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giovedì 28 marzo 2013

Caso Aldrovandi: le scuse non bastano

Anche la ministra Cancellieri, in corsa per molte cariche istituzionali, ha condannato oggi l'oscena manifestazione di un gruppuscolo di poliziotti, andati a esprimere la propria solidarietà ai colleghi picchiatori proprio sotto le finestre della madre del povero Federico Aldrovandi, ucciso di botte dalla polizia.
Meglio che niente, le parole di condanna fanno capire che non tutto l'apparato statale sta dietro l'eversione di alcune mele marce. Ma la condanna, caro ministro, non può bastare. Non può bastare dopo che un ragazzo è morto. Non può bastare dopo che gli assassini, i loro colleghi ed i loro superiori hanno tentato di nascondere la verità, di inquinare le prove. Un comportamento che umilia tutta la polizia. Ora alcuni agenti pretendono di stare dalla parte dei delinquenti invece che della parte della legge. 
Cosa ci fanno in divisa, allora? Perchè non ci sono sanzioni per questi mascalzoni - che offendono la memoria di un morto e straziano il cuore di una madre coraggiosa ma che, soprattutto, si comportano da eversori? Cosa devono fare questi agenti per meritare una punizione? La polizia difende i suoi agenti oltre ogni ragionevole dubbio, li mantiene in servizio mentre sono sotto processo, non avvia procedure punitive interne, non si costituisce parte civile. Ammette, anzi, incoraggia, un'omertà che sa tanto di mafia - proprio un bel biglietto da visita per la polizia. Un corpo dello stato per cui la difesa del collega, dell'amico, viene prima del rispetto della legge. E davanti a questo non ci sono punizioni esemplari, ma solo parole di condanna. Non basta.
Se gli agenti che hanno vilmente offeso la memoria di Federico e la sensibilità di una madre come Patrizia Moretti saranno lasciati in servizio per le strade di Ferrara, come potranno i cittadini ferraresi sentirsi tranquilli? Con che coraggio si rivolgeranno alla polizia col rischio di trovarsi di fronte agenti che non sono solo privi di umanità, ma sembrano assai poco interessati al rispetto della legge. In una città di turismo, come potranno i cittadini italiani e stranieri visitarne le bellezze serenamente, sapendo che personaggi coperti da divisa girano impuniti per le strade?
Gli agenti in questione devono essere puniti, un segnale forte va mandato ad una polizia che davanti ai tanti eroici atti di coraggio di alcun suoi membri, ed alla continua abnegazione della maggioranza dei suoi iscritti, si trova con non poche mele marce, a Genova, a Roma, a Ferrara e certo non solo. Una certa cultura del machismo, della manganellata facile, della protezione dietro le divise non numerate va sradicata subito. E questi agenti - se non li si potrà licenziare - devono almeno stare in ufficio, e non in strada. Per la sicurezza dei cittadini.

mercoledì 27 marzo 2013

Il diritto di sprangare


Questo è quello che richiede (una parte) della polizia democratica di questo paese. E lo richiede con arroganza, ignoranza, prepotenza e con la protervia dei picchiatori. Oggi a Ferrara diversi agenti di polizia appartenenti al sindacato COISP hanno organizzato una manifestazione di sostegno e solidarietà ai loro colleghi condannati per aver ucciso di botte il povero Federico Aldrovandi. E già questo dovrebbe indignare le coscienze di qualsiasi cittadino democratico. La polizia, una parte della polizia sfila in difesa dei delinquenti - che sono ancora più delinquenti proprio per essersi macchiati di un tale efferato delitto in divisa. Ma non basta. Questa ignobile manifestazione è stata organizzata proprio sotto l'ufficio di Patrizia Moretti, la madre di Federico. Un atto vile, squallido, fatto per ferire chi già ha sofferto troppo, ed ingiustamente.
Questi poliziotti difendono il diritto non di servire la legge, ma di essere superiori alla legge, come tante volte è successo in Italia negli ultimi anni. Come se una divisa portasse con sé un bonus di legnate da distribuire a piacimento.
Ecco, ora ci aspetteremmo che la parte sana della polizia prendesse immediatamente le distanze da questo ignobile gesto. Sarebbe bello che ci fossero provvedimenti per chi, in divisa, manifesta in favore dei delinquenti, rivendicando il diritto di compiere atti illeciti. Sarebbe opportuno che nessuno di questi manifestanti possa mai fare servizio in strada - come cittadino mi sentirei assai poco sicuro se dovesse incappare in figuri del genere. I vertici della polizia dovrebbero immediatamente porgere le scuse, di nuovo, a Patrizia Moretti. E Bersani, dovrebbe aggiungere un altro punto al suo programma di riforme - manca la riforma della polizia. L'aspettiamo da Genova. Non è mai troppo tardi.

p.s. quello nella foto e' Federico Aldrovandi morto, ucciso dalle botte.

venerdì 1 febbraio 2013

Giovanardi, il cristiano

Una persona orribile, altro non si può dire. Si professa cristiano, ma deve essere rimasto al vecchio testamento. Odia i diversi, da sempre ha raptus omofobici che in altre circostanze farebbero pensare a qualcosa da nascondere. E ha fatto del povero Cucchi il centro della sua ossessione per la droga. Era un drogato, di cosa ci sorprendiamo se muore. Beh, la sorpresa, a prescindere dai risultati del processo, è che una persona possa entra in carcere sano e ne esca morto, o, per fortuna nella maggior parte dei casi, solo malridotto. Perchè lo sanno anche le anime più semplici quello che succede in quelle 4 mura, botte da orbi, insulti, umiliazioni. Certo non sempre, ci mancherebbe pure. Ma Bolzaneto pare non aver insegnato davvero nulla. E il povero Aldrovandi nemmeno. 
A parte la carità cristiana che Giovanardi dovrebbe professare, per un rappresentante del popolo dovrebbe esistere almeno un senso democratico. E questo senso democratico dovrebbe obbligare tutti, ma proprio tutti, ad una battaglia di civiltà per un Paese in cui anche chi sbaglia paghi solo nella giusta proporzione. Basterebbe pensare alla Norvegia, dove Brevik si è presentato in tribunale il giorno dopo la strage assolutamente intonso, neanche sfiorato dai poliziotti. Da noi non è così. E questo soprattutto grazie agli incivili come Giovanardi che si rifiutano di far approvare il reato di tortura in Italia, forse nostalgici dei roghi in Campo de' Fiori. 
Giovanardi ha costruito una carriera politica sull'odio per il diverso e sulla negazione dei diritti altrui. Ilaria Cucchi, invece, andrà in Parlamento per far diventare l'Italia un paese più civile. 

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giovedì 31 gennaio 2013

Caso Aldrovandi: Polizia di stato o Stato di polizia

La notizia non è ancora ufficiale ma si tratta di una possibilità più che concreta. I poliziotti che hanno ucciso a botte Federico Aldrovandi, condannati in via definitiva (per omicidio colposo...) ed infine tradotti in carcere (pur se per appena 6 mesi), potrebbero tornare a servire in polizia, a indossare la divisa e, sai mai, a pestare a morte altri ragazzi.
Non sono fantasie, ma ipotesi concrete confermate dalla madre di Federico in una intervista a radio24. Non conosco le regole della polizia, ma che un assassino, condannato per un atto commesso in servizio, non venga espulso con disonore (in uno Stato democratico la polizia si sarebbe fatta parte civile e avrebbe chiesto i danni agli agenti che ne infangano il nome) sembra veramente fantascienza. Vero, si tratta della polizia di Genova, dei picchiatori fascisti che si accaniscono su innocenti manifestanti, che picchiano ragazzi alle spalle, e sparano fumogeni contro i ministeri. Con una differenza, che grazie ad un tribunale della Repubblica, dopo anni di attesa, questi 3 eroi in uniforme sono stati condannati. 
Ma non evidentemente dalla polizia, o almeno c'è questa possibilità. E che semplicemente esista questa chance è una vergogna infinita, un potenziale supporto morale dello Stato per degli assassini.
In fabbrica si può essere licenziati per avere la tessera della FIOM. In polizia il posto è così fisso che anche ammazzare a bastonate un ragazzo non è un motivo buono per essere cacciati...

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lunedì 19 novembre 2012

Poliziotti e studenti in corteo assieme: Saviano nel paese delle meraviglie

Di Nicola Melloni

Torniamo ancora sulle violenze del 14 Novembre per un breve commento sulle parole di Saviano in un video su Repubblica. Parole di pace e concordia ma che servono veramente a poco se finiscono con l'invito per poliziotti e studenti a manifestare insieme, perchè "mai come in questo momento si è dalla stessa parte". 
Non è così, e non lo può neppure essere. Non perché i poliziotti non possano manifestare, ma perché il poliziotto in divisa rappresenta lo Stato contro cui si protesta. Non è importante cosa pensi lui come persona, qui parliamo del ruolo che svolge. E non solo in Italia, dove le violenze sono selvagge, ma in tutta Europa, anche dove la tutela dell'ordine pubblico è fatta in maniera ben diversa.
Nell'Europa del 2012, ai tempi dell'austerity, la protesta è contro il sistema, sistema di cui i poliziotti, per funzione istituzionale, sono i difensori. Dire che poliziotti e manifestanti sono dalla stessa parte è negare l'esistenza dello scontro, cioè dell'importanza delle manifestazioni e del loro significato politico. Un discorso "buonista" non dissimile da quello della ex-sinistra che vede lavoro e capitale uniti sotto un'unica bandiera, negando cioè la dialettica sociale e politica, negando la natura stessa del nostro sistema economico.
E dunque possiamo stare a parlare per ore ed ore delle violenze di strada, della responsabilità della polizia, dei caschi e degli scudi, dei book block o dei black block. E possiamo parlare di ordine pubblico e gestione della piazza, e dei codici identificativi per gli agenti. Temi importanti, temi seri che andrebbero approfonditi. Ma che esulano dal discorso principale, dalla piazza e dallo sciopero europeo. E questo discorso è la violenza cieca dell'austerity, è la restrizione degli spazi democratici, è uno Stato succube dei mercati in cui i cittadini vengono man mano marginalizzati. Dove dunque dimostranti e poliziotti, cioè lo Stato, non possono, ma vorrei dire, non devono stare dalla stessa parte.



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domenica 18 novembre 2012

Basta prenderci per il culo

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Le parole del questore di Roma e dei Carabinieri sono una offesa all'intelligenza degli Italiani. E dimostrano come sia impossibile, nell'Italia del 2012, fidarsi delle forze dell'ordine che pestano a sangue, bombardano i manifestanti, violano la legge e poi sviano le indagini per coprirsi le spalle.

I fatti sono noti, le immagini sono chiare. Come raccolto da Repubblica,  il 14 Novembre, durante lo sciopero europeo, un gruppo di manifestanti, in fuga e non certo organizzato a testuggine per attaccare la polizia, cioè un semplice gruppo di manifestanti che esercitavano un loro diritto democratico, è stato bombardato da lacrimogeni lanciati dall'ultimo piano del Ministero di Grazia e Giustizia.

Secondo questore e carabinieri questo bombardamento non è mai avvenuto. Il lacrimogeno che si vede (o meglio 3 dei 4 lacrimogeni che si vedono) saebbero il risultato di un candelotto lanciato da terra (da circa 150 metri di distanza) che si sarebbe infranto contro il ministero e poi rimbalzato in mezzo alla folla.

Davvero? Vediamo:

- Diamo prima per buona questa farsesca versione delle forze dell'ordine: perchè dei lacrimogeni vengono lanciati contro una folla non ostile, che sta arretrando, che è lontana dagli scontri (almeno 150 metri) e che non rappresenta nessun pericolo? Se così fosse, si tratterebbe comunque di una rappresaglia e ci aspetteremmo quindi indagini, licenziamento in tronco dei carabinieri/poliziotti che han sparato e del funzionario di pubblica sicurezza che era al comando dei carnefici. O no?
- Data l'altezza, il candelotto è stato sparato altissimo, quindi ha una gittata circa di un cannone, altro che 150 metri, ne faceva comodi 3/400. Che armi usa la polizia? Come per altro evidenziato dal video, perché si spara così lontano, non sapendo chi o cosa si colpisce? Ritornando al punto precedente, i lacrimogeni servono a disperdere la folla durante una carica, non a colpire punti lontani non meglio determinati. Se la follia di questa spiegazione fosse vera (ma non lo è) la situazione sarebbe forse ancora peggiore.
- Ma passiamo a vedere il video come è e non come ricostruito dai Carabinieri: non c'e' nessuna scia del candelotto sparato, ma solo le scie di quando si rompe. Come mai?
- Come mai il candelotto si è rotto in 3 parti - un candelotto di metallo che è al massimo della sua gittata e quindi ormai senza forza? Candelotti che mai si rompono, come sa qls persona mai andata in piazza?
- Il Ministro Severino, il primo giorno, ha detto che era un candelotto a strappo, cioe' in funzione prima di essere lanciato. Oggi invece e' cambiato, è di quelli sparati col lancia granate. Come mai? boh
- C'e' un quarto candelotto con una traiettoria che non ha nulla a che fare con quello degli altri 3. Per altro parte da piu in alto. e' una sorta di candelotto magico tipo la pallottola di oswald?
- Pure i 3 frammenti in quesitone partono da punti diversi cadendo appunto con tempi diversi. Impossibie che siano tutti frammenti dello stesso candelotto
- In ultimo, la cosa piu semplice e' guardare il video: i candelotti escono dalla finestra.




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giovedì 15 novembre 2012

Da Roma a Madrid: il braccio violento della legge

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Le immagini che proponiamo nel post qui sotto sono inequivocabili. Una volta di più, in Spagna come in Italia (e come in Grecia, ricordiamolo) la polizia si rende protagonista di violenze gratuite sui manifestanti. Un clima da Sud-America con le cosiddette forze dell'ordine ormai ridotte a squadracce fasciste con il solo obiettivo di intimorire i manifestanti e di dar loro una lezione. Non è ordine pubblico.
Nella maggior parte degli scontri si vede con chiarezza che le cariche partono dalla polizia di fronte a manifestanti che non tirano oggetti, non sono violenti, ma vogliono invece occupare strade, ponti e ferrovie. Interruzione di servizio pubblico? Può darsi. Ma le cariche non paiono una risposta adeguata.

La immagini sottostanti sono di violenza pura. In Spagna un bambino di 13 anni è stato inseguito e picchiato, gli hanno spaccato la testa. In Italia i video che proponiamo sono molto chiari, violenza bestiale su manifestanti inermi. Davanti a queste immagini il Ministro Cancellieri offre la sua solidarietà ai poliziotti invece di prendere ferma distanza da questi metodi da "macelleria messicana". Offre cioè una copertura politica ai picchiatori. Si deve dimettere, subito. Un ministro inadeguato con una spiccata preferenza per il sopruso e la violenza.

Davanti a queste immagini le violenze degli studenti non possono che passare in secondo piano. Uno Stato violento genera, per forze di cose, una società violenta. Quando sono gli uomini in divisa a violare la legge, allora la legge non esiste. Sbaglia clamorosamente Giannini questa mattina su Repubblica quando dice:

Ma le scene degli agenti che inseguono e circondano qualche manifestante isolato, e poi in gruppo lo riempiono di manganellate sul corpo e sul viso, tenendogli perfino ferme le mani, suscitano la stessa riprovazione di un black bloc che brandisce una mazza da baseball di fronte a una "guardia"

No, non possono suscitare la stessa riprovazione. Quando l'ordine pubblico diventa disordine e vendetta privata allora davvero è ridicolo pensare che i manifestanti possano essere messi sullo stesso piano della polizia. Se un calcio di un manifestante vale 1 anno di reclusione, un calcio di un poliziotto deve valerne almeno 10.  Le divise sono indossate per mantenere l'ordine non per applicare il terrore. Ogni calcio di un poliziotto è un calcio che lo Stato dà ai suoi cittadini. Nè in verità si è visto nessun gruppo di manifestanti infierire su un poliziotto inerme - anche questo conta, perchè se condanniamo tutte le violenze, bisogna anche saper distinguere tra violenza e violenza.

E soprattutto l'effetto di questi calci in divisi è controproducente al massimo. Per ogni manganellata data a tradimento ci sarà, la prossima volta, un volto coperto in più, un casco in più, una guerriglia in più. E sarà sbagliato, sia chiaro. Perchè si manifesta a volto scoperto, fieri della propria faccia e della propria lotta. E senza violenza. Ma pur sbagliando, non possiamo non capire le ragioni di chi esasperato da una furia selvaggia che non viene (quasi) mai punita, non si fida più dello Stato. E decide quindi di coprirsi la testa per evitare che gliela spacchino.

Se vogliamo che tutte le violenze smettano, allora deve iniziare lo Stato a dare il buon esempio. Reprimere i facinorosi è giusto, bastonare i manifestanti no. I poliziotti violenti devono essere individuati e puniti dalla polizia stessa e dalla magistratura. I loro commilitoni omertosi pure. Un nuovo metodo di ordine pubblico deve essere immediatamente intrapreso. Ed una nuova cultura della legalità deve essere fatta propria dalle forze dell'ordine. In strada, come in caserma.


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Violenza di stato


Di seguito proponiamo una serie di immagini sulle violenze della polizia in Spagna ed in Italia:

Un bambino inseguito e picchiato in testa dalla polizia a Tarragona (e una ragazza malmenata perché protestava)




Un ragazzo inerme steso a terra e manganellato in faccia, a Roma




Al seguente link si può vedere uno studente preso a calci in faccia dopo esser caduto per terra




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venerdì 20 luglio 2012

La foto che vorremmo vedere in Val di Susa, per esempio

Di Monica Bedana


Madrid, ieri sera, l'immensa protesta di cittadini e di tutti i sindacati uniti, unitissimi contro il Governo di Rajoy ed il governo-ombra della troika, che porteranno il Paese ad essere una nuova Argentina (nel migliore dei casi) o una seconda Grecia.

Appare un gruppetto sparutissimo di poliziotti  e sfila con lo striscione "siamo la polizia del popolo, non dei politici". Hanno il coraggio di dire che non dovrebbe essere la povera gente (in senso letterale; tagli per 65.000 milioni di euro approvati ieri, l'IVA sul materiale scolastico che passa dal 4% al 21%, una matita sarà un bene di lusso, guai a rosicchiarla) il bersaglio delle manganellate.

Nel frattempo, le mogli dei minatori costrette a denudarsi per passare i controlli per entrare in Parlamento, quell'Istituzione aperta a tutti i cittadini perché noi ne abbiamo scelto i rappresentanti.
E il Ministro di Giustizia che indurisce il codice penale all'inverosimile.
E Rajoy che evita di mostrarsi in Parlamento mentre si approva la macelleria sociale.
La triste sensazione personale che in questo Paese in cui ho vissuto per 20 anni la classe politica, pur meno sozza che in Italia, abbia perso completamente l'orientamento ed il senso della vergogna.

Ma la gente non ha perso il coraggio. "Fai sempre quello che hai paura di fare" (e non mi ricordo chi l'ha detto ma ci va benissimo lo stesso). Come quei quattro poliziotti della foto, che staranno già pagando le conseguenze di un gesto che dà coraggio a tutti.

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lunedì 9 luglio 2012

Polizia: quando le scuse non bastano

Di Nicola Melloni


La sentenza sulla Diaz e sul G8 è stata una vittoria storica perchè finalmente ha visto la condanna dei vertici della polizia. Una vittoria, sia chiaro, non per il movimento no global, ma per la democrazia italiana. Una democrazia che, dopo 11 anni, è riuscita a dire che non si può picchiare a proprio piacimento, protetti dalla divisa, cittadini inermi e soprattutto innocenti. Ma poco sarebbe cambiato se anche fossero stati colpevoli. In uno stato di diritto queste cose non sono tollerabili.
E sacrosante sono state le scuse del Capo della Polizia, Manganelli, che almeno ha avuto il coraggio di assumersi alcune responsabilità. Coraggio mancato ai vari LaRussa e Gasparri, quelli secondo cui bisogna comunque credere ai nostri ragazzi in divisa e mai a quei violenti capelloni che protestano.
E però non basta. No. Non bastano le scuse, non basta la sentenza.
La sentenza condanna alti funzionari ma scagiona l'allora Capo della Polizia, Gianni DeGennaro, per un cavillo e per quella che, con molta probabilità, è stata una testimonianza a dir poco omertosa di qualche funzionario. La sentenza condanna alti funzionari ma non persegue i picchiatori di quella notte - amnistiati - di cui dopo 11 anni ancora non sappiamo il nome e di cui la Polizia non ha mai fornito i dati. La sentenza condanna alti funzionari ma non ci spiega cosa facesse Fini nella sala di controllo della Polizia, che ruolo abbia avuto il Ministro dell'Interno Scajola ed il Presidente del Consiglio Berlusconi, e nemmeno ci spiega la cecità di Castelli in visita a Bolzaneto.
In due di questi casi la sentenza non può perseguire questi personaggi. Nel caso degli agenti perchè in Italia non esiste il reato di tortura (altro che amnistia, ci fosse stato) ed in questi 11 anni il nostro cosiddetto democratico Parlamento nulla ha fatto per coprire questa vergognosa lacuna. Cosicchè gli altri pestaggi gratuiti (da Cucchi in avanti) ancora non possono essere giudicati per quel che sono, abusi contro la dignità umana. Nel caso dei politici, perchè solo una Commissione di Indagine Parlamentare (quella che a suo tempo naufragò a causa dell'Italia dei Valori che votò contro) può accertare una verità storica, una verità politica.
Non solo. Chi può darci garanzie che Genova non accadrà di nuovo? Davanti a queste condanne (ed in verità già dal 2001) bisogna intervenire con una riorganizzazione ed un forte controllo democratico sulla polizia. Gli agenti violenti devono pagare il doppio, il triplo, dei comuni delinquenti. Chi li copre, idem. Le questure devono diventare palazzi di cristallo, dove neppure un capello possa venir torto anche al più infame assassino (basta ricordarsi di Brevik portato alla sbarra 2 giorni dopo la strage di Utoya senza nemmeno un graffio). Ma di questo neanche si parla.
Per questo le scuse non bastano. La magistratura ha fatto il suo dovere, ma la polizia e la politica no, non l'hanno ancora fatto. Solo allora potremo essere soddisfatti. 


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lunedì 27 febbraio 2012

Solidarietà ai NO TAV

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