Una figura da scoprire e senz'altro da non dimenticare, Rita Atria.
La segnalazione è di Carla, cliccate QUI per leggere.
venerdì 29 luglio 2011
mercoledì 27 luglio 2011
Di cibo, politica, amici e voglia di casa
Di Monica Bedana
Il corno che manca l'ho mangiato mentre scattavo la foto
Lo dico. Ogni volta che torno a casa perlustro come un segugio il territorio in cui sono nata e per dove prediligo muovermi: le strade, le rotonde, i semafori, i dossi, i sottopassi, i parcheggi...tutto ciò che scuote l'ambiente, nel bene e nel male. Guido veloce -seguendo un codice che in Spagna non applico- e potrei farlo ad occhi chiusi nonostante gli anni di lontananza; ogni curva mi appartiene e l'abbraccio, anche se ogni tanto il percorso mi riserva qualche sorpresa.
Tendo poi l'orecchio, attentissimo, alla politica locale, chè pare che nella bassa padovana l'elettorato di centrosinistra non senta riconosciuti i propri valori cristiani nel PD e sia quindi necessaria la creazione di un'ennesima corrente all'interno del partito, per fronteggiare la fuga di voti verso l'UDC. Interminabili serate di prese in giro agli amici di una vita, sotto l'insolito cielo di Calaone, freddo di tuoni e lampi in pieno luglio, davanti ad un prosciutto iberico allevato a ghiande che per una volta ruba la scena al Berico Euganeo. Mi rotolo letteralmente per terra dal ridere mentre proclamo che nel ventunesimo secolo dovrebbe essere vietato per legge sentirsi ancora orfani di Bisaglia e temerne il “figlio bello”, ma nel fondo mi stizzisce molto scoprire che a casa mia la politica abbia ancora il respiro cosí corto quando è tutto il sistema ad essere in gioco, non le ansie di un pugno di cattolici. Invariabilmente mi bècco della snob all'estero e mi dicono che merito pure le punture dei pappataci che mi massacrano senza pietà al lume delle inutili candele; alla fine facciamo pace davanti ad un vassoio di paste di Graziati . Sul cibo non si discute mai, è il cemento della nostra identità culturale, oltre che della nostra amicizia, un'ideologia senza smagliature.
La Regione Veneto ha finora individuato 349 prodotti rappresentativi di tutto il territorio -chissà quanti, in totale, in tutta Italia e che voglia di assaggiarli tutti-; sono “prodotti agroalimentari tradizionali”, lavorati conservati e stagionati in una certa zona in modo omogeneo e seguendo regole tradizionali protratte nel tempo; a questi si affiancano un'altra trentina di prodotti veneti DOP e IGP, secondo i criteri riconosciuti dall'Unione Europea. L'unico campo in cui, nel nostro Paese, l'enorme diversità e varietà costituisce un punto di forza unico al mondo e si traduce in patrimonio inestimabile, è quello legato al settore agroalimentare, quindi alla gastronomia, alla tradizione culinaria.
In Veneto, nonostante la cementificazione massiccia del territorio negli ultimi decenni, l'attività agricola e l'allevamento sono ancora il contrappunto in terraferma di quella Serenissima -quasi alterum Bysantium- che fin dai tempi in cui era un semplice emporio commerciale della periferia bizantina aveva capito che il vero paradiso non poteva essere quello scarno di cibo e bevande prospettato dal cristianesimo. Ci penserà Teofilo Folengo a narrare la cuccagna veneta, con Alpi di formaggio… ora tenero, ora ben stagionato, ora di mezza via… Al basso corrono giù cavi fiumi di buon brodo che poi vanno a finire in un lago di zuppa, in un pelago di stracottini… Ci sono poi costiere di burro tenero e fresco, cento pentole fumano alle nubi, piene di casoncelli, di gnocchi, di tagliatelle.... . E' il repertorio completo delle attuali DOP de IGP di casa mia, formatosi non per le generiche indicazioni di qualche commissario europeo, ma nato da secoli e secoli di spregiudicati e lungimiranti commerci in un crogiolo di culture che forse non ha paragoni al mondo. Non si trattava solo di una miriade di spezie, ma anche di quelle uvette, mandorle e pinoli che nel mio pensiero ancor oggi finiscono nelle torte di ricotta di Boscolo, a Cannaregio; del prezioso zucchero, quello di Caterina Cornaro, -la regina dello zucchero oltre che l'ultima di Cipro-, lo stesso dei petits-fours di Ballarin a Rialto; dell'olio, poi sapientemente curato dal Garda ai colli Euganei, sotto le finestre del Petrarca ad Arquà. O di quegli spinaci, mele cotogne, melanzane , meloni e carciofi -quelli violetti di Sant'Erasmo!- che gli Armeni insegnarono a coltivare e cucinare ai veneziani, combinando nei loro sughi la cipolla con la cannella e l'uvetta, le mandorle con la zucca, ma anche con la trota e con gli sgombri...quel dolzegarbo (molto più di un semplice agrodolce) che e Venezia nasce dal patrimonio ebraico, levantino e ponentino insieme.
Un tesoro immenso di sapori che oggi sopravvive soprattutto grazie all'impegno e all'ingegno di singoli visionari, costretti, per difendere una tradizione destinata altrimenti a scomparire, a navigare il burrascoso mare della burocrazia, al cui confronto la rotta per le Indie era quasi una comoda passeggiata.
E m'interrogo su come un popolo che in Quaresima, al posto del latte vietato, dava ai bambini crema di cioccolato e nei periodi in cui a tavola non era ammesso nemmeno il pesce si squaresimava a base di molluschi e crostacei, si mortifichi ora nella ricerca di un giusto centro.
Nel frattempo, per scongiurare il pericolo che la politica riconsegni la mia Repubblica allo straniero, litigo ad ogni viaggio col direttore del Pedrocchi per i suoi tristi biscotti confezionati e per quel suo zabaione troppo alcolico che non fa onore a Stendhal; saggio la stagionatura del Piave in tutte le formaggerie del Salone ; al Cantón dele Busíe compro olii essenziali per i dolci di un amico espatriato ; e sulla via del ritorno, ormai fuori dallo sguardo severo del Doge Gritti, c'è sempre un posto in valigia per due cornetti ferraresi, il pane più sexy del mondo.
L'Italia, per fortuna, è ancora da mangiare, di baci e morsi. E quest'Italia è ancora un'industria che funziona.
(Le parole in neretto contengono links, N.d.A.)
domenica 24 luglio 2011
Il piano dell'Unione non salverà Atene ma solo le banche
L'Europa, ormai fuori tempo massimo, ha provato a mettere una pezza alla grave crisi economica che ha colpito Grecia, Portogallo ed Irlanda e che sta raggiungendo velocemente Spagna ed Italia. Si tratta di un piano complesso che, insieme ad alcuni elementi positivi, non è assolutamente sufficiente per risolvere la crisi dell'Europa.
Sicuramente le scelte del Consiglio Europeo cercano di togliere un pò della pressione speculativa sull'economia ellenica e sulle altre economie che versano in condizioni simili.
Attraverso un massiccio finanziamento del Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria si mettono a disposizione di Atene oltre 150 milardi di euro in prestiti, con un tasso di interesse assai più basso (3.5%, circa 2 punti in meno di prima) di quello finora praticato. Inoltre vengono allungate le scadenze di questi prestiti, che passano da 7 anni e mezzo a 15 ed addirittura fino a 30. In questa maniera si tenta di dare tempo alla Grecia di rimettere in sesto la propria economia prima di dover restituire i prestiti. Inoltre il Fondo Europeo viene autorizzato ad intervenire non solo con prestiti diretti ma anche con acquisizioni sul mercato secondario dei titoli, per evitare il tanto temuto effetto contagio e tenendo sotto controllo lo spread sui tassi di interessi dei paesi più esposti ad attacchi speculativi. In parte, dunque, ci si avvia alla costruzione di un ente europeo che provi ad armonizzare i diversi debiti europei, un primo timido passo verso la creazione di titoli di debito europei. Non solo: il Fondo potrà anche essere usato per rifinanziare gli istituti di credito in difficoltà, garantendone la solvenza. In cambio, il piano approvato Mercoledì, chiede un coinvolgimento, volontario, dei privati nel salvataggio della Grecia. Questo vuol dire che le banche possono, anche se non devono, partecipare al bail out, trasformando i titoli di stato fino ad ora detenuti in titoli a più lunga scadenza. Si tratta, in termini tecnici, di un fallimento parziale, perchè i bond esistenti non verrebbero ripagati ma semplicemente scambiati con altri. Accetteranno le banche questa opzione? E' molto probabile che Angela Merkel abbia ottenuto garanzie in merito dalle banche tedesche, che, in fondo, devono pur fare buon viso a cattivo gioco, ed accettare una rimodulazione del debito sarebbe comunque più conveniente che perdere in toto l'investimento in caso di fallimento totale della Grecia.
Questi primi passi possono avere effetti moderatamente positivi, tranquillizzando nel breve periodo i mercati internazionali ma non sono assolutamente sufficienti a risolvere le criticità delle economie europee in difficoltà. Si tratta la crisi greca come un evento unico ed irripetibile, ma è ormai chiaro a tutti che i problemi della Grecia sono i problemi di molti altri paesi europei, che ben presto potrebbero essere nelle stesse condizioni di Atene, con quindi la necessità di rimodulare il debito - evento esplicitamente escluso dal comunicato del Consiglio Europeo. Inoltre non si fa assolutamente nulla per rilanciare l'economia ellenica, nonostante la pretenziosa dicitura di nuovo Piano Marshall. I soldi dati ad Atene sono semplicemente messi a disposizione per ripagare i debiti e non per rilanciare l'economia reale, stretta nella morsa della finanziara recessiva imposta al Parlamento greco. Il piano europeo non è congegnato per salvare la Grecia; sotto le mentite spoglie di un Piano Marshall, si sta trasformando il debito privato detenuto dalle banche, in debito pubblico, garantito dai contribuenti europei. I cittadini greci continueranno a pagare gli errori dei politici e le scelte sconsiderate di investimento degli istituti finanziari, mentre al costo di una spesa tutto sommato modesta e, lo ribadiamo, completamente volontaria, le banche verranno nuovamente salvate dagli stati. Si predica in continuazione che i cittadini greci devono pagare per le scelte errate dei loro governanti ma ancora una volta si evita di applicare lo stesso discorso al grande capitale. Si continua a garantire il rischio privato con i soldi pubblici, fino alla prossima crisi.
Nicola Melloni (Liberazione, 23/07/2011)
Sicuramente le scelte del Consiglio Europeo cercano di togliere un pò della pressione speculativa sull'economia ellenica e sulle altre economie che versano in condizioni simili.
Attraverso un massiccio finanziamento del Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria si mettono a disposizione di Atene oltre 150 milardi di euro in prestiti, con un tasso di interesse assai più basso (3.5%, circa 2 punti in meno di prima) di quello finora praticato. Inoltre vengono allungate le scadenze di questi prestiti, che passano da 7 anni e mezzo a 15 ed addirittura fino a 30. In questa maniera si tenta di dare tempo alla Grecia di rimettere in sesto la propria economia prima di dover restituire i prestiti. Inoltre il Fondo Europeo viene autorizzato ad intervenire non solo con prestiti diretti ma anche con acquisizioni sul mercato secondario dei titoli, per evitare il tanto temuto effetto contagio e tenendo sotto controllo lo spread sui tassi di interessi dei paesi più esposti ad attacchi speculativi. In parte, dunque, ci si avvia alla costruzione di un ente europeo che provi ad armonizzare i diversi debiti europei, un primo timido passo verso la creazione di titoli di debito europei. Non solo: il Fondo potrà anche essere usato per rifinanziare gli istituti di credito in difficoltà, garantendone la solvenza. In cambio, il piano approvato Mercoledì, chiede un coinvolgimento, volontario, dei privati nel salvataggio della Grecia. Questo vuol dire che le banche possono, anche se non devono, partecipare al bail out, trasformando i titoli di stato fino ad ora detenuti in titoli a più lunga scadenza. Si tratta, in termini tecnici, di un fallimento parziale, perchè i bond esistenti non verrebbero ripagati ma semplicemente scambiati con altri. Accetteranno le banche questa opzione? E' molto probabile che Angela Merkel abbia ottenuto garanzie in merito dalle banche tedesche, che, in fondo, devono pur fare buon viso a cattivo gioco, ed accettare una rimodulazione del debito sarebbe comunque più conveniente che perdere in toto l'investimento in caso di fallimento totale della Grecia.
Questi primi passi possono avere effetti moderatamente positivi, tranquillizzando nel breve periodo i mercati internazionali ma non sono assolutamente sufficienti a risolvere le criticità delle economie europee in difficoltà. Si tratta la crisi greca come un evento unico ed irripetibile, ma è ormai chiaro a tutti che i problemi della Grecia sono i problemi di molti altri paesi europei, che ben presto potrebbero essere nelle stesse condizioni di Atene, con quindi la necessità di rimodulare il debito - evento esplicitamente escluso dal comunicato del Consiglio Europeo. Inoltre non si fa assolutamente nulla per rilanciare l'economia ellenica, nonostante la pretenziosa dicitura di nuovo Piano Marshall. I soldi dati ad Atene sono semplicemente messi a disposizione per ripagare i debiti e non per rilanciare l'economia reale, stretta nella morsa della finanziara recessiva imposta al Parlamento greco. Il piano europeo non è congegnato per salvare la Grecia; sotto le mentite spoglie di un Piano Marshall, si sta trasformando il debito privato detenuto dalle banche, in debito pubblico, garantito dai contribuenti europei. I cittadini greci continueranno a pagare gli errori dei politici e le scelte sconsiderate di investimento degli istituti finanziari, mentre al costo di una spesa tutto sommato modesta e, lo ribadiamo, completamente volontaria, le banche verranno nuovamente salvate dagli stati. Si predica in continuazione che i cittadini greci devono pagare per le scelte errate dei loro governanti ma ancora una volta si evita di applicare lo stesso discorso al grande capitale. Si continua a garantire il rischio privato con i soldi pubblici, fino alla prossima crisi.
Nicola Melloni (Liberazione, 23/07/2011)
mercoledì 20 luglio 2011
RICORDARE GENOVA 2001
Dialogo tra due amici che parteciparono alla manifestazione del GSF
Di Carla Gagliardini e Simone Rossi
A dieci anni dallo svolgimento del Forum Sociale di Genova, due amici, Carla e Simone, discutono di come vissero quegli eventi, quali motivazioni li spinsero a partecipare, quali sensazioni provarono e cosa quell'esperienza ha lasciato nelle loro menti.
Simone: All'epoca del Genoa social forum del 2001 avevo 23 anni e frequentavo l'universitá. Mi ero avvicinato alla militanza politica ed all'attivismo nelle associazioni ai tempi delle superiori, quando mi ero unito ad un gruppo di giovani della mia città, simpatizzanti o iscritti del PRC, che promuovevano iniziative culturali ed aggregative e che diedero l'impulso alla nascita di alcuni servizi comunali dedicati ai giovani. Successivamente ampliai l'ambito dei miei interessi, pur mantenendo la militanza partitica, e svolsi attività di volontariato per la Città di Torino e per l'associazione Ingegneria Senza Frontiere di Torino. Fu grazie a quest'ultima che iniziai ad interessarmi ed a leggere sui temi dello sviluppo, della cooperazione e dell'iniqua distribuzione delle risorse tra aree geografiche del mondo. Conseguentemente, le proteste del 1999 a Seattle attirarono la mia attenzione e provai ammirazione per quei miei coetanei che sfidavano la violenza delle forze di polizia e l'arroganza dei potenti per manifestare il proprio dissenso nei confronti delle politiche neoliberiste che la maggior parte dei governi del mondo stavano adottando in quegli anni. L'occasione per rendermi parte attiva di questo movimento si presentò pochi anni dopo, quando, in concomitanza con la riunione del G8 a Genova nel 2001, fu organizzato un forum sociale, in cui si sarebbero tenuti seminari e dibattiti su temi a me cari.
Carla: Anch'io ho deciso di partecipare al Social Forum di Genova come passo obbligato nel mio cammino di scelte politiche che si stavano sempre più rafforzando col trascorrere degli anni, e della militanza. Sono arrivata a Genova senza in realtà intendere fino in fondo cosa fossero i social forum. Quello che comprendevo era che si trattava di un movimento di massa che rivendicava certi diritti verso i beni comuni nell'interesse dell'intera collettività. Le rivendicazioni si spingevano fino a chiedere una società diversa non più dominata dalle odiose logiche di mercato e di profitto. Con questo spirito mi preparavo a partecipare alla giornata conclusiva del Forum Sociale di Genova.
S: Appreso che Carla, mia amica e compagna di partito, avrebbe partecipato al forum, ci organizzammo per andarvi insieme. Per motivi di lavoro e di studio, decidemmo di partecipare solamente alla manifestazione conclusiva. Con l'approssimarsi del forum sociale la nostra eccitazione cresceva, al vedere quelle migliaia di ragazzi che si recavano a Genova, zaino in spalla e pieni di energia.
C:Il pomeriggio che ha preceduto la manifestazione di chiusura del Social Forum di Genova l'ho trascorso con Simone a preparare cartelli satirici da sventolare durante la manifestazione quando all'improvviso arrivò la notizia, ora non ricordo chi ce la comunicò, che Carlo Giuliani era stato ammazzato dalla polizia. Un brivido, la sensazione che qualcosa di gravissimo che andasse oltre la tragica morte di un ragazzo potesse ancora accadere. Ricordo che i miei genitori, sessantottini, mi sconsigliarono con tono "lieve" (non poteva che essere così perché loro quelle esperienze di piazza le avevano vissute) di non andare l'indomani a Genova e a fronte della mia determinazione a non mancare mi dissero che facevo bene ma di stare attenta.
S: Nonostante le pressioni dei nostri genitori e di alcuni amici, il mattino seguente partimmo. Sul torpedone l'atmosfera era apparentemente allegra ma si percepiva una tensione di fondo, rivelata dai consigli che una donna, forse una legale, ci dava su come comportarci in caso di carica delle forze dell'ordine o come proteggerci dagli effetti dei lacrimogeni. Dopo una lunga fila allo svincolo autostradale, scendemmo in uno spiazzo alla periferia est di Genova. Marciammo per un tratto con gli amici di Ingegneria Senza Frontiere, poi decidemmo di proseguire verso la testa del corteo, per poterne vedere la composizione. Non mancammo di notare, oltre ai colori ed all'allegria dei vari spezzoni, la presenza di individui vestiti di scuro, spesso dall'aspetto aggressivo e dotati di bastoni. Nonostante i cordoni delle forze di polizia che limitavano l'accesso e l'uscita dal corteo (come mio padre aggregatosi ad un gruppo del PRC ebbe a scoprire), queste persone sembravano godere di ampia libertà di movimento. Lasciata Carla con alcuni compagni di Alessandria incontrati nel corteo, proseguii verso la testa del corteo.Là ebbi modo di respirare un clima di tensione, oltre l'odore dei lacrimogeni: in prossimità del viale in cui lasciavamo il lungomare per addentrarci verso la piazza del comizio conclusivo si intravedevano scontri con lanci di oggetti. Poco dopo ci fu un ulteriore momento di tensione, quando il corteo si fermò e qualcuno urlò che stavamo per esser caricati; fortunatamente (io mi ero rifugiato con altri in un vicolo cieco) non ci fu alcuna carica alla testa del corteo e proseguimmo. La presenza delle forze dell'ordine mi inquietava anziché rassicurarmi come sarebbe stato logico e l'attraversamento del sottopasso ferroviario nei pressi di Brignole fu causa di ansia per me. I genovesi, in compenso, ci manifestavano la loro solidarietà e simpatia, innaffiandoci con acqua per rinfrescarci, regalandoci della frutta ed esponendo teli e lenzuola con slogan pro-forum. Raggiunsi finalmente la piazza, dove attesi Carla.
C: Al termine della manifestazione ricevetti la telefonata prima di mia madre e poi di mio padre che mi consigliarono di "telare", ossia di lasciare Genova il prima possibile. Mi dissero entrambi che per esperienza il termine del corteo poteva diventare il momento più pericoloso perché ormai i manifestanti rincasavano convinti che il pericolo fosse stato scampato. Io e Simone non potevamo lasciare Genova perché il nostro pulman non sarebbe partito che da lì a qualche ora. Avevamo pensato di recarci a visitare i luoghi dove avevano alloggiato i tanti cittadini e le tante cittadine che avevano partecipato a tutti o a alcuni dei giorni del social forum. Alla fine sopraffatti dalla stanchezza ci siamo invece recati ai luoghi dove si erano tenuti gli incontri di approfondimento e di informazione. Io mi sono distesa su una panchina e ho schiacciato un pisolino.
S: Nonostante avessimo visto segni di scontri e di vandalismo nel nostro percorso al mare, trascorremmo un paio d'ore spensierate presso il villaggio allestito dal GSF sul lungomare, conversando sulla nostra esperienza della giornata e riposando, ignari della portata di quanto accaduto nelle strade di Genova. Quando raggiungemmo il piazzale con i torpedoni, eravamo stanchi; io percepivo un irrefrenabile desiderio di avviarmi verso casa quanto prima, mentre osservavo coloro che già erano in partenza. Una volta rientrati a casa di Carla, a notte fonda, apprendemmo degli ulteriori sviluppi della serata: l'assalto alle scuole Diaz. Impietriti, non sapevamo cosa pensare. Io fui colto dal timore di dover rincasare da solo e di trovarmi a trascorrere la notte in solitudine; immaginavo scene da dittatura sud-americana, con persone prelevate per strada o dalle proprie abitazioni. Chiesi a Carla di tenere il cellulare accesso finché non avessi avvisato del mio rientro a casa e trascorsi la notte barricato nel mio appartamento, nonostante la calura estiva.
C:Al rientro a Torino mi sentivo ancora eccitata per quella giornata particolare, per la tensione vissuta, per la sensazione di essere stata parte di qualcosa, di quel grande movimento mondiale che gridava a squarciagola che voleva un mondo piu' giusto. E così ho acceso la televisione per sentire la cronaca della giornata e invece mi sono ritrovata ad ascoltare la cronaca in diretta del massacro che ormai era già stato compiuto alla scuola Diaz. Con orrore ascoltavo, guardavo, mi arrabbiavo, imprecavo. Di nuovo la chiamata dei miei genitori che allarmati volevano sapere dove fossi. Li rassicurai. Io ero già tra le accoglienti mura del mio appartamento a Torino e come loro sentivo le notizie che i tg ci portavano in casa.
S: Nei giorni successivi, di fronte alle mistificazioni dei mezzi di informazione principali, fui assalito da un grande senso di rabbia ed iniziai a far circolare tra amici e conoscenti alcune email in cui raccontavo quando visto con i miei occhi ed i resoconti che reperivo in rete. Seguii con attenzione i seminari ed i dibattiti che nei mesi successivi furono organizzati sulle vicende di Genova, acquistai i vari video che man mano erano pubblicati dai quotidiani di Sinistra e da alcune associazioni. Con il direttivo della nostra sezione di partito organizzammo una serata sul cortocircuito vissuto dalla democrazia italiana il 20 e 21 luglio 2001, cui partecipò un legale del GSF. Indignato per l'oscuramento dei temi dibattuti a Genova, iniziai a seguire le riunioni e le attività del Torino Social Forum, fornendo il mio piccolo contributo ad alcune battaglie per la la salvaguardia del territorio e contro la speculazione fondiaria.
C: Non ricordo se esattamente il giorno dopo o dopo alcuni giorni a Torino si riuni' il Social Forum Torino per discutere pubblicamente di cosa era accaduto alla scuola Diaz. Intervenirono alcuni degli avvocati degli arrestati e ci prospettarono la situazione. Fu chiaro il messaggio: quei giovani e quelle giovani arrestati/e erano stati torturati dalla polizia, umiliati. Per tutti ricordo il racconto di un avvocato che ci disse che una ragazza dalla paura aveva vomitato e il suo aguzzino l'aveva obbligato a rimangiarselo. Ma altro ci fu raccontato che a ragione faceva pensare al Cile di Pinochet.
Non dimentichiamo che la regia di tutto questo fu Gianfranco Fini!
S: Quest'anno ricorre il decennale dal Genoa Social Forum e dai terribili eventi che lo accompagnarono; Genova si stanno tenendo mostre, seminari e dibattiti per ricordare e per rilanciare la lotta per un "altro mondo possibile". Le nostre vicende personali ci hanno portato in Inghilterra, seppur per motivi differenti, dove continuiamo ad impegnarci nell'associazionismo e nella militanza politica (Carla al di fuori di strutture partitiche, ora) credendo che un diverso modello economico-sociale sia possibile e necessario.
Con questo nostro breve esercizio della memoria abbiamo voluto ricordare quei giorni, perche il tempo non cancelli quanto fatto e discusso da quel movimento di massa, pluarale, e perché le tattiche della politica contemporanea, di corto respire, non rimuovano le responsabilità di chi si adoperò per la sospensione della democrazia ed il massacro del dissenso.
martedì 19 luglio 2011
Il 19 luglio si celebra tutti i giorni
Il link all'articolo di Salvatore Borsellino, "Corone di Stato per una strage di Stato" QUI.
Vi invitiamo a ricordare, nei commenti, dove eravate quel 19 luglio del 1992.
Vi invitiamo a ricordare, nei commenti, dove eravate quel 19 luglio del 1992.
lunedì 18 luglio 2011
Perche' la speculazione economica sta risparmiando gli Stati Uniti?
Di Nicola Melloni
L’attacco speculativo che a cavallo dello scorso weekend ha colpito l’Italia non è un fatto puramente
nazionale. Sotto pressione, infatti, non era solo il nostro Paese ma tutte le economie deboli dell’area
Euro: gli spread con i titoli tedeschi non sono aumentati solo in Italia, ma la stessa sorte hanno
subito Spagna, Portogallo ed Irlanda il cui debito è stato recentemente rivalutato come “spazzatura”
dalle agenzie di rating.
Certo, tutte queste economie registrano gravi difficoltà, ma in realtà, guardando solamente ai
paramentri macro-economici, si fa fatica a capire come mai l’area-euro sia sotto attacco quando
l’economia americana sta molto peggio di noi. Il debito americano è superiore a quello complessivo
dell’area euro e Obama non è riuscito a rimettere in carreggiata l’economia americana dopo il crollo
del 2008-09. Anzi, adesso si trova davanti ad un passaggio politico delicatissimo alla ricerca di un
compromesso politico tra Repubblicani e Democratici sul piano di riduzione del debito, con una
parte dei Democratici che vorrebbero alzare le tasse, soprattutto ai ricchi, mentre i Repubblicani
puntano tutto sui tagli alle spese pubbliche a cominciare dall’assistenza sanitaria, che come ben
sappiamo in America è già ridotta ai minimi termini. Almeno dall’altra parte dell’Atlantico non
si parla di unità nazionale, governi tecnici e finanziarie da approvare d’imperio. Si tratta di una
battaglia tutta politica, che purtroppo probabilmente finirà con l’ennesima resa di Obama che
sembra aver già sposato la logica dell’austerity e dello Stato minimo. Pur di fronte a questi problemi
serissimi, la speculazione ha per ora risparmiato gli USA e si accanisce sull’Euro.
Il problema è la struttura istituzionaledi questa artificiale costruzione europea che abbiamo già
più volte criticato. La UE è ormai diventata una gabbia burocatrica, con scarsissima legittimazione
democratica, capacità decisionale ridottissima a causa dei disaccordi tra gli Stati membri e con
delle logiche di funzionamento a dir poco assurde. La sua costruzione è stata fatta sulla base che il
mercato comunque funziona e che non ci sarebbero mai stati problemi, nè quindi c’era bisogno di
meccanismi che garantissero delle soluzioni. Basti pensare che quando l’Euro fu creato non si era
nemmeno presa in considerazione l’ipotesi che qualche paese potesse essere costretto a uscire dalla
moneta unica.
L’Europa come la conosciamo è il trionfo del neo-liberismo. Mentre la FED e la Banca d’Inghilterra
sono intervenute pesantmente nell’economia reale con i cosiddetti quantitative easing e politiche
monetarie fortemente espansive, la Banca Centrale Europea continua a preoccuparsi solamente
della stabilità dei prezzi e dei mercati finanziari. Nel mezzo della bufera che sta colpendo l’Europa
e con diversi paesi che vedono alzarsi a livelli insostenibili i tassi sul debito, la ECB non ha trovato
niente di meglio da fare che alzare il tasso di sconto, una politica recessiva e che aumenta gli oneri
sul debito.
La mancata integrazione politica ha portato alla creazione di un colosso burocratico in cui i
Parlamenti nazionali contano sempre meno e quello Europeo mai di più, e dove gli Stati litigano
e cercano semplicemente di portare acqua al propio mulino, senza nessuna idea di sistema.
Negli Stati Uniti, invece, che pure sono uno Stato Federale, una bancarotta dell’Alabama non
porterebbe all’uscita di questa dal dollaro, nè a prestiti onerosi da California e Texas. In poche
parole, gli USA agiscono come un sistema integrato, con la FED e lo Stato centrale che operano nella
stessa direzione, magari sbagliando, ma lavorando per obiettivi comuni. In Europa si è sottratta la
politica monetaria agli Stati ma non è stato creato uno governo unico europeo che contribuisse
all’integrazione economica. Si è creato una moneta unica ma si sono mantenuti i debiti nazionali.
Si è dato vita al mercato unico pensando che il mercato non avesse bisogno della politica. Ora
le economie periferiche dell’Euro sono sotto attacco ma quelle centrali non hanno intenzione di
aiutarle ma le vogliono comunque tenere legati mani e piedi nella gabbia europea, senza dare
soluzioni alla crisi ma anzi accentuandola. Una situazione insostenibile, e proprio su questo hanno
scommesso gli speculatori, cui certo non va la nostra simpatia, ma che certo non possiamo accusare
di agire irrazionalmente. La stessa cosa, purtroppo, non possiamo dire dei nostri leader. L’Europa,
come l’abbiamo conosciuta fino ad oggi, è irrimediabilmente fallita.
Da Liberazione
nazionale. Sotto pressione, infatti, non era solo il nostro Paese ma tutte le economie deboli dell’area
Euro: gli spread con i titoli tedeschi non sono aumentati solo in Italia, ma la stessa sorte hanno
subito Spagna, Portogallo ed Irlanda il cui debito è stato recentemente rivalutato come “spazzatura”
dalle agenzie di rating.
Certo, tutte queste economie registrano gravi difficoltà, ma in realtà, guardando solamente ai
paramentri macro-economici, si fa fatica a capire come mai l’area-euro sia sotto attacco quando
l’economia americana sta molto peggio di noi. Il debito americano è superiore a quello complessivo
dell’area euro e Obama non è riuscito a rimettere in carreggiata l’economia americana dopo il crollo
del 2008-09. Anzi, adesso si trova davanti ad un passaggio politico delicatissimo alla ricerca di un
compromesso politico tra Repubblicani e Democratici sul piano di riduzione del debito, con una
parte dei Democratici che vorrebbero alzare le tasse, soprattutto ai ricchi, mentre i Repubblicani
puntano tutto sui tagli alle spese pubbliche a cominciare dall’assistenza sanitaria, che come ben
sappiamo in America è già ridotta ai minimi termini. Almeno dall’altra parte dell’Atlantico non
si parla di unità nazionale, governi tecnici e finanziarie da approvare d’imperio. Si tratta di una
battaglia tutta politica, che purtroppo probabilmente finirà con l’ennesima resa di Obama che
sembra aver già sposato la logica dell’austerity e dello Stato minimo. Pur di fronte a questi problemi
serissimi, la speculazione ha per ora risparmiato gli USA e si accanisce sull’Euro.
Il problema è la struttura istituzionaledi questa artificiale costruzione europea che abbiamo già
più volte criticato. La UE è ormai diventata una gabbia burocatrica, con scarsissima legittimazione
democratica, capacità decisionale ridottissima a causa dei disaccordi tra gli Stati membri e con
delle logiche di funzionamento a dir poco assurde. La sua costruzione è stata fatta sulla base che il
mercato comunque funziona e che non ci sarebbero mai stati problemi, nè quindi c’era bisogno di
meccanismi che garantissero delle soluzioni. Basti pensare che quando l’Euro fu creato non si era
nemmeno presa in considerazione l’ipotesi che qualche paese potesse essere costretto a uscire dalla
moneta unica.
L’Europa come la conosciamo è il trionfo del neo-liberismo. Mentre la FED e la Banca d’Inghilterra
sono intervenute pesantmente nell’economia reale con i cosiddetti quantitative easing e politiche
monetarie fortemente espansive, la Banca Centrale Europea continua a preoccuparsi solamente
della stabilità dei prezzi e dei mercati finanziari. Nel mezzo della bufera che sta colpendo l’Europa
e con diversi paesi che vedono alzarsi a livelli insostenibili i tassi sul debito, la ECB non ha trovato
niente di meglio da fare che alzare il tasso di sconto, una politica recessiva e che aumenta gli oneri
sul debito.
La mancata integrazione politica ha portato alla creazione di un colosso burocratico in cui i
Parlamenti nazionali contano sempre meno e quello Europeo mai di più, e dove gli Stati litigano
e cercano semplicemente di portare acqua al propio mulino, senza nessuna idea di sistema.
Negli Stati Uniti, invece, che pure sono uno Stato Federale, una bancarotta dell’Alabama non
porterebbe all’uscita di questa dal dollaro, nè a prestiti onerosi da California e Texas. In poche
parole, gli USA agiscono come un sistema integrato, con la FED e lo Stato centrale che operano nella
stessa direzione, magari sbagliando, ma lavorando per obiettivi comuni. In Europa si è sottratta la
politica monetaria agli Stati ma non è stato creato uno governo unico europeo che contribuisse
all’integrazione economica. Si è creato una moneta unica ma si sono mantenuti i debiti nazionali.
Si è dato vita al mercato unico pensando che il mercato non avesse bisogno della politica. Ora
le economie periferiche dell’Euro sono sotto attacco ma quelle centrali non hanno intenzione di
aiutarle ma le vogliono comunque tenere legati mani e piedi nella gabbia europea, senza dare
soluzioni alla crisi ma anzi accentuandola. Una situazione insostenibile, e proprio su questo hanno
scommesso gli speculatori, cui certo non va la nostra simpatia, ma che certo non possiamo accusare
di agire irrazionalmente. La stessa cosa, purtroppo, non possiamo dire dei nostri leader. L’Europa,
come l’abbiamo conosciuta fino ad oggi, è irrimediabilmente fallita.
Da Liberazione
domenica 17 luglio 2011
Vietato andare in vacanza
di Monica Bedana
In vacanza quest'anno non si può andarci, e non solo perché l'Istat dica che siamo sempre più poveri. L'estate bisognerà trascorrerla a vigilare come mastini sul territorio di casa, e non solo in Val di Susa.
In Veneto, tra Padova e Venezia, a ridosso di quella riviera palladiana del Brenta che il mondo ci invidia ma le cui ville si possono vedere solo nei libri perché son sempre chiuse, politica e speculazione aspettano il torpore estivo per fare approvare in via definitiva l'accordo di programma per la costruzione di Veneto City. Con la coscienza sempre in vacanza, sindaci e presidenti di Provincia e Regione attendono con impazienza la mezz'ora di pennichella estiva dell'ignaro cittadino per scaricargli addosso di soppiatto oltre due milioni di metri cubi di cemento, un paio di torri alte 150 metri ed una completissima città artificiale, con spazi per istituzioni finanziarie, centro congressi, hotels, centro commerciale, cinema e palestre; una novità assoluta nel campo della ricerca scientifica, insomma. E si baderà che siano Piano o Foster a rendere estetico il mostro, affinché si smetta di dire che in Veneto siamo capaci solo di fare capannoni.
L'illuminato Galan, l'uomo che amava gli ogm, l'aveva detto: “Veneto City non è un mostro che sconvolge il territorio. L’agricoltura qui ormai non ha più senso, lo sviluppo passa per la logistica”. E la logica della logistica ha come tappa obbligatoria l'immobiliare, la rendita fondiaria. In un momento in cui l'economia fa acqua da tutte le parti, l'industria si diluisce e i cartelli di “affittasi” si espongono abbondanti sui nostri mitici capannoni, il mattone è sempre la scelta più facile e, soprattutto, redditizia. Se lo fanno Fiat e Pirelli, perché non dovrebbero provarci Stefanel, Biasuzzi ed Endrizzi? Anche perché questo progetto rappresenta “il più grande centro polifunzionale d'Europa”, “la nuova vetrina del Veneto e dell'Italia del nord” ed una delle operazioni edilizie più grandi mai pensate in Italia. Ovvero, come dice Endrizzi, “qui stiamo competendo con con Tokio ed Hong Kong, non con Trebaseleghe”.
L'opacità del progetto è stata totale fin dagli esordi. Il copione è quello di sempre; un gruppo di speculatori immobiliari che negli ultimi anni ha comprato un'enorme quantità di terreno agricolo a prezzo di saldo, poi trasformato dai Comuni ad altra destinazione d'uso. Un progetto (il documento preliminare che lo costituisce è di sole 80 pagine, praticamente un tema scolastico) a cui la pubblica amministrazione ha concesso un iter brevissimo, in riunioni quasi carbonare. Ed ora, mentre si spera che la cittadinanza vada in ferie e distolga lo sguardo dal proprio futuro, la necessità di stringere -sotto la pressione delle banche- e di far approvare l'accordo di programma.
E' quasi un'evidenza lapalissiana esporre, anche solo brevemente, l'impatto sulla salute e sull'ambiente di un'opera del genere, destinata ad essere tutta costruita su un'area a elevato rischio idraulico. Eppure il progetto elude completamente la Valutazione Ambientale Strategica (VAS). L'inquinamento atmosferico, già molto alto nella zona, si incrementerebbe a livelli intollerabili sotto la spinta di due discariche di rifiuti tossici nell'area del progetto e l'afflusso di oltre 70.000 veicoli al giorno (tanti ne muoverebbe Veneto City se diventasse una realtà).
Il cuore del Veneto quindi non va in vacanza; i Comitati Ambiente e Territorio del miranese e della riviera del Brenta hanno iniziato in questi giorni una campagna di raccolta di firme contro la ratificazione dell'accordo di programma e per chiedere l'applicazione della VAS ed una consultazione popolare. I moduli sono disponibili cliccando QUI per i residenti nella zona e QUI per i non residenti.
Perché siamo ancora in molti veneti ad essere convinti che la vocazione di questa terra non sia il cemento.
Per firmare la petizione clicca QUI
In Veneto, tra Padova e Venezia, a ridosso di quella riviera palladiana del Brenta che il mondo ci invidia ma le cui ville si possono vedere solo nei libri perché son sempre chiuse, politica e speculazione aspettano il torpore estivo per fare approvare in via definitiva l'accordo di programma per la costruzione di Veneto City. Con la coscienza sempre in vacanza, sindaci e presidenti di Provincia e Regione attendono con impazienza la mezz'ora di pennichella estiva dell'ignaro cittadino per scaricargli addosso di soppiatto oltre due milioni di metri cubi di cemento, un paio di torri alte 150 metri ed una completissima città artificiale, con spazi per istituzioni finanziarie, centro congressi, hotels, centro commerciale, cinema e palestre; una novità assoluta nel campo della ricerca scientifica, insomma. E si baderà che siano Piano o Foster a rendere estetico il mostro, affinché si smetta di dire che in Veneto siamo capaci solo di fare capannoni.
L'illuminato Galan, l'uomo che amava gli ogm, l'aveva detto: “Veneto City non è un mostro che sconvolge il territorio. L’agricoltura qui ormai non ha più senso, lo sviluppo passa per la logistica”. E la logica della logistica ha come tappa obbligatoria l'immobiliare, la rendita fondiaria. In un momento in cui l'economia fa acqua da tutte le parti, l'industria si diluisce e i cartelli di “affittasi” si espongono abbondanti sui nostri mitici capannoni, il mattone è sempre la scelta più facile e, soprattutto, redditizia. Se lo fanno Fiat e Pirelli, perché non dovrebbero provarci Stefanel, Biasuzzi ed Endrizzi? Anche perché questo progetto rappresenta “il più grande centro polifunzionale d'Europa”, “la nuova vetrina del Veneto e dell'Italia del nord” ed una delle operazioni edilizie più grandi mai pensate in Italia. Ovvero, come dice Endrizzi, “qui stiamo competendo con con Tokio ed Hong Kong, non con Trebaseleghe”.
L'opacità del progetto è stata totale fin dagli esordi. Il copione è quello di sempre; un gruppo di speculatori immobiliari che negli ultimi anni ha comprato un'enorme quantità di terreno agricolo a prezzo di saldo, poi trasformato dai Comuni ad altra destinazione d'uso. Un progetto (il documento preliminare che lo costituisce è di sole 80 pagine, praticamente un tema scolastico) a cui la pubblica amministrazione ha concesso un iter brevissimo, in riunioni quasi carbonare. Ed ora, mentre si spera che la cittadinanza vada in ferie e distolga lo sguardo dal proprio futuro, la necessità di stringere -sotto la pressione delle banche- e di far approvare l'accordo di programma.
E' quasi un'evidenza lapalissiana esporre, anche solo brevemente, l'impatto sulla salute e sull'ambiente di un'opera del genere, destinata ad essere tutta costruita su un'area a elevato rischio idraulico. Eppure il progetto elude completamente la Valutazione Ambientale Strategica (VAS). L'inquinamento atmosferico, già molto alto nella zona, si incrementerebbe a livelli intollerabili sotto la spinta di due discariche di rifiuti tossici nell'area del progetto e l'afflusso di oltre 70.000 veicoli al giorno (tanti ne muoverebbe Veneto City se diventasse una realtà).
Il cuore del Veneto quindi non va in vacanza; i Comitati Ambiente e Territorio del miranese e della riviera del Brenta hanno iniziato in questi giorni una campagna di raccolta di firme contro la ratificazione dell'accordo di programma e per chiedere l'applicazione della VAS ed una consultazione popolare. I moduli sono disponibili cliccando QUI per i residenti nella zona e QUI per i non residenti.
Perché siamo ancora in molti veneti ad essere convinti che la vocazione di questa terra non sia il cemento.
Per firmare la petizione clicca QUI
sabato 16 luglio 2011
Miracolo italiano
Di Nicola Melloni
Una pagina nera viene scritta in queste ore nel nostro Parlamento. La manovra economica viene approvata in quattro e quattr'otto sotto gli auspici del Presidente della Repubblica che ha definito «un miracolo» l'accordo tra maggioranza e opposizione. Certo, l'accordo non è sul merito della finanziaria, che il Pd critica, ma sulle tempistiche della approvazione, in fretta e furia per rassicurare i mercati. Purtroppo si tratta di una differenza di facciata. Anche il Pdl voleva cambiare la manovra, ma sia loro che il Pd (ed il resto delle forze parlamentari) hanno deciso di ritirare gli emendamenti, nei fatti svuotando il Parlamento delle sue prerogative in nome di un presunto bene superiore, la salvezza del Paese. Un miracolo? Vediamo meglio.
Ci sono due ordini di considerazioni da fare, su democrazia ed economia. Le modalità di approvazione di questa manovra ci portano a parlare di emergenza democratica, sulla falsariga di quel che è successo in Grecia. Certo, la manovra italiana è stata ideata da Tremonti e non dall' Unione Europea o dal Fondo Monetario Internazionale, ma il procedimento di approvazione è esattamente lo stesso ad Atene e a Roma dove i Parlamenti diventano semplicemente passa carte che si limitano ad approvare le leggi senza discuterle. Dove è finita la democrazia? Ha ancora un senso questa parola? In democrazia i cittadini eleggono il Parlamento che decide le priorità del Paese e vota di conseguenza le leggi. Il Parlamento si occupa certamente di tante cose (il nostro, purtroppo, ben poco), ma la legge finanziaria, e con essa soprattutto l'utilizzo delle nostre tasse che è il fondamento di ogni contratto sociale, è la legge per eccellenza. Ora invece la legge finanziaria è appaltata ad altri, a Tremonti, e non è dunque il Parlamento, il Paese, a decidere, ma un singolo, il trionfo della tecnocrazia. D'altronde, la cosa ha una certa logica. La finanziaria non viene più fatta ascoltando le richieste e le esigenze dell'elettorato, del popolo, ma quelle dei mercati. Ma quale è la legittimazione democratica dei mercati? Votano, questi mercati la cui voce deve essere sempre ed immancabilmente ascoltata? Hanno conquistato la maggioranza nel Parlamento Italiano alle ultime elezioni? Ceramente no, e dunque ecco che il Parlamento diventa un orpello inutile. Questo miracolo, quello di un Parlamento che perde sua funzione decisionale a favore di un minstro, quello di uno Stato che perde la sua sovranità perchè deve compiacere organismi extra-territoriali addirittura immateriali come i mercati, ecco, questo miracolo puzza di disastro, puzza di golpe "democratico", in quanto lo stesso Parlamento decide che la democrazia può essere momentaneamente sospesa. ome in guerra, siamo in stato di emergenza, pieni poteri a Tremonti.
Ma in guerra si combatte il nemico, che in questo caso dovrebbe essere la speculazione internazionale. La finanziaria, invece, viene fatta per compiacere il nemico, mentre sotto attacco c'è il popolo italiano. Ed è questa l'altra considerazione, di pura sostanza economica, che non possiamo esimerci dal fare. Bene, Parlamento esautorato in nome di un bene più grande, la salvezza della nostra economia e dell'Euro. Ma se così non fosse? Questa finanziaria ha la stessa logica perversa che ha portato la Grecia direttamente verso il baratro, accumula tagli su tagli, introduce nuove tasse che vanno a colpire i ceti medio-bassi con un inevitabile effetto depressivo sull'economia. Si pensa di uscire così dalla crisi, uccidendo l'economia reale? E quando i mercati si accorgeranno che tutti questi tagli non hanno effetti sulla dinamica del debito perchè in un paese che non cresce la dinamica del debito è sempre esplosiva, come reagiranno? Attaccheranno di nuovo, come han fatto in Grecia, come fanno in Portogallo ed in Irlanda. Ed allora, altri tagli, altre tasse, altri sacrifici, in un circolo vizioso che ci porta diritti verso la catastrofe, mentre il capitale internazionale si porterà a casa i nostri gioielli di famiglia, privatizzati per un tozzo di pane. L'unica cosa importante da fare in questo momento sarebbe rilanciare la crescita che è l'unica maniera per mettere l'Italia al riparo non solo dalle speculazioni di oggi ma anche da quelle di domani. E questa è l'unica cosa che non si è fatta. Proprio un bel miracolo.
Da Liberazione
Ci sono due ordini di considerazioni da fare, su democrazia ed economia. Le modalità di approvazione di questa manovra ci portano a parlare di emergenza democratica, sulla falsariga di quel che è successo in Grecia. Certo, la manovra italiana è stata ideata da Tremonti e non dall' Unione Europea o dal Fondo Monetario Internazionale, ma il procedimento di approvazione è esattamente lo stesso ad Atene e a Roma dove i Parlamenti diventano semplicemente passa carte che si limitano ad approvare le leggi senza discuterle. Dove è finita la democrazia? Ha ancora un senso questa parola? In democrazia i cittadini eleggono il Parlamento che decide le priorità del Paese e vota di conseguenza le leggi. Il Parlamento si occupa certamente di tante cose (il nostro, purtroppo, ben poco), ma la legge finanziaria, e con essa soprattutto l'utilizzo delle nostre tasse che è il fondamento di ogni contratto sociale, è la legge per eccellenza. Ora invece la legge finanziaria è appaltata ad altri, a Tremonti, e non è dunque il Parlamento, il Paese, a decidere, ma un singolo, il trionfo della tecnocrazia. D'altronde, la cosa ha una certa logica. La finanziaria non viene più fatta ascoltando le richieste e le esigenze dell'elettorato, del popolo, ma quelle dei mercati. Ma quale è la legittimazione democratica dei mercati? Votano, questi mercati la cui voce deve essere sempre ed immancabilmente ascoltata? Hanno conquistato la maggioranza nel Parlamento Italiano alle ultime elezioni? Ceramente no, e dunque ecco che il Parlamento diventa un orpello inutile. Questo miracolo, quello di un Parlamento che perde sua funzione decisionale a favore di un minstro, quello di uno Stato che perde la sua sovranità perchè deve compiacere organismi extra-territoriali addirittura immateriali come i mercati, ecco, questo miracolo puzza di disastro, puzza di golpe "democratico", in quanto lo stesso Parlamento decide che la democrazia può essere momentaneamente sospesa. ome in guerra, siamo in stato di emergenza, pieni poteri a Tremonti.
Ma in guerra si combatte il nemico, che in questo caso dovrebbe essere la speculazione internazionale. La finanziaria, invece, viene fatta per compiacere il nemico, mentre sotto attacco c'è il popolo italiano. Ed è questa l'altra considerazione, di pura sostanza economica, che non possiamo esimerci dal fare. Bene, Parlamento esautorato in nome di un bene più grande, la salvezza della nostra economia e dell'Euro. Ma se così non fosse? Questa finanziaria ha la stessa logica perversa che ha portato la Grecia direttamente verso il baratro, accumula tagli su tagli, introduce nuove tasse che vanno a colpire i ceti medio-bassi con un inevitabile effetto depressivo sull'economia. Si pensa di uscire così dalla crisi, uccidendo l'economia reale? E quando i mercati si accorgeranno che tutti questi tagli non hanno effetti sulla dinamica del debito perchè in un paese che non cresce la dinamica del debito è sempre esplosiva, come reagiranno? Attaccheranno di nuovo, come han fatto in Grecia, come fanno in Portogallo ed in Irlanda. Ed allora, altri tagli, altre tasse, altri sacrifici, in un circolo vizioso che ci porta diritti verso la catastrofe, mentre il capitale internazionale si porterà a casa i nostri gioielli di famiglia, privatizzati per un tozzo di pane. L'unica cosa importante da fare in questo momento sarebbe rilanciare la crescita che è l'unica maniera per mettere l'Italia al riparo non solo dalle speculazioni di oggi ma anche da quelle di domani. E questa è l'unica cosa che non si è fatta. Proprio un bel miracolo.
Da Liberazione
venerdì 15 luglio 2011
PARALLELISMI
Di Monica Bedana
La Spagna e l'Italia nelle ultime settimane si sono tristemente rincorse sui mercati, sul baratro del tracollo economico. Due Paesi che, per certi versi, percorrono una traiettoria apparentemente parallela: un governo agli sgoccioli, un leader ormai invisibile, spazzato via dall'incapacità di dare risposte accettabili all'emergenza; un'opposizione che approfitterà del crepuscolo per farsi avanti, anch'essa senza idee e senza meriti per prendere il timone nel mezzo della tempesta.
E mentre la stretta economica livella la democrazia verso il basso, togliendole la capacità di decidere del proprio futuro, è nel terreno dei diritti civili, delle conquiste sociali e della loro strenua difesa dove ci si aspetta che una democrazia cresca, non si atrofizzi. Ed è in questo campo che tra i due Paesi si apre una voragine.
Curiosamente, mentre l'Italia approva una legge sul testamento biologico che volta le spalle alla volontà del paziente, la Spagna, che sul diritto ad un finale dignitoso della vita aveva già legiferato nel 2002 (governo Aznar, n.d.r.) consentendo totale autonomia al malato, sente ora la necessità di chiarire ulteriormente i diritti già esistenti in questo ambito. La nuova legge spagnola che “regola i diritti della persona nella fase finale della vita” affianca e rafforza la strategia nazionale per le cure palliative -che funziona da anni- e garantisce semplicemente le buone pratiche cliniche, anteponendo le decisioni e credenze del paziente a quelle del medico e dello Stato. Si evita cosí l'eventuale insicurezza giuridica a cui potevano sentirsi esposti i medici, che tradotto in termini pratici significa impedire l'obiezione di coscienza, quel fenomeno che in Italia impedisce oltre il 70% delle interruzioni volontarie di gravidanze nelle strutture pubbliche, per esempio.
E la società spagnola, travagliata anche più di quella italiana dalla crisi internazionale dei mercati, non perde tuttavia la sensibilità ad un maturo dibattito sulle questioni sociali di tale rilievo; un 45% della popolazione vorrebbe per sé una “morte confortevole”, magari in casa, con quell'intimità, rispetto della dignità umana e giusto supporto terapeutico che questa legge mira a garantire.
Intimità, laddove in Italia, per lo stesso diritto all'autonomia della persona, si è costretti ad intraprendere lunghissime battaglie legali sotto gli occhi di tutti, con i riflettori costantemente puntati addosso, in una lotta titanica del singolo contro gran parte delle Istituzioni.
Ed è impossibile non cogliere, in questa determinazione di Zapatero di attuare fino in fondo il suo ciclo di grandi riforme sociali, l'ennesima rivendicazione della laicità dello Stato di fronte alle pressioni della chiesa cattolica. In un Paese storicamente vertebrato sull'unione dei poteri dei cattolicissimi re Ferdinando ed Isabella e con l'eco ancora udibile di 40 anni di dittatura franchista benedetta dalla Chiesa, non si può non invidiare la forza della rivoluzione culturale che in meno di 10 anni ha portato a cambiare completamente il volto di questa società.
La legge per la ricerca sulle cellule staminali, quella contro la violenza sulle donne, il matrimonio omosessuale, il divorzio rapido, la legge per l'uguaglianza, per ampliare il diritto all'aborto e quest'ultima per i diritti della persona nella fase finale della vita rappresentano una coraggiosa “stagione dei diritti civili” che potrebbe essere rapportata a quella italiana negli anni compresi tra il '68 ed il '78. Non furono sicuramente anni meno cruciali di questi che ci tocca vivere e la classe politica nemmeno allora scommetteva sul grado di preparazione della società italiana. Ciò che sembra mancare ora è quello spirito rivoluzionario che con clamore obbligò le istituzioni ad uscire dalla paralisi.
E mentre la stretta economica livella la democrazia verso il basso, togliendole la capacità di decidere del proprio futuro, è nel terreno dei diritti civili, delle conquiste sociali e della loro strenua difesa dove ci si aspetta che una democrazia cresca, non si atrofizzi. Ed è in questo campo che tra i due Paesi si apre una voragine.
Curiosamente, mentre l'Italia approva una legge sul testamento biologico che volta le spalle alla volontà del paziente, la Spagna, che sul diritto ad un finale dignitoso della vita aveva già legiferato nel 2002 (governo Aznar, n.d.r.) consentendo totale autonomia al malato, sente ora la necessità di chiarire ulteriormente i diritti già esistenti in questo ambito. La nuova legge spagnola che “regola i diritti della persona nella fase finale della vita” affianca e rafforza la strategia nazionale per le cure palliative -che funziona da anni- e garantisce semplicemente le buone pratiche cliniche, anteponendo le decisioni e credenze del paziente a quelle del medico e dello Stato. Si evita cosí l'eventuale insicurezza giuridica a cui potevano sentirsi esposti i medici, che tradotto in termini pratici significa impedire l'obiezione di coscienza, quel fenomeno che in Italia impedisce oltre il 70% delle interruzioni volontarie di gravidanze nelle strutture pubbliche, per esempio.
E la società spagnola, travagliata anche più di quella italiana dalla crisi internazionale dei mercati, non perde tuttavia la sensibilità ad un maturo dibattito sulle questioni sociali di tale rilievo; un 45% della popolazione vorrebbe per sé una “morte confortevole”, magari in casa, con quell'intimità, rispetto della dignità umana e giusto supporto terapeutico che questa legge mira a garantire.
Intimità, laddove in Italia, per lo stesso diritto all'autonomia della persona, si è costretti ad intraprendere lunghissime battaglie legali sotto gli occhi di tutti, con i riflettori costantemente puntati addosso, in una lotta titanica del singolo contro gran parte delle Istituzioni.
Ed è impossibile non cogliere, in questa determinazione di Zapatero di attuare fino in fondo il suo ciclo di grandi riforme sociali, l'ennesima rivendicazione della laicità dello Stato di fronte alle pressioni della chiesa cattolica. In un Paese storicamente vertebrato sull'unione dei poteri dei cattolicissimi re Ferdinando ed Isabella e con l'eco ancora udibile di 40 anni di dittatura franchista benedetta dalla Chiesa, non si può non invidiare la forza della rivoluzione culturale che in meno di 10 anni ha portato a cambiare completamente il volto di questa società.
La legge per la ricerca sulle cellule staminali, quella contro la violenza sulle donne, il matrimonio omosessuale, il divorzio rapido, la legge per l'uguaglianza, per ampliare il diritto all'aborto e quest'ultima per i diritti della persona nella fase finale della vita rappresentano una coraggiosa “stagione dei diritti civili” che potrebbe essere rapportata a quella italiana negli anni compresi tra il '68 ed il '78. Non furono sicuramente anni meno cruciali di questi che ci tocca vivere e la classe politica nemmeno allora scommetteva sul grado di preparazione della società italiana. Ciò che sembra mancare ora è quello spirito rivoluzionario che con clamore obbligò le istituzioni ad uscire dalla paralisi.
Fantasmi della realtà e potere dei banchieri
Un articolo di Ida Magli segnalatoci da Genny; lo potete leggere cliccando QUI.
giovedì 14 luglio 2011
Decreto legge 98/2011 ovvero la fine della gratuità del processo del lavoro
Dal sito "Giuristi Democratici", un aspetto particolarmente preoccupante di una già di per sé devastante Finanziaria, a cui non è stata data la sufficiente importanza.
Per leggere l'articolo, cliccare QUI.
Per leggere l'articolo, cliccare QUI.
mercoledì 13 luglio 2011
Quello che serve è una forte integrazione politica per dare un governo all'Euro
di Nicola Melloni
Sono nubi nerissime quelle che si addensano sull'Italia. Le attenzioni particolari della speculazione internazionale rischiano di precipitare il paese in una situazione greca, mandando gambe all'aria la nostra economia e di travolgere l'intera area-euro. L'establishment si sta già preparando: finanziaria bi-partisan a colpi di machete (manovra extra da 40 miliardi), privatizzazioni di poste e ferrovie, deregolamentazione finale del mercato del lavoro con l'abbandono della contrattazione nazionale usata come moneta di scambio con le imprese per richiedere un contributo fiscale eccezionale (la patrimoniale). Il tutto in una situazione di sospensione della democrazia, con un governo tecnico e non politico, che salirebbe al Quirinale con l'unico obiettivo di tranquillizzare i mercati e fare di tutto, e pure di più, per salvare l'Euro.
L'Italia, però, non è la Grecia. L'Italia è la terza economia dell'area euro e il suo peso economico non può essere sottovalutato, nè dai mercati né dalla Ue. Si tratta, però, di dare una voce politica a questo peso economico, una voce in grado di rispondere agli attacchi ed anzi passare al contrattacco. Tre sono le direttrici fondamentali. In ambito europeo bisogna cambiare modalità di intervento. Se l'Italia non può permettersi di uscire dall'Euro, l'Euro non può permettersi di perdere l'Italia. Dunque l'Europa tutta deve farsi carico di problemi che non sono solamente nazionali, ma coinvolgono una parte sempre più ampia del Continente. Bisogna immediatamente spingere per una forte integrazione politica per dare un governo all'Euro, con piani di salvataggio basati su trasferimenti e non su prestiti e trasformazione dello stock di debiti nazionali in debiti europei la cui sostenibilità non sarebbe in discussione. Non ha nessun senso economico che paesi con un'unica valuta paghino interessi diversi sul debito pubblico. Altrettanto immediatamente bisogna cambiare la governance della Bce, riportarla sotto il controllo politico e cambiare la sua mission - non solo il controllo dell'inflazione, ma soprattutto il contributo alla crescita con politiche monetarie espansive anche a costo di un moderato aumento dei prezzi. In questo momento la differenza fondamentale tra Italia ed Usa, i cui conti non sono migliori dei nostri, è il controllo sulla politica monetaria. O l'Europa diventa una, oppure tanto vale uscire dall'Euro - una minaccia che a Francoforte prenderebbero in seria considerazione.
Secondariamente, bisogna bastonare la speculazione, farsi subito promotori dell'adozione della Tobin Tax, della reintroduzione di controlli sui movimenti di capitale e di una riorganizzazione complessiva del sistema finanziario, riducendo la dimensione delle banche, introducendo controlli sulla struttura e le operazioni degli hedge fund, regolamentando il mercato dei derivati. Bisogna anche essere chiari sul fatto che non saranno gli italiani ma gli speculatori a pagare. Se gli attacchi continueranno, lo Stato italiano, con il coinvolgimento europeo, ha la possibilità di bloccare la fuga dai titoli pubblici, convertendo forzatamente i titoli in scadenza in titoli pluriennali ancorati ai rendimenti dei bund tedeschi. Un'altra minaccia credibile: i mercati internazionali non si possono permettere il fallimento italiano che li metterebbe completamente in ginocchio.
Infine, ma in maniera altrettanto decisiva, il governo dovrebbe preoccuparsi dei problemi strutturali della nostra economia, che pure esistono e la cui soluzione è la conditio sine qua non per avere credibilità internazionale agli occhi dell'Europa e dei mercati. Ed il problema fondamentale dell'Italia, lo sappiamo, è la crescita, non la dinamica del deficit fiscale. Quindi, ristrutturazione complessiva del sistema paese in maniera da garantire occupazione, produttività e sostegno ai consumi. Ristrutturazione a carico, ça va sans dire, di chi in questi anni tanto ha preso e nulla ha dato.
Articolo tratto da "Liberazione".
L'Italia, però, non è la Grecia. L'Italia è la terza economia dell'area euro e il suo peso economico non può essere sottovalutato, nè dai mercati né dalla Ue. Si tratta, però, di dare una voce politica a questo peso economico, una voce in grado di rispondere agli attacchi ed anzi passare al contrattacco. Tre sono le direttrici fondamentali. In ambito europeo bisogna cambiare modalità di intervento. Se l'Italia non può permettersi di uscire dall'Euro, l'Euro non può permettersi di perdere l'Italia. Dunque l'Europa tutta deve farsi carico di problemi che non sono solamente nazionali, ma coinvolgono una parte sempre più ampia del Continente. Bisogna immediatamente spingere per una forte integrazione politica per dare un governo all'Euro, con piani di salvataggio basati su trasferimenti e non su prestiti e trasformazione dello stock di debiti nazionali in debiti europei la cui sostenibilità non sarebbe in discussione. Non ha nessun senso economico che paesi con un'unica valuta paghino interessi diversi sul debito pubblico. Altrettanto immediatamente bisogna cambiare la governance della Bce, riportarla sotto il controllo politico e cambiare la sua mission - non solo il controllo dell'inflazione, ma soprattutto il contributo alla crescita con politiche monetarie espansive anche a costo di un moderato aumento dei prezzi. In questo momento la differenza fondamentale tra Italia ed Usa, i cui conti non sono migliori dei nostri, è il controllo sulla politica monetaria. O l'Europa diventa una, oppure tanto vale uscire dall'Euro - una minaccia che a Francoforte prenderebbero in seria considerazione.
Secondariamente, bisogna bastonare la speculazione, farsi subito promotori dell'adozione della Tobin Tax, della reintroduzione di controlli sui movimenti di capitale e di una riorganizzazione complessiva del sistema finanziario, riducendo la dimensione delle banche, introducendo controlli sulla struttura e le operazioni degli hedge fund, regolamentando il mercato dei derivati. Bisogna anche essere chiari sul fatto che non saranno gli italiani ma gli speculatori a pagare. Se gli attacchi continueranno, lo Stato italiano, con il coinvolgimento europeo, ha la possibilità di bloccare la fuga dai titoli pubblici, convertendo forzatamente i titoli in scadenza in titoli pluriennali ancorati ai rendimenti dei bund tedeschi. Un'altra minaccia credibile: i mercati internazionali non si possono permettere il fallimento italiano che li metterebbe completamente in ginocchio.
Infine, ma in maniera altrettanto decisiva, il governo dovrebbe preoccuparsi dei problemi strutturali della nostra economia, che pure esistono e la cui soluzione è la conditio sine qua non per avere credibilità internazionale agli occhi dell'Europa e dei mercati. Ed il problema fondamentale dell'Italia, lo sappiamo, è la crescita, non la dinamica del deficit fiscale. Quindi, ristrutturazione complessiva del sistema paese in maniera da garantire occupazione, produttività e sostegno ai consumi. Ristrutturazione a carico, ça va sans dire, di chi in questi anni tanto ha preso e nulla ha dato.
Articolo tratto da "Liberazione".
martedì 12 luglio 2011
Legge elettorale, cambiare davvero
Un articolo di Carmine Saviano che fa il punto sulle proposte dei vari comitati che stanno raccogliendo le firme necessarie ad un eventuale referendum per l'abrogazione del "porcellum".
L'articolo ci è stato segnalato da Carla ed è disponibile cliccando QUI .
Nei commenti potremmo aprire una riflessione su questo argomento, che è in qualche modo legato anche alla questione del voto degli italiani all'estero.
L'articolo ci è stato segnalato da Carla ed è disponibile cliccando QUI .
Nei commenti potremmo aprire una riflessione su questo argomento, che è in qualche modo legato anche alla questione del voto degli italiani all'estero.
lunedì 11 luglio 2011
Tremonti, paladino dei mercati
Tremonti si sta confermando sempre più il difensore dei mercati e le sue politiche economiche sono tutte improntate al tentativo di compiancere il capitale internazionale. Dunque, non è una sorpresa che non appena la posizione del super-ministro si sia politicamente indebolita, i mercati abbiano reagito in malo modo, attaccando i titoli di stato italiano e portando lo spread tra gli interessi pagati sul nostro debito e su quello tedesco ai massimi storici. Si teme che, se Tremonti dovesse andarsene, partirebbe l'attacco alla diligenza, la spesa pubblica andrebbe fuori controllo e l'Italia si troverebbe in men che non si dica in una situazione di sapore greco.
Tremonti dunque è considerato, a torto o a ragione, il garante del debito italiano davanti agli speculatori internazionali. Così preso in questo ruolo, il superministro del Tesoro sembra dimenticarsi che il suo ruolo sarebbe anche (e soprattutto) quello di fare il bene del Paese. La finanziaria appena presentata ne è l'esempio lampante.
Uno dei provvedimenti più discussi è l'aumento da 34 a 120 euro dell'imposta di bollo sul conto titoli, il conto di deposito obbligatorio in cui si registra la proprietà dei titoli. Due sono le chiavi di lettura per interpretare questa scelta. Da una parte si può pensare ad un marchiano errore, forse dovuto al caldo luglio romano, forse alla confusione che attraversa una maggioranza allo sbando che non ha linee direttrici chiare e si affida all'estemporaneità. E l'aumento dell'imposta di bollo sembra proprio andare in questa direzione. Infatti un salasso così forte azzererà il rendimento nel caso dei patrimoni più modesti, col rischio di una minore sottoscrizione dei titoli di stato da parte degli investitori meno abbienti. Anche uno studente con pochi rudimenti di matematica capirebbe che se da un rendimento netto del 2.6% vengono sottratti 120 euro (150 a partire dal 2013) allora la remunerazione di una piccola quantità di capitale rischia di diventare addirittura negativa ed in ogni caso poco conveniente rispetto ad altri investimenti. Si tratterebbe, in questo caso, di un Tremonti rimandato in matematica, e contro di lui si ritorcerebbero gli epiteti che il ministro elargisce a piene mani ai suoi colleghi di governo.
Esiste però un'altra spiegazione, e cioè che Tremonti sia meno impreparato di quello che potrebbe sembrare.
In realtà le politiche economiche del nostro sono sempre state improntate al più ostentato classismo, dai tagli lineari in avanti; altro che ministro impregnato di cultura socialista, come ci racconta Vittorio Feltri nel surreale editoriale su il Giornale di ieri. E classista, in maniera addirittura sguaiata è l'aumento dell'imposta di bollo. Per il 2012 questa imposta colpisce in egual maniera tutti i risparmiatori, piccoli e grandi, con effetti facilmente immaginabili. I detentori di grandi patrimoni nemmeno se ne accorgeranno, mentre, come abbiamo detto, il piccolo risparmio sarà colpito in maniera durissima. Dal prossimo anno poi gli scaglioni saranno due, 150 euro fino a 50 mila euro, 380 per i patrimoni superiori ai 50 mila euro. Ma anche questo minimo intervento di recupero della proporzionalità è sostanzialmente un intervento cosmetico, perché con un patrimonio di 51 mila euro si pagherà comunque proporzionalmente meno che con un patrimonio di 20 mila euro. Si tratta, come è stato giustamente detto, di una patrimoniale, peccato che si tratti di una patrimoniale alla rovescia, che va cioè a colpire chi ha di meno, una misura fortemente regressiva che attacca il piccolo risparmio e punisce i lavoratori lasciando sostanzialmente intatta la remunerazione del grande capitale. Ed ecco che ci torna in mente il Tremonti garante dei mercati e non del suo popolo. Ed essere garante dei mercati non vuol dire solo salvaguardare i conti dello stato, ma soprattutto difendere gli interessi di classe del capitale.
L'importo complessivo dell'operazione viene calcolato in 8 miliardi di euro nel prossimo triennio e Tremonti ha già dichiarato che non si opporrà a modifiche, ma a saldi inalterati.
Ebbene, una alternativa, immediata, ci sarebbe. Una vera patrimoniale che punti al reperimento di queste risorse tassando i patrimoni più alti e lasciando inalterati quelli inferiori. Il sito di economisti "Sbilanciamoci!" ha calcolato che una tassa del 5 per mille sui patrimoni superiori ai 3 milioni di euro porterebbe nelle casse dello stato oltre 10 miliardi di euro, un importo più che sufficiente per coprire il mancato introito sull'aumento dell'imposta di bollo. Sarebbe una soluzione non solo etica - pagano di più i più ricchi - ma anche economicamente più convincente: tassare i redditi più bassi vuol dire invece colpire i consumi e la domanda interna. ed indebolire la crescita del Pil. Ma che direbbero gli sponsor di Tremonti?
Di Nicola Melloni da "Liberazione"
Tremonti dunque è considerato, a torto o a ragione, il garante del debito italiano davanti agli speculatori internazionali. Così preso in questo ruolo, il superministro del Tesoro sembra dimenticarsi che il suo ruolo sarebbe anche (e soprattutto) quello di fare il bene del Paese. La finanziaria appena presentata ne è l'esempio lampante.
Uno dei provvedimenti più discussi è l'aumento da 34 a 120 euro dell'imposta di bollo sul conto titoli, il conto di deposito obbligatorio in cui si registra la proprietà dei titoli. Due sono le chiavi di lettura per interpretare questa scelta. Da una parte si può pensare ad un marchiano errore, forse dovuto al caldo luglio romano, forse alla confusione che attraversa una maggioranza allo sbando che non ha linee direttrici chiare e si affida all'estemporaneità. E l'aumento dell'imposta di bollo sembra proprio andare in questa direzione. Infatti un salasso così forte azzererà il rendimento nel caso dei patrimoni più modesti, col rischio di una minore sottoscrizione dei titoli di stato da parte degli investitori meno abbienti. Anche uno studente con pochi rudimenti di matematica capirebbe che se da un rendimento netto del 2.6% vengono sottratti 120 euro (150 a partire dal 2013) allora la remunerazione di una piccola quantità di capitale rischia di diventare addirittura negativa ed in ogni caso poco conveniente rispetto ad altri investimenti. Si tratterebbe, in questo caso, di un Tremonti rimandato in matematica, e contro di lui si ritorcerebbero gli epiteti che il ministro elargisce a piene mani ai suoi colleghi di governo.
Esiste però un'altra spiegazione, e cioè che Tremonti sia meno impreparato di quello che potrebbe sembrare.
In realtà le politiche economiche del nostro sono sempre state improntate al più ostentato classismo, dai tagli lineari in avanti; altro che ministro impregnato di cultura socialista, come ci racconta Vittorio Feltri nel surreale editoriale su il Giornale di ieri. E classista, in maniera addirittura sguaiata è l'aumento dell'imposta di bollo. Per il 2012 questa imposta colpisce in egual maniera tutti i risparmiatori, piccoli e grandi, con effetti facilmente immaginabili. I detentori di grandi patrimoni nemmeno se ne accorgeranno, mentre, come abbiamo detto, il piccolo risparmio sarà colpito in maniera durissima. Dal prossimo anno poi gli scaglioni saranno due, 150 euro fino a 50 mila euro, 380 per i patrimoni superiori ai 50 mila euro. Ma anche questo minimo intervento di recupero della proporzionalità è sostanzialmente un intervento cosmetico, perché con un patrimonio di 51 mila euro si pagherà comunque proporzionalmente meno che con un patrimonio di 20 mila euro. Si tratta, come è stato giustamente detto, di una patrimoniale, peccato che si tratti di una patrimoniale alla rovescia, che va cioè a colpire chi ha di meno, una misura fortemente regressiva che attacca il piccolo risparmio e punisce i lavoratori lasciando sostanzialmente intatta la remunerazione del grande capitale. Ed ecco che ci torna in mente il Tremonti garante dei mercati e non del suo popolo. Ed essere garante dei mercati non vuol dire solo salvaguardare i conti dello stato, ma soprattutto difendere gli interessi di classe del capitale.
L'importo complessivo dell'operazione viene calcolato in 8 miliardi di euro nel prossimo triennio e Tremonti ha già dichiarato che non si opporrà a modifiche, ma a saldi inalterati.
Ebbene, una alternativa, immediata, ci sarebbe. Una vera patrimoniale che punti al reperimento di queste risorse tassando i patrimoni più alti e lasciando inalterati quelli inferiori. Il sito di economisti "Sbilanciamoci!" ha calcolato che una tassa del 5 per mille sui patrimoni superiori ai 3 milioni di euro porterebbe nelle casse dello stato oltre 10 miliardi di euro, un importo più che sufficiente per coprire il mancato introito sull'aumento dell'imposta di bollo. Sarebbe una soluzione non solo etica - pagano di più i più ricchi - ma anche economicamente più convincente: tassare i redditi più bassi vuol dire invece colpire i consumi e la domanda interna. ed indebolire la crescita del Pil. Ma che direbbero gli sponsor di Tremonti?
Di Nicola Melloni da "Liberazione"
domenica 10 luglio 2011
Quando manca la coscienza
Un articolo di Barbara Spinelli da "MicroMega" segnalatoci da Carla.
Lo potete leggere cliccando QUI .
Lo potete leggere cliccando QUI .
Big Society
Per chi non vive nel Regno Unito forse queste parole non dicono molto o nulla. Per noi che abbiamo
l’”onore di servire” il regno di sua maesta’ queste parole dicono molto se non tutto.
Big Society sarebbe la Grande Societa’ che ha in mente il governo in carica guidato dai conservatori
di David Cameron. In parole poverissime e brutali si tratterebbe di ridisegnare la societa’ britannica
in modo da renderla “piu’ autonoma”. Suona bene se non fosse che questo progetto non ha nulla di
moderno ma solo l’acido sapore di una Grande Riforma Conservatrice.
Il partito dei Tory da sempre lamenta che quando al governo c’erano i laburisti il sistema che questi
avevano messo in piedi era troppo assistenzialista. Quel sistema avrebbe prodotto una massa
inerte di persone che abusando del welfare del paese si sottrae al lavoro e vive a carico dei cittadini
contribuenti.
Premetto che personalmente non ho nessuna stima per Mr Blaire e nessun particolare
apprezzamento per i suoi anni di governo. Premetto inoltre che in parte sono d’accordo sul fatto che
il sistema assistenziale ha provocato delle brutture che devono essere corrette. Tuttavia penso che vi
siano una serie di responsabilita’ che rendono il quadro d’analisi assai piu’ complesso.
Ma ora vorrei concentrarmi su alcuni punti della Big Society decantata dal primo ministro David
Cameron.
Piace molto ai conservatori l’idea che questo paese sforni cittadini piu’ autonomi che in sostanza
non facciano piu’ affidamento sul sistema assistenziale e che siano piu’ partecipi delle decisioni che
li riguardano. Mi immagino, da non analista, che questo significhi piu’ lavoro, piu’ opportunita’, un
incremento piu’ consistente dei minimi salariali, il coinvolgimento in quelle decisioni che avranno
una ricaduta sulla propria vita, ecc. E invece non e’ proprio cosi’ che stanno andando le cose. Infatti
gli interventi fatti sino ad ora dal governo in carica sono stati il taglio netto dei benefits (appunto
il welfare), senza alcun aumento dei minimi salariali, e il licenziamento di migliaia di lavoratori
del settore pubblico, in un periodo dove trovare un lavoro anche in questo paese e’ diventato un
faticoso miraggio.
Dice Cameron che il terzo settore che impiega centinaia di migliaia di persone deve essere
ridimensionato e trasformarsi in un settore di pochi lavoratori stipendiati (probabilmente i soli
managers) e il resto tutto costituito da volontari.
Queste dunque le ricette presentate per dare corpo alla Big Society: taglio radicale dei benefits
(il sistema assistenziale), cacciata a calci nel sedere del personale qualificato che lavora nel terzo
settore attraverso tagli drastici ai fondi elargiti alle organizzazioni che operano in questa area,
licenziamento senza ripensamenti dei dipendenti pubblici , innalzamento delle tasse universitarie
che passeranno dai circa £3000 di oggi ai £9000 del 2012, con evidente riduzione d’accesso per le
fasce economicamente deboli della societa’ (salvo volersi indebitare fino a circa £30.000 o piu’ al
termine del ciclo universitario, attraverso i prestiti universitari tanto cari alla Gelmini) .
Non sono un’analista ma credo che non sia necessario esserlo per capire che qui il prezzo lo si fa
pagare a una sola parte della societa’ ossia alle fasce piu’ deboli e agli stipendi medio bassi.
Nella “lungimirante” idea della Big Society rientrano anche i progetti di drastica privatizzazione della
sanita’ pubblica’. Chissa’ perche’ una societa’ e’ tanto piu’ Big (grande) quanto piu’ i servizi sono
Little (piccoli). Questa teoria fa parte dei misteri che ancora devono essere svelati.
Dalle mie parti si dice che una persona e’ “torda” quando non capisce un qualcosa di semplice o
qualcosa che gli e’ stato spiegato piu’ volte. In questo momento mi sento torda perche’ davvero
non capisco il progetto di Big Society che Cameron va ripetendo da tempo. Come puo’ una
societa’ diventare Big, e quindi sempre piu’ autonoma dagli aiuti del governo o degli enti locali,
quando centinaglia di migliaia di persone vengono licenziate dallo stesso governo, direttamente o
indirettamente e viene ostacolato l’accesso all’universita’ e quindi alla formazione?
L’idea di Big Society e’ di snellire il coinvolgimento del governo e quindi alleggerire le spese
pubbliche. Questo dovrebbe avvenire, secondo Cameron, attraverso il lavoro volontario dei cittadini.
Centinaia di posti di lavoro remunerati verranno bruciati per fare spazio ai volontari. Bisogna
imparare a campare di sola aria visto che lo stipendio diventera’ un lusso o meglio detto un
privilegio!
Dicevo al principio che per chi vive nel Ragno Unito le parole Big Society possono dire molto o tutto e
infatti e’ proprio cosi’. Qui c’e’ in gioco il lavoro, una sottile certezza economica che permette di fare
delle scelte per il futuro per se’ e per i propri figli, quella serenita’ che e’ la condizione minima per
una vita decente.
Le fasce deboli di questa vecchia monarchia sono trattate come fossero peste da questo governo,
come se fossero il male che prosciuga le casse dello stato, il bubbone da debellare.
La crisi nella quale siamo immersi ha messo i conservatori di questo paese, che come surfisti
cavalcano l’onda delle elevate spese pubbliche insopportabili per un governo moderno e maturo,
nella posizione di incominciare a dare vita al loro disegno di Big Society che ridimensionera’ in modo
drastico e senza criterio il sistema di welfare e dei servizi oltre a quello del lavoro, e che lascera’
indietro quella parte di societa’ che non sapra’ o non potra’ correre alla stessa velocita’ dell’altra
parte della societa’, quella piu’ veloce o privilegiata.
Eppure il Regno Unito e’ ancora il sogno di molti italiani……questo e’ un altro mistero che non
trovera’ risposta.
Carla
l’”onore di servire” il regno di sua maesta’ queste parole dicono molto se non tutto.
Big Society sarebbe la Grande Societa’ che ha in mente il governo in carica guidato dai conservatori
di David Cameron. In parole poverissime e brutali si tratterebbe di ridisegnare la societa’ britannica
in modo da renderla “piu’ autonoma”. Suona bene se non fosse che questo progetto non ha nulla di
moderno ma solo l’acido sapore di una Grande Riforma Conservatrice.
Il partito dei Tory da sempre lamenta che quando al governo c’erano i laburisti il sistema che questi
avevano messo in piedi era troppo assistenzialista. Quel sistema avrebbe prodotto una massa
inerte di persone che abusando del welfare del paese si sottrae al lavoro e vive a carico dei cittadini
contribuenti.
Premetto che personalmente non ho nessuna stima per Mr Blaire e nessun particolare
apprezzamento per i suoi anni di governo. Premetto inoltre che in parte sono d’accordo sul fatto che
il sistema assistenziale ha provocato delle brutture che devono essere corrette. Tuttavia penso che vi
siano una serie di responsabilita’ che rendono il quadro d’analisi assai piu’ complesso.
Ma ora vorrei concentrarmi su alcuni punti della Big Society decantata dal primo ministro David
Cameron.
Piace molto ai conservatori l’idea che questo paese sforni cittadini piu’ autonomi che in sostanza
non facciano piu’ affidamento sul sistema assistenziale e che siano piu’ partecipi delle decisioni che
li riguardano. Mi immagino, da non analista, che questo significhi piu’ lavoro, piu’ opportunita’, un
incremento piu’ consistente dei minimi salariali, il coinvolgimento in quelle decisioni che avranno
una ricaduta sulla propria vita, ecc. E invece non e’ proprio cosi’ che stanno andando le cose. Infatti
gli interventi fatti sino ad ora dal governo in carica sono stati il taglio netto dei benefits (appunto
il welfare), senza alcun aumento dei minimi salariali, e il licenziamento di migliaia di lavoratori
del settore pubblico, in un periodo dove trovare un lavoro anche in questo paese e’ diventato un
faticoso miraggio.
Dice Cameron che il terzo settore che impiega centinaia di migliaia di persone deve essere
ridimensionato e trasformarsi in un settore di pochi lavoratori stipendiati (probabilmente i soli
managers) e il resto tutto costituito da volontari.
Queste dunque le ricette presentate per dare corpo alla Big Society: taglio radicale dei benefits
(il sistema assistenziale), cacciata a calci nel sedere del personale qualificato che lavora nel terzo
settore attraverso tagli drastici ai fondi elargiti alle organizzazioni che operano in questa area,
licenziamento senza ripensamenti dei dipendenti pubblici , innalzamento delle tasse universitarie
che passeranno dai circa £3000 di oggi ai £9000 del 2012, con evidente riduzione d’accesso per le
fasce economicamente deboli della societa’ (salvo volersi indebitare fino a circa £30.000 o piu’ al
termine del ciclo universitario, attraverso i prestiti universitari tanto cari alla Gelmini) .
Non sono un’analista ma credo che non sia necessario esserlo per capire che qui il prezzo lo si fa
pagare a una sola parte della societa’ ossia alle fasce piu’ deboli e agli stipendi medio bassi.
Nella “lungimirante” idea della Big Society rientrano anche i progetti di drastica privatizzazione della
sanita’ pubblica’. Chissa’ perche’ una societa’ e’ tanto piu’ Big (grande) quanto piu’ i servizi sono
Little (piccoli). Questa teoria fa parte dei misteri che ancora devono essere svelati.
Dalle mie parti si dice che una persona e’ “torda” quando non capisce un qualcosa di semplice o
qualcosa che gli e’ stato spiegato piu’ volte. In questo momento mi sento torda perche’ davvero
non capisco il progetto di Big Society che Cameron va ripetendo da tempo. Come puo’ una
societa’ diventare Big, e quindi sempre piu’ autonoma dagli aiuti del governo o degli enti locali,
quando centinaglia di migliaia di persone vengono licenziate dallo stesso governo, direttamente o
indirettamente e viene ostacolato l’accesso all’universita’ e quindi alla formazione?
L’idea di Big Society e’ di snellire il coinvolgimento del governo e quindi alleggerire le spese
pubbliche. Questo dovrebbe avvenire, secondo Cameron, attraverso il lavoro volontario dei cittadini.
Centinaia di posti di lavoro remunerati verranno bruciati per fare spazio ai volontari. Bisogna
imparare a campare di sola aria visto che lo stipendio diventera’ un lusso o meglio detto un
privilegio!
Dicevo al principio che per chi vive nel Ragno Unito le parole Big Society possono dire molto o tutto e
infatti e’ proprio cosi’. Qui c’e’ in gioco il lavoro, una sottile certezza economica che permette di fare
delle scelte per il futuro per se’ e per i propri figli, quella serenita’ che e’ la condizione minima per
una vita decente.
Le fasce deboli di questa vecchia monarchia sono trattate come fossero peste da questo governo,
come se fossero il male che prosciuga le casse dello stato, il bubbone da debellare.
La crisi nella quale siamo immersi ha messo i conservatori di questo paese, che come surfisti
cavalcano l’onda delle elevate spese pubbliche insopportabili per un governo moderno e maturo,
nella posizione di incominciare a dare vita al loro disegno di Big Society che ridimensionera’ in modo
drastico e senza criterio il sistema di welfare e dei servizi oltre a quello del lavoro, e che lascera’
indietro quella parte di societa’ che non sapra’ o non potra’ correre alla stessa velocita’ dell’altra
parte della societa’, quella piu’ veloce o privilegiata.
Eppure il Regno Unito e’ ancora il sogno di molti italiani……questo e’ un altro mistero che non
trovera’ risposta.
Carla
giovedì 7 luglio 2011
NO-TAV, BENI COMUNI E MODERNITA'. QUELLA VERA.
Il riaccendersi del dibattito sulla Tav in Val di Susa ci pone alcuni “nodi” relativi al rapporto tra democrazia e modernità e sulle dinamiche del processo politico all’interno della società italiana. Il pensiero dell’establishment di governo è mirabilmente riassunto da Irene Tinagli che su La Stampa di Martedì (vedi QUI) attacca il movimento No-Tav come retrogrado, preoccupato solo dei suoi interessi egoistici e indifferente di fronte ad un paese in declino.
La Tav - ci viene detto - è la porta sul futuro, come lo era internet dieci anni fa ed è un treno che non possiamo perdere; d’altronde, «tutti gli altri paesi europei hanno più chilometri di alta velocità rispetto al nostro paese», per non parlare poi della Cina e dei suoi investimenti futuristici in infrastrutture. Cerchiamo di capire meglio. Quando si fanno paragoni bisognerebbe avere contezza di ciò di cui si parla, cosa che purtroppo accade sempre più raramente, con la propaganda che soppianta l’analisi. Innanzittutto non è vero che l’Italia sia «il fanalino di coda» dell’Europa in fatto di alta velocità. La Gran Bretagna ad esempio ne ha assai meno. Magra consolazione, si dirà. E’ certamente vero che paesi come la Francia e la Spagna hanno investito massicciamente sul trasporto veloce su rotaia. E’ altrettanto vero, però, che la struttura geo-morfologica di quei paesi è assai diversa dalla nostra. La Parigi-Marsiglia non ha avuto bisogno di bucare nessuna montagna e così pure la Madrid-Barcellona. Quisquilie, davanti al miraggio di progresso che ci propone la Tav. Perchè «l’interesse generale deve prevalere sugli egoismi particolari»! In Francia, la patria dell’alta velocità, però, la parola finale su questi progetti spetta alla comunità locale, che viene coinvolta in tutti i passaggi e deve essere convinta della bontà dell’opera. I liberali (ma di che liberalismo si tratti, non è facile capire) alla Tinagli, in realtà, propongono un nuovo modello di patto sociale. Criticano in maniera assidua il cosiddetto Nimby (Not in my Back-yard, «non nel mio cortile di casa») e sono fautori agguerriti del modello thatcheriano Tina (There is no alternative, «non c’è alternativa»). Non solo per la Tav. Vale lo stesso per le finanziarie “ammazzapopolo” in Grecia – ce lo impone il mercato, l’Europa – o per la riduzione dei diritti sindacali in Fiat – che altrimenti andrebbe a produrre altrove. Il leit motiv, per altro, è il costante paragone farlocco con altri paesi.
In realtà delle alternative esistono sempre. La Tav, dice Tinagli, non è una schiacciante necessità, spiegando però che il senso degli investimenti è proprio quello di una «programmazione che guarda in avanti». Benissimo, ma il punto è il futuro che abbiamo in mente. Quali altri investimenti si potrebbero fare con i milardi della Tav? Forse nelle ferrovie regionali, migliorando le condizioni di trasporto (e dunque, di vita) di milioni di pendolari, favorendo in maniera decisiva la mobilità del lavoro. Magari si potrebbe puntare ad investire dove il paese ha un vantaggio comparato (ad esempio, le lunghe coste) e non dove invece ha problemi strutturali (la presenza di montagne). Si potrebbe valutare di ricostruire le aree portuali industriali che in Italia sono nel centro delle città di mare e che se spostate potrebbero essere messe in rete con un sistema di trasporti integrato che preveda meno trasporto su gomma, costi di trasporto inferiori (quelli marittimi sono i più bassi) ed il rilancio della cantieristica navale. Insomma, le alternative esistono eccome, guardano al futuro ben più della Tav, e se ne potrebbe, se ne dovrebbe discutere.
Perchè il senso della democrazia è che le decisioni, soprattutto quelle che riguardano il futuro del Paese, vanno prese insieme a tutti i soggetti coinvolti e non bisogna sempre obbedire alle deliberazioni senza appello prese da altri (l’Europa, i mercati). Il movimento No-Tav, dunque, è il cuore stesso del possibile risveglio democratico del paese, quel risveglio che, ad esempio, ha rifiutato nucleare e privatizzazione dell’acqua. Un filo rosso lo lega agli operai di Mirafiori, agli studenti anti-Gelmini, ai lavoratori greci. Per «coagulare una visione condivisa del bene comune» non si può più prescindere dal coinvolgimento della popolazione. Dalla democrazia.
Di Nicola Melloni da "Liberazione"
La Tav - ci viene detto - è la porta sul futuro, come lo era internet dieci anni fa ed è un treno che non possiamo perdere; d’altronde, «tutti gli altri paesi europei hanno più chilometri di alta velocità rispetto al nostro paese», per non parlare poi della Cina e dei suoi investimenti futuristici in infrastrutture. Cerchiamo di capire meglio. Quando si fanno paragoni bisognerebbe avere contezza di ciò di cui si parla, cosa che purtroppo accade sempre più raramente, con la propaganda che soppianta l’analisi. Innanzittutto non è vero che l’Italia sia «il fanalino di coda» dell’Europa in fatto di alta velocità. La Gran Bretagna ad esempio ne ha assai meno. Magra consolazione, si dirà. E’ certamente vero che paesi come la Francia e la Spagna hanno investito massicciamente sul trasporto veloce su rotaia. E’ altrettanto vero, però, che la struttura geo-morfologica di quei paesi è assai diversa dalla nostra. La Parigi-Marsiglia non ha avuto bisogno di bucare nessuna montagna e così pure la Madrid-Barcellona. Quisquilie, davanti al miraggio di progresso che ci propone la Tav. Perchè «l’interesse generale deve prevalere sugli egoismi particolari»! In Francia, la patria dell’alta velocità, però, la parola finale su questi progetti spetta alla comunità locale, che viene coinvolta in tutti i passaggi e deve essere convinta della bontà dell’opera. I liberali (ma di che liberalismo si tratti, non è facile capire) alla Tinagli, in realtà, propongono un nuovo modello di patto sociale. Criticano in maniera assidua il cosiddetto Nimby (Not in my Back-yard, «non nel mio cortile di casa») e sono fautori agguerriti del modello thatcheriano Tina (There is no alternative, «non c’è alternativa»). Non solo per la Tav. Vale lo stesso per le finanziarie “ammazzapopolo” in Grecia – ce lo impone il mercato, l’Europa – o per la riduzione dei diritti sindacali in Fiat – che altrimenti andrebbe a produrre altrove. Il leit motiv, per altro, è il costante paragone farlocco con altri paesi.
In realtà delle alternative esistono sempre. La Tav, dice Tinagli, non è una schiacciante necessità, spiegando però che il senso degli investimenti è proprio quello di una «programmazione che guarda in avanti». Benissimo, ma il punto è il futuro che abbiamo in mente. Quali altri investimenti si potrebbero fare con i milardi della Tav? Forse nelle ferrovie regionali, migliorando le condizioni di trasporto (e dunque, di vita) di milioni di pendolari, favorendo in maniera decisiva la mobilità del lavoro. Magari si potrebbe puntare ad investire dove il paese ha un vantaggio comparato (ad esempio, le lunghe coste) e non dove invece ha problemi strutturali (la presenza di montagne). Si potrebbe valutare di ricostruire le aree portuali industriali che in Italia sono nel centro delle città di mare e che se spostate potrebbero essere messe in rete con un sistema di trasporti integrato che preveda meno trasporto su gomma, costi di trasporto inferiori (quelli marittimi sono i più bassi) ed il rilancio della cantieristica navale. Insomma, le alternative esistono eccome, guardano al futuro ben più della Tav, e se ne potrebbe, se ne dovrebbe discutere.
Perchè il senso della democrazia è che le decisioni, soprattutto quelle che riguardano il futuro del Paese, vanno prese insieme a tutti i soggetti coinvolti e non bisogna sempre obbedire alle deliberazioni senza appello prese da altri (l’Europa, i mercati). Il movimento No-Tav, dunque, è il cuore stesso del possibile risveglio democratico del paese, quel risveglio che, ad esempio, ha rifiutato nucleare e privatizzazione dell’acqua. Un filo rosso lo lega agli operai di Mirafiori, agli studenti anti-Gelmini, ai lavoratori greci. Per «coagulare una visione condivisa del bene comune» non si può più prescindere dal coinvolgimento della popolazione. Dalla democrazia.
Di Nicola Melloni da "Liberazione"
LA FRONTIERA
Il debito spagnolo ha vissuto ieri la sua giornata peggiore dallo scorso aprile, quando si impennò raggiungendo cifre record, spinto dalle prime voci di un secondo riscatto greco.
Ieri la minaccia veniva da molto più vicino, dal Portogallo, a cui Moody's ha declassato i titoli a livello di spazzatura rendendoli buoni solo per chi specula. L'agenzia di rating teme che anche il Portogallo necessiti una seconda ristrutturazione del debito ben prima di poter tornare a finanziarsi in modo autonomo sui mercati nel 2013, come era previsto; e si dubita anche che il Paese possa compiere gli obiettivi di riduzione del deficit e di stabilità che il FMI e l'Unione Europea gli hanno imposto per continuare a sganciare aiuti finanziari. Si tratta di previsioni, esiste la possibilità che non si avverino, ma è quanto basta per scatenare la tempesta sui mercati sull'altra metà della penisola iberica.
Le banche spagnole detengono il 42% del debito portoghese e sono le più esposte tra quelle del patto dell'euro; sono in gioco quasi 65 milioni di euro, contro i poco più di 27 con cui è esposta la Germania, per esempio. Scatta l'effetto contagio e diventiamo tutti appestati. Le zaffate del porcilaio in cui un sistema economico aberrante ed evidentemente fallito ha rinchiuso i pigs, iniziano ad ammorbare seriamente l'aria anche qui.
Salamanca sta a 100 chilometri dal confine portoghese e con la zona centrale del Portogallo ha intessuto negli ultimi 20 anni una fitta rete di relazioni che mirano a sviluppare politiche comuni per l'ordinamento del territorio, la conservazione del patrimonio culturale e lo sviluppo sociale. Vent'anni di conquiste comuni, in una zona alla periferia del regno, la periferia dei “periferici”, dove tutto è più difficile da ottenere proprio perché stiamo nel culo del mondo; conquiste ora spazzate via da quel copione che già conosciamo ma che molti ancora non comprendono. Gli organismi finanziari internazionali, per salvaguardare il sistema economico creato, armano di scure la mano di governi fantoccio (se ne cade uno se ne fa un altro), il cui taglio inesorabile colpirà sempre negli stessi deboli punti, pensioni, salari, sanità, educazione, sussidi di disoccupazione. E ora, in Portogallo, perfino sulla prossima tredicesima, in nome della “salvezza nazionale”. Tutti i lavoratori dipendenti con un salario superiore a 1000 euro per Natale perderanno almeno un quarto di tredicesima; una gabella quasi sicuramente incostituzionale e giustificata senza pudore dal Governo per la necessità imperiosa di battere cassa e di batterla sempre sulle fasce più deboli della popolazione.
Sulla frontiera lusitano-salmantina il contagio di questa peste bubbonica del XXI secolo che si chiama fallimento del sistema economico liberale si è tradotta immediamente in aumento del contrabbando, del lavoro in nero, quindi delle morti sul lavoro. E da questo lato della frontiera iniziano a serpeggiare il rifiuto ed il razzismo di chi vede coloro che vivono oltre il confine come depredatori delle poche risorse che qui rimangono.
Noi “periferici” siamo tutti cadaveri finanziari, con un grado di decomposizione più o meno alto, decretato di volta in volta anche dalle agenzie di rating. E la politica partecipa sommessa alla veglia funebre della democrazia, macabro spettacolo in cui il demos, quel popolo che di tutto dovrebbe essere il fulcro, si ritrova a dover pagare, suo malgrado, il funerale.
Di Monica Bedana
Ieri la minaccia veniva da molto più vicino, dal Portogallo, a cui Moody's ha declassato i titoli a livello di spazzatura rendendoli buoni solo per chi specula. L'agenzia di rating teme che anche il Portogallo necessiti una seconda ristrutturazione del debito ben prima di poter tornare a finanziarsi in modo autonomo sui mercati nel 2013, come era previsto; e si dubita anche che il Paese possa compiere gli obiettivi di riduzione del deficit e di stabilità che il FMI e l'Unione Europea gli hanno imposto per continuare a sganciare aiuti finanziari. Si tratta di previsioni, esiste la possibilità che non si avverino, ma è quanto basta per scatenare la tempesta sui mercati sull'altra metà della penisola iberica.
Le banche spagnole detengono il 42% del debito portoghese e sono le più esposte tra quelle del patto dell'euro; sono in gioco quasi 65 milioni di euro, contro i poco più di 27 con cui è esposta la Germania, per esempio. Scatta l'effetto contagio e diventiamo tutti appestati. Le zaffate del porcilaio in cui un sistema economico aberrante ed evidentemente fallito ha rinchiuso i pigs, iniziano ad ammorbare seriamente l'aria anche qui.
Salamanca sta a 100 chilometri dal confine portoghese e con la zona centrale del Portogallo ha intessuto negli ultimi 20 anni una fitta rete di relazioni che mirano a sviluppare politiche comuni per l'ordinamento del territorio, la conservazione del patrimonio culturale e lo sviluppo sociale. Vent'anni di conquiste comuni, in una zona alla periferia del regno, la periferia dei “periferici”, dove tutto è più difficile da ottenere proprio perché stiamo nel culo del mondo; conquiste ora spazzate via da quel copione che già conosciamo ma che molti ancora non comprendono. Gli organismi finanziari internazionali, per salvaguardare il sistema economico creato, armano di scure la mano di governi fantoccio (se ne cade uno se ne fa un altro), il cui taglio inesorabile colpirà sempre negli stessi deboli punti, pensioni, salari, sanità, educazione, sussidi di disoccupazione. E ora, in Portogallo, perfino sulla prossima tredicesima, in nome della “salvezza nazionale”. Tutti i lavoratori dipendenti con un salario superiore a 1000 euro per Natale perderanno almeno un quarto di tredicesima; una gabella quasi sicuramente incostituzionale e giustificata senza pudore dal Governo per la necessità imperiosa di battere cassa e di batterla sempre sulle fasce più deboli della popolazione.
Sulla frontiera lusitano-salmantina il contagio di questa peste bubbonica del XXI secolo che si chiama fallimento del sistema economico liberale si è tradotta immediamente in aumento del contrabbando, del lavoro in nero, quindi delle morti sul lavoro. E da questo lato della frontiera iniziano a serpeggiare il rifiuto ed il razzismo di chi vede coloro che vivono oltre il confine come depredatori delle poche risorse che qui rimangono.
Noi “periferici” siamo tutti cadaveri finanziari, con un grado di decomposizione più o meno alto, decretato di volta in volta anche dalle agenzie di rating. E la politica partecipa sommessa alla veglia funebre della democrazia, macabro spettacolo in cui il demos, quel popolo che di tutto dovrebbe essere il fulcro, si ritrova a dover pagare, suo malgrado, il funerale.
Di Monica Bedana
mercoledì 6 luglio 2011
Quale violenza?
Cosa
ne pensate degli scontri in Val di Susa?
NICOLA
eh...bella
domanda.
sentimenti contrastanti, non sapendo bene come sono andate le cose e fidandomi il giusto delle versioni ufficiali, di quello che fa la polizia e pure di quello che dice repubblica.
cmq: a livello mediatico, catastrofe per i no tav, i black block sono anarco-fascisti piu' simili agli ultras da stadio che ai protestatari - anche quelli duri tipo negli scontri di roma in dicembre vicino al parlamento. che i black block, che si sapeva da 1 settimana stessero arrivando, siano poi effettivamente arrivati armati fino ai denti, beh..si commenta da solo. e vorrei ricordare come era andata a genova, dove tra i black block c'erano valanghe di infiltrati...stavolta? a pensar male si fa peccato ma...
la seconda linea di lettura e', pero', che in questo mondo che va a puttane la violenza non mi scandalizza. sono solidale coi greci che picchiano duro e come detto spero entrino di forza nel parlamento e bastonino non tanto figurativamente i deputati "socialisti" venduti e i conservatori che li hanno lasciati sul lastrico. e capisco bene la violenza studentesca a roma come a londra. quindi capisco pure la violenza dei cittadini della val di susa (non dei facinorosi black block che vanno solo per picchiare o per menare un poliziotto, che spesso lo merita ma non a prescindere), e se si trattasse di un sollevamento "rivoluzionario" non avrei timore ad appoggiare su tutta la linea.
ma visto che dubito che la "rivoluzione" parta dai monti di torino, visto che gli uomini mascherati mi stan sulle palle (si fa la rivolta a volto scoperto!), visto che invece di rafforzare una causa sacrosanta si rischia di deligittimarla, allora il mio giudizio finale e' moderatamente negativo.
3 note a margine:
- poliziotto circondato ed infine liberato ma prima disarmato. pistola restituita la sera senza caricatore. chi l'ha fatto, un genio: no alla violenza della polizia, vi disarmiamo, non ci fidiamo di voi (prima senza pistola, poi senza proiettili), ma cmq non vi pestiamo a sangue come era ben facile fare (e come loro avrebbero fatto, senza dubbio). bello spot a favore dei manifestanti, se questo fosse lo spirito vincerebbero 10-1
- napolitano: mi sembra ormai entrato in versione cossiga. 2 settimane fa dopo che la lega ha chiesto il ritiro dalla libia e' intervenuto dicendo che l'italia deve rispettare i suoi obblighi internazionali!?! ma chi lo dice? parlamento sovrano, lui deve star zitto e rispettare la volonta' sovrana delle camere, la norvegia che in guerra come l'italia c'era andata si e' ritirata dopo 5 giorni, non hanno obblighi loro? e oggi si scomoda per condannare le violenze.. e invece quando i poliziotti han massacrato a botte dei cittadini innocenti, non ha mai sentito la necessita' di dir qualcosa? sara' sto vecchio riflesso di sti vecchi comunisti carristi che sostenevano l'armata rossa quando sparava per le strade
sentimenti contrastanti, non sapendo bene come sono andate le cose e fidandomi il giusto delle versioni ufficiali, di quello che fa la polizia e pure di quello che dice repubblica.
cmq: a livello mediatico, catastrofe per i no tav, i black block sono anarco-fascisti piu' simili agli ultras da stadio che ai protestatari - anche quelli duri tipo negli scontri di roma in dicembre vicino al parlamento. che i black block, che si sapeva da 1 settimana stessero arrivando, siano poi effettivamente arrivati armati fino ai denti, beh..si commenta da solo. e vorrei ricordare come era andata a genova, dove tra i black block c'erano valanghe di infiltrati...stavolta? a pensar male si fa peccato ma...
la seconda linea di lettura e', pero', che in questo mondo che va a puttane la violenza non mi scandalizza. sono solidale coi greci che picchiano duro e come detto spero entrino di forza nel parlamento e bastonino non tanto figurativamente i deputati "socialisti" venduti e i conservatori che li hanno lasciati sul lastrico. e capisco bene la violenza studentesca a roma come a londra. quindi capisco pure la violenza dei cittadini della val di susa (non dei facinorosi black block che vanno solo per picchiare o per menare un poliziotto, che spesso lo merita ma non a prescindere), e se si trattasse di un sollevamento "rivoluzionario" non avrei timore ad appoggiare su tutta la linea.
ma visto che dubito che la "rivoluzione" parta dai monti di torino, visto che gli uomini mascherati mi stan sulle palle (si fa la rivolta a volto scoperto!), visto che invece di rafforzare una causa sacrosanta si rischia di deligittimarla, allora il mio giudizio finale e' moderatamente negativo.
3 note a margine:
- poliziotto circondato ed infine liberato ma prima disarmato. pistola restituita la sera senza caricatore. chi l'ha fatto, un genio: no alla violenza della polizia, vi disarmiamo, non ci fidiamo di voi (prima senza pistola, poi senza proiettili), ma cmq non vi pestiamo a sangue come era ben facile fare (e come loro avrebbero fatto, senza dubbio). bello spot a favore dei manifestanti, se questo fosse lo spirito vincerebbero 10-1
- napolitano: mi sembra ormai entrato in versione cossiga. 2 settimane fa dopo che la lega ha chiesto il ritiro dalla libia e' intervenuto dicendo che l'italia deve rispettare i suoi obblighi internazionali!?! ma chi lo dice? parlamento sovrano, lui deve star zitto e rispettare la volonta' sovrana delle camere, la norvegia che in guerra come l'italia c'era andata si e' ritirata dopo 5 giorni, non hanno obblighi loro? e oggi si scomoda per condannare le violenze.. e invece quando i poliziotti han massacrato a botte dei cittadini innocenti, non ha mai sentito la necessita' di dir qualcosa? sara' sto vecchio riflesso di sti vecchi comunisti carristi che sostenevano l'armata rossa quando sparava per le strade
-dulcis
in fundo, pd: benissimo condannare la violenza ma solidarieta' incondizionata
alle forze dell'ordine che sparano ad altezza uomo i lacrimogeni, i am sorry,
sono i soliti...quelli che scappavano da genova, quelli che non hanno mai il
coraggio di denunciare le violenze del potere
TESTA
mi
sembra giusto quello che scriveva Nicola: si sapeva che ci potevano essere
molti casini, e perché non si è fatto nulla (o al massimo molto poco) per
fermare preventivamente costoro?? Grande vulnus, sempre quello poi, delle forze
di polizia e di intelligence. Ci sono delle connivenze, degli infiltrati come
fu a Genova? Che la magistratura indaghi. Ma nel momento dello scontro, in quei
modi e dopo tutto il tempo, le varie elezioni e le tante discussioni fatte,
un'autorità deve agire. Nel caso anche utilizzando la forza. Hanno sparato ad
altezza uomo? Tutte da verificare chi ha cominciato. Per questo, ripeto, c'é la
magistratura. Ma il giudizio politico deve essere chiaro: la manifestazione
della mattina è andata bene (si può essere d'accordo o meno, ma non ci sono
stati casini), quell'altra no. E alla violenza non si può non rispondere. Perché
anche i "combattenti" hanno lanciato cose, e a quanto pare non solo
sassi e bastoni.
Concordo sulla ambiguità degli allora DS su G8 di Genova: vado o non vado..... vado, ma poi c'é casino quindi non vado più. Non dovevano andare fin da subito, perché le premesse di molti (e chi allora frequentava tute bianche ecc se lo deve ricordare) erano di andare là e fare a botte.
Concordo sulla ambiguità degli allora DS su G8 di Genova: vado o non vado..... vado, ma poi c'é casino quindi non vado più. Non dovevano andare fin da subito, perché le premesse di molti (e chi allora frequentava tute bianche ecc se lo deve ricordare) erano di andare là e fare a botte.
NICOLA
Noto
un doppiopesismo insopportabile. cioe' per condannare le violenze bastano i
titoli di repubblica, per verificare le eventuali responsabilita' della polizia
aspettiamo pure la magistratura. eh no. se aspettiamo la magistratura
l'aspettiamo anche per condannare la manifestazione violenta, visto che, dici
tu, non sappiamo chi ha iniziato. visto che, dici tu, a violenza si risponde (e
questo vale anche senza dubbio contro un poliziotto che ti picchia a sangue).
su genova, davvero un peccato che tu abbia la memoria cosi' corta o ti sia
informato cosi' male da arrivare a sostenere cose che solo scajola e fini ormai
sostengono. di chi era l'intenzione di molti di fare a botte? delle tute
bianche con gli scudi di gommapiuma? di quel corteo finito nel sangue il
venerdi non perche' il corteo abbia attaccato chissa' chi ma perche' un
battaglione della celere fu mandato allo sbaraglio su una strada laterale che
incrociava la manifestazione? perche' nessuno, allora, pure tra i manifestanti
piu' esagitati (casarini&c) cerco' lo scontro, tant'e' che nessuna tuta
bianca fu ferita o coinvolta.
mentre i black block c'erano (e non erano tra gli organizzatori, non rilasciavano comunicati stampa, etc etc), pieni di poliziotti come tutti i filmati dimostrano ampiamente, e sono stati lasciati scorazzare al carcere di marassi per 2 ore prima che mandassero la polizia. e non c'entravano nulla coi manifestanti, ne' con la loro supposta voglia di fare a botte.
mentre i black block c'erano (e non erano tra gli organizzatori, non rilasciavano comunicati stampa, etc etc), pieni di poliziotti come tutti i filmati dimostrano ampiamente, e sono stati lasciati scorazzare al carcere di marassi per 2 ore prima che mandassero la polizia. e non c'entravano nulla coi manifestanti, ne' con la loro supposta voglia di fare a botte.
TESTA
I
carabienieri (o l'esercito, insomma...) hanno dovuto reagire davanti a una
reazione violenta. Perché magistratura e forze dell'ordine sono parti
fondamentali dello Stato. Poi se in Val Susa ci sono stati degli errori, delle
connivenze, delle infiltrazioni ecc.. come per la Diaz (ritorsione gratuita,
barbara ed ingiustificata), allora sarà compito della magistratura
eventualmente accertare e punire. Sul fatto contingente di ieri, massima
chiarezza. Sulle dinamiche più generali, meglio vederci più chiaro. Ad esempio,
mi aspetterei che una seria reazione politica fosse quella di indagare da dove
sono venuti sti black block, perché non siano stati fermati prima, perché non
si è voluto chiudere (o controllare molto meglio) la frontiera con la Francia,
dove siano andati a finire ora.... se in mezzo a loro c'era degli infiltrati
ecc..... Un discorso di altro tipo mi pare molto simile invece al rito ultrà
"polizia boia"
ALESSANDRO
A me pare che ci sia qualcosa di preoccupantemente somigliante tra la grecia, la val di susa, + in generale l’europa burocratico-monetaria che si e’ venuta delineando.
Pur nella specificita’ delle situazioni, il denominatore comune e’ lo scollamento tra cittadini, realtà e comunità locali (cioè la vita as experienced by the people) e istituzioni in teoria dedicate a rappresentare e esprimere la volontà popolare. Pare a me che siamo di fronte a una crisi molto grave della democrazia liberale rappresentativa che e’ stato il modello egemonico e dominante x molti decenni.
Il parlamento greco si e’ svenduto ignobilmente limitandosi a ratificare decisioni prese altrove, e rinunciando a una propria sovranita’.
In questa maniera, ha svenduto anche il popolo che rappresenta e svuotato di significato l’istituzione democratica in sé.
Mi domando: di chi e’ la violenza? Di chi svende il futuro di due generazioni o di chi, senza avere colpe sostanziali si sente espropriato del proprio futuro e non ha altri mezzi x esprimere il proprio sdegno e disperazione che (provare a) tirare due sassate ai propri indegni rappresentanti?
E non mi venite a raccontare che in piazza a protestare c’erano gli evasori fiscali responsabili della crisi.
La violenza e’ sempre sbagliata … puo’ darsi … ma non posso non rimarcare la vacuita’ di tale affermazione.
Che significa? E soprattutto, perche’ si riconosce, si stigmatizza e si accusa sempre e solo la violenza di chi reagisce x disperazione
senza avere altri canali x esprimersi, mente nessuna si indigna mai della violenza spesso gratuita dei governi o delle numerose frange di polizia che si comportano come hooligans?
(Plaza Catalunya o le distruzioni delle tende in Val Susa, Genova o le manifestazioni di londra, i morti in carcere o in centrale, gli esempi sono infiniti)
Devo dirlo chiaramente: questo indignarsi a comando della cosiddetta sinistra appena vola il mattone di un disperato, mentre non vi fa nessun effetto la violenza di chi ha armato la mano di quel disperato, forse dovrebbe spingervi a rivalutare la vostra area di appartenenza ideologica.
Perche’ ognuno puó stare dove gli pare, ma se nel confronto tra dei cittadini che difendono il loro territorio da uno scempio senza senso e la polizia che gli spara a altezza d’uomo, voi (come il pd e come napolitano) vi indignate soprattutto x i primi, beh, forse e’ il caso di rivedere le etichette che ci appiccichiamo addosso.
Lo slogan “violenza mai” e’ vuoto e falso, e soprattutto ve ne ricordate solo in certe occasioni.
Perche’ fatemi capire: sta gente della val di susa, sostenuta e accompagnata da tutte le amministrazioni locali, che scelte ha x evitare di bucare un monte e riempire una valle di amianto x risparmiare 30 minuti nel traffico merci di una direttrice secondaria?
Se fosse casa mia, probabilmente due mattoni li tirerei anch’io, senza sentirmi violento, ma caso mai disperato.
Poi benissimo, i black blocks non c’entrano con la protesta, vengono solo a fare casino, ma non si sa com’e’ riescono sempre ad arrivare nel cuore delle operazioni.
Non facciamo dietrologia ma a me pare tanto che sto centinaio di scalmanati faccia un gran comodo x giusticare repressioni ben + efferate.
Ma cmq, rimane il discorso politico. Se quello che vi scandalizza e’ un mattone di un disperato e non lo svuotamento del senso delle istituzioni democratiche, non la violenza pianificata delle misure del fondo che distruggono la voglia di sperare di un paese, non la violenza organizzata degli hooligans in divisa cui assistiamo con regolare puntualita’, credo semplicemente che il vostro sentire sia troppo lontano dal mio. E fatico anche un po’ a capire xché dovremmo considerarlo di sinistra.
A me pare che ci sia qualcosa di preoccupantemente somigliante tra la grecia, la val di susa, + in generale l’europa burocratico-monetaria che si e’ venuta delineando.
Pur nella specificita’ delle situazioni, il denominatore comune e’ lo scollamento tra cittadini, realtà e comunità locali (cioè la vita as experienced by the people) e istituzioni in teoria dedicate a rappresentare e esprimere la volontà popolare. Pare a me che siamo di fronte a una crisi molto grave della democrazia liberale rappresentativa che e’ stato il modello egemonico e dominante x molti decenni.
Il parlamento greco si e’ svenduto ignobilmente limitandosi a ratificare decisioni prese altrove, e rinunciando a una propria sovranita’.
In questa maniera, ha svenduto anche il popolo che rappresenta e svuotato di significato l’istituzione democratica in sé.
Mi domando: di chi e’ la violenza? Di chi svende il futuro di due generazioni o di chi, senza avere colpe sostanziali si sente espropriato del proprio futuro e non ha altri mezzi x esprimere il proprio sdegno e disperazione che (provare a) tirare due sassate ai propri indegni rappresentanti?
E non mi venite a raccontare che in piazza a protestare c’erano gli evasori fiscali responsabili della crisi.
La violenza e’ sempre sbagliata … puo’ darsi … ma non posso non rimarcare la vacuita’ di tale affermazione.
Che significa? E soprattutto, perche’ si riconosce, si stigmatizza e si accusa sempre e solo la violenza di chi reagisce x disperazione
senza avere altri canali x esprimersi, mente nessuna si indigna mai della violenza spesso gratuita dei governi o delle numerose frange di polizia che si comportano come hooligans?
(Plaza Catalunya o le distruzioni delle tende in Val Susa, Genova o le manifestazioni di londra, i morti in carcere o in centrale, gli esempi sono infiniti)
Devo dirlo chiaramente: questo indignarsi a comando della cosiddetta sinistra appena vola il mattone di un disperato, mentre non vi fa nessun effetto la violenza di chi ha armato la mano di quel disperato, forse dovrebbe spingervi a rivalutare la vostra area di appartenenza ideologica.
Perche’ ognuno puó stare dove gli pare, ma se nel confronto tra dei cittadini che difendono il loro territorio da uno scempio senza senso e la polizia che gli spara a altezza d’uomo, voi (come il pd e come napolitano) vi indignate soprattutto x i primi, beh, forse e’ il caso di rivedere le etichette che ci appiccichiamo addosso.
Lo slogan “violenza mai” e’ vuoto e falso, e soprattutto ve ne ricordate solo in certe occasioni.
Perche’ fatemi capire: sta gente della val di susa, sostenuta e accompagnata da tutte le amministrazioni locali, che scelte ha x evitare di bucare un monte e riempire una valle di amianto x risparmiare 30 minuti nel traffico merci di una direttrice secondaria?
Se fosse casa mia, probabilmente due mattoni li tirerei anch’io, senza sentirmi violento, ma caso mai disperato.
Poi benissimo, i black blocks non c’entrano con la protesta, vengono solo a fare casino, ma non si sa com’e’ riescono sempre ad arrivare nel cuore delle operazioni.
Non facciamo dietrologia ma a me pare tanto che sto centinaio di scalmanati faccia un gran comodo x giusticare repressioni ben + efferate.
Ma cmq, rimane il discorso politico. Se quello che vi scandalizza e’ un mattone di un disperato e non lo svuotamento del senso delle istituzioni democratiche, non la violenza pianificata delle misure del fondo che distruggono la voglia di sperare di un paese, non la violenza organizzata degli hooligans in divisa cui assistiamo con regolare puntualita’, credo semplicemente che il vostro sentire sia troppo lontano dal mio. E fatico anche un po’ a capire xché dovremmo considerarlo di sinistra.
NICOLA
maroni
chiede che i "teppisti" vengano processati per tentato omicidio. ok.
pero' vale anche per i poliziotti, vero? o li assolviamo/amnistiamo/condanniamo
per finta modello bolzaneto/diaz?
inevitabile che per qualsiasi formazione politca non dico di sinitra ma che si voglia definire democratica, in cima al programma, dopo la parte economica e ben prima di riforme elettorali/istituzionali ci sia una immediata riforma del sistema di pubblica sicurezza in italia, a partire dall'abolizione dei carabinieri (c'e' gia' la polizia e hanno fondamentalmente le stesse funzioni) e da un controllo democratico sulle forze (gia' il fatto di togliere i militari/carabinieri e di avere civili un po' aiuta), dalle telecamere in tutte le stanze della questura monitorate da esterni (possibilmente ong), alle sanzioni aggravatissime per crimini commessi in servizio, all'inserimento di una sanzione esemplare per l'omissione di intervento (se un poliziotto non interviene per fermare un commilitone che picchia senza ragione deve essere giudicato piu' o meno come se avesse picchiato)
poi con una polizia legittimata e democratica possiamo avere un po' piu' di credibilita' nel reprimere i facinorosi e i violenti. ma in un paese in cui una larga parte del popolazione identifica i facinorosi e i violenti con quelli in divisa, che credibilita', che legittimita' puo' avere lo stato o il suo ministro che chiede carcere duro x chi fa a botte durante le manifestazioni?
inevitabile che per qualsiasi formazione politca non dico di sinitra ma che si voglia definire democratica, in cima al programma, dopo la parte economica e ben prima di riforme elettorali/istituzionali ci sia una immediata riforma del sistema di pubblica sicurezza in italia, a partire dall'abolizione dei carabinieri (c'e' gia' la polizia e hanno fondamentalmente le stesse funzioni) e da un controllo democratico sulle forze (gia' il fatto di togliere i militari/carabinieri e di avere civili un po' aiuta), dalle telecamere in tutte le stanze della questura monitorate da esterni (possibilmente ong), alle sanzioni aggravatissime per crimini commessi in servizio, all'inserimento di una sanzione esemplare per l'omissione di intervento (se un poliziotto non interviene per fermare un commilitone che picchia senza ragione deve essere giudicato piu' o meno come se avesse picchiato)
poi con una polizia legittimata e democratica possiamo avere un po' piu' di credibilita' nel reprimere i facinorosi e i violenti. ma in un paese in cui una larga parte del popolazione identifica i facinorosi e i violenti con quelli in divisa, che credibilita', che legittimita' puo' avere lo stato o il suo ministro che chiede carcere duro x chi fa a botte durante le manifestazioni?
MATTEO
Quindi
Alessandro da la seguente, triplice, chiave di lettura:
la val di susa è uno scempio. con buona pace del mondo che avanza.
i violenti sono tutti dei poveri disperati che vanno giustificati, capiti, compresi.
e i black block sono armati dai governi per giustificare le repressioni.
Il problema alessandro è che non ci sarai mai dialettica costruttiva nè crescita finché si userà il paraocchi da una parte e dall'altra. il mio relativismo sarà strasuperato ma o iniziamo a ragionare facendo dei distinguo e dei passi indietro o non si va da nessuna parte.
la val di susa è uno scempio. con buona pace del mondo che avanza.
i violenti sono tutti dei poveri disperati che vanno giustificati, capiti, compresi.
e i black block sono armati dai governi per giustificare le repressioni.
Il problema alessandro è che non ci sarai mai dialettica costruttiva nè crescita finché si userà il paraocchi da una parte e dall'altra. il mio relativismo sarà strasuperato ma o iniziamo a ragionare facendo dei distinguo e dei passi indietro o non si va da nessuna parte.
MONICA
Rispondo
con questo video, dolorosissimo.
Con questo è impossibile non capire. La dialettica implica l'intervento di almeno due parti.
http://www.youtube.com/watch?v=kjB2QEcp0dU&feature=player_embedded
Con questo è impossibile non capire. La dialettica implica l'intervento di almeno due parti.
http://www.youtube.com/watch?v=kjB2QEcp0dU&feature=player_embedded
TESTA
Onestamente
io ci vedo tanta ideologia. La signora è certamente in buona, buonissima fede,
e ha tante ragioni. Ma dire che, ad esempio, se in tanti "hanno mangiato
sulla Salerno-Reggio Calabria" con scandali e lobby, allora (a quanto
emerge) non si dovrebbe fare o si dovrebbe fermare..... non so.....
Qui ci sono decisioni di più governi, di più Stati, di istituzioni europee ecc, i cittadini (della valle, della provincia, della regione, del paese) hanno votato più volte. Sono anni che si discute di questo. Ci sono pareri contrastanti, come su tutte le cose. Ma prima o poi la decisione ci deve essere!
Si parla spesso di democrazia. Ma cosa è davvero? Chi è più democratico di chi, o più intitolato di chi? Le decisioni degli Stati non contano? Contano soltanto quelle delle piccole comunità locali "contro"? Mah, davvero, un paese così parcellizzato e sempre più diviso secondo me non ha futuro..
Qui ci sono decisioni di più governi, di più Stati, di istituzioni europee ecc, i cittadini (della valle, della provincia, della regione, del paese) hanno votato più volte. Sono anni che si discute di questo. Ci sono pareri contrastanti, come su tutte le cose. Ma prima o poi la decisione ci deve essere!
Si parla spesso di democrazia. Ma cosa è davvero? Chi è più democratico di chi, o più intitolato di chi? Le decisioni degli Stati non contano? Contano soltanto quelle delle piccole comunità locali "contro"? Mah, davvero, un paese così parcellizzato e sempre più diviso secondo me non ha futuro..
NICOLA
giusto
tirare in ballo la democrazia, ma qui chi ha deciso di fare sta cosa? si e'
votato? non solo in valle, ma su tutte queste infrastrutture che determinano un
certo tipo di sviluppo (quindi, di futuro) del paese, chi prende le decisioni
in base a cosa? ti hanno mai interpellato, si e' mai fatto un dibattito? MAI
e non mi dire per favore che non si vota su un tunnel. si vota almeno su una visione di paese, non credi?
se questa e' democrazia, un gruppo di burocrati europei NON eletti da nessuno decidono che una cosa s'ha da fare, se un gruppo di ministeriali italiani decide senza discutere, se un governo impone senza coinvolgere i cittadini nel decision-making, allora mi spiace, mi trovo d'accordo con ale...questa non e' e non puo' essere sinistra. e' la peggio tecnocrazia neo-liberista. che ricalca solamente il fascismo o se ti fa piu' piacere lo stalinismo (chiedi agli uzbeki e i tagiki che fine ha fatto il grande progetto infrastrutturale di mettere a coltivazione di cotone le loro terre...e' sparito il piu;' grande lago del mondo...)
chi ha deciso che si passi di li? chi ha deciso che il tunnel deve essere fatto cosi? burocrati e imprese appaltatrici che ci lucrano. in italia la situazione e' pure peggiore, che sappiamo benissimo, da ligresti all'impregilo, come si fanno le grandi opere, per favorire chi e come. direi che basterebbe quello per cercare di rendere il processo piu' trasparente. ma anche fossimo in germania, non esiste proprio che ste idee non siano discusse preventivamente, con la popolazione della val di susa, con quella del piemonte, con quella dell'italia.
vogliamo un italia ad alta velocita'? puo' essere, discutiamone. qual'e' il vantaggio economico? oggi un delirante articolo della stampa sosteneva che la tav aumenta il pil dell'1.5%..... quindi se facciamo 4 buchi cresciamo piu' della germania? se ne facciamo 8 andamo piu' forte della cina? soprattutto, questa marea di soldi, come potrebbe essere spesa? in ricerca? in aumento della produttivita' che rilancia il paese non per una impresa unica ma a livello strutturale? rilanciano i consumi? aumentando le pensioni? ma non si era detto che non c'erano soldi? 14 miliardi di euro si trovano per un buco nella montagna mentre non ci sonpo per le pensioni e a scuola ci si porta la cartaigienica????
puo' benissimo essere (anche se non e', ma prontissimo a dibattere) che quella sia la maniera migliore di spendere quei milardi di euro. ma la democrazia e' esattamente decidere come vengono spesi i soldi pubblici. invece, no. e non mi importa che tutti i partiti in parlamento siano a favore della tav. fino a 4 mesi fa, il 90% dei partiti in parlamento, compreso il pd che salta sui carri in corsa verso la vittoria, erano a favore del nucleare. s'e' visot quanto rispettino la volonta' popolare - ti dice qualcoas questo termine riguardo la democrazia?
poi se, DOPO AVER CORRETTAMENTE INFORMATO I CITTADINI (uno dei requisiti di una vera democrazia, secondo dahl, che immagino tu pure possa condividere), questi si esprimono a favore dell'alta velocita' che, secondo quelli che la vogliono smaltirebbe il traffico di camion (peccato naturalemtne non si dica che esiste gia' il frejus, che gia' ora i treni merci sono piu;' veloci dei camion per portare le merci e che pero', stranamente sti treni non ci sono e i camion intasano la valle e questo dato da solo vale per squalificare l'intero progetto e per rendere nettissima la sensazione che sia l'ennesima speculazione a favore dei soliti noti con nessun ritorno per la popolazione e manco per il sistema paese), bene se quello dell'alta velocita' tra 2 citta' con pochisismi link economici, il famoso passante che mette in comunicazione lisbona con kiev (silvio dixit), e' quello che il paese vuole, allora benissimo, i val susini dovranno subire perche' l'interesse generale e' superiore a quello particolare.
per il momento, ivnece, l'interesse di 4 stronzi non eletti, burocrati o speculatorie, e' superiore all'unica forma di democrazia che si e' vista finora in val di susa, quella delle elezioni locali. e l'interesse della democrazia e' superiore a quella del profitto. questo nella mia idea di democrazia.
e non mi dire per favore che non si vota su un tunnel. si vota almeno su una visione di paese, non credi?
se questa e' democrazia, un gruppo di burocrati europei NON eletti da nessuno decidono che una cosa s'ha da fare, se un gruppo di ministeriali italiani decide senza discutere, se un governo impone senza coinvolgere i cittadini nel decision-making, allora mi spiace, mi trovo d'accordo con ale...questa non e' e non puo' essere sinistra. e' la peggio tecnocrazia neo-liberista. che ricalca solamente il fascismo o se ti fa piu' piacere lo stalinismo (chiedi agli uzbeki e i tagiki che fine ha fatto il grande progetto infrastrutturale di mettere a coltivazione di cotone le loro terre...e' sparito il piu;' grande lago del mondo...)
chi ha deciso che si passi di li? chi ha deciso che il tunnel deve essere fatto cosi? burocrati e imprese appaltatrici che ci lucrano. in italia la situazione e' pure peggiore, che sappiamo benissimo, da ligresti all'impregilo, come si fanno le grandi opere, per favorire chi e come. direi che basterebbe quello per cercare di rendere il processo piu' trasparente. ma anche fossimo in germania, non esiste proprio che ste idee non siano discusse preventivamente, con la popolazione della val di susa, con quella del piemonte, con quella dell'italia.
vogliamo un italia ad alta velocita'? puo' essere, discutiamone. qual'e' il vantaggio economico? oggi un delirante articolo della stampa sosteneva che la tav aumenta il pil dell'1.5%..... quindi se facciamo 4 buchi cresciamo piu' della germania? se ne facciamo 8 andamo piu' forte della cina? soprattutto, questa marea di soldi, come potrebbe essere spesa? in ricerca? in aumento della produttivita' che rilancia il paese non per una impresa unica ma a livello strutturale? rilanciano i consumi? aumentando le pensioni? ma non si era detto che non c'erano soldi? 14 miliardi di euro si trovano per un buco nella montagna mentre non ci sonpo per le pensioni e a scuola ci si porta la cartaigienica????
puo' benissimo essere (anche se non e', ma prontissimo a dibattere) che quella sia la maniera migliore di spendere quei milardi di euro. ma la democrazia e' esattamente decidere come vengono spesi i soldi pubblici. invece, no. e non mi importa che tutti i partiti in parlamento siano a favore della tav. fino a 4 mesi fa, il 90% dei partiti in parlamento, compreso il pd che salta sui carri in corsa verso la vittoria, erano a favore del nucleare. s'e' visot quanto rispettino la volonta' popolare - ti dice qualcoas questo termine riguardo la democrazia?
poi se, DOPO AVER CORRETTAMENTE INFORMATO I CITTADINI (uno dei requisiti di una vera democrazia, secondo dahl, che immagino tu pure possa condividere), questi si esprimono a favore dell'alta velocita' che, secondo quelli che la vogliono smaltirebbe il traffico di camion (peccato naturalemtne non si dica che esiste gia' il frejus, che gia' ora i treni merci sono piu;' veloci dei camion per portare le merci e che pero', stranamente sti treni non ci sono e i camion intasano la valle e questo dato da solo vale per squalificare l'intero progetto e per rendere nettissima la sensazione che sia l'ennesima speculazione a favore dei soliti noti con nessun ritorno per la popolazione e manco per il sistema paese), bene se quello dell'alta velocita' tra 2 citta' con pochisismi link economici, il famoso passante che mette in comunicazione lisbona con kiev (silvio dixit), e' quello che il paese vuole, allora benissimo, i val susini dovranno subire perche' l'interesse generale e' superiore a quello particolare.
per il momento, ivnece, l'interesse di 4 stronzi non eletti, burocrati o speculatorie, e' superiore all'unica forma di democrazia che si e' vista finora in val di susa, quella delle elezioni locali. e l'interesse della democrazia e' superiore a quella del profitto. questo nella mia idea di democrazia.
TESTA
Sono
davvero ammirato da questo insieme di certezze cristalline e incrollabili che
avete su qualsiasi argomento. L'Europa è governata da tanti burocrati, ma anche
da decisioni politiche, come ad esempio i corridoi sulle infrastrutture, prese
da governi eletti. Che devono essere ratificate da tutti i paesi. Che anche la
Francia (cha da tempo ha cominciato a scavare) non abbia futuro? Certo, ci sono
le lobby, ma ci sono per fortuna anche le opinoni pubbliche. Come noi. Mi pare
di ricordare che diverse elezioni comunali (a Torino e non solo), provinciali e
regionali in Piemonte abbiano avuto anche la TAV fra i temi di dibattito.
Burocrati lobbisti anche lì?
Prima vivevo in campagna. Ora in centro in una grande città, piena di traffico e smog. Posso temere per la mia salute e quella dei miei vicini. Questo mi fa incazzare parecchio, per il disordine e il caos, ma non per questo decido di ritirarmi a Nomadelfia a fare il contadino.
E poi, en passant, può essere che alcuni (forse pochi, ma.... chissà...) di costoro che protestano in nome di splendidi ideali di tutela dell'ecosistema e di salvaguardia della salute siano anche poi quelli che, tornati alla vita quotidiana, siano quelli che al bar, allo chalet, al ristorante, alla visita medica, all'officina del meccanico siano quelli che, talvolta, non facciano scontrino fiscale o fattura.
E quindi, lo ripeto, io ci andrei piano prima di sentenziare sempre e comunque su tutto e tutti.
Prima vivevo in campagna. Ora in centro in una grande città, piena di traffico e smog. Posso temere per la mia salute e quella dei miei vicini. Questo mi fa incazzare parecchio, per il disordine e il caos, ma non per questo decido di ritirarmi a Nomadelfia a fare il contadino.
E poi, en passant, può essere che alcuni (forse pochi, ma.... chissà...) di costoro che protestano in nome di splendidi ideali di tutela dell'ecosistema e di salvaguardia della salute siano anche poi quelli che, tornati alla vita quotidiana, siano quelli che al bar, allo chalet, al ristorante, alla visita medica, all'officina del meccanico siano quelli che, talvolta, non facciano scontrino fiscale o fattura.
E quindi, lo ripeto, io ci andrei piano prima di sentenziare sempre e comunque su tutto e tutti.
NICOLA
Mi
pare che anche tu abbia le tue certezze, cioe' che le decisioni dei governi
debbano essere piu' importanti di quelle delle comunita' locali
il
processo decisionale europeo e' la cosa piu' opaca che esista a sto mondo e
insieme alla cosiddetta indipendenza delle banca centrale e' la cosa che piu'
di ogni altra ha svuotato la nostra democrazia di quasi tutti i suoi
significati. ti richiedo, hai votato sulla tav? mi par di no. dici che a torino
han votato sulla tav? puo' essere, ma se ti va il parere di un torinese vale
come il mio, o se pensi che valga di piu' allora vale infitamente meno di
quello di un val susino. inoltre, lo chiedo di nuovo, c'e' stata corretta
informazione sulla cosa? ti han detto perche' la fanno? quello che costa?
quello che paghiamo? quello cui rinunciamo per avere i treni merci ad alta
velocita'?
a me non pare ste cose sian state discusse e non puoi veramente accusarmi di essere uno che vuole andare a nomadelfia. in italia l'interesse generale vale solo quando ci sono da bastonare i poveracci, gli studenti, gli operai o i contadini, ma non si chiede il reato di sciaccallaggio, affamamento della popolazione per gli evasori fiscali ne' si usano i lacrimogeni contro i tassisti. qui parliamo di scelte strategiche, io penso che 14 miliardi di euro servano per tutta l'economia e non per ingrassare pochi oligarchi, penso che il problema dei treni pendolari venga prima della torino-lione (non della milano-roma, ci tengo molto a sottolinearlo, della torino lione a cui circa 59 milioni di italiani non viene in tasca nulla mentre dalla risoluzione dei problemi delle ferrovie regionali - che 14 miliardi farebbero nuove, in orario, rimesse a lucido manco fossimo a stoccolma - interessa mas o meno una ventina di milioni di persone everyday on the move. penso anche, certo, che abbiamo una responsabilita' verso il mondo che viene dopo di noi e quindi non gli voglio lasciare le scorie nucleari e manco montagne senza acqua - come immagino tu sappia la tav al mugello ha desertificato la collina perche' i corsi d'acqua sono spariti coi buchi fatti alla cazzo di cane. sono per il progresso ma un progresso sostenibile, perche' se continuiamo a consumare all';infinito non ci possiamo poi lamentare se 1.4 miliardi di cinesi vogliano fare lo stesso e distruggano il pianeta.
a me non pare ste cose sian state discusse e non puoi veramente accusarmi di essere uno che vuole andare a nomadelfia. in italia l'interesse generale vale solo quando ci sono da bastonare i poveracci, gli studenti, gli operai o i contadini, ma non si chiede il reato di sciaccallaggio, affamamento della popolazione per gli evasori fiscali ne' si usano i lacrimogeni contro i tassisti. qui parliamo di scelte strategiche, io penso che 14 miliardi di euro servano per tutta l'economia e non per ingrassare pochi oligarchi, penso che il problema dei treni pendolari venga prima della torino-lione (non della milano-roma, ci tengo molto a sottolinearlo, della torino lione a cui circa 59 milioni di italiani non viene in tasca nulla mentre dalla risoluzione dei problemi delle ferrovie regionali - che 14 miliardi farebbero nuove, in orario, rimesse a lucido manco fossimo a stoccolma - interessa mas o meno una ventina di milioni di persone everyday on the move. penso anche, certo, che abbiamo una responsabilita' verso il mondo che viene dopo di noi e quindi non gli voglio lasciare le scorie nucleari e manco montagne senza acqua - come immagino tu sappia la tav al mugello ha desertificato la collina perche' i corsi d'acqua sono spariti coi buchi fatti alla cazzo di cane. sono per il progresso ma un progresso sostenibile, perche' se continuiamo a consumare all';infinito non ci possiamo poi lamentare se 1.4 miliardi di cinesi vogliano fare lo stesso e distruggano il pianeta.
che
poi tu insinui che siano i valsusini a non pagare le tasse (hai delle prove?
dei riscontri? dei numeri?) quando invece sappiamo per certo da inchieste della
magistratura e da condanne che impregilo e soci sono evasori fiscali, collusi
con la mafia al sud, che han costruito case con la sabbia di mare all'aquila e
non sono, NO LORO NO, inquisiti per tentato (anzi, realizzato) omicidio, beh,
mi fa sorridere. il tuo sara' un dubbio basato su nulla, il mio certezza basato
sulla storia.
e no, non mi fido di questo stato che prende queste decisioni senza coinvolgermi. non di uno stato che ha salvato la fiat ma non ne salva i lavoratori, non di uno stato per decenni colluso con la mafia, non di uno stato che fa i condoni, non di uno stato che fa rientrare i capitali con lo scudo fiscale, non di uno stato che ha coperto gli alleati franco-americani che hanno ucciso 81 persone a ustica, non di uno stato che finanziava chi metteva le bombe (eh si, certo, eran 30 anni fa, peccato che dopo 30 anni nessuno di questo stato ci abbia ancora detto la verita', quindi e' tuttora colluso coi bombaroli). ne' mi fido di una europa che per salvare le banche tedesche e spagnole affama milioni di greci. li', pensa te, l'han deciso in 24 e costretto il 25esimo ad accettare, altro che solo la francia come partner del tunnel. non mi interessa di cosa fa la francia, la germania, il lussemburgo. mi importa che il mio paese - quello dei disastri ambientali, dello stupro di palermo, degli ecomostri, delle case dell'aquila che cadono quando il lupo ezechiele soffia forte - si dia una prospettiva di crescita, di utilizzo intelligente dei pochi soldi che ha, di salvaguardia del suo ambiente che e' uno degli asset strategici che abbiamo. poi, se decideremo che la tav lione-torino e' indispensabile, accettero' la decisione. ma questo per il momento non l'han deciso gli italiani. qui non sono gli itneressi di pochi contro gli interessi di tutti, sono gli interessi privati di pochissimi che formano le decisioni strategiche.
e no, non mi fido di questo stato che prende queste decisioni senza coinvolgermi. non di uno stato che ha salvato la fiat ma non ne salva i lavoratori, non di uno stato per decenni colluso con la mafia, non di uno stato che fa i condoni, non di uno stato che fa rientrare i capitali con lo scudo fiscale, non di uno stato che ha coperto gli alleati franco-americani che hanno ucciso 81 persone a ustica, non di uno stato che finanziava chi metteva le bombe (eh si, certo, eran 30 anni fa, peccato che dopo 30 anni nessuno di questo stato ci abbia ancora detto la verita', quindi e' tuttora colluso coi bombaroli). ne' mi fido di una europa che per salvare le banche tedesche e spagnole affama milioni di greci. li', pensa te, l'han deciso in 24 e costretto il 25esimo ad accettare, altro che solo la francia come partner del tunnel. non mi interessa di cosa fa la francia, la germania, il lussemburgo. mi importa che il mio paese - quello dei disastri ambientali, dello stupro di palermo, degli ecomostri, delle case dell'aquila che cadono quando il lupo ezechiele soffia forte - si dia una prospettiva di crescita, di utilizzo intelligente dei pochi soldi che ha, di salvaguardia del suo ambiente che e' uno degli asset strategici che abbiamo. poi, se decideremo che la tav lione-torino e' indispensabile, accettero' la decisione. ma questo per il momento non l'han deciso gli italiani. qui non sono gli itneressi di pochi contro gli interessi di tutti, sono gli interessi privati di pochissimi che formano le decisioni strategiche.
aggiungo
un paio di cose:
-
la modernita', il progresso, e' ipso facto un valore? io penso che tu, da
bolognese, pur espatriato come me, should know better. guardiamo al civis.
civis piu' veloce dei bus, civis teoricamente importante ed indispensabile
perche' la citta' e' congestionata e bisogna fornire nuove forme di trasporto,
piu' rapide, piu' efficienti. ebbene? la realta' e' che il civis e' inefficiente,
che ora manco lo famo piu', che si son buttati via soldi su soldi per mettere
sta fibra ottica mentre sti autobus giganti pure pericolosi, sono ancora in
magazzino. il tutto dando per garantito che l'amministrazione di bologna,
compresa quella guazzaloca, e' in media piu' onesta di quella dello stato
centrale, e che, a prescidnere, il controllo esercitato dai cittadini sulle
amministrazioni locali e' molto piu' pregnante (e cio' nonostante ora ci sono
indaganti perche' c'e' il rischio che sotto sotto ci sia una storia di mazzette
e di lobby anche li'). ma hanno raccontato un sacco di panzane, hanno nascosto
- a volte per malizia, a volte per ignoranza - i veri problemi - e le possibili
alternative, soprattutto. i comitati di cittadini dubbiosi son stati trattati
alla stregua di imbecilli (e pure io pensavo lo fossero), salvo poi far venire
al pettine tutti i nodi. ora si rifa' lo stesso gioco col people mover (la
cabinovia che porterebbe i passeggeri dalla stazione all'aeroporto). costi
subito lievitati cosi' come i tempi di costruzione, gestione in mano ai privati
senza rischio di impresa che se non fanno abbastanza soldi la differenza la
caccia il comune. il tutto con una linea ferroviaria gia' esistente che ha una
sua stazione a 500 metri 500 dall'aeroporto e che, se proprio si vuoel, si
potrebbe pure deviare dentro l'aeroporto con una bretellina spendendo un
trentesimo di costruire il people mover. ma non si fa, come mai? cosi' come in
val di susa non si rinforza il passaggio sotto il frejus..
- i cittadini piemontesi han votato (anche) sulla tav. e' in realta' piuttosto falso e fuorviante. i cittadini piemontesi e torinesi hanno votato come sempre in italia pro o contro berlusconi, sotto l'eterno ricatto se non mi voti arriva belzebu'. e infatti quelli che hanno messo al primo posto la tav e non berlusconi (il 6% dei piemontesi che han votato grillo) son stati additati come utili idioti, imbecilli, etc etc... la realta' e' che non si e' mai votato su queste scelte dirimenti - e non solo la tav, il ponte sullo stretto, il mose, etc etc.. ma sempre e solo sulla questione generale "sinistra che mette le mani in tasca agli italiani", "berlusconi ladro mafioso e ora pure pedofilo" (tutte cose che mi pare per altro sia). e posso pure capire che il principale problema sia, al momento, quello. ma penso pure che la migliore soluzione sia invece ricostruire una democrazia - a destra, a sinistra, al centro - coinvolgendo i cittadini sulle scelte vere che riguardano la loro vita: il nucleare, la tav, le pensioni, i salari, le tasse. dando, appunto, una corretta informazione che aiuti a formare una opinione - che puo' essere come la tua o come la mia ma sia basata su una certa consapevolezza (che non c'e' sulla tav, non c'e' sul civis, non c'e' su nulla)
- chiudo con una chiosa sulle cristallien certezze; a me pare che io, ale, monica stiamo dicendo circa l'opposto della cristallina certezza. La tav non ha convinto, va spiegata per bene e per meglio, van dette tutte le cose - dai danni dell'amianto, alla necessita' reale della ferrovia, a che grado di integrazione economica c'e' tra italia e francia e spagna e che benefici ne avrebbero davvero le nostre imprese e quanto invece sarebbero svantaggiate da un trneo che ci mette addirittura mezzora di piu' per arrivare a lione, fino appunto alle altrnative economiche di quella spesa. Non abbiamo nessuna certezza in tasca ma non siamo convinti, per la storia che c'e' dietro, per la geografia che c'e' di fianco, per l'economia che tutto pervade, che quella sia la giusta soluzione. Tu invece, al contrario, mi pari mosso da cristallina e grantica certezza: qualcuno lassu' ha deciso e visto che e' lassu' deve aver fatto sicuramente bene e quindi basta chiacchere e buchiamo. consiglierei dunque a te di coltivare la stessa arte del dubbio e della criticita' che mi pare l'essenza della cittadinanza consapevole
- i cittadini piemontesi han votato (anche) sulla tav. e' in realta' piuttosto falso e fuorviante. i cittadini piemontesi e torinesi hanno votato come sempre in italia pro o contro berlusconi, sotto l'eterno ricatto se non mi voti arriva belzebu'. e infatti quelli che hanno messo al primo posto la tav e non berlusconi (il 6% dei piemontesi che han votato grillo) son stati additati come utili idioti, imbecilli, etc etc... la realta' e' che non si e' mai votato su queste scelte dirimenti - e non solo la tav, il ponte sullo stretto, il mose, etc etc.. ma sempre e solo sulla questione generale "sinistra che mette le mani in tasca agli italiani", "berlusconi ladro mafioso e ora pure pedofilo" (tutte cose che mi pare per altro sia). e posso pure capire che il principale problema sia, al momento, quello. ma penso pure che la migliore soluzione sia invece ricostruire una democrazia - a destra, a sinistra, al centro - coinvolgendo i cittadini sulle scelte vere che riguardano la loro vita: il nucleare, la tav, le pensioni, i salari, le tasse. dando, appunto, una corretta informazione che aiuti a formare una opinione - che puo' essere come la tua o come la mia ma sia basata su una certa consapevolezza (che non c'e' sulla tav, non c'e' sul civis, non c'e' su nulla)
- chiudo con una chiosa sulle cristallien certezze; a me pare che io, ale, monica stiamo dicendo circa l'opposto della cristallina certezza. La tav non ha convinto, va spiegata per bene e per meglio, van dette tutte le cose - dai danni dell'amianto, alla necessita' reale della ferrovia, a che grado di integrazione economica c'e' tra italia e francia e spagna e che benefici ne avrebbero davvero le nostre imprese e quanto invece sarebbero svantaggiate da un trneo che ci mette addirittura mezzora di piu' per arrivare a lione, fino appunto alle altrnative economiche di quella spesa. Non abbiamo nessuna certezza in tasca ma non siamo convinti, per la storia che c'e' dietro, per la geografia che c'e' di fianco, per l'economia che tutto pervade, che quella sia la giusta soluzione. Tu invece, al contrario, mi pari mosso da cristallina e grantica certezza: qualcuno lassu' ha deciso e visto che e' lassu' deve aver fatto sicuramente bene e quindi basta chiacchere e buchiamo. consiglierei dunque a te di coltivare la stessa arte del dubbio e della criticita' che mi pare l'essenza della cittadinanza consapevole
MATTEO
Sono
d'accordo con Michele. Non si possono avere sempre certezze cristalline su
tutto, tirare una riga netta tra quel che è giusto e quel che è sbagliato. Eppure
nel mio approccio al ragionamento, quello sul merito è già uno step successivo.
La TAV è giusta o sbagliata? Ci sono dei motivi per ritenere che serva e dei motivi per essere contrari, benissimo che se ne parli. Ma a monte io sto contestando la giustificazione della violenza, come se ogni forma di violenza contro il potere fosse da vedere con benevolenza, perché "poverini" sono esasperati.
A Perugia, tanto per fare un esempio un po' provincialotto, siamo esasperati dall'avere una città universitaria che però ha i prezzi del trasporto pubblico più cari d'Italia (1 euro e 50 a corsa), in cui le strisce blu costano come a positano e il doppio che a roma (2,50 all'ora), siamo esasperati dal vivere in un centro in cui lo spaccio a cielo aperto è diventata la norma. Esasperati. Ci sono ristoranti e negozi che chiudono per questo. Ma a nessuno è ancora venuto in mente di prendere a sprangate il portone del Comune. E per quanto l'esasperazione parta da premesse condivisibili la deriva violenta va condannata tout court, senza se e senza ma. Su questo non si può transigere.
Sui black block torno a ripetere: c'è sicuramente chi strumentalizza e chi ci specula e, per quanto deprimente sia constatarlo, è altrettanto probabile che alla fin fine i loro raid facciano gioco al governo. Ma da qui a immaginarmi il ministero degli interni o i servizi segreti che li scatenano a chiamata... bè, francamente ce ne passa.
La TAV è giusta o sbagliata? Ci sono dei motivi per ritenere che serva e dei motivi per essere contrari, benissimo che se ne parli. Ma a monte io sto contestando la giustificazione della violenza, come se ogni forma di violenza contro il potere fosse da vedere con benevolenza, perché "poverini" sono esasperati.
A Perugia, tanto per fare un esempio un po' provincialotto, siamo esasperati dall'avere una città universitaria che però ha i prezzi del trasporto pubblico più cari d'Italia (1 euro e 50 a corsa), in cui le strisce blu costano come a positano e il doppio che a roma (2,50 all'ora), siamo esasperati dal vivere in un centro in cui lo spaccio a cielo aperto è diventata la norma. Esasperati. Ci sono ristoranti e negozi che chiudono per questo. Ma a nessuno è ancora venuto in mente di prendere a sprangate il portone del Comune. E per quanto l'esasperazione parta da premesse condivisibili la deriva violenta va condannata tout court, senza se e senza ma. Su questo non si può transigere.
Sui black block torno a ripetere: c'è sicuramente chi strumentalizza e chi ci specula e, per quanto deprimente sia constatarlo, è altrettanto probabile che alla fin fine i loro raid facciano gioco al governo. Ma da qui a immaginarmi il ministero degli interni o i servizi segreti che li scatenano a chiamata... bè, francamente ce ne passa.
NICOLA
il
paragone con perugia non mi sembra molto appropriato:
- se pg fa schifo puoi votare per cambiarla e non devi prenderla a sprangate. in val di susa invece no, han votato in massa contro la tav e la tav si fa lo stesso. permetterai che la situazione e' un bel po' diversa
- lo spaccio a cielo aperto e' diverso dal distruggere, fisicamente, casa tua. se ti vegono in piazza e ti tirano giu' la sede del comune perche' deve passare un treno, vediamo come reagite
- se pg fa schifo puoi votare per cambiarla e non devi prenderla a sprangate. in val di susa invece no, han votato in massa contro la tav e la tav si fa lo stesso. permetterai che la situazione e' un bel po' diversa
- lo spaccio a cielo aperto e' diverso dal distruggere, fisicamente, casa tua. se ti vegono in piazza e ti tirano giu' la sede del comune perche' deve passare un treno, vediamo come reagite
MATTEO
certo
il paragone è improprio e forzato, questo è pacifico. ma il concetto che sta a
monte lo difendo con forza: la violenza dal mio punto di vista non è
giustificabile.
e
se parliamo di legalità, l'esproprio - piaccia o meno - è una pratica
amministrativamente in vigore da sempre.
fra le certezze c'è anche quella che in francia hanno già bucato 7 chilometri di tunnel senza tutto sto casino. Possibile che solo da noi diventi tutto questione di vita o di morte?
Poi che se ne parli e se ne dibatta. Ma finiamola di giustificare la violenza solo perché il violento di turno ci è ideologicamente vicino.
fra le certezze c'è anche quella che in francia hanno già bucato 7 chilometri di tunnel senza tutto sto casino. Possibile che solo da noi diventi tutto questione di vita o di morte?
Poi che se ne parli e se ne dibatta. Ma finiamola di giustificare la violenza solo perché il violento di turno ci è ideologicamente vicino.
ALESSANDRO
Dico una cosa a matteo: nella
mia mail che, tra le altre, ha scatenato sta serie di reazioni, la mia
intenzione era di operare un distinguo su quale violenza dovrebbe toccare di piú
il sentire di una persona di sinistra. Abbiamo tristemente assistito alla scena
di cittadini umiliati, scavalcati nella loro possibilita' di esprimersi,
inascoltati derisi e bistrattati da quella politica e da quelle forze armate
che dovrebbero difenderli. Qualcuno avr'a perso le staffe; molti altri si
difendevano da attacchi con gas lacrimogeni cancerogeni sparati a altezza
d'uomo verso una popolazione che scappa in mezzo a un bosco. Sinceramente, non
mi sento un violento nell'esprimere solidarietà e nel fare una scelta di campo.
In questa vicenda, x me ci sono chiaramente dei torti e delle ragioni, degli
oppressi e degli oppressori. Essere di sx significa avere le idee chiare
rispetto al campo da scegliere nella dinamica dei confronti sociali. Invece pd,
napolitano, idv, e molti di questa lista si sono affrettai a scandalizzarsi x
la reazione degli oppressi, ma non hanno fatto un frizzo davanti alle violenze
politiche e fisiche perpetrate x primi da istituzioni e polizia. Da cui il mio
invito, pacato ma fermo, a riflettere sulla propria collocazione ideologica.
Matteo, da quanto ne so, sono circa 25 anni che e' sostanzialmente di destra,
non per dare etichette o tessere di partito, ma semplicemente perche', come si
evince anche da questo carteggio, il suo sentire e' vicino a quell'ordine
costituito e quei poteri forti che reprimono anche brutalmente qualsiasi forma
di dissenso sociale che non si incanali in forme indolore e quindi tristemente
innocue.Ricordiamoci ragazzi che in italia lo scontro sociale ha vissuto fasi ben piú alte e drammatiche della val di susa. Eppure era un'italia + democratica, + rappresentativa, + partecipata, e + libera. Che infatti progrediva sul terreno sociale ed economico. La dialettica di classe e' il motore del mondo. A mio modo di vedere, stare lí a stigmatizzare il mattone significa non vedere la big picture della storia contemporanea (se ci si proclama di sinistra). Oppure e' perfettamente accettabile se ci si risconosce,
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