenza a far sballare i conti. Il mercato del lavoro deve essere riformato? No, perchè lo è già stato, perchè i contratti in entrata sono già flessibili
e quindi la nuova riforma flessibilizza solo l'uscita, altro che incentivi ad assumere.

Soprattutto, da un punto di vista macroeconomico, le politiche pubbliche italiane (che sono a mio parere comunque da cambiare) sono più che sostenibili ed il debito è quasi esclusivamente colpa dell'evasione fiscale. Se non ci fosse quella, non saremmo messi così male. Quindi l'intervento andrebbe fatto soprattutto su quello che non funziona.

Ma soprattutto il tutto e subito andrebbe indirizzato alle vere cause della crisi. Subito si dovrebbe intervenire sul sistema finanziario che ha dato inizio a tutto. Subito si dovrebbe dividere le attività di retailing da quelle speculative. Subito bisognerebbe ridurre la dimensione delle banche con nuove leggi anti-trust che eliminino il too big too fail ed il soft budget constraint delle banche. Subito si dovrebbe mettere la Tobin Tax , subito bisognerebbe limitare i movimenti di capitale. Subito soprattutto bisognerebbe cambiare lo statuto della
BCE, impegno per l'occupazione e non solo per l'inflazione, obbligo per la stessa BCE di essere lender of last resort e comprare i bond dei paesi in difficoltà, come fanno tutte le banche centrali del mondo. Subito, soprattutto si dovrebbe fare una Europa politica, in cui a cedere sovranità non sia solo la Grecia che non può fare referendum o l'Italia, la cui politica economica viene decisa all'Euro Tower, ma tutta l'Europa, a cominciare dalla Germania che ha colpe ben maggiori dell'Italia in questa crisi.

Il tutto e subito non lo si può chiedere solo ai popoli. Basta con i piccoli passi, o presto ci ritroveremo con niente.

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La crisi, i miti e gli eroi della Grecia*.
Ripassino mitologico del lunedí. Di Monica Bedana

Disse il Nobel dell'economia Stigliz nel foro di Davos all'inizio dell'anno:
Le banche si sono fatte carico di rischi eccessivi. Gli imprenditori si sono indebitati troppo. I regolatori del mercato l'hanno permesso. E adesso i contribuenti devono aiutarli a pulire tutto il pattume, cosa che farà salire alle stelle il debito degli Stati e finirà per ripercuotere negativamente sui beni pubblici.

Fu compito di Prometeo, il preveggente, separare per sempre gli uomini (i contribuenti greci, incoscienti sperperatori sfaccendati con i conti sempre in disordine) dagli dei (i banchieri), facendo incacchiare Zeus (la solita troika), che per ripicca nascose il fuoco (l'ultimo fondo di salvataggio al Paese).

Dice Paul Krugman che nonostante quella greca sia senza dubbio una tragedia, il pericolo attuale viene dal panico bancario che incute l'Italia.
Panico, sostantivo che si rifà al dio Pan, grande divinità fallica provvista di corna e di zampe di caprone; dominava inizialmente l'Arcadia, poi l'Arcore. Faceva cucù alle ninfe e diventava di cattivo umore se qualcuno lo svegliava dalla pennichella . Per tutto il resto, nella storia dell'Olimpo era un tipo che non aveva nessuna rilevanza.

Chi investe teme una sospensione dei pagamenti ed esige quindi un tasso di interesse via via più alto al debito di certi Paesi: un circolo vizioso in cui la profezia dell'insoluto potrebbe compiersi. Lo dice il solito Krugman, discendente diretto di Cassandra (per la verità 'ste cose le dice anche il nostro Melloni ma lui per fortuna viene sempre creduto).

Debito alle stelle, dall'Olimpo Zeus ordina forti tagli alla spesa pubblica: come sempre, fine dei bagordi per Atena, per Efesto, per i fabbri ed i metalmeccanici in generale e per Asclepio, che passa a pagare il ticket sanitario.

Gli Stati impiegano ingenti quantità di denaro -ottenuto dall'indebitamento pubblico- a sostenere quelle banche che, una volta alimentate da questi fondi, esigono interessi sempre più alti per investire nello stesso debito che le ha salvate. Questo è il mito di Sisifo, la cui punizione rappresenta l'inutile tentativo di allontanare da sé la sorte ineludibile di tutti i mortali ed imposta dal Sistema, cioè quella di finire in malora. E giù negli Inferi, Sisifo spinge eternamente una pesantissima pietra sulla sommità di un monte, ma ogni volta che sta per raggiungere la cima la pietra rotola di nuovo verso il basso. E schiaccia i diritti sociali.

Riuniti a Cannes, gli dei dell'Olimpo chiamano a banchetto Tantalo-Papandreou, il cui regno non è poi ricco come si voleva far credere, tanto che per pagare il pranzo alle divinità Tantalo è costretto a mettere in pentola il proprio figlio, di nome Referendum. Zeus scopre l'inganno e lo castiga obbligandolo a stare immerso in uno stagno pieno di liquidità, tormentato dalla sete ma senza poter bere: ogni volta che china la testa, l'acqua sparisce come risucchiata e ai suoi piedi si mostra la terra oscura, brulicante di indignados.

Quando riuscirà il genere umano a riprendersi il fuoco della sovranità nazionale nascosto da Zeus?

*La mitologia greca è una cosa seria. Classica lettura consigliata: Károly Kerény, Gli dei e gli eroi della Grecia, Garzanti.

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Gli aggiornamenti delle rubriche di "Resistenza Internazionale", 7 novembre 2011

"Serenissima":
Donne, insulti e Truffaut


“Jules e Jim”, il film di Truffaut, compie cinquant'anni e ci sono in giro troppi uomini che ancora non l'hanno visto, temo. O che, se per sbaglio l'hanno visto, non l'hanno evidentemente capito. Un peccato, perché mezzo secolo dopo il film è ancora una validissima dimostrazione di come si dovrebbe finalmente intendere la parità tra i sessi senza nemmeno bisogno di nominarla, né di tirare in ballo continuamente la dignità ed il rispetto, che a forza di conclamarli si stropicciano...leggi tutto l'articolo

"Rassegna Stampa"
"Se la democrazia diventa un optional"
Di Rossana Rossanda da "Il Manifesto". Clicca sul titolo per leggere l'articolo.

venerdì 4 novembre 2011

Gli aggiornamenti delle rubriche di "Resistenza Internazionale", 4 novembre 2011

The City of London:
"Golpe europeo"
E cosi' han cancellato il referendum greco. Ma in che mondo viviamo? Il popolo non puo' neanche esprimere la sua idea sulle misure che gli vengono imposte (e non sulla permanenza nell'euro). Geniale soprattutto il commento di Sarkozy. Copio e incollo dal Corriere on line

"Non vogliamo dare l'impressione - ha aggiunto il capo dell'Eliseo - di entrare nelle vicende domestiche dei Paesi, ma noi ci occupiamo dell'euro e la moneta unica va difesa". Il presidente francese ha detto ancora che l'eventuale annullamento della consultazione popolare sulle misure di austerità della Grecia sarebbe «un successo del messaggio lanciato da Francia e Germania»...leggi tutto l'articolo

"Rassegna stampa":
Sul referendum in Grecia, articoli di Paolo Soldini da "L'Unità" e di Guiso e Morelli da "Il Sole 24 ore". Per leggerli, clicca QUI

Su lavoro e austerity, un'intervista a Maurizio Landini su "L'Unità" e un articolo di Sergio Cofferati sulla stessa testata. Per leggerli, clicca QUI

giovedì 3 novembre 2011

Piove sul (Veneto) bagnato. L'alluvione un anno dopo.
Di Monica Bedana


Primi di novembre, qui piove con forza, mi si serra il cuore e penso che pioverà di nuovo, a breve, sul mio Veneto già inondato un anno fa. Mi prende quell'inquietudine con cui in realtà dalle mie parti non si è mai smesso di scrutare il cielo dal '66, perché fu allora che lo Stato promise per la prima volta interventi infrastrutturali mai realizzati in campo idrogeologico, mentre nel frattempo si va di Tav e di Dal Molin, di camionabili e Venetocity, di pedemontana e ponti sullo Stretto. E alla fine ci vediamo spazzar via la vita intera da pioggia e fango.

In Veneto, secondo Legambiente, ben il 92% dei Comuni ha nel proprio territorio abitazioni costruite in aree golenali, in prossimità degli alvei, in zone a rischio frana; fino ad un anno fa l'88% di questi Comuni non svolgeva alcuna attività di manutenzione ordinaria dei corsi d'acqua e delle opere di difesa idraulica. I veri esperti dicono (sottovoce) che ci vorranno 30 anni per mettere il territorio al riparo da ogni rischio; che saranno necessari 40mila ettari di terreno da trasformare in laghi artificiali per la raccolta dell'acqua in caso di piena e, soprattutto, 2,7 miliardi di euro per finanziare questa soluzione definitiva. I soldi per salvare l'assetto idrogeologico della pianura non ci sono, arriveranno solo in parte, a spizzichi e bocconi e non toglieranno mai più l'ansia alla terra pregna d'acqua né alle famiglie che ancora annaspano tra i detriti per riprendersi una parvenza di vita normale, soprattutto quelle sei che, nonostante la solidarietà della gente, vivono ancora nei containers.

In un momento in cui l'attualità del Paese pare scandita dal ritmo di un romanzo epistolare (da Veronica alla BCE, da Marchionne a Montezemolo, scrivono tutti), finalmente anche i sindaci del Veneto scrivono al Governo per chiedere che la salvaguardia dell'assetto idrogeologico del Paese diventi uno dei motori dello sviluppo nazionale, “che si investa in quest'ambito per sostenere la crescita di tutto il Paese”. Tra cento recenti proposte bislacche per rilanciare l'economia, eccone una che davvero darebbe coesione al Paese da Vicenza a Campobasso, passando per Aulla e Roma . Ma chissà quanta acqua dovrà ancora passare sotto i ponti prima che per molta gente una nuvola sia solo una nuvola.

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Gli aggiornamenti delle rubriche di "Resistenza Internazionale", 3 novembre 2011

"The City of London":
Il nuovismo che già puzza di vecchio
Al convegno dei rottamatori fiorentini, Luigi Zingales, economista liberale di Chicago, ha riscosso grandi applausi con una frase ad effetto: "in Italia ci sono le migliori segretarie e i peggiori manager". Davvero? Nel paese dove vive e lavora, gli USA, ci sono manager pure peggiori di quelli italiani, ci sono i CEO delle banche che hanno portato al tracollo l'economia e si sono fatti pagare i bonus dai cittadini. E' quello l'esempio da seguire?...leggi tutto l'articolo



"Rassegna stampa"
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"A Fukushima torna la paura Si teme per una fissione nucleare", da "Il fatto quotidiano", segnalato da Genny Carraro

"Ambiente e Veleni" di Andrea Bertaglio da "Il fatto quotidiano", segnalato da Genny Carraro

"Se un referendum genera il panico" di Gad Lerner da Repubblica, segnalato da Nicola Melloni

mercoledì 2 novembre 2011

Gli aggiornamenti delle rubriche di "Resistenza Internazionale", 2 novembre 2011

"The City of London"
La paura del referendum
La scelta del governo greco di tenere un referendum popolare sul programma europeo di aiuti e, soprattutto, tagli ha scatenato un putiferio...leggi tutto l'articolo

"Rassegna Stampa"
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Guido Rossi: "Troppe disuguaglianze, la finanza non oscuri la politica" Intervista sul "Corriere" al'ex direttore della Consob.

Salvati: "Solo un esecutivo di emergenza può varare scelte forti e impopolari". Intervista sul "Messaggero" all'economista neo direttore del "Mulino".

REGNO UNITO - QUEL MERCATO CHIAMATO PARLAMENTO articolo da "Morningstaronline" segnalato e commentato da Simone Rossi.

First UK airline to operate commercial flight on sustainable biofuels
Articolo segnalato e commentato da Genny Carraro.

Fuga dal debito italiano: tassi vicini alla soglia di emergenza. Per il governo sono “sostenibili”, articolo da "Il fatto quotidiano" segnalato da Genny Carraro



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Sì, serve una shock therapy. Dalla parte dei popoli
Di Nicola Melloni

Da "Liberazione" del 02/11/2011

Siamo ormai arrivati al redde rationem. Le borse continuano a crollare, lo spread ha raggiunto livelli record. L'Italia è virtualmente nella situazione greca, i tassi di interesse sono schizzati in alto perchè il mercato non crede più che il nostro paese sia in grado di pagare i propri debiti. Come abbiamo detto da tempo, inascoltati, tutti gli interventi e piani di salvataggio europei si sono rivelati risibili, inutili e addirittura dannosi. Si sono richiesti interventi d'urgenza all'Italia ed è arrivata la letterina di Berlusconi, subito apprezzata dalla Commissione. Ed invece le Borse crollano. Si è riempito di miliardi di Euro l'Efsf, con il compito di intervenire sul mercato secondario e comprare titoli dei paesi sotto attacco. E lo spread vola. Si discute di applicare la Tobin Tax e ci si danno 12-18 mesi di tempo per inserirla a livello europeo. Ma la speculazione attacca nelle prossime 12-18 ore.

Nessuno crede all'Italia, nessuno crede all'Europa, governata da leader minuscoli, preoccupati soltanto del loro indice di popolarità. Da un anno e mezzo la crisi si acuisce, giorno dopo giorno, ora dopo ora mentre la leadership italiana e quella europea rimangono immobili sull'orlo del burrone, aspettando l'inevitabile spinta che li butti in fondo al baratro. Ci si muove soltanto dietro le quinte per farsi trovare pronti quando ci sarà da raccogliere i cocci. Licenziamenti liberi, fine della contrattazione nazionale, privatizzazione dei servizi pubblici. E soprattutto esautorazione delle istituzioni democratiche. Il governo viene commissariato dall'Unione Europea e dalla Bce, e l'onda a favore del governo di unità nazionale si fa sempre più pressante. La tesi, mirabilmente espressa da Massimo Cacciari, è che non c'è possibilità di manovra, le scelte vengono imposte dall'alto ed il governo deve semplicemente ratificarle. Tanto varrebbe non votare, si potrebbe aggiungere. Non è certo un caso che l'Unione Europea abbia attaccato frontalmente la decisione della Grecia di indire un referendum sul piano di aiuti e tagli. Vogliamo scherzare? L'economia non è certo materia per la plebe.

Meglio affidarsi a chi ne capisce davvero. Ad esempio, il governo vuole mettere in ordine i conti dello stato permettendo alle imprese private di licenziare. Renzi e la sua banda rilanciano il neo-liberismo invitando un economista di destra come Zingales che predica il mercatismo anglo-sassone. Nessuno, tanto meno Zingales e Renzi, ci spiegano però perchè dovremmo imbracciare quelle stesse ricette economiche che hanno creato la crisi. E queste sarebbero riforme, questo sarebbe il nuovo che avanza. Ovviamente per il post-crisi. Nulla, invece, si ha intenzione di fare per risolvere i problemi dell'oggi, per uscire dalla crisi. Le lacrime e sangue, le necessità impellenti si chiedono contro il lavoro, ma nulla si fa per andare a prendere i soldi dove è possibile trovarli. Si è fatto notare a più riprese che l'Italia come sistema-paese non è in condizioni così drammatiche perchè il risparmio privato è molto alto, mentre sono i conti dello stato ad essere in rosso. Ecco dunque che con una finanziaria d'emergenza si possono reperire risorse con una tassa patrimoniale sul 20% più ricco del paese. Contemporaneamente si dovrebbe re-inserire l'Ici, salvaguardando la prima casa. Per poi ridurre le spese inutili e di casta, come le 19 maserati comprate dal ministero della difesa per i propri generali! Poi tagliare i costi della politica (stipendi, benefits, auto-blu) e non certo quelli della democrazia come invece si tenta di fare eliminando il Fondo per l'editoria. Infine si dovrebbe tassare chi gode di esenzioni scandalose, soprattutto in tempo di crisi, come la Chiesa. O magari introdurre leggi speciali per abbattere l'evasione, non contro le manifestazioni di protesta contro questo stato di cose. Insomma, si tratta di raccontare finalmente la verità, e cioè che non è vero che viviamo sopra i nostri mezzi, ma semplicemente che senza evasione fiscale il nostro debito sarebbe risibile.

Semplicemente, con queste scelte ragionevoli si potrebbe abbattere in maniera consistente il debito, tranquillizzare i mercati, liberare risorse. E tornare in Europa come un paese che indica la via d'uscita dalla crisi, chiedendo poi anche a livello comunitario scelte simili. Una cura drastica, una shock therapy come piace ai liberisti. Solo, per una volta, dalla parte giusta.

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